Vergogna
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Vergogna

J. M. Coetzee, Gaspare Bona

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  1. 240 pages
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Vergogna

J. M. Coetzee, Gaspare Bona

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«Per un uomo della sua età, cinquantadue anni, divorziato, gli sembra di avere risolto il problema del sesso piuttosto bene». Ma forse non è cosí, se una sera David Lurie, insegnante alla Cape Town University, invita un'allieva a bere qualcosa, poi a mangiare un boccone, e infine a passare la notte con lui. Una notte che non resta isolata, che diventa una storia e che finisce con una denuncia per molestie sessuali.
Allontanato dall'università, David chiede ospitalità alla figlia Lucy in campagna, nella parte orientale della Provincia del Capo, dove la convivenza tra diverse etnie, diverse tradizioni, diversi Sudafrica è aspra come la terra che Lucy coltiva.
David tenta di adeguarsi alla nuova vita: dà una mano nei campi, aiuta una conoscente alla clinica veterinaria. Soprattutto, tenta di adeguarsi alla donna indipendente che è diventata sua figlia. Ma come tollerare anche la violenza che Lucy ha scelto di accettare?
Vincitore del Booker Prize nel 1999, Vergogna mette in scena le trasformazioni del Sudafrica post-apartheid raccontando - come ha scritto il «Sunday Times» - «una storia dura, scritta in una prosa di scarna, aspra bellezza, che conferma Coetzee come uno dei nostri migliori narratori di oggi».

