Il metodo Tiny Habits
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Il metodo Tiny Habits

La rivoluzione a piccoli passi

PhD BJ Fogg

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  1. 408 pages
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Il metodo Tiny Habits

La rivoluzione a piccoli passi

PhD BJ Fogg

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Qualunque siano le vostre aspirazioni, la verità è una sola: cambiare è difficile. Tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo cercato di trasformare qualcosa di noi stessi, ma ci siamo presto resi conto che creare una nuova abitudine è quasi impossibile, finendo rapidamente scoraggiati. La strategia ideata da BJ Fogg PhD, che per la prima volta raccoglie i suoi studi in questo libro, punta a scardinare il pessimismo tramite il paradigma dei "piccoli passi": un metodo alla portata di tutti per rivoluzionare la propria vita, sostenibile e duraturo. Con uno stile semplice ma accurato, il fondatore del Behavior Design Lab di Stanford, uno dei massimi esperti mondiali di studi comportamentali, ci accompagna in un percorso in tre "passi" - iniziare dalle piccole cose, individuare il proprio personale stimolo all'azione e festeggiare ogni successo - per dare una svolta alla nostra esistenza nel modo più spontaneo, così come hanno fatto le migliaia di persone che hanno seguito i suoi insegnamenti.
Con consigli pratici specifici per gestire lo stress al lavoro - anche nelle professioni più impegnative, come quelle sanitarie ?, per mantenere il benessere personale, per riportare l'armonia in famiglia e, infine, per ridurre l'impatto degli eventi che ci colpiscono tutti in un'epoca di forte incertezza.
Un libro innovativo e in controtendenza, che insegna in modo concreto ed efficace a vivere più felici e più sani nel mondo che sta cambiando.

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Information

Publisher
BUR
Year
2020
ISBN
9788831800853
1

GLI ELEMENTI DEL COMPORTAMENTO

Per cambiare la nostra vita dobbiamo modificare i nostri comportamenti, questo lo sapete anche da soli. Ciò che forse non sapete è che le variabili alla base di quei comportamenti sono soltanto tre.
Il modello comportamentale Fogg è la chiave per risolvere il mistero. Rappresenta i tre elementi universali del comportamento e i loro rapporti reciproci. Si basa su principi che spiegano in che modo l’interazione tra questi elementi determina ogni nostra azione, dalle più semplici – usare il filo interdentale per un solo dente – alle più impegnative, come correre una maratona. Una volta acquisito il modello comportamentale, potrete identificare il motivo per cui un comportamento si è verificato, e di conseguenza smettere di attribuirlo alle cause sbagliate (per esempio la debolezza del carattere o la scarsa autodisciplina). E potrete usare il modello per determinare un nuovo comportamento, in voi o negli altri1.
Un comportamento accade al verificarsi simultaneo dei tre elementi di MAI: Motivazione, Abilità e Innesco. La motivazione è il vostro desiderio di compiere una certa azione, l’abilità è la capacità e la possibilità di eseguirla e l’innesco è lo stimolo che spinge ad agire.
Ecco un esempio.
Nel 2010, mi trovavo in palestra (scatenato sull’ellittica sulle note di un pezzo di Janet Jackson sparato nelle cuffiette) quando mi capitò un gesto insolito per una persona con 120 pulsazioni al minuto: feci una donazione alla Croce Rossa. A sollecitarlo era stato un SMS di richiesta fondi.
Suddividiamo quel comportamento impulsivo nelle sue componenti:
Comportamento: fare una donazione dal cellulare alla Croce Rossa dopo il tremendo terremoto che aveva colpito Haiti.
Motivazione (M): il desiderio di aiutare le vittime del disastro.
Abilità (A): era facile rispondere all’SMS.
Innesco (I): lo stimolo era stato l’SMS inviato dalla Croce Rossa.
Si era verificata una convergenza dei tre elementi di MAI, e di conseguenza anche il comportamento: feci la donazione. Ma se fosse mancato anche uno soltanto di quegli elementi è molto probabile che l’azione non sarebbe avvenuta.
La mia motivazione era molto forte: le conseguenze del terremoto erano state in primo piano sui media e le testimonianze erano davvero strazianti. Ma concentriamoci sull’abilità: e se invece di una donazione via SMS la Croce Rossa mi avesse telefonato per chiedere il mio numero di carta di credito? In quel momento mi trovavo in palestra e avevo lasciato il portafogli in macchina, e questo riduceva moltissimo la mia possibilità di eseguire l’azione. E se gli organizzatori della raccolta fondi non avessero usato il telefono? Se mi avessero mandato la richiesta per posta e io avessi cestinato la lettera senza leggerla, pensando che fosse pubblicità? In quel caso non avrei saputo niente dell’iniziativa, in mancanza dello stimolo il comportamento non si sarebbe verificato. Per fortuna la Croce Rossa mi aveva fatto un favore: io desideravo già fare una donazione e loro mi avevano facilitato le cose. Che ne fossero consapevoli oppure no, avevano progettato una perfetta convergenza di M, A e I per il comportamento che volevano incoraggiare. E non funzionò solo con me. La campagna via SMS si dimostrò efficacissima, raccogliendo oltre tre milioni di dollari nelle prime ventiquattro ore e superando i 21 milioni nel giro di una settimana. Ben fatto, Croce Rossa!
Behavior Design
Modelli
Come esaminare lucidamente un comportamento
Metodi
Come progettare un comportamento
Modello comportamentale Fogg C=MAI Piccoli passi/Tiny Habits

