Prima lezione di metodo storico
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Prima lezione di metodo storico

Sergio Luzzatto

  1. 210 pages
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Prima lezione di metodo storico

Sergio Luzzatto

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Come si studia la storia? E come si racconta? Domande difficili ma appassionanti, se soltanto gli storici si impegnano a non avere segreti, e a parlare chiaro. Se invitano il pubblico dentro la loro officina e spiegano come maneggiarne gli attrezzi. Se una tecnica, il buon uso delle 'fonti', diventa un'arte di ricostruzione del passato. Qui, dieci storici italiani – Alessandro Barbero, Roberto Bizzocchi, Alessandro Casellato, Antonio Gibelli, Miguel Gotor, Giovanni Levi, Salvatore Lupo, Sergio Luzzatto, Ottavia Niccoli, Lisa Roscioni – hanno scelto ciascuno una singola fonte, l'hanno lavorata con i ferri del mestiere, ne hanno fatto la base di un racconto esemplare.Sergio Luzzatto ospite del Programma Le Storie di Corrado Augias: guarda il video

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Information

Year
2015
ISBN
9788858122600
Topic
Storia
Subtopic
Storiografia

L’uomo col dito puntato
Una fonte iconografica.
di Antonio Gibelli

1. Una fonte in mezzo a noi

Ci sono casi in cui la fonte non va cercata in qualche luogo speciale, recesso archivistico o fondo di biblioteca che sia, ma è per così dire sotto gli occhi di tutti, o almeno può capitarvi, se non in quanto tale, in qualche sua contraffazione o imitazione. In questo caso, a maggior ragione che in altri, sarà lo sguardo dello storico a conferirle il suo statuto di fonte, in altri termini a utilizzarla e interrogarla per capire qualche aspetto del passato altrimenti inattingibile. E il primo lavoro in questa direzione sarà ovviamente quello di ricontestualizzare la fonte stessa, riconducendola alle sue scaturigini. La storia della fonte è, come tutti gli storici sanno, il primo passo per poter usare la fonte a fini storici.
L’esempio che voglio fare è quello di un’immagine molto nota, affidata a un manifesto murale o locandina o anche vignetta di giornale. A chi non è capitato di vedere, su uno di questi supporti, l’immagine dello zio Sam col cappello a cilindro a stelle e strisce, che punta il dito verso l’osservatore, intimandogli qualcosa (Fig. 1), per solito di acquistare un prodotto, di recarsi a uno spettacolo o di impegnarsi in un conflitto? Con tutta probabilità, quella che in tal modo viene a cadere sotto la nostra attenzione non è la riproduzione fedele del manifesto originale, ma la sua ennesima variante o imitazione eventualmente giocata in chiave satirica o parodistica. Di certo si tratta di un’icona assai conosciuta, forse perfino familiare ai più, ma della quale non molti saprebbero oggi indicare la collocazione nel tempo, il contesto e le finalità originarie. Prima di vedere quale aspetto del passato ci permetta di ricostruire, proviamo dunque a ricordare questi elementi.
Fig. 1. Caricatura di George W. Bush al tempo della seconda guerra in Iraq.
Fig. 1. Caricatura di George W. Bush al tempo della seconda guerra in Iraq.
