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Hanami. Una nuova primavera
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Una cena tra vecchi compagni di scuola che si incontrano dopo decenni per festeggiare insieme i loro cinquant'anni. Questo doveva essere, ma....
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Information
La cena
Il pendio dolce si arrampica d’un tratto sulla collina, aprendo la visuale a fazzoletti di terra che sembrano piovere dal cielo rigonfi d’aria, nell’istante prima di posarsi al suolo. Viti disposte ordinatamente, intervallate da olivi e viali di cipressi che portano a vecchie fattorie ristrutturate con cura e rispetto del paesaggio con cui hanno la fortuna di convivere.
Sembra uno scenario fatto apposta per accogliere un evento come quello, che celebra la maturità, il tiepido passaggio verso una vita più consapevole, l’ambizione di sfiorare di lì a pochi anni, anche solo con un dito, la saggezza.
Il sole, finito anche quel giorno il suo turno di veglia su questo angolo di terra, sta per andare a riposare dietro le colline; grazie alle curve continue è possibile ammirare la luce che cerca i suoi spazi con le angolazioni più varie, rendendo il paesaggio prima nitido, poi offuscato, fino a divenire una macchia nera e infine tornare di nuovo brillante. Il cielo striato di nuvole altissime, cambia decine di tonalità cromatiche nell’arco di pochissimi minuti.
È il miracolo della natura, che inaspettatamente diventa pastello, dopo la frenesia del giorno. Chi lo osserva, ogni volta si chiede come sia possibile.
Ad alcune domande però non esiste risposta, sarebbe saggio liberarsi dall’ossessione di pretenderla e abbandonarsi alle sensazioni offerte dall’istinto.
Così come non esiste risposta alla domanda che si stanno facendo tutti, mentre salgono la collina, lasciandosi alle spalle i pensieri quotidiani, costretti a riflettere nella solitudine delle loro auto. Qualcosa impone loro un pensiero diverso perché quella non è una cena come le altre. Non esiste matrimonio, battesimo, compleanno festa di laurea, cena tra amici, no.
Quella cena rappresenta il momento in cui la vita diventa pastello e ciascuno di loro vede per la prima volta scorrere il proprio film da tutte le angolazioni. Scene prima nitide, poi offuscate, immagini forti, accecanti, poi malinconiche, tristi, disperate, errori fatti, scelte giuste, sbagliate, amori folli, logorio della vita quotidiana, solitudine, gioia immensa, figli, madri, padri, fratelli, ancora colori abbaglianti.
Gli invitati arrivano alla spicciolata; si assembrano in piccoli gruppi, nell’ampio giardino antistante l’ingresso del locale. Abbracci, facce interrogative, perplessità nel cercare di individuare la persona davanti, modellata dai quarant’anni di vita trascorsi. Alcuni riescono a riconoscersi solo dall’espressione degli occhi o dalla risata, altri si aiutano con le fotografie scattate in classe negli anni ’80, quelle che ritraggono ragazzini con maglioni, capelli e pantaloni talmente simili che anche solo distinguere una classe dall’altra diventa un’impresa non da poco.
A riconoscimento avvenuto, la gioia sincera dipinta nei loro volti li riporta indietro nel tempo. Tornano bambini, abbandonano il personaggio che interpretano da anni: avvocati, muratori, dottoresse, idraulici, insegnanti, spazzini, bancarie, elettricisti, imprenditori, padri, madri, non esistono più. Di loro rimane solo l’essenza.
Ripercorrono fatti vissuti insieme e chissà perché, nell’archivio dei loro ricordi riservato a quell’epoca, escono fuori solo scene divertenti e buffe, che li portano di nuovo a ridere fragorosamente come allora, dimenticandosi chi sono o, forse, proprio ricordandosene, finalmente, dopo tanto tempo.
