Manuale di giornalismo
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Manuale di giornalismo

Alessandro Barbano, Vincenzo Sassu

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Manuale di giornalismo

Alessandro Barbano, Vincenzo Sassu

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Il primo manuale di giornalismo che tiene conto della scrittura giornalistica e dell'organizzazione del lavoro nell'era dell'integrazione tra modello cartaceo e modello virtuale.L'obiettivo di questo manuale è fornire un sapere teorico-pratico integrato per chi voglia operare sulla carta stampata, sul radio-televisivo e sulle diverse piattaforme digitali presenti in Rete. Il libro si sviluppa lungo otto linee didattiche, ciascuna delle quali tiene insieme le acquisizioni della tradizione con le nuove evoluzioni teorico-pratiche del giornalismo, con un ricco corredo di esempi tratti dai più autorevoli media italiani e stranieri: - la ridefinizione del concetto di notizia ai tempi dell'informazione in tempo reale;- la teoria e la tecnica della scrittura giornalistica, tra cartaceo e on-line;- lo studio dei generi del giornalismo, da quelli più tradizionali, come la cronaca e l'intervista, a quelli più recenti, come il retroscena;- l'organizzazione del lavoro nei principali media e la sua evoluzione segnata dal ruolo crescente delle tecnologie;- la crisi delle aziende editoriali e la transizione verso il mercato delle nuove piattaforme digitali, attraverso esempi concreti tratti dalle esperienze di alcune delle più grandi e innovative imprese del mondo, come 'New York Times", 'Washington Post", Bbc, "Guardian", fino allo studio delle nuove avventure editoriali sulla rete;- l'analisi del caso italiano, dell'omologazione e della prevalenza dell'informazione politica che caratterizza i media nostrani;- lo studio del foto e video-giornalismo e delle nozioni di grafica essenziali;- l'etica del giornalismo e i problemi aperti dalla necessità di tutelare la privacy di fronte alla grande forza di impatto che le moderne tecnologie informative hanno sulla vita delle persone.