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Information

Publisher
EINAUDI
Year
2015
ISBN
9788858400180

Capitolo diciottesimo

Petrus si è fatto prestare da chissà chi un trattore e gli ha attaccato il vecchio erpice a dischi che arrugginiva dietro la stalla prima ancora che Lucy comprasse la fattoria. In poche ore ara tutta la sua terra. Veloce ed efficiente; per nulla africano. Ai vecchi tempi, vale a dire non piú di dieci anni fa, ci avrebbe messo giorni e giorni con l’aratro a mano e i buoi.
Contro questo nuovo Petrus, che speranze ha Lucy? È arrivato con il compito di scavare, di portare pesi, di irrigare. Adesso è troppo occupato per queste cose. Dove lo troverà Lucy qualcuno che scavi, porti pesi, irrighi? Se si trattasse di una partita a scacchi, David direbbe che sua figlia ha subíto scacco matto. Se Lucy avesse un minimo di buon senso mollerebbe tutto: andrebbe al Credito agricolo, farebbe un accordo, consegnerebbe la fattoria a Petrus e tornerebbe alla civiltà. Potrebbe aprire una pensione per cani nei sobborghi, allargare il giro d’affari con i gatti. Potrebbe persino ricominciare a fabbricare tessuti etnici, vasi con decorazioni etniche, cesti di vimini etnici, e a vendere perline ai turisti. Le cose che faceva con i suoi amici hippy.
Sconfitta. Non è difficile immaginare Lucy fra dieci anni: una donna corpulenta con la tristezza dipinta in viso, infagottata in vestiti fuori moda, che parla con i suoi animali e mangia da sola. Bella vita. Meglio, però, che passare le giornate con la paura di una nuova aggressione, quando i cani non basteranno piú a proteggerla e nessuno risponderà al telefono.
David affronta Petrus dove sorgerà la sua nuova dimora, su un leggero rialzo che domina la fattoria. Il geometra è già venuto, i picchetti sono al loro posto.
– Non ti costruirai la casa da solo, vero? – gli chiede.
Petrus soffoca una risata. – No, per costruire devi saperci fare. Tirare su i muri, intonacarli, tutto il resto. Bisogna esserne capaci. No, io scavo solo le fondamenta. Quello posso farlo da me. Non ci vuole molto, è un gioco da ragazzi. Per scavare basta essere un ragazzo.
Petrus pronuncia la parola divertito. È stato ragazzo, ora non lo è piú. Ma può ancora fingere di esserlo, come Maria Antonietta giocava a fare la mungitrice.
David viene al punto. – Se Lucy e io tornassimo a Città del Capo, saresti disposto a occuparti della sua parte di fattoria? Ti pagheremmo un salario, oppure potresti lavorare a percentuale. Una percentuale sui guadagni.
– Se devo occuparmi della fattoria di Lucy, – dice Petrus, – voglio essere il fattore –. Pronuncia la parola come se non l’avesse mai sentita prima, come se fosse sbucata a mo’ di coniglio dal cappello del prestigiatore.
– Certo, se ti fa piacere possiamo chiamarti fattore.
– E Lucy deve ritornare.
– Sono sicuro che ritornerà. È molto affezionata alla fattoria. Non ha nessuna intenzione di cederla. Ma ha passato un brutto periodo. Ha bisogno di una pausa. Una vacanza.
– In riva al mare, – dice Petrus, e sorride, mostrando i denti gialli di nicotina.
– Sí, in riva al mare, se ne ha voglia –. David è irritato dall’abitudine di Petrus di lasciare le parole sospese nell’aria. C’è stato un momento in cui pensava che sarebbero diventati amici. Ora lo detesta. Parlargli è come tirare pugni a un sacco di sabbia. – Non spetta a noi giudicare se Lucy faccia bene o no a prendersi una vacanza, – dice. – Né a te né a me.
– Per quanto tempo devo fare il fattore?
– Non lo so ancora Petrus, non ne ho ancora discusso con lei. Sto solo esaminando la possibilità, volevo sondare la tua disponibilità.
– E dovrei fare tutto... dare da mangiare ai cani, piantare le verdure, andare al mercato...
– Petrus, non occorre che tu faccia la lista. Cani non ce ne sono piú. Ti sto solo chiedendo, in generale, se saresti disposto a occuparti della fattoria nel caso Lucy decidesse di cambiare aria per un po’.
– Come faccio ad andare al mercato se non ho il pulmino?
– Questo è un particolare. Possiamo discutere i particolari piú tardi. Voglio sono una risposta generica, sí o no.
Petrus scuote la testa. – C’è troppo da fare, troppo, – dice.
Quando nessuno se l’aspetta piú, arriva una telefonata della polizia. A chiamare è il sergente Esterhuyse, un detective di Port Elizabeth. Hanno recuperato l’auto. Adesso si trova nel cortile della stazione di polizia di New Brighton, dove David può identificarla e chiederne la restituzione. Hanno anche arrestato due uomini.
– Magnifico, – dice David. – Avevo quasi perso le speranze.
– No, signore, le denunce si archiviano dopo due anni.
– In che condizioni è l’automobile? Funziona ancora?
– Sí, può mettersi al volante e portarla via.
In un insolito stato di euforia, David va con Lucy a Port Elizabeth, poi a New Brighton, dove seguono le indicazioni per Van Deventer Street, fino a una bassa stazione di polizia che ha l’aspetto di un fortino, circondata da una rete alta due metri sormontata da filo spinato. Vistosi cartelli proibiscono di posteggiare di fronte all’edificio. David e Lucy fermano il pulmino piú avanti.
– Vai pure, – dice Lucy.
– Sicura?
– Questo posto non mi piace. Preferisco restare qui.
David si presenta al banco delle denunce e viene mandato attraverso un labirinto di corridoi all’ufficio che si occupa dei furti d’auto. Il sergente Esterhuyse, un ometto biondo e grassoccio, fruga tra le sue schede, poi lo accompagna in cortile, dove sono allineate decine di macchine muso contro muso. Si mettono a cercare su e giú lungo le file.
– Dove l’avete trovata? – domanda David.
– Qui a New Brighton. Si consideri fortunato. Di solito quei bastardi smontano le vecchie Corolla per farne pezzi di ricambio.