C = MAI VALE PER TUTTI I COMPORTAMENTI UMANI

Quando insegno il mio modello comportamentale, a volte le persone reagiscono con un certo scetticismo sentendolo definire “universale”. Si domandano come sia possibile che una semplice formula di quattro lettere possa spiegare ogni tipo di comportamento in qualsiasi cultura. Dopotutto esistono comportamenti “buoni” e “cattivi”: è lecito equipararli? Posso davvero accostare il divertimento dello shopping online a un rigoroso regime di esercizio fisico in palestra? L’impressione è che siano diversi per natura: mantenere l’impegno di andare in palestra è difficile, e la ginnastica è faticosa, perciò riteniamo che il comportamento in sé debba essere più complesso. Se invece il cambiamento è facile, come appendere il cappotto nell’armadio invece che lasciarlo sul corrimano, allora dev’esserci qualcosa di essenzialmente diverso in quell’azione.
Non è così.
I comportamenti sono come le biciclette, possono avere fogge e colori differenti, ma i meccanismi di base sono sempre gli stessi: ruote, freni, pedali.
Ciò detto, il fatto che i mattoncini costituitivi del comportamento siano gli stessi non significa che tutti i comportamenti ci appaiano uguali, assumano lo stesso aspetto o agiscano nello stesso modo. Per complicare le cose, le emozioni suscitate da un comportamento piacevole sono radicalmente diverse da quelle provocate da un comportamento faticoso. Questo ci fa apparire distanti anche i comportamenti: abbiamo l’impressione che non appartengano nemmeno alla stessa categoria, come pedalare su un monociclo o su una city bike, e questa diversità percepita diventa essenziale quando cerchiamo di cambiarne uno, quale che sia.
Più o meno ogni mese, io organizzo un seminario di Behavior Design:, un laboratorio di due giorni in cui aiuto i professionisti a creare soluzioni efficaci per il benessere, la sicurezza finanziaria, la sostenibilità ambientale e così via.
Dopo il corso, i partecipanti tendono ad applicare le lezioni apprese anche alle proprie vite private; per questo inizio sempre il seminario con un esercizio che si basa sulle esperienze personali. Chiedo alle persone di condividere un’abitudine positiva adottata senza troppa fatica, e una “cattiva” abitudine che detestano e di cui vorrebbero liberarsi. Nel corso degli anni ho sentito una quantità di fantastici esempi dell’una e dell’altra, ma a un seminario una donna di nome Katie colse in pieno la loro differenza apparente.
Katie era una dirigente di successo, responsabile di decine di dipendenti e di un’attività da dieci milioni di dollari, e portò come esempio di un comportamento “buono” un aspetto della sua produttività: l’abitudine rigorosa di riordinare la scrivania ogni giorno prima di lasciare l’ufficio. Appena spento il computer, sistemava i documenti in pile ordinate e riorganizzava i Post-it sulla lavagna bianca collocandoli in tre colonne distinte: “Da fare”, “Fatto” e “In corso”. Infine dava uno sguardo d’insieme, e una volta certa che ogni cosa fosse al suo posto accostava la poltroncina alla scrivania e se ne tornava a casa. Ogni mattina, arrivata in ufficio, la vista della scrivania pulita e ordinata le suscitava sempre una piccola botta di energia. Era la prova che aveva fatto tutto il possibile per cominciare la giornata con il piede giusto, e che era pronta a mettersi al lavoro. Le chiesi se avesse deciso in modo consapevole di adottare quell’abitudine e lei rispose di no: aveva cominciato per caso, non ci aveva quasi pensato. Aveva persino impiegato del tempo a rendersi conto che riordinare la scrivania era un’abitudine positiva.
Quando poi le chiesi un esempio di abitudini negative, Katie saltò letteralmente dalla sedia: «Stare a letto a navigare su Internet! Lo odio, ma non riesco a smettere. A volte mi perdo a guardare Facebook così a lungo che dimentico di fare ginnastica».