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Information

Year
2012
ISBN
9788858103920

1. La notizia

Il problema della notiziabilità

Tornado devasta città Missouri
Almeno 89 i morti. Danni al 75% di Joplin
(ANSA) – ROMA – Un tornado ha devastato Joplin, cittadina nel Missouri americano, causando almeno 89 morti secondo l’ultimo bilancio fornito dalle autorità. «Direi che il 75% della città è virtualmente andato», afferma Kathy Dennis, della Croce rossa Usa alla Cnn on line.
Il tornado è arrivato con una ondata di maltempo che ha spazzato tutto il Midwest ieri, e causato numerosi problemi dal Wisconsin al Texas. Danni in Minnesota, dove si registrano almeno un morto e una ventina di feriti.
Ma è a Joplin che è andato in scena l’inferno: anche l’ospedale della città è stato colpito, e secondo i testimoni nell’edificio sarebbe divampato un incendio. I vetri di un’intera facciata sono andati in frantumi, e le autorità hanno deciso l’evacuazione della struttura.
Imprecisato anche il numero di persone rimaste intrappolate o che hanno bisogno di immediati soccorsi. I testimoni dicono all’unisono che Joplin «non si riconosce più, è totalmente devastata».
Auto e trattori sono stati letteralmente ‘lanciati’ dalla furia del vento contro alberi e case.
Negli Stati Uniti il cataclisma rappresenta una breaking news, una notizia che rompe il flusso normale di informazioni e si impone all’attenzione del pubblico per la sua rilevanza. La notizia giunge nelle redazioni dei quotidiani americani nella serata di domenica 22 maggio 2011. Il «New York Times» non aspetta l’edizione cartacea del giorno dopo, ma attiva prontamente le sue fonti e racconta il dramma causato dal tornado che ha distrutto la cittadina di Joplin nello Stato del Missouri in un articolo pubblicato sul proprio sito web a firma di Noam Cohen da New York.
Nelle prime righe dell’articolo, che costituiscono l’attacco del pezzo, il cosiddetto lead, il giornalista racconta l’evento, dove e quando è accaduto, quali conseguenze ha causato sulla popolazione civile.
A tornado steamrolled over Joplin, Mo., on Sunday night, knocking out a hospital and causing many deaths across the city, according to various reports.
(Secondo varie fonti, domenica notte un tornado si è abbattuto su Joplin in Missouri, distruggendo un ospedale e causando molti morti nella città)
Il giornalista Noam Cohen è davanti ad uno dei computer del news desk, la redazione «attualità» del quotidiano, situata al diciottesimo piano del grattacielo progettato dall’architetto italiano Renzo Piano nella Ottava Avenue, tra la 40ma e la 41ma strada. Gli elementi di cui Cohen dispone non sono di prima mano, ma vengono raccolti consultando le agenzie giornalistiche che hanno lanciato la notizia e i siti web dei quotidiani locali del Missouri, vedendo i primi servizi mandati in onda dalle redazioni televisive e ascoltando quelli preparati dalle testate radiofoniche. Cohen lo dice nei due paragrafi successivi. Nel primo, con un generico «reports said...» (le cronache dicono...).
Joplin, which the reports said was in the direct path of the tornado, was left isolated and in the dark after the destruction, with telephone connections largely cut off and many homes without electricity after the twister touched down around 6 p.m.
(Dopo la distruzione causata dal tornado che ha toccato terra intorno alle 18, Joplin, che secondo le cronache si trovava nel percorso del tornado, è rimasta isolata e al buio, perlopiù priva di collegamenti telefonici e senza elettricità in molte case)
Nel secondo periodo il giornalista cita l’agenzia giornalistica inglese Reuters, che raccoglie la dichiarazione di Mark Bridges, medico legale della contea di Newton (Missouri).
Reuters quoted the Newton County coroner, Mark Bridges, as saying about 30 people had been killed, and 11 bodies had been recovered from just one location.
(La Reuters, citando il medico legale di Newton County, Mark Bridges, dice che 30 persone sono state uccise, e 11 corpi sono stati recuperati in una sola area)
Mentre Cohen scrive il pezzo, i colleghi del news desk setacciano i social network alla ricerca di utenti che, attraverso messaggi, link o modifiche di status, aggiornino sulla situazione in Missouri. Poi caricano sul sito i primi video sull’accaduto diffusi dalle televisioni o da semplici cittadini che, con telefonini e videocamere, documentano in presa diretta il tornado e lo condividono tramite YouTube, Facebook, Twitter. Nel frattempo analizzano il materiale fotografico diffuso in rete dagli utenti e caricano sul sito le prime immagini inviate dai fotoreporter del giornale presenti sul posto o da collaboratori freelance, raccogliendole in gallerie fotografiche che mostrano quanto sta accadendo a Joplin e nelle città dell’area colpite dal tornado.
