Arcanum Unbounded
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Arcanum Unbounded

La collezione Cosmoverso

Brandon Sanderson, Gabriele Giorgi

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Arcanum Unbounded

La collezione Cosmoverso

Brandon Sanderson, Gabriele Giorgi

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In questo volume, per la prima volta, sono riunite storie che raffigurano ciascuno di questi pianeti, ognuno con il suo specifico sistema magico, ed esplorano i limiti conosciuti dell'universo di Sanderson, svelandone i segreti anche grazie a mappe, illustrazioni, note.

Arcanum Unbounded racchiude sei mondi raccontati in nove stupefacenti gioielli narrativi: Sel ( L'anima dell'imperatore e La speranza di Elantris ); Scadrial ( L'undicesimo metallo, L'allomante Jak e le fosse di Eltania e Mistborn: Storia segreta ); Taldain ( Sabbia bianca ); Threnody ( Ombre per Silence nelle Foreste dell'Inferno ); Drominad ( Sesto del Vespro ); e Roshar ( Edgedancer ).

Questi racconti entusiasmanti trascineranno il lettore in un viaggio senza precedenti attraverso un cosmo che solo Brandon Sanderson avrebbe potuto creare. Arcanum Unbounded è un volume indispensabile per tutti gli appassionati dei suoi libri.

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Information

Publisher
Mondadori
Year
2021
ISBN
9788835713876

IL SISTEMA DI SCADRIAL

Il sistema di Scadrial

L’interno del sistema è praticamente vuoto, tranne per il pianeta Scadrial, un evento davvero fortuito considerati i vasti cambiamenti subiti dal sistema a causa dell’influenza dei suoi Frammenti.
La particolarità di Scadrial è il modo in cui l’umanità ha prosperato su di esso, malgrado i ripetuti cataclismi. Di sicuro altri pianeti nel cosmoverso hanno conosciuto disastri peggiori, ma su nessuno di essi troverete una società fiorente e tecnologicamente avanzata come quella di Scadrial.
In effetti, sono convinta che senza la repressione della tecnologia operata dal Lord Reggente sul pianeta per mille anni, Scadrial avrebbe surclassato tutti gli altri quanto ad apprendimento e progresso scientifico e l’avrebbe fatto da solo, senza l’interazione tra le società di cui godiamo a Silverlight.
Scadrial, un altro pianeta biframmentale, è caratterizzato da una serie di particolarità uniche. È uno dei due soli posti nel cosmoverso in cui l’umanità non è antecedente all’arrivo dei Frammenti. In effetti, i miei studi mi hanno convinto che il pianeta stesso non esisteva prima che i suoi due Frammenti, Rovina e Preservazione, arrivassero nel sistema. Scelsero una stella attorno a cui non orbitava nessun pianeta di rilievo, optando appositamente per tale ubicazione perché era vuota, così da potervi posizionare qualunque cosa volessero.
Sì, senza dubbio i Frammenti usarono gli umani di Yolen come modello (in effetti, entrambi i Ricettacoli di questi Frammenti erano umani prima della loro Ascensione) per creare la vita. A causa di ciò, flora e fauna di Scadrial sono molto simili a quelle che potete trovare su Yolen (le parti non albee, naturalmente). È anche molto simile a Yolen come dimensioni e gravitazione: entrambi corrispondono precisamente al coefficiente di 1.0 secondo i criteri del cosmoverso.
Anche se i Frammenti crearono questo pianeta assieme, presto divenne il simbolo – e il premio – del loro conflitto. Parlare delle personalità dei Ricettacoli stessi non rientra nelle mie competenze; meglio consultare uno dei miei colleghi specializzato in biografia e storia pre-Frammentazione, piuttosto che un arcanista. Però posso dire che il loro conflitto si manifesta direttamente nei modi in cui l’Investitura viene usata su Scadrial.
Si tratta di una magia potente, grazie alla quale gli stessi umani spesso hanno ottenuto accesso a straordinari impeti di forza. Sfido chiunque a identificare un altro pianeta, a eccezione di Roshar, dove si può trovare una tale forza di Investitura così comunemente a disposizione dei mortali. A intervalli regolari per tutta la storia di Scadrial, un uomo o una donna ha ottenuto accesso a vaste quantità di potere con effetti incredibili. La prova più evidente di ciò è il fatto che le mappe stellari gentilmente fornite da Guyn riportano due orbite per Scadrial. Il pianeta è stato letteralmente spostato in vari momenti da individui che maneggiavano immense quantità di Investitura (per inciso, questo ha generato confusione nel cercare di capire i calendari storici del pianeta).
Ho scritto parecchio sulla magia di questo pianeta. In effetti, potrei riempire volumi interi con le mie considerazioni su allomanzia, feruchemia ed emalurgia. Comunque sostengo che, tra queste, quella con il maggior impatto potenziale sul cosmoverso sia l’emalurgia. Utilizzabile da chiunque disponga della conoscenza giusta, questa creazione pericolosa si è rivelata capace di distorcere anime a prescindere dal pianeta o dall’Investitura, creando Connessioni false mai concepite o previste da alcun Frammento.
Anche se il sistema planetario è piuttosto noioso, Scadrial stesso si è rivelato affascinante più e più volte, malgrado il fatto che gli umani fossero abituati a vivere su una parte relativamente piccola del pianeta (un fatto che ha cominciato a cambiare una volta rimossi gli ambienti inospitali dell’Ultimo Impero).
Dall’adattamento (forzato o meno) degli umani che vivono sulla sua superficie, alle vaste trasformazioni del paesaggio durante le sue diverse epoche, Scadrial rimane il mio pianeta preferito del cosmoverso per gli studi accademici. Le interazioni dei suoi tipi di magia con la fisica naturale sono molteplici, variegate e affascinanti.