Il tempo si ferma a tal punto che nessuno entra dentro il locale; rimangono tutti lì a ridere, strattonarsi, raccontarsi, ricordare, osservarsi, commuoversi. I minuti passano e il programma, che prevedeva l’aperitivo all’arrivo, salta del tutto, tant’è che il ristoratore è costretto a portare fuori qualche bicchiere di prosecco, distrattamente raccolto dai vassoi che girano in giardino.
Nessuno pone attenzione alla bollicina, come è solito fare negli aperitivi consueti di uomo o donna di mezza età, con ostentazione di vista, olfatto e gusto, tipica del sommelier. Tutti mantengono invece la massima avidità nell’ascoltare e nel narrare i fatti avvenuti quarant’anni prima, come avessero paura di perderli per sempre se non li avessero evocati tutti e subito lì, in piedi, in giardino.
Giovanni ascolta le storie raccontate in particolare da un personaggio talmente bravo, da prendersi gioco del tempo passato e farle rivivere a tutti, con lo stesso spirito di allora. Ride insieme agli altri, anche se la maggior parte delle situazioni raccontate non lo riguardano, dato che aveva condiviso con quel gruppetto di persone solo il terzo anno.
Quando però incrocia lo sguardo di una donna a pochi metri di distanza, la sua memoria a lungo termine finalmente ha un sussulto. Accade mentre sono tutti con le lacrime agli occhi, qualcuno addirittura in preda alle convulsioni, al ricordo di una compagna di classe che, poverina, un giorno tornò dal bagno dopo essere stata vittima di un disturbo intestinale terribile ed era rientrata portandosi dietro le conseguenze del disturbo, rendendo l’ambiente irrespirabile.
Raccontato poi dall’oratore, con l’abilità di un cantastorie medievale, il fatto, già di per sé rilevante, stava assumendo contorni fantascientifici.
In quel momento lui riconosce la donna, forse perché era entrato in una dimensione che pensava ormai archiviata, quando invece era semplicemente dietro l’angolo, in attesa che qualcuno le facesse visita. Ricorda il nome, ricorda il bene che gli aveva fatto, con i suoi gesti di attenzione, quando era arrivato nella nuova scuola, solo e spaventato. Come aveva potuto dimenticare? Sente un impulso irrefrenabile di andare da lei, per ringraziarla, a distanza di quarant’anni:
«Valentina… giusto?»
«Presente!» Risponde lei con una mano al bicchiere e l’altra che si regge la pancia per il troppo ridere.
«Ti ho appena riconosciuta, scusami non volevo essere invadente…»
«Ehi, ehi, cosa sono queste scuse? Cos’è questo tono? Stiamo o non stiamo parlando del puzzo di merda di Costanza? E allora ti prego, lasciami rimanere lì ancora un po’! Te lo ricordi? Mamma mia che shock deve essere stato per lei, poverina! Infatti, poi, in terza non l’abbiamo più vista… tu sai che fine ha fatto?»
«Purtroppo no, anzi non so proprio di chi stiate parlando, perché io in seconda non c’ero, non ero ancora arrivato.»
«Non c’eri?» Valentina appoggia la mano – quella senza bicchiere – sul braccio muscoloso di Giovanni e rimane come folgorata.
«Giovanni!»
Lui rimane sbalordito che si fosse ricordata il suo nome. Aveva davanti a sé una donna talmente bella, che se l’avesse incontrata in qualsiasi altra occasione non si sarebbe sognato di fermarla, nemmeno per un saluto.
«Ti ricordi di me?»
«Ma certo! Il mio cucciolotto di peluche!»
Giovanni a questo punto proprio non capisce: sembrava che lei si ricordasse di lui più di quanto lui si ricordasse di lei e questo aveva dell’incredibile.
«Perché mi guardi così?» Gli dice Valentina pizzicandogli una guancia ed avvicinandosi a pochi centimetri dalla sua faccia. «Certo che mi ricordo del ragazzo di campagna, spaesato, che entrò in classe il primo giorno, con tutti gli occhi addosso. Mi presi cura di te, sono sempre stata una ragazza sensibile! E poi, eri così tenero, un cucciolotto, appunto! Ti chiamavo così con le mie amiche!»
