Gerusalemme
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Gerusalemme

Storia di una città-mondo

Vincent Lemire, Valeria Zini

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Gerusalemme

Storia di una città-mondo

Vincent Lemire, Valeria Zini

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Crocevia tra Oriente e Occidente, culla dei tre monoteismi e città santa per tutti e tre, meta di pellegrinaggi e oggetto di devozione incessante, luogo dell'origine e delle attese escatologiche, posta in gioco di incessanti conflitti politici e della definizione non solo simbolica dell'identità di popoli e nazioni, Gerusalemme è piú che mai al centro dell'attenzione del mondo come una sorta di laboratorio della convivenza o della guerra civile, dell'appartenenza comune o dell'odio per l'altro. Questo libro apre una serie di prospettive inedite su una delle città piú cariche di memoria e piú controverse del mondo. Gerusalemme non è un campo di battaglia sul quale nel corso dei millenni avrebbe avuto luogo un presunto scontro di civiltà, la guerra delle identità religiose o territoriali. Prendendo le distanze da tali categorie di dubbio valore, questo libro racconta la lunga storia di una città dalla sua nascita ai nostri giorni. Mantenendosi rispettoso dello spirito dei luoghi come delle cesure temporali, il volume racconta invece la vicenda di una città-mondo aperta ai quattro venti, la culla comune entro la quale hanno preso vita di volta in volta l'ebraismo, il cristianesimo e l'islam, e i cui emblematici luoghi santi riflettono sia gli scambi e le influenze storiche, sia i conflitti e i confronti. Per la prima volta, questa sintesi storica propone all'ampio pubblico i risultati delle piú recenti scoperte archeologiche, i materiali d'archivio finora inaccessibili e i dibattiti piú aggiornati. Una lettura indispensabile per comprendere perché il mondo intero si è dato appuntamento a Gerusalemme.

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Information

Publisher
EINAUDI
Year
2017
ISBN
9788858427170
Capitolo primo

Nascita di una città santa

(4000 a.C. - II secolo d.C.)
Il paradosso di Gerusalemme potrebbe essere riassunto in poche parole: una borgata senza grande importanza strategica, priva di risorse naturali invidiabili, è diventata il centro nevralgico di un conflitto regionale dalle ripercussioni mondiali; e il suo nome, oggi pronunciato da milioni di persone nelle loro assemblee liturgiche settimanali, è simbolo di una speranza escatologica universale.
Il sito di Gerusalemme assomma tuttavia numerosi handicap (si veda carta 1). Nel cuore di una zona montuosa, è distante dalle grandi rotte commerciali; il principale asse stradale che collega la Transgiordania alla piana costiera passa infatti a nord di Gerusalemme. Il primo agglomerato sorgeva interamente su uno sperone roccioso posto a sud dell’attuale spianata delle Moschee, a livello del sito oggi chiamato la «città di David». Questa collina si trova al di sotto di un rilievo di poco sovrastante – il monte del Tempio, a nord, l’attuale spianata delle Moschee – che in seguito venne ulteriormente rialzato per costituire una vasta piattaforma in grado di contenere l’insieme del complesso cultuale edificato da quel grande costruttore che fu il re Erode. Tra il monte del Tempio e lo sperone roccioso corrispondente al primo agglomerato, si distingue inoltre uno spazio intermedio, l’«Ophel», che durante lo sviluppo della città in epoca biblica accolse un quartiere specifico. Le colline poste a ovest – l’attuale monte Sion – e a est – il monte degli Ulivi – sovrastano a loro volta lo sperone roccioso.
Questo per altro domina tre vallate: la valle del Cedron a est (che attraversa il deserto di Giudea fino al Mar Morto), la vallata di Hinnom (o Gehenna) a ovest, e quella del Tyropoeon, che passa quasi nel mezzo dell’attuale città vecchia da nord a sud. Il singolare nome di Tyropoeon proviene dalla Guerra giudaica dello storico del I secolo Flavio Giuseppe1, e significa letteralmente «valle dei Caciari», ma si tratterebbe in realtà di una forma corrotta di un nome di origine semitica che è andato perduto. In ogni caso, a partire per lo meno dal I secolo a.C., questa terza vallata divide la città in una parte orientale e una parte occidentale, per poi riunirsi alla valle del Cedron a livello dell’attuale piscina di Siloe, un po’ a nord del punto in cui quest’ultima si congiunge con la valle di Hinnom. Un’altra vallata, meno nota e chiamata Beth Zeta, corre quasi parallelamente alla valle del Cedron: il suo punto di partenza si situa a livello del celebre hotel The American Colony a nord dell’attuale città vecchia e si unisce alla valle del Cedron ai piedi dell’estremità nord-est della spianata del Tempio. Essa costituí in modo abbastanza naturale il limite nord della spianata e della città stessa durante l’epoca israelitica. In inverno, la valle trasporta acque abbondanti; da qui la presenza in questa zona di bacini come la «piscina di Betzaeta» e la «piscina di Israele». Infine, la parte ovest dell’attuale città vecchia è divisa dalla «valle trasversale», la sola a possedere un chiaro orientamento ovest-est. Essa ha il suo punto di partenza a livello della cittadella (porta di Giaffa), e si congiunge al Tyropoeon a nord del muro occidentale (o Muro del pianto). Questa valle corrisponde a quello che era il limite settentrionale della città durante l’epoca asmonea (si veda carta 3). Oggi, alcune di queste vallate non sono piú visibili, poiché nel corso del tempo sono state in parte colmate, ma durante certi scavi archeologici è stato possibile misurare i dislivelli di un tempo2.
Carta 2. La Gerusalemme biblica.
Carta 2. La Gerusalemme biblica.
La ragione principale dell’insediamento di un gruppo umano sul sito di Gerusalemme nell’età del bronzo sta sicuramente nella presenza di una sorgente, cosiddetta sorgente del Gihon, al di sotto dello sperone roccioso. Sin dall’epoca piú arcaica, essa permise lo sviluppo di coltivazioni in fondo alla vallata, nonostante la presenza di pendii molto scoscesi e un clima molto secco, in una regione situata al crocevia di due zone climatiche, il deserto di Giudea e la costa mediterranea. Il regime pluviometrico, tipico di una regione montuosa, non garantisce piogge regolari per tutto l’anno; queste, spesso violente e improvvise, si concentrano nel periodo che va da novembre ad aprile. Le precipitazioni sono inoltre molto ineguali da un anno all’altro, cosí che si hanno gravi problemi di approvvigionamento idrico, anche se la pluviometria media (500 mm all’anno) è simile a quella di alcune regioni europee (580 mm annui a Londra, ad esempio). Un altro limite del sito sta nel fatto che il forte dislivello dello sperone roccioso corrispondente al primo agglomerato costrinse gli abitanti, sin dalle origini, a costruire terrazze e terrapieni su cui venivano a sovrapporsi costruzioni urbane successive (si veda carta 2). Ciò condusse a un riutilizzo continuo dei materiali e delle fondazioni delle epoche precedenti, e spiega in parte le ragioni per cui è difficile ritrovare tracce di certi strati e dunque di certi periodi – un problema ricorrente per chi vuole scrivere la storia della città. La storia della Gerusalemme antica, a lungo essenzialmente tributaria delle fonti bibliche, è stata tuttavia profondamente rinnovata dagli scavi archeologici che vi si sono svolti a partire dal XIX secolo, ma anche da quelli effettuati su altri siti del Medio Oriente, che hanno permesso di acquisire una documentazione (moabita o assira, ad esempio) in grado di smentire o di confermare alcuni elementi dei racconti biblici3. Al centro della storiografia di Gerusalemme e dell’antico Israele in generale, sta infatti il problema dell’esattezza storica dei dati biblici e del dialogo spesso conflittuale che essi intrattengono con i reperti materiali esumati dagli scavi archeologici4. Tale problema metodologico si pone anche per il periodo post-biblico – la testimonianza di Flavio Giuseppe deve dunque essere corretta alla luce dei dati archeologici sulla Giudea di epoca ellenistica e romana, ad esempio –, ma è particolarmente accentuato per ciò che concerne l’epoca biblica, tenuto conto del carattere sacro dei testi agli occhi degli ebrei e dei cristiani, oltre che delle poste in gioco politiche contemporanee che riguardano lo Stato di Israele. I racconti biblici sugli antichi regni di Israele e di Giuda erano infatti considerati dai padri fondatori dell’Israele moderno come uno dei pilastri della legittimità del nuovo Stato, e la Bibbia resta ancora oggi il grande racconto fondatore dell’identità nazionale israeliana. Da qui la particolare intensità del dibattito sui regni di David e di Salomone, attraverso i quali si arrivò alla regalità israelita e giudea. Tuttavia, come vedremo, dal punto di vista della storia urbana di Gerusalemme, il regno di David non sembra aver rappresentato una vera rottura, ma s’inscrive piuttosto in una certa continuità con l’occupazione cananea del sito. Senza necessariamente respingere le testimonianze delle fonti bibliche, che possono contenere informazioni utili a condizione di praticare una lettura critica, lo storico deve affrancarsi dalla lettura teologica della storia che caratterizza l’opera deuteronomista, l’insieme dei libri biblici «storici», dal Libro di Giosuè fino al Secondo libro dei Re.
Nell’Antichità, come d’altronde anche in periodi piú tardi, politica e religione sono strettamente mescolate. Senza separare artificialmente ciò che deve essere pensato in modo congiunto, è tuttavia importante porre l’accento sugli aspetti propriamente politici, geostrategici, urbani, economici e sociali di questa storia. Si deve inoltre cogliere il ruolo fondamentale, al contempo sociale, politico e religioso, del Tempio di Gerusalemme, ruolo via via crescente a partire dal X secolo a.C. fin quasi alla distruzione del 70 d.C., e che, poco alla volta, conferisce alla città la sua specificità e la sua grandezza. Accanto alla cronologia fondata sugli imperi che dominano successivamente il Medio Oriente (Assiria, Babilonia, Persia, regni ellenistici, Roma), compare per altro una cronologia ebraica che definisce secondo la sua prospettiva un «periodo del Primo Tempio» (X secolo - 586 a.C.) e un «periodo del Secondo Tempio» (circa 539 a.C. - 70 d.C.), interrotto dall’intermezzo babilonese, vale a dire una cronologia incentrata sulla costruzione e la distruzione dei santuari.
In modo tutto sommato banale per l’Antichità, la storia di Gerusalemme è di fatto scandita da guerre, da distruzioni e da ricostruzioni: assedio siriano nel 701 a.C., distruzione babilonese del 586 a.C., spedizione punitiva e profanazione del santuario da parte di Antioco IV nel 167 a.C., conquista di Antioco VII nel 133 a.C., conquista di Pompeo nel 63 a.C., conquista di Erode nel 37 a.C., distruzione a opera dei Romani nel 70 d.C., per citare solamente gli eventi piú rilevanti del periodo antico. Nelle fonti legate a questi episodi, la questione che compare sempre in primo piano è quella del santuario minacciato, profanato o salvato in extremis. L’alternanza di distruzioni e di ricostruzioni prevale anche rispetto al tema delle mura della città, protezione indispensabile e garanzia di indipendenza. Anche in questo caso, al di là degli episodi di distruzione, nel corso del primo millennio assistiamo a un crescendo, fino all’apogeo rappresentato dalla costruzione della terza cinta muraria a opera di Agrippa I nel I secolo d.C., seguita dalla distruzione radicale del 70 (si veda carta 3). Come vedremo, la disfatta del 70 a cui succede la fondazione della colonia romana di Aelia Capitolina nel II secolo d.C. rappresenta la rottura piú profonda e piú durevole che la Gerusalemme antica abbia conosciuto. Ma ecco che dobbiamo tornare agli inizi, modesti, del piccolo agglomerato destinato a diventare la città tre volte santa.

