Un mondo sotto la Basilica
La basilica di San Pietro a Roma è un luogo unico al mondo, dove nell’arco di quasi duemila anni arte, Storia e religione si sono unite creando un ricamo di straordinaria bellezza. Ma attraverso quali percorsi e vicissitudini si è giunti a quello che vediamo noi oggi? Quali papi, artisti, personaggi storici hanno contribuito a farne un capolavoro assoluto e un centro carico di significati, meta ogni anno di milioni di visitatori e pellegrini?
In realtà, sotto la chiesa e la piazza attuali, ci sono tracce archeologiche intatte che trasmettono un’emozione unica. Com’è possibile che per così tanto tempo nessuno abbia mai avuto la curiosità di esplorarle? Principalmente per due motivi. Innanzi tutto, da secoli si pensa che la Basilica sia sorta nel luogo di sepoltura dell’apostolo Pietro: è una convinzione così radicata nella tradizione che per tanto tempo non si è mai sentita la necessità di andare a verificare se corrispondesse o meno al vero. Inoltre, i luoghi di sepoltura sono sempre stati ritenuti sacri, quindi profanarli, seppure per fini di studio, era considerato un gesto sacrilego. Ricordatevi che l’archeologia è una disciplina relativamente giovane che si impone come scienza solo in epoca moderna e si sviluppa pienamente tra Ottocento e Novecento.
È stato quindi solo nel 1939, alla morte di papa Pio XI, che si è cominciato a scavare sotto la Basilica. Il motivo è stato, curiosamente, più legato a un problema pratico che a un sano desiderio di scoperta. Il pontefice aveva infatti lasciato scritto nel suo testamento di voler essere sepolto il più possibile vicino a san Pietro. Il suo successore, papa Pio XII, probabilmente desideroso già da tempo di scoprire che cosa celassero i sotterranei, non perse l’occasione e diede il via libera ai lavori. Poco tempo dopo, oltre al primo strato delle già note Grotte Vaticane (ovvero lo spazio “intercapedine” tra il pavimento della basilica attuale e quello, inferiore, della precedente basilica di Costantino di cui parleremo nel Capitolo 2), comparvero le tracce di un’edicola del II secolo d.C. (vedi qui), che gli studiosi, fonti e reperti alla mano, riconobbero subito come tomba di san Pietro. Ma non solo: il lavoro degli archeologi, incuriositi dal ritrovamento di un cornicione di epoca romana, proseguì ancora più in profondità, fino a portare alla luce una vasta necropoli romana, sorta accanto al circo di Caligola e Nerone. Risaliva al I-II secolo d.C. ed era una scoperta davvero sensazionale.
Il Vaticanum
Ma tornando indietro nel tempo, cosa c’era anticamente dove oggi sorge San Pietro? Andiamo a scoprirlo insieme.
Nei primi secoli della storia di Roma, l’ager Vaticanus era una vasta area, sulla riva destra del Tevere, che si estendeva a nord fino all’altezza dell’attuale quartiere di Fidene e a sud arrivava a includere la parte settentrionale di Trastevere.
Non aveva una buona reputazione: era considerata malsana per via delle frequenti inondazioni del Tevere e c’era chi sosteneva che qui si producesse il peggior vino della città.
La situazione cambiò intorno al I secolo d.C., quando il nome Vaticanum cominciò a essere usato per una zona più ristretta, corrispondente alla Città del Vaticano e alle attuali piazza San Pietro e via della Conciliazione. Ben collegata alla città tramite due ponti sul Tevere (l’ormai distrutto Pons Neronianus e il Ponte Elio che oggi, dopo numerosi rifacimenti, è il famoso Ponte Sant’Angelo), era particolarmente ambita dalle famiglie nobili, che lo sceglievano per le loro residenze e i giardini “di campagna” (horti). Fra gli horti della zona, i più famosi erano quelli di Agrippina Maggiore, ereditati dal figlio, l’imperatore Caligola: erano situati nella valle a sinistra dell’attuale basilica. In questi giardini Caligola aveva costruito il suo circo che poi venne risistemato da Nerone.