«Non sai quanto sei stata importante, per me.» La interrompe Giovanni, con tono serio. Poi prosegue, con gli occhi lucidi:
«Non te l’ho mai detto, non ho mai avuto il coraggio di farlo. Non so perché lo faccio adesso, ma sto parlando così, come se qualcuno mi stesse dettando le parole: sembra stupido, lo so, ma la gentilezza con cui mi hai sempre trattato, per me è stata fondamentale, a quell’età siamo tutti così fragili e tu è come se mi avessi riportato in equilibrio dopo l’ennesimo sconquasso che sentivo dentro, perché dovevo ricominciare tutto da capo, con la scuola, gli amici, tutto. Perché non ho saputo più niente di te?»
«È la stessa cosa che mi stavo domandando io: ma sai, Giovanni ognuno sceglie la sua strada e anche grandi amicizie nate sin dall’infanzia si possono dissolvere portate via dal vento della vita che spira nelle direzioni più varie, a volte anche opposte! Ma lo senti come parlo?» Valentina si appoggia di nuovo al corpo di Giovanni, che sembra un blocco di marmo e, complice il terzo bicchiere a digiuno, non può fare a meno di aggiungere:
«Il mio peluche è diventato di granito, accidenti! In palestra dalla mattina alla sera?»
«No, in cantiere! È per questo, forse, che ci siamo persi; il mio vento soffiava forte, impossibile andare controcorrente: non ho continuato gli studi, dovevo assolutamente dare una mano in casa e già un mese dopo la fine della scuola iniziai a lavorare. Tra pochi mesi faccio 36 anni di contributi!»
Valentina si rabbuia:
«Scusami, non volevo assolutamente…»
«Che fai? Sei tu a chiedere scusa, ora?» I due scoppiano a ridere.
«Piuttosto, dimmi: dove ha portato invece il tuo vento?»
«Ho continuato a prendermi cura delle persone, almeno così voglio credere. Le persone mi affascinano da sempre e mi stanno a cuore, specialmente quelle in difficoltà. Faccio la psicologa.»
«Che bel vento! Davvero, posso testimoniare sulla mia pelle che già in tenera età esercitavi, senza rendertene conto. Grazie Valentina, sono un po’ in ritardo, lo so, ma te lo dico di cuore, da parte di quel ragazzo che non ha avuto mai il coraggio di farlo.»
Valentina si commuove:
«Sono io che ringrazio te, davvero.»
L’imbarazzo che si stava creando tra i due è...
Table of contents
- Cover
- Indice
- Frontespizio
- Copyright
- PARTE PRIMA (La vigilia)
- Adele e Giovanni
- Antonio e Marcella
- Valentina
- Massimo e Valeria
- PARTE SECONDA (Qualche mese prima)
- Le confessioni di Antonio e Cristina
- Lara, la ragazza misteriosa.
- L’ospedale porta consiglio.
- Lara, qualche ora prima.
- Adele e la professoressa Simons
- Antonio e Marcella in studio da Valentina
- Massimo e Valeria, commedia dalla Preside
- Antonio incontra Adele
- Un messaggio sconvolge Marcella
- Giovanni, Rebecca e il volley
- Il rientro a casa di Massimo Valeria e Rebecca
- Al salone con Angela e Valeria
- La conferma dei sospetti.
- Adele fa breccia.
- Massimo, “Alfredo” e le Stanze di Giotto
- Il tarlo
- Un messaggio per Lara
- Nuove clienti al salone.
- Il meraviglioso mondo di Adele
- Un limbo pericoloso
- La vittoria di Adele
- Commedia dalla preside atto II
- I consigli di Adele
- PARTE TERZA (Qualche istante prima di cena)
- PARTE QUARTA (La cena)
- La cena
- Sala d’aspetto
- Hanami