Introduzione al diritto dell'ambiente
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Introduzione al diritto dell'ambiente

Rosario Ferrara, Fabrizio Fracchia, Nino Olivetti Rason, Alessandro Crosetti

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Introduzione al diritto dell'ambiente

Rosario Ferrara, Fabrizio Fracchia, Nino Olivetti Rason, Alessandro Crosetti

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La tutela ambientale è oggi al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica. Le istituzioni hanno preso consapevolezza dell'importanza della questione, varando una serie di norme che mirano a regolare l'uso del territorio, a prevenire e sanzionare l'inquinamento, a valorizzare il patrimonio paesaggistico.Questo libro presenta e discute la produzione legislativa e la prassi amministrativa in materia di diritto ambientale. Particolare attenzione viene dedicata alla 'riforma amministrativa' in corso e ai suoi esiti più recenti in materia di semplificazione amministrativa e di procedimenti di valutazione di impatto ambientale.

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Information

Year
2018
ISBN
9788858131824
Topic
Droit

IV.
Le tutele differenziate

1. La tutela del paesaggio

1.1. La nozione giuridica di paesaggio e le sue valenze

1.1.1. Premessa e profili evolutivi. Una più attenta «lettura» dei valori paesaggistici è stata certamente favorita dal disposto dell’art. 9, comma 2, Cost. nella parte in cui ha statuito che «La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico-artistico della Nazione». Occorre, infatti, evidenziare come la collocazione della disposizione in oggetto tra i principi fondamentali della nostra Costituzione, benché da taluno criticata, debba essere considerata particolarmente felice, soprattutto per le implicazioni giuridiche che da tale inserimento si sono potute sviluppare (Merusi). Dopo una prima prospettazione restrittiva (Sandulli), secondo la quale la norma costituzionale avrebbe identificato le bellezze naturali nel senso tradizionale della nostra legislazione con una connotazione eminentemente estetica dei valori paesaggistici «sotto il profilo dei quadri naturali che essi realizzano» escludendo ogni valenza naturalistica, quale la flora e la fauna, la successiva dottrina (Predieri) ha, infatti, offerto una più estensiva ricostruzione della nozione giuridica del paesaggio quale «forma del paese nella sua intierezza».
Secondo questa più adeguata prospettazione la tutela delinea­ta dalla Costituzione deve essere considerata come estesa oltre la mera conservazione in due direzioni: «nella prima il paesaggio come forma sensibile dell’ambiente investe non solo le bellezze naturali con riferimento a criteri estetici, ma ogni preesistenza, l’intero territorio, la flora, la fauna, in quanto concorrono a costituire l’ambiente in cui vive ed agisce l’uomo. Nella seconda [...] la tutela del paesaggio come tutela del paese, plasmata dall’azione della comunità, investe ogni intervento umano che operi nel divenire del paesaggio, qualunque possa essere l’area in cui viene svolto. Dunque intendendo il paesaggio in senso dinamico, come continua modificazione della natura e delle precedenti opere dell’uomo, la sua tutela consisterà nel controllo e nella direzione degli interventi della comunità sul territorio».
Le intuizioni dianzi riferite hanno segnato una tappa oltremodo significativa a favore di una nuova e diversa attenzione dei valori paesaggistici e naturali, indirizzata verso una prospettiva dinamica e gestionale idonea a tenere in stretta considerazione il necessario rapporto di interazione tra uomo e natura.
In questa stessa prospettiva si era, del resto, mossa la stessa Commissione Franceschini già nel 1964, decisamente allontanandosi dalla precedente visione estetizzante della bellezza naturale, per individuare la diversa locuzione di «bene culturale ambientale», di cui il paesaggio è tuttavia soltanto una delle componenti, ponendosi come sottoinsieme rispetto all’ambiente, in un rapporto di genere a specie. I beni culturali ambientali individuati dalla Commissione Franceschini definiscono, infatti, una categoria assai estesa che, oltre alle tradizionali bellezze naturali e panoramiche, ricomprende tutti quegli elementi che, singolarmente o inquadrati in un più ampio contesto territoriale, costituiscono una concreta espressione dei valori di civiltà e vanno quindi resi accessibili alla collettività e preservati per garantirne il godimento anche alle prossime generazioni. La Commissione Franceschini individua, in tal modo, un’innovativa concezione del bene ambientale che, pur nella sua unitarietà, evidenzia la valenza culturale della forma del territorio e viene letta in una prospettiva dinamica e più avanzata, nella quale le esigenze della crescita economico-sociale devono conciliarsi con le istanze della collettività (con chiaro effetto anticipatore del principio dello sviluppo sostenibile).
A tale configurazione è, del resto, approdata la stessa Corte costituzionale, che ha avuto più volte occasione di evidenziare nel paesaggio un valore di carattere primario e di sottolineare che la relativa tutela è caratterizzata dal duplice aspetto della integrità e della globalità. Nella lettura della Corte il paesaggio è passato da una tutela puramente estetica di beni e di luoghi considerati isolatamente, ciascuno per se stesso, a una tutela (soprattutto dopo la legge 431/1985, cosiddetta Galasso) di carattere globale, che considera il paesaggio nella struttura e fisionomia dei luoghi quali si sono venuti formando in natura e sono stati qualificati dalla storia e dall’intervento dell’uomo (sentt. 21 dicembre 1985, n. 359; 3 marzo 1986, n. 39; nn. 151, 152, 153 del 1986). Tale lettura è stata dalla stessa Corte successivamente confermata e approfondita nel sottolineare che
la tutela del paesaggio debba ormai ritenersi non legata alla visione frammentaria propria della legge 29 giugno 1939, n. 1497 – diretta in prevalenza alla tutela delle singole bellezze naturali isolatamente considerate – in quanto essa è diventata sinonimo di tutela ambientale, della quale, quindi, deve ritenersi comprensiva per quanto attiene al territorio su cui vive l’uomo.
La Consulta ha poi ribadito che il paesaggio, in quanto oggetto di precisa previsione costituzionale, è un valore «primario ed assoluto» che deve essere tutelato dallo Stato in modo prevalente rispetto ad altri interessi pubblici quali il governo e la valorizzazione del territorio (sent. 14 novembre 2007, n. 367, confermata da sent. 2 luglio 2008, n. 232).
I successivi sviluppi normativi hanno offerto ulteriori e più specifici contributi per una puntuale definizione giuridica della nozione di «patrimonio naturale» che troviamo presente, per la prima volta, nell’art. 1, comma 2, legge 394/1991 («Legge quadro sulle aree protette»). Tale definizione, importante sotto più profili, anche perché contenuta in una legge di principi, afferma che il patrimonio naturale è costituito dal complesso delle «formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche, o gruppi di esse, che hanno un rilevante valore naturalistico e ambientale».
1.1.2. La Convenzione europea sul paesaggio. Certamente in questo processo evolutivo un contributo oltremodo rilevante è giunto dal diritto pattizio internazionale e segnatamente dalla Convenzione europea sul paesaggio, sottoscritta dai paesi membri del Consiglio d’Europa il 20 ottobre 2000, la quale costituisce una tappa importante di coesione, nella misura in cui con la stessa viene elaborata una nozione condivisa del paesaggio e degli strumenti per la sua salvaguardia, pianificazione e gestione e ove vengono individuati i provvedimenti da assumere a livello nazionale nonché le forme di cooperazione e di reciproca intesa.
Rileva qui in modo particolare la definizione contenuta nell’art. 1, ove è stato precisato che «il paesaggio designa una determinata parte di territorio, così come percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni» e che «il paesaggio è componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità». Tale definizione mette infatti in evidenza l’esistenza di un forte nesso tra paesaggio e comunità stanziata sul territorio, ponendo quindi le premesse per l’esercizio di azioni più penetranti di tutela e di valorizzazione, anche in funzione della qualità di vita della popolazione.
La Convenzione prende in considerazione la protezione di tutti i tipi di paesaggio: obiettivo finale risulta essere non tanto la protezione della natura in sé, quanto piuttosto la protezione dell’essere umano e del suo contesto ambientale, che ha valore non solo in quanto dato estetico, ma soprattutto per la qualità della vita e per la sensazione di appartenenza che l’uomo avverte nei confronti di tutto ciò che lo circonda. Oltremodo interessante, in questa prospettiva, è il preambolo della Convenzione, ove è evidente la nuova tendenza a considerare il paesaggio «una risorsa favorevole all’attività economica, e che, se salvaguardato, gestito e pianificato in modo adeguato può contribuire alla creazione di posti di lavoro», in quella prospettiva di «sviluppo sostenibile fondato su un rapporto equilibrato tra i bisogni sociali, l’attività economica e l’ambiente».
La Convenzione contiene altri importanti principi che non possono non essere qui richiamati per la rilevanza dei contenuti programmatici:
a) la «politica del paesaggio» designa la formulazione, da parte delle autorità pubbliche competenti, dei principi generali, delle strategie e degli orientamenti che consentano l’adozione di misure specifiche finalizzate a salvaguardare, gestire e pianificare il paesaggio;
b) gli «obiettivi di qualità paesaggistica» designano la formulazione da parte delle autorità pubbliche competenti, per un determinato paesaggio, delle aspirazioni delle popolazioni per quanto riguarda le caratteristiche del loro ambiente di vita;
c) la «salvaguardia dei paesaggi» indica le azioni di conservazione e di mantenimento degli aspetti significativi e caratteristici di un paesaggio, giustificate dal valore di patrimonio che esso possiede e che deriva dalla sua configurazione naturale e/o dal tipo di intervento umano;
d) la «gestione del paesaggio» indica azioni volte, in una prospettiva di sviluppo sostenibile, a garantire il governo del paesaggio al fine di orientare e di armonizzare le sue trasformazioni provocate da processi di sviluppo sociali, economici ed ambientali;
e) la «pianificazione dei paesaggi» indica azioni fortemente lungimiranti volte alla valorizzazione, al ripristino o alla creazione di paesaggi.
Il d.lgs. 42/2004, recante il «Codice dei beni culturali e del pae­saggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137» («codice Urbani», dal nome del ministro in carica), ha recepito e trasposto nell’ordinamento interno l’impostazione della Convenzione europea. La Parte III di detto codice, relativa ai «Beni paesaggistici», all’art. 131 ci offre, infatti, la prima definizione giuridica del paesaggio, secondo la quale «si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni» (definizione aggiornata e sostituita con l’art. 2 del d.lgs. 26 marzo 2008, n. 63).
Alla stregua di tali indicazioni normative la tutela del paesaggio va oggi collocata nella più ampia e coordinata tutela della forma del territorio inteso quale «continua interazione della natura e dell’uomo». In questa diversa e più matura consapevolezza il paesaggio
costituisce un fatto fisico oggettivo, ma al tempo stesso un farsi, un processo creativo continuo, incapace di essere configurato come realtà o dato immobile [...] il paesaggio cioè viene a coincidere con la forma e l’immagine dell’ambiente.
Il paesaggio, in altri termini, è la traccia, il segno lasciato sul territorio, la storia fatta dalle vicende dell’uomo non meno che dai fenomeni naturali e diventa, com’è stato detto, «forma e spazio dell’ambiente», inteso quale «insieme di condizioni esterne in cui vive ed opera l’uomo» (Corte cost., sent. 27 luglio 2000, n. 378) e quindi quale momento di sutura per la disciplina delle attività umane che vi si svolgono.
Va infatti evidenziato che l’art. 131, comma 2, ha inteso, in sintonia con quanto stabilito dalla citata Convenzione europea, sottolineare il profilo del paesaggio come manifestazione identitaria percepibile (la nuova formulazione introdotta con il citato art. 2 del d.lgs. 63/2008 recita: «Il presente Codice tutela il paesaggio relativamente a quegli aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale, in quanto espressione di valori culturali»). La formula è analogamente ripresa dall’art. 138, comma 1, con riferimento al «valore identitario del territorio» per la dichiarazione accertativa del notevole interesse pubblico dei beni paesaggistici. Nel linguaggio comune come in quello filosofico tale locuzione sta a indicare una relazione tra il soggetto e l’oggetto attraverso sia i sensi, sia l’intuito, sia il pensiero. La percezione identitaria, in queste indicazioni normative, appare rivolta a evocare una sorta di «coscienza collettiva» del luogo geografico, complessivamente inteso altresì quale «testimonianza avente valore di civiltà». Tale valore identitario deve essere funzionalmente percepibile nella civiltà passata che ha contribuito a formare appunto l’identità degli uomini della presente (e futura) generazione.
1.1.3. Paesaggio e ambiente fra tutela e valorizzazione nel nuovo Titolo V della Costituzione fra Stato e Regioni. La Parte III del codice (artt. 131-159) accorpa in termini più organici e sistematici la disciplina sulla tutela e sulla valorizzazione dei beni paesaggistici, dettando delle disposizioni di carattere generale relative sia alla salvaguardia del paesaggio sia agli strumenti amministrativi per la tutela e la valorizzazione dello stesso.
Va innanzitutto rilevato che il nuovo codice ha proceduto a sostituire il termine «beni ambientali» (già introdotto con l’art. 82 d.p.r. 616/1977 e poi ripreso dalla «legge Galasso» – 431/1985 – e infine dal d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112) con «beni paesaggistici», compiendo così non solo la chiarificazione di un’ambiguità terminologica (Amorosino), ma anche un aggiornamento concettuale dei contenuti giuridici della nozione dianzi richiamati.
La novità introdotta dall’art. 1 del «codice Urbani» è rappresentata dalla nozione di «patrimonio culturale», nella quale vengono ricompresi sia i beni culturali sia i beni paesaggistici. Il codice, recependo l’impostazione della Convenzione europea, attua così una riforma da tempo attesa, individuando espressamente i beni paesaggistici come parte costitutiva del patrimonio culturale. Nella formulazione dell’art. 2, comma 3, sono infatti considerati «beni paesaggistici gli immobili e le aree indicati all’art. 134, costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge».
Tale scelta normativa riflette la volontà del legislatore di riaffermare la priorità della tutela del paesaggio quale tutela dell’ambiente, riportandola nella sfera di attribuzioni propria dello Stato, nella prospettiva delineata dal novellato ...

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