L’UNDICESIMO METALLO

Questa storia può essere letta prima della trilogia originale di Mistborn.
Questa storia può essere letta prima della trilogia originale di Mistborn.

Postfazione

Questo racconto breve fu pubblicato originariamente nel gioco di ruolo carta e penna “Mistborn Adventure Game” di Crafty Games. Quando firmammo l’accordo con Crafty, promisi loro una storia breve da inserire nel libro, come regalo per i fan.
Sapevo di voler scrivere una storia di Kelsier e aveva senso che si trattasse di vicende passate che scavavano nell’epoca in cui si stava addestrando come Mistborn. Mostrare Gemmel (che Kelsier aveva menzionato nella serie principale) era importante, dato che fa parte della storia di come Rovina manipolò Kelsier inducendolo alle azioni da lui compiute nel primo volume della trilogia.
Allo stesso tempo, sapevo anche che questa storia avrebbe potuto essere letta da persone che non conoscevano la serie. Avendo partecipato io stesso a molti giochi di ruolo, so che spesso una o due persone del gruppo si entusiasmano per un’ambientazione e vi progettano una campagna, trascinandosi dietro il resto del gruppo che magari non ha altrettanta familiarità con quel mondo.
Dunque, uno dei miei obiettivi con questo racconto era avere qualcosa che fosse una piccola presentazione per l’ambientazione: volevo qualcosa che il master potesse dare ai suoi giocatori che non conoscevano i libri. Qualcosa che trasmettesse il tono, spiegasse rapidamente il sistema magico e fungesse da breve introduzione.
Per questi motivi è un po’ più descrittivo degli altri racconti di Mistborn in questa collezione, che invece danno per scontata una conoscenza pregressa dei personaggi e dell’ambientazione.
Kelsier stringeva il pezzetto di carta svolazzante tra due dita. Le folate di vento sferzavano il foglietto, ma lui strinse forte. Il disegno era sbagliato.
Aveva tentato almeno una ventina di volte di riprodurlo correttamente, di ricreare l’immagine che lei aveva sempre portato con sé. L’originale era andato distrutto, di quello era certo. Non aveva nulla che gli ricordasse lei, nessun memento. Così cercava, con poco successo, di ricostruire l’immagine che lei aveva conservato gelosamente.
Un fiore. Era chiamato così, un tempo. Un mito, una storia. Un sogno.
«Devi smetterla» ringhiò il suo compagno. «Dovrei impedirti di continuare a disegnarli.»
«Provaci» replicò Kelsier piano, ripiegando il pezzetto di carta tra due dita, poi infilandolo nel taschino della camicia. Avrebbe ritentato più tardi. I petali dovevano assomigliare di più a una lacrima.
Kelsier fissò Gemmel con uno sguardo calmo, poi sorrise. Quell’espressione sembrava forzata. Come poteva sorridere in un mondo senza di lei?
Kelsier continuava a sorridere. L’avrebbe fatto finché non gli fosse sembrato naturale. Fin quando quel torpore legato come un nodo dentro di lui non avesse cominciato a sbrogliarsi e lui avesse cominciato a provare di nuovo qualcosa. Sempre che fosse possibile.
“Lo è. Fa’ che lo sia.”
«Disegnare quelle immagini ti fa pensare al passato» sbottò Gemmel. L’uomo attempato aveva una barba grigia sfilacciata e i capelli che aveva in testa erano così scarmigliati che sembravano acconciati meglio quando il vento li sbatteva in giro.