Spiegò che tutto era cominciato perché usava il cellulare come sveglia. Allo squillo della suoneria prendeva il telefono dal comodino, si girava sul fianco e cominciava a scorrere i siti. Le domandai a che ora programmasse la sveglia.
Alle quattro e trenta del mattino.
«Wow!» commentai.
All’inizio dell’anno Katie si era ripromessa di fare ginnastica ogni mattina. A volte manteneva la parola, ma più spesso non lo faceva. Non perché l’avesse deciso: il problema era che pur svegliandosi prima dell’alba finiva per lasciarsi inghiottire dal vortice digitale. Quelle notifiche rosse sul display esigevano la sua attenzione; un clic la portava a un video, che portava al messaggio postato magari da uno sconosciuto, poi a un altro video, e prima ancora che se ne rendesse conto erano già le cinque e mezzo.
Ancora una volta aveva cominciato la giornata saltando la ginnastica che si era ripromessa di fare. Risultato: autocritica e senso di colpa. Non le piaceva per niente l’automatismo acquisito, ma si consolava pensando che in fondo, dato il controllo inflessibile che esercitava su tanti altri aspetti della sua vita, forse era inevitabile concedersi quella parentesi di “assenza mentale”.
Mettiamo a confronto i due esempi di Katie: l’abitudine di riordinare la scrivania e le maratone mattutine sui social network.
Due comportamenti distinti, due sensazioni completamente opposte.
Il primo la fa sentire bene e la aiuta a raggiungere il suo traguardo generale di produttività. Il gesto è diventato così automatico che Katie riordina la scrivania senza neanche pensarci. Per contro, l’abitudine di collegarsi ai siti è piacevole durante, ma in seguito la fa sentire in colpa. Detesta poltrire a letto e perdere tempo con Internet, ma non riesce a smettere.
Le sensazioni suscitate in Katie dai due comportamenti sono diversissime, ma le componenti di base non lo sono affatto. Tutti i comportamenti consistono degli stessi elementi. Volevo farle capire che il problema non era l’“assenza mentale” o la mancanza di forza di volontà; aveva solo acquisito una terza abitudine – collegarsi ai siti – che si era messa di traverso all’abitudine mal progettata di fare ginnastica.
Ricordate: affinché un comportamento (C) si verifichi, serve la convergenza simultanea di tre fattori: motivazione, abilità e innesco.
È un modello con implicazioni profonde. Le circostanze variano la motivazione, l’abilità e gli inneschi di ciascuno di noi. I primi due aspetti possono essere condizionati dalla cultura di appartenenza o dalla fascia di età. Non è un problema: l’universo è infinitamente complesso, tuttavia è sempre possibile scomporre un fenomeno nei principi elementari che valgono in ogni circostanza.
Considerate questa rappresentazione grafica di C=MAI, che illustra l’interazione tra motivazione e abilità.
Modello comportamentale Fogg
La prima cosa da notare è il grosso punto al centro del grafico: indica l’abitudine di Katie di riordinare la scrivania. La sua collocazione illustra i livelli della motivazione e dell’abilità nel momento in cui Katie riceve lo stimolo ad agire. Come potete vedere, la sua motivazione è a un livello medio, e l’abilità è nel segmento “facile da eseguire” dello spettro.
Ora considerate la curva nella linea dell’azione.
Come suggerito dalla sua forma a sorriso, la linea dell’azione è nostra alleata. Se dovessi scegliere qualcosa da incidere sulla mia lapide, vorrei questa linea sorridente.
Quando la forza dello stimolo (innesco) spinge il comportamento sopra la linea dell’azione, il comportamento si verifica. Immaginate di avere una motivazion...

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