Oltre la tempesta
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Oltre la tempesta

Papa Francesco

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Oltre la tempesta

Papa Francesco

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Con la sua dottrina e la sua grande umanità, Papa Francesco ci guida, in un dialogo con Fabio Marchese Ragona, oltre la pandemia, oltre le tenebre che ci hanno avvolto come una tempesta inaspettata e furiosa, per ritrovare la quiete dopo il buio della malattia. Dove trovare adesso la forza e la fiducia per ripartire? A quali valori far fede? Se da una crisi si esce trasformati, bisogna impegnarsi perché sia in positivo, nella versione migliore possibile di noi stessi, riseminando nel nostro cuore i grandi valori, quelli di sempre ma espressi in termini di oggi. La sfida consiste nell'avvicinarsi, alle persone, ai problemi, alle situazioni, e scacciare la "cultura dell'indifferenza" che non porta altro che distruzione. Pensare al noi e mettere da parte l'io, prendendo ad esempio, sul modello del Papa, la decisione etica di vaccinarsi, per proteggere la nostra vita e quella degli altri, perché "nessuno si salva da solo". Nella seconda parte, David Sassoli, Filippo Grandi, Giuseppe Tornatore, Edith Bruck, Andrea Riccardi e Noa (Achinoam Nini) contribuiscono a portare avanti il discorso sul nostro domani in un dialogo ideale con il Papa, voluto e stimolato da Francesco stesso nei recenti, difficili mesi.