«Proprio così» confermò Kelsier. «Io non la dimenticherò.»
«Ti ha tradito. Passa oltre.» Gemmel non aspettò di vedere se Kelsier continuava a obiettare. Si allontanò; si fermava spesso nel mezzo delle discussioni.
Kelsier non strinse forte gli occhi come voleva fare. Non urlò in segno di sfida al giorno morente come desiderava. Accantonò i pensieri del tradimento di Mare. Non avrebbe mai dovuto confidare le sue preoccupazioni a Gemmel.
Ma l’aveva fatto. E non si poteva tornare indietro.
Kelsier allargò il suo sorriso. Ci volle uno sforzo.
Gemmel si girò a guardarlo. «Hai un’aria inquietante quando lo fai.»
«Questo perché tu non hai mai sorriso veramente in vita tua, vecchio cumulo di cenere» replicò Kelsier, unendosi a Gemmel presso il muricciolo al bordo del tetto. Spaziarono lo sguardo sulla tetra città di Mantiz, quasi sommersa dalla cenere. Lì, nell’estremo nord della Dominazione Occidentale, la gente non era brava a spazzarla via come gli abitanti di Luthadel.
Kelsier aveva presunto che lì fuori ce ne sarebbe stata meno: nei paraggi di quella terra remota c’era solo uno dei monti vulcanici. E sembrava che la cenere piovesse un po’ meno spesso. Ma il fatto che nessuno si organizzasse per ripulirla voleva dire che sembrava essercene molta di più.
Kelsier avvolse la mano attorno alla cimasa del muretto. Non gli era mai piaciuta quella parte della Dominazione Occidentale. Gli edifici di quelle parti sembravano… fusi. No, quello era il termine sbagliato. Sembravano troppo arrotondati, senza angoli, e raramente erano simmetrici: un lato era più alto oppure più bitorzoluto.
Tuttavia la cenere era familiare. Ricopriva quell’edificio proprio come ogni altro, dando a tutto quanto un uniforme aspetto grigio e nero. Uno strato ammantava le strade, si abbarbicava alle balze degli edifici, creava cumuli nei vicoli. Quella dei Monti Cenere era una sostanza fuligginosa, molto più scura di quella generata da un fuoco comune.
«Quale?» domandò Kelsier, spostando lo sguardo tra le quattro fortezze imponenti che interrompevano il profilo della città. Mantiz era un centro molto esteso per quella dominazione, anche se naturalmente non era paragonabile a Luthadel. Non esistevano altre città come la capitale. Tuttavia, Mantiz era di tutto rispetto.
«Fortezza Shezler» disse Gemmel, indicando un palazzo alto e slanciato vicino al centro della città.
Kelsier annuì. «Shezler. Posso entrare facilmente dalla porta. Mi servirà un costume: abiti eleganti, qualche gioiello. Ci occorre trovare un posto dove poter ricettare una perla di atium… e un sarto che sappia tenere la bocca chiusa.»
Gemmel sbuffò.
«Io ho un accento di Luthadel» disse Kelsier. «Da ciò che ho sentito prima per strada, lord Shezler è assolutamente infatuato della nobiltà della capitale. Cercherà di ingraziarsi qualcuno che si presenti nel modo giusto: vuole connessioni con la società più vicina a Luthadel. Io…»
«Non stai pensando come un allomante» lo interruppe Gemmel in tono burbero.
«Userò l’allomanzia emozionale» ipotizzò Kelsier. «Lo trasformerò nel mio…»
Gemmel ruggì all’improvviso, ruotando verso Kelsier e muovendosi con estrema rapidità. L’uomo cencioso afferrò il compagno per il davanti d...

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