L’età del bronzo: una fortezza attorno a una sorgente.

Le attestazioni piú precoci di presenza umana minimamente sedentaria risalenti alla fine del IV millennio a.C. non sono affatto impressionanti; si tratta tutt’al piú di un villaggio agricolo non fortificato, situato in prossimità della sorgente del Gihon. Alcune tombe risalenti a quest’epoca compaiono sul fianco sud-occidentale del monte degli Ulivi, il versante orientale della valle del Cedron (si veda carta 2). Sembra che si continui a utilizzarle durante la fase di abbandono del sito a metà del III millennio a.C. Tale abbandono non ha riguardato Gerusalemme, in quanto gli scavi di superficie realizzati in Cisgiordania da Israel Finkelstein, archeologo dell’università di Tel Aviv, hanno rivelato l’esistenza di cicli di occupazione ricorrenti nelle «terre alte» (la Giudea-Samaria, o Cisgiordania attuale), a partire dal IV millennio a.C. fino all’inizio dell’età del ferro, nel XII secolo a.C. Secondo le osservazioni dell’archeologo, gli stessi siti sono abitati, abbandonati, e di nuovo occupati in tre riprese: verso il 3000 a.C., verso il 1800 a.C. e infine verso il 1200 a.C.5. Gerusalemme s’inscrive pienamente all’interno di questo processo globale, ma nel corso del secondo ciclo di occupazione, nell’età del bronzo medio, emerge già come una potenza regionale, malgrado il suo carattere decentrato. Sono stati infatti portati alla luce i resti di una fortezza con mura imponenti risalenti al XVIII secolo a.C., precisamente nei pressi della sorgente del Gihon: il muro di cinta avrebbe avuto la misura di circa tre metri di larghezza. Fortificazioni simili sono state identificate a Tel Rumeida, la parte antica di Hebron, e a Tell Balata, l’antica Sichem (oggi Nablus).
Gerusalemme rappresentava dunque molto probabilmente una delle principali città-Stato che si svilupparono durante la seconda fase di urbanizzazione in Canaan. Questa ipotesi è corroborata dalla menzione di Gerusalemme in un testo di esecrazione (cioè un testo che include una maledizione) scoperto su una statuetta egiziana del XIX secolo a.C., oltre che in altri documenti egizi del XVIII secolo. Gerusalemme vi è designata come R-Sh-L-M-M, che si deve forse vocalizzare Rushalimum, e le sono associati due nomi di capi, Shas’an e Y’qar’am. La statuetta è spezzata, cosa che rappresenta simbolicamente la volontà di infrangere la resistenza politica della città rispetto al potere egizio, nel quadro di un rito performativo quasi magico.
Il sistema idraulico potrebbe anch’esso costituire un segno di sviluppo di Gerusalemme in quest’epoca. Secondo l’archeologo Ronny Reich, che ha messo in evidenza l’esistenza di una torre accanto alla sorgente del Gihon, la struttura per l’approvvigionamento idrico nota con il nome di «pozzo di Warren» (dal nome dell’archeologo che la scoprí nel XIX secolo) risalirebbe almeno in parte a quest’epoca, e non al X secolo a.C., come supponeva Yigal Shiloh, che negli anni Ottanta diresse degli scavi nella città di David (si veda carta 2). Sempre secondo Ronny Reich, una struttura simile per l’approvvigionamento idrico all’interno della città si trova nella stessa epoca a Gezer, importante città-Stato della piana costiera. La rilevanza di queste costruzioni testimonia indirettamente l’importanza demografica della città, trattandosi di opere che implicano la possibilità di mobilitare una manodopera conseguente. Infine, un ultimo indice di sviluppo di Gerusalemme nel XVIII secolo risiede nella presenza di lamine d’osso decorate, che probabilmente appartenevano a mobili o a scatole artisticamente elaborati6.
Secondo la cronologia biblica, e a condizione di assimilare la «Salem» di Genesi 14.18 all’attuale Gerusalemme, quest’ultima nel XVIII secolo era governata da un re chiamato Melchi-Sedek («il mio re è giustizia»), sacerdote del Dio Altissimo, al quale Abramo donò «la decima parte di tutto». La redazione del racconto della Genesi è verosimilmente molto tarda (non prima del VI secolo a.C.) e la sua storicità è fortemente dubbia, ma resta significativo che questo testo immagini un re a Gerusalemme in un’epoca cosí remota. Forse esso riecheggia un altro periodo, quello del XIV secolo a.C., in cui sappiamo da fonte certa, grazie alla documentazione egizia, che a Gerusalemme regnava un re.
Ma tra il XVIII e il XIV secolo, osserviamo inizialmente una fase di declino, anche in questo caso caratteristica dell’insieme degli altopiani della regione nel...

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