– Avete anche arrestato qualcuno, mi ha detto.
– Due tizi. Li abbiamo beccati grazie a una soffiata. In una casa piena di refurtiva. Televisori, videoregistratori, frigoriferi e via dicendo.
– Dove sono adesso?
– Fuori su cauzione.
– Non sarebbe stato meglio chiamarmi per l’identificazione, prima di lasciarli liberi? Adesso che sono fuori si dilegueranno. Lo sa anche lei.
Il sergente s’irrigidisce ma non risponde.
Si fermano davanti a una Corolla bianca. – Questa non è la mia auto, – dice David. – La mia è targata CA, lo dice anche la denuncia –. Indica un numero sul foglio: CA 507644.
– Le riverniciano. Ci appiccicano una targa falsa. Scambiano la targa con altre auto.
– Ciò non toglie che questa non sia la mia macchina. Posso vederla dentro?
Il sergente apre la portiera. L’interno sa di carta di giornale bagnata e pollo fritto.
– Non ho lo stereo, – dice David. – Questa non è la mia auto. È sicuro che non sia da qualche altra parte nel parcheggio?
Completano il giro del cortile. La macchina non c’è. Esterhuyse si gratta la testa. – Bisogna che controlli, – dice. – Qualcuno ha fatto confusione. Mi lasci il suo numero e le telefonerò.
Lucy è seduta al volante del pulmino con gli occhi chiusi. David bussa al finestrino e la figlia toglie la sicura. – Si sono sbagliati, – dice lui entrando. – La Corolla non è la mia.
– Li hai visti?
– Chi?
– Hai detto che hanno arrestato due uomini.
– Sono già fuori su cauzione. In ogni caso la Corolla non era la mia, quindi quei due non possono essere i ladri della mia auto.
C’è un lungo momento di silenzio. – È una deduzione logica? – domanda Lucy.
Poi accende il motore e s’afferra con rabbia al volante.
– Allora ci tenevi che venissero presi, – dice David. È conscio dell’irritazione nella sua voce, ma non fa nulla per dominarla. – Se li arrestano, ci sarà un processo, con tutte le ovvie conseguenze. Dovrai testimoniare. Sei disposta a farlo?
Lucy spegne il motore e si sforza di ricacciare le lacrime. La sua faccia è una maschera.
– In ogni caso, è una pista difficile da seguire. I nostri amici non verranno catturati, non da una polizia cosí mal ridotta. Quindi scordiamocelo.
David prende il coraggio a due mani. È consapevole di essere petulante, fastidioso, ma non riesce a trattenersi. – Lucy, bisogna che tu ti arrenda e guardi in faccia la realtà. O resti in una casa piena di brutti ricordi e continui a macerarti al pensiero di quello che ti è successo, oppure ti butti alle spalle questa storia e cominci altrove un nuovo capitolo della tua vita. Non c’è una terza possibilità. So che vorresti restare, ma perché non provi a prendere in considerazione l’altra strada? Non possiamo parlarne in modo razionale?
Lucy scuote la testa. – Non posso piú parlare, David, non ci riesco proprio, – dice sottovoce, in fretta, come per il timore che le parole le si secchino in bocca. – So che il mio comportamento è strano. Vorrei poterlo spiegare. Ma non ci riesco. Perché sono tua figlia e tu sei mio padre. Non ci riesco, mi spiace. E mi spiace anche per la tua auto. Probabilmente ci contavi.
Poi poggia la testa sulle braccia, incurva le spalle e si affloscia.
David si sente pervadere di nuovo dall’apatia e dall’indifferenza, ma anche da una singolare assenza di peso, come se qualcosa l’avesse roso dall’interno lasciando solo il guscio vuoto del suo cuore. Come può un uomo in questo stato, si dice, trovare le parole e la musica per resuscitare i morti?
Seduta sul marciapiede, a meno di cinque metri da loro, c’è una donna in cenci e ciabatte che li fissa. David posa una mano protettiva sulla spalla di Lucy. «Mia figlia, – pensa; – la mia carissima figlia. Che mi è toccato in sorte guidare. Che un giorno non lontano dovrà guidare me».
Chissà se Lucy sente l’odore dei suoi pensieri?
David prende il suo posto al volante, e sulla strada di casa, inaspettatamente, la figlia si mette a parlare. – Ce l’avevano con me, – dice. – Erano spinti da un odio profondo e personale. È questo che mi ha gettata nello sgomento. Il resto, in un certo senso, era nell’ordine delle cose. Ma perché mi odiavano a quel modo? Non li avevo mai visti.
David aspetta che continui, ma per il momento Lucy non ha altro da aggiungere. Allora prova a offrirle una spiegazione: – È la Storia che ha parlato attraverso di loro. Una Storia di torti. Mettila in questi termini, forse ti aiuterà. Ti è sembrato che ce l’avessero con te personalmente, ma non è cosí. Si è trattato di un comportamento atavico.
– Non cambia niente. Non riesco a liberarmi da quella sensazione. È stato sconvolgente scoprire di essere odiata mentre... mentre...
Mentre. Stanno pensando alla stessa cosa?
– Hai ancora paura? – le chiede.
– Sí.
– Hai sperato che non denunciandoli non sarebbero tornati? È questo che ti sei detta?
– No.
– Allora perché?
Silenzio.
– Lucy, sarebbe cosí semplice. Chiudi il canile. Subito. Chiudi la casa e paga Petrus perché la sorvegli. Prenditi sei mesi o un anno di vacanza, fino a quando la situazione in questo Paese non sarà migliorata. Cambia aria. Va’ in Olanda. Ti pago il viaggio. E quando torni ti guardi intorno e ricominci da capo.
– Se me ne vado adesso, David, non torno piú. Grazie dell’offerta, ma non funzionerebbe. Le cose che mi dici le ho già rimuginate cento volte.
– Allora che cosa hai intenzione di fare?
– Non lo so. Ma qualunque sia la decisione, voglio prenderla io, senza pressioni esterne. Certe cose non le capisci.
– Per esempio?
– Per esempio, quello che mi è successo quel giorno. Sei preoccupato per me, e te ne sono riconoscente, e sei convinto di capire. Ma in realtà non capisci. Perché non puoi.
David rallenta e accosta al ciglio della strada. – No, – dice Luc...

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