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Information

Publisher
BUR
Year
2021
ISBN
9788831805452

L’INTERVISTA

È stato un 2020 difficile, pieno di dolore e di tanti problemi per via della pandemia. Come si fa a ritrovare fiducia per ripartire?
«Questa è una bella domanda che tutti ci facciamo dentro. Ripartire… da dove? Io parto da questa certezza: la pandemia è stata una crisi durata un anno, da marzo fino a adesso e che continua ancora oggi. Ma da una crisi non se ne esce mai come prima, o se ne esce migliori o peggiori. Questo è il problema: come fare per uscirne migliori e non peggiori? Cosa ci aspetta in futuro? È una nostra decisione. Se vogliamo uscirne migliori dovremo prendere una strada, se vogliamo riprendere, più o meno, le stesse cose di prima la strada sarà un’altra, e sarà negativa. E oltre alla pandemia ci sarà una sconfitta in più: quella di non esserne usciti migliori. E come uscirne migliori? Bisogna fare una revisione di tutto. I grandi valori ci sono sempre nella vita ma i grandi valori vanno tradotti nella vita dei momenti, perché i momenti storici non sono gli stessi. Ma la domanda è: i valori cambiano nella storia? No, ma l’espressione del valore è sempre inculturata, dipende sempre dalla cultura del tempo. Dobbiamo fare un’analisi molto forte delle situazioni brutte che oggi si vivono nel mondo. Tu pensa ai bambini senza scuola e che soffrono la fame. Le statistiche delle Nazioni Unite sono spaventose. Pensa ai bambini in guerra: non hanno visto che violenza dal giorno in cui sono nati e non conoscono l’odore della pace. Pensiamo soltanto ai bambini, poi ci sono altri problemi, ma pensiamo per un momento ai bambini in generale: le stime sono terribili. Una domanda che tutti noi ci dovremmo fare è questa: come fare perché i bambini abbiano da mangiare e abbiano un’istruzione scolastica? Un’altra domanda ad esempio riguarda le guerre: da tempo l’ho detto, poi qualcuno mi ha un po’ preso in giro dicendo “non è vero”, ma noi siamo già nella terza guerra mondiale, ma a pezzetti. Come si fa strada alla pace? È una questione da prendere molto sul serio e se noi vogliamo uscire da questa situazione senza vedere queste cose allora venirne fuori sarà un’altra sconfitta, sarà peggiore. Sono dei problemi gravi e questi, i bambini e le guerre sono solo due fra i tanti. Dobbiamo uscirne considerando le cose concrete, nessuna fantasia, solo le cose concrete: cosa possiamo fare per cambiare questa situazione? Pensa, le statistiche dicono che con un mese di spese di guerra potremmo dare da mangiare a tutta l’umanità per un anno. L’umanità che ha fame! Dobbiamo prendere coscienza di questa drammaticità del mondo, non è tutto una festa. Per questo io dico: per uscire da questa crisi a testa alta e in modo migliore dobbiamo essere realisti. Oggi ci vuole realismo, ci vuole realismo.»
La speranza del 2021 arriva dal vaccino. Tanti si stanno vaccinando, tanti altri invece sono restii nel farlo. Come sarà il 2021 di Papa Francesco anche da questo punto di vista?
«Credo che, eticamente, tutti devono prendere il vaccino. È un’opzione etica perché ti giochi la salute, ti giochi la tua vita ma anche quella degli altri. Si deve fare. Mi ricordo che quando ero piccolo c’è stata la crisi per la poliomielite che ha colpito tanti bambini che sono rimasti paralitici. L’attesa per ottenere il vaccino è stata straziante e quando è uscito l’hanno dato subito, con lo zucchero. Le mamme erano disperate. Noi siamo cresciuti all’ombra dei vaccini, per il morbillo e altre malattie. Vaccini che ci davano quando eravamo bambini. Non capisco perché alcuni dicono che questo potrebbe essere un vaccino pericoloso. Se te lo presentano i medici come una cosa che può andare bene e che non ha dei pericoli speciali, perché non prenderlo? C’è un negazionismo suicida che non saprei spiegare, ma oggi si deve prendere il vaccino.»
Tanti hanno approfittato del lockdown per partire…
«Tocchi un altro problema grave. Nel nostro Paese, quando il Governo ha annunciato che dal giorno seguente ci sarebbe stato il lockdown, l’indomani sono partiti più di quaranta aerei civili e privati per andare a fare le vacanze nei luoghi di mare e in altri Paesi. Questo è uno scandalo, uno scandalo perché non si pensa più agli altri e alla comunità. In più è stata anche una mossa suicida. Con le spiagge piene, il contagio lì è stato terribile. È successo anche da noi, mi ricordo quest’estate che la gente non se n’è curata molto. Ma d’altra parte io capisco le persone. Pensa a una famiglia con due figli che vive in un appartamento, non è una situazione facile con il lockdown. Capisco bene la sofferenza della gente, per questo è importante la vicinanza anche degli amici con il telefono. La vicinanza ti fa andare avanti in questa crisi della pandemia, ma scappare per fare i propri comodi e le vacanze non aiuta. Pensare al “noi” e cancellare per un tempo “l’io”. O ci salviamo “noi” o non si salva nessuno.»
Lei ci ha detto durante quella preghiera straordinaria in Piazza San Pietro «Nessuno si salva da solo» e poi, con la sua enciclica Fratelli tutti ha invocato la fratellanza, fratelli e sorelle, tutti insieme, tutti uniti per uscire anche da questa crisi, per ritrovare la pace, la gioia, la serenità. Ma come si fa a parlare di fratellanza e di unità quando vediamo il povero che viene schiacciato, lo straniero che viene discriminato, la nostra casa comune che viene distrutta, come si può affrontare questo discorso?
«È difficile, è una sfida, di fronte a queste situazioni come mai potremmo parlare della fraternità? Per me una parola che ci può aiutare tanto a pensarla è “vicinanza”. Le guerre, le ingiustizie sociali, lo schiacciare la gente ci allontana gli uni dagli altri. “Vicinanza”, questa è la sfida. Avvicinarci all’altro, alla situazione, ai problemi, alle persone. E contro la vicinanza c’è la cultura dell’indifferenza, come si dice un “sano” menefreghismo rispetto ai problemi. Il menefreghismo non è “sano”. La cultura dell’indifferenza distrugge perché mi allontana. Nell’Elemosineria c’è un’immagine scattata da uno dei nostri fotografi che gira le strade cercando momenti da immortalare e una notte d’inverno in un ristorante di lusso esce una signora ben vestita, con i guanti, la pelliccia, il cappello e il cappotto, si vede che è una persona di alto livello sociale. E lì alla porta c’è una altra donna vestita quasi di stracci, povera, che tende la mano, e questa signora guarda da un’altra parte.
Quella fotografia è nell’Elemosineria, è reale perché è scattata proprio dalla vita reale. Il problema di quella signora è il problema di tutti noi, la cultura dell’indifferenza, questo ci uccide perché ci allontana. La giustifichiamo con varie massime, “se dovessimo risolvere tutti i problemi non potremmo vivere”. Questo ci uccide perché ci allontana. Invece, la parola chiave per pensare alle vie d’uscita è vicinanza, io mi avvicino alla gente, ai miei fratelli, alla gente che soffre, alla gente che è in difficoltà. E mi avvicino anche per aiutare, non solo a risolvere questo problema, ma anche ad aprire la strada per trovare una soluzione a questa crisi per uscire migliori e non peggiori. Vicinanza contro quella cultura dell’indifferenza che ci allontana. Pensiamo ai gesti di vicinanza e quelli di indifferenza che ci allontanano. Questo ci può aiutare.»
E poi, quando non c’è fratellanza, quando non c’è unità, si possono creare anche delle tensioni, delle tensioni sociali anche all’interno degli Stati. C’è forse bisogno di ritrovarsi, di riscoprire un senso di comunità, essere un’unica comunità, un unico gruppo di persone?
«Sì. Questo è importante per tutti e per tutta la vita. Anche nelle comunità: per esempio pensiamo alla classe dirigenziale, pensiamo alla Chiesa, alla vita politica di un Paese. La classe dirigenziale ha il diritto di avere punti di vista diversi e anche che ci sia la lotta politica. Imporre la propria politica del partito, della società è un vero e proprio diritto. Ma in questo tempo si deve giocare per l’unità, sempre. In questo tempo non c’è il diritto di allontanarsi dall’unità. Per esempio, la lotta politica è una cosa nobile, perché la politica è una delle attività più nobili della persona, per il bene comune, per far crescere la società, è nobilissima e i partiti ne sono gli strumenti. Quello che vale è l’intenzione di fare crescere il Paese. Ma se i politici sottolineano più l’interesse personale che l’interesse comune rovinano tutto. In questo momento la classe dirigenziale tutta non ha il diritto di dire “io”. Si deve dire “noi” e cercare un’unita davanti alla crisi. Passata la crisi ognuno ritorni a dire “io”, ma in questo momento, un politico, un cristiano, un cattolico, anche un dirigente, un vescovo, un sacerdote, che non ha la capacità di dire “noi” non è all’altezza della situazione. Deve prevalere il “noi”, il bene comune di tutti. In questo momento non bisogna essere egoisti. L’unità è superiore al conflitto. I conflitti nella vita sono necessari, ma in questo momento i conflitti devono fare “vacanze”. Bisogna sottolineare l’unità, del Paese, della Chiesa e della società. Cioè la fratellanza. Chi dice: “Ma con questa unità io perdo l’opportunità di vincere le elezioni”, dico che questo non...

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