Nelle immagini successive vedete una ricostruzione in 3D dell’evoluzione di quest’area nei secoli. Nella prima immagine è rappresentato, appunto, il circo di Caligola e Nerone.
Una volta diventato imperatore, questi lo utilizzò con una certa frequenza, esibendosi come auriga. Ma dopo il famoso incendio di Roma nel 64 d.C., Nerone trasformò il circo e gli horti circostanti in un macabro palcoscenico per l’esecuzione di decine e decine di cristiani, che accusò di aver appiccato fuoco alla città. Fu proprio in questa fase che il circo perse la sua originaria funzione e cominciò gradualmente a ospitare sepolture, come si nota nella seconda immagine.
Sarà nel IV secolo, con l’arrivo di Costantino (vedi Capitolo 2), che in quest’area sorgerà la prima basilica, raffigurata nella terza immagine in 3D. La quarta ci mostra invece la nuova basilica di San Pietro, come è stata ricostruita nel Rinascimento (vedi Capitolo 4).
Nerone e l’incendio di Roma
Riprendiamo ora il nostro viaggio alla scoperta della necropoli vaticana, tornando all’epoca della Roma imperiale.
Nerone, imperatore dal 54 d.C., odiava le potenti famiglie patrizie, un vero ostacolo al suo potere. Per questo era deciso a mantenere l’approvazione e il sostegno del popolo e instaurò un clima di estrema spensieratezza, di sfarzo e di ostentazione del lusso. Se ci fossimo trovati per le strade di Roma infatti avremmo visto che tutto era all’insegna del fasto e della prodigalità: i ceti più abbienti vivevano nell’agiatezza; i poveri potevano sempre contare sull’elargizione gratuita di grano e altri viveri. Ma, soprattutto, la vita quotidiana era scandita da un numero crescente di occasioni di svago: le feste dedicate alle varie divinità si unirono a quelle autocelebrative volute dall’imperatore. Non era raro vedere per le strade acrobati e saltimbanchi, così come era possibile assistere ai giochi organizzati in particolari arene: quelli che andavano per la maggiore erano le corse dei carri e i combattimenti dei gladiatori. A tale scopo, Nerone completò, nei giardini della villa di sua madre Agrippina, situata a pochi metri di distanza dall’attuale basilica di San Pietro, l’ippodromo che abbiamo visto qui. Questa struttura, con spalti in legno, era stata iniziata da Caligola e fu appunto terminata da Nerone. Qui l’imperatore amava assistere a spettacoli di ogni genere, ma anche esibirsi come auriga o come suonatore di lira, suscitando tanto lo sconcerto del Senato quanto l’adorazione del popolo.
La situazione precipitò nel 64 d.C., quando il fuoco mise in ginocchio l’intera città. Nerone quasi certamente non c’entra. A Roma il divampare delle fiamme non era inconsueto: l’alta densità di abitanti, specie nei quartieri più popolari, e il fatto che molte strutture e abitazioni fossero costruite in legno rendeva piuttosto comuni gli incendi. Ma quello del 64 d.C. ebbe proporzioni davvero enormi e tragiche: dei quattordici quartieri che componevano la città, solo quattro si salvarono.
A Nerone, tutto sommato, quel disastro, nato probabilmente da cause naturali, non dispiacque affatto, e forse è per questo che si tramanda che fu egli stesso ad appiccare il fuoco (in realtà, è più plausibile che avesse chiesto ai suoi di rinvigorire l’incendio quando, dopo qualche giorno, le fiamme stavano spegnendosi. In questo modo avrebbero distrutto e spazzato via sul Palatino anche le domus lussuose delle famiglie patrizie che odiava). La distruzione di caseggiati popolari e botteghe, ridotti in gran parte in cenere, permise all’imperatore di disporre di un ampio spazio per costruire la sua straordinaria, faraonica villa urbana: la Domus Aurea, simile a un “ranch” nel cuore di Roma.
Quel che è certo, però, è che Nerone incolpò i cristiani di quanto successo, dando di fatto il via alle cruente persecuzioni che contraddistingueranno i due secoli a venire.
La persecuzione contro i cristiani...