Nella forma appena ricordata dello zio Sam (Uncle Sam, personaggio simbolo degli Stati Uniti d’America, di cui riprende le iniziali U e S), l’immagine risale al 1917 ed è dovuta alle mani dell’illustratore James Montgomery Flagg. La didascalia originale era costituita dalla frase «I want you for U.S. Army» (Ti voglio per l’esercito degli Stati Uniti), e indicava le finalità del manifesto: un appello all’arruolamento (Fig. 2). In quell’anno gli Stati Uniti erano entrati nella prima guerra mondiale a fianco delle potenze dell’Intesa, vincendo resistenze e atteggiamenti isolazionistici, e chiamavano i cittadini a raccolta. In questo senso il manifesto ci riconduce alla temperie culturale e politica della Grande Guerra, segnata da un inedito uso dei mezzi di comunicazione di massa in funzione della mobilitazione, della propaganda e dell’organizzazione del consenso.
Fig. 2.  James Montgomery Flagg, I want you for U.S. Army, Manifesto per l’arruolamento, USA 1917.
Fig. 2. James Montgomery Flagg, I want you for U.S. Army, Manifesto per l’arruolamento, USA 1917.
In realtà l’immagine dello zio Sam, quasi certamente la più nota, non è però la prima né tantomeno l’unica del genere. Pur rimanendo entro il contesto bellico, dobbiamo risalire a tre anni prima e spostarci in Gran Bretagna per rintracciarne il prototipo. Questa volta a comparire sui manifesti, puntando lo sguardo e il dito verso gli spettatori, è la faccia di Lord Kitchener, esemplare mitico della casta militare britannica nell’età dell’imperialismo, già spietato protagonista della guerra anglo-boera, poi governatore dell’Egitto e ora, nell’estate del 1914 quando il manifesto fu affisso sui muri, ministro della Guerra (Fig. 3). Il messaggio è lo stesso di quello precedente, ma qui il significato appare in certo senso più drammatico a causa di una circostanza: l’assenza in Gran Bretagna della coscrizione obbligatoria, assenza che rende vitale l’opera di convincimento dei giovani ad arruolarsi volontari.
Fig. 3. Alfred Leete, Your Country Needs You, Manifesto per l’arruolamento, Regno Unito 1914.
Fig. 3. Alfred Leete, Your Country Needs You, Manifesto per l’arruolamento, Regno Unito 1914.
Ma la questione non si ferma qui, perché l’immagine di Lord Kitchener non è la prima ad applicare uno schema del genere, già usato in precedenza con finalità diverse, eminentemente commerciali. Esempi di questo tipo, o riconducibili allo stesso modello, sono numerosi nel periodo che precede la prima guerra mondiale: pubblicizzano prodotti come sigarette, macchine da scrivere o macchine fotografiche, altrettanti esempi di nuovi consumi tipici del XX secolo. Li analizzeremo in seguito. Qui occorre subito notare che l’ambito entro il quale si colloca il fenomeno considerato è evidentemente più ampio di quel che appariva a prima vista: non si tratta solo della mobilitazione patriottica nella prima guerra mondiale, ma di qualcosa di più e di altro. Possiamo per il momento segnalare l’adozione, da parte della pubblicità e della propaganda di guerra, di linguaggi analoghi o addirittura dello stesso linguaggio iconico. Sappiamo che la commistione tra pubblicità, politica e propaganda di guerra è un aspetto tipico della società novecentesca. La fonte, ossia il nostro manifesto con le varianti fin qui identificate, si può leggere come manifestazione di questo aspetto e contribuisce a confermarlo, mostrandocene un esempio particolarmente evidente. Ci parla di questa società in via di massificazione e non solo delle iniziative per mobilitare l’opinione pubblica nel corso della guerra.

2. Catturare, colpire

Quali sono le caratteristiche comunicative e le ragioni dell’efficacia della figura che abbiamo fin qui sommariamente descritto? Diverse nelle realizzazioni, le immagini di questo genere ricalcano un unico schema iconografico e usano i medesimi ingredienti: un uomo (più raramente una donna) visto frontalmente, che guarda fisso davanti a sé, il cui sguardo si prolunga in direzione dello spettatore grazie al gesto di un braccio teso in avanti e di un indice puntato. Questo schema corrisponde a un dispositivo, che potremmo anche definire come un sistema di puntamento. L’immagine tende a colpire lo spettatore, a raggiungerlo, a interpellarlo personalmente, a far sentire ciascuno singolarmente chiamato, toccato, puntato come da un’arma o da uno strumento ottico che lo scruti. Infatti, per ammissione comune, l’immagine trae la sua forza dall’effetto per cui, da qualunque parte io la guardi, è proprio a me che si rivolge, che lancia la sua intimazione, la sua esortazione, il suo appello. La traiettoria sguardo-braccio-dito tende precisamente a questo: stabilisce un collegamento diretto, quasi fisico, tra la figura che lancia l’intimazione e lo spettatore che la subisce.
Si potrebbe anche dire che l’immagine tende a sfondare la bidimensionalità per prolungarsi nello spazio tridimensionale. A conferma di tale struttura dinamica stanno alcune varianti successive e alcune applicazioni narrative dello schema. Intanto, la variante risalente al 1942 nella quale il dito puntato sembra lacerare la superficie dello stesso manifesto attraversandola in direzione dello spettatore, sicché l’effetto illusionistico dello sfondamento appare moltiplicato (Fig. 4). Colpire lo spettatore, catturare la sua attenzione, raggiungere il bersaglio: non è un caso che le metafore di caccia e di guerra appaiano le più adatte a descrivere l’azione comunicativa compiuta dall’immagine. L’idea della cattura è legata al problema tipico della comunicazione sociale nell’era delle grandi folle urbane, caratterizzata da intensità crescente degli stimoli comunicativi, numero crescente dei messaggi trasmessi, velocità crescente di circolazione delle immagini: quello della concorrenza percettiva. Catturare l’attenzione dello spettatore significa impedire che, attratto da altri messaggi o frastornato dal loro fitto sovrapporsi, sfugga al nostro: che si sottragga all’appello, che lo ignori o lo eluda. Significa combattere la renitenza.
Fig. 4.  Are You Doing All You Can?, Manifesto di propaganda, USA 1942.
Fig. 4. Are You Doing All You Can?, Manifesto di propaganda, USA 1942.
L’immagine appare perciò carica di una speciale aggressività visiva, che deve permetterle di imporsi in un ambiente come quello affollato, confuso e frenetico della grande città. Anche dove non ci sono di mezzo la guerra e la mobilitazione militare, come nel caso dei manifesti pubblicitari (per esempio quello per le sigarette Phillips risalente al periodo prebellico) (Fig. 5), l’atteggiamento del personaggio è quello dell’intimazione, lo sguardo non ha nulla di rassicurante e la sigaretta che tiene all’angolo della bocca, quantunque ovvia data la natura del prodotto reclamizzato, gli dà l’aria spicciativa di chi vuole raggiungere il risultato senza tanti complimenti. La lettura dell’immagine richiede la sua collocazione all’interno di un contesto e ci parla di tale contesto: una società che si sta trasformando rapidamente, dove le folle si riversano nelle strade ed escono vociando dalle fabbriche, dove i ritmi della vita e del lavoro incalzano, e dove forse la stessa pratica del fumo di sigarette porta l’impronta di questa frenesia diffusa. Si tratta precisamente dell’ambiente urbano che i futuristi avevano perfettamente colto e rappresentato, esaltandone i dinamismi e le valenze estetiche.
Fig. 5.  Pubblicità delle sigarette Godfrey Phillips & Sons, Londra 1910.
Fig. 5. Pubblicità delle sigarette Godfrey Phillips & Sons, Londra 1910.

3. Frenesie urbane

Se i futuristi interpretavano in senso ottimistico le nuove forze sprigionate dalla società tecnologica e dal macchinismo, c’era chi ne avvertiva i rischi e le minacce, dipinte spesso a tinte fosche. Una letteratura sociologica, medica e antropologica assai diffusa negli Stati Uniti come in Germania, paesi che stavano conoscendo una crescita particolarmente accelerata a cavallo tra i due secoli, ma presente anche in paesi più arretrati come l’Italia, scorgeva nell’evoluzione economica e sociale, nell’industrializzazione e nella standardizzazione, soprattutto nella crescente urbanizzazione, i segni di una degenerazione di cui si temevano esiti disastrosi.
L’ambiente urbano fu dipinto più volte come un ambiente patogeno a causa dell’aumento vertiginoso dei ritmi di vita e al bombardamento sensoriale a cui sottoponeva gli uomini. Nel 1903 il tedesco Georg Simmel, considerato uno dei massimi interpreti del pensiero sociologico contemporaneo, pubblicò un saggio divenuto celebre, Die Grosstädte und das Geistleben (Le metropoli e la vita dello spirito) nel quale analizzava le nuove forme dell’esistenza individuale e collettiva nel contesto della grande metropoli. Simmel delineava le risposte dell’individuo alla corrente di nuovi stimoli cui la sua psiche era sottoposta: all’«intensificazione della vita nervosa, che è prodotta dal rapido e ininterrotto avvicendarsi di impressioni esteriori e interiori», all’«accumularsi veloce di immagini cangianti». Nel contrasto tra l’immenso sviluppo di u...

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Luzzatto, S. (2015) Prima lezione di metodo storico. [edition unavailable]. Editori Laterza. Available at: https://www.perlego.com/book/3459763/prima-lezione-di-metodo-storico-pdf (Accessed: 15 October 2022).

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Luzzatto, Sergio. Prima Lezione Di Metodo Storico. [edition unavailable]. Editori Laterza, 2015. Web. 15 Oct. 2022.