Dopo aver diffuso tempestivamente l’articolo sul sito web con le informazioni avute nell’immediatezza dell’accaduto, il «New York Times» pubblica all’interno dell’edizione cartacea del giorno successivo un altro articolo firmato dallo stesso Cohen, completo degli aggiornamenti dell’ultima ora arrivati in redazione dal Missouri. In seguito, valutata l’attualità e la drammaticità dell’accaduto, l’interesse umano suscitato nella popolazione americana ed espresso in termini di solidarietà per le persone coinvolte e di dolore per le vittime, tenuto conto delle dimensioni e della portata dei danni provocati dal tornado così come delle conseguenze pratiche sulla viabilità, sulla sicurezza stradale e sui collegamenti ferroviari e aerei, il più prestigioso quotidiano statunitense decide di mandare sul posto un inviato, Brian Stelter.
Il venticinquenne giornalista americano si reca in Missouri il 23 maggio, il giorno dopo l’accaduto, per valutare direttamente i danni causati dal tornado. Arriva a Joplin, il centro cittadino più danneggiato, e raccoglie le testimonianze di un gruppo di tornado cheasers (letteralmente, «cacciatori di tornadi»), persone che, per hobby, osservano e filmano tempeste e tornadi a distanza ravvicinata, arrivati lì appena dopo il passaggio dell’uragano. Intervista alcuni sopravvissuti al cataclisma, incontra meteorologi ed esperti del settore, va al St. John’s Regional Medical Center, intervista le infermiere che accudiscono i feriti, un operaio, il direttore dell’ospedale e un soldato della guardia nazionale, reduce militare della guerra in Iraq e Afghanistan, impegnato nel soccorso ai feriti. Tramite smartphone, Stelter aggiorna anche il suo account twitter @brianstelter, i cui tweet vengono successivamente raccolti in post del suo blog The dead line e rappresentano una cronaca, in tempo reale, della sua esperienza a Joplin.
Nel frattempo, da Chicago, un’altra reporter del giornale, Monica Davey, raccoglie le informazioni sul cataclisma sopraggiunte nelle ultime ore e contatta le fonti istituzionali per completare l’articolo, firmato insieme a Stelter e pubblicato il giorno stesso sul sito web del giornale e poi, quello successivo, sull’edizione cartacea.
L’Interactive News Desk, il settore multimediale del quotidiano newyorkese, coordinato da Andrew DeVigal, completa poi la copertura dell’evento con una galleria fotografica dettagliata, una carta geografica che segna le zone di Joplin più colpite dall’uragano, una mappa interattiva delle aree in cui si sono verificate le morti provocate dagli uragani che hanno investito gli Stati Uniti dal 1950 ad oggi, un filmato del tornado pubblicato attraverso TimeCast, la sezione video del giornale, le notizie sulla calamità postate nei social media con gli aggiornamenti Facebook pubblicati dagli utenti di Joplin, e un articolo d’opinione a firma di Andrew Revkin, esperto di risorse naturali, cambiamento climatico e sostenibilità ambientale, che sul «New York Times» cura un blog intitolato Dot Earth. Il suo pezzo è supportato poi da un video del ciclone, postato dallo stesso Revkin su YouTube.
L’articolo scritto a New York da Arthur Greeg Sulzberger con i contributi di Brian Stelter da Joplin e Monica Davey da Chicago viene pubblicato il giorno stesso con il titolo A Rush to Protect Patients, Then Bloody Chaos sul sito web del quotidiano e il giorno dopo, il 24 maggio, nella sua edizione cartacea.
In Italia, la notizia viene riportata dai siti web delle maggiori testate giornalistiche che pubblicano gli aggiornamenti sull’accaduto, diffusi dall’Ansa, e postano nell’area multimediale i video dell’uragano. Mentre nelle edizioni cartacee la notizia compare solo tra le «brevi».
Ora, facciamo alcune ipotesi. Poniamo che l’uragano avesse causato la morte di dieci viaggiatori italiani. Un gruppo di persone partito con un pacchetto viaggio organizzato da un’agenzia turistica. In termini di copertura giornalistica, negli Stati Uniti non sarebbe cambiato molto. In Italia sì. Per la nostra stampa, l’evento non sarebbe stato considerato come uno dei frequenti uragani che investono gli Usa, ma avrebbe assunto una notevole importanza, aprendo le principali edizioni dei telegiornali, occupando le prime pagine dei quotidiani on line e su carta. La notizia sarebbe stata presentata più o meno così:
Dieci turisti italiani sono tra le vittime dell’uragano che si è abbattuto durante la notte nel Missouri americano. Stavano trascorrendo un breve soggiorno nella città di Joplin, che al momento conta 89 vittime accertate, e si apprestavano a fare ritorno a Springfield, il centro abitato più popoloso della zona.
Ora poniamo che sette dei dieci turisti fossero veneti. L’originale notizia dell’uragano abbattutosi sul Missouri avrebbe assunto allora ulteriore rilevanza non solo per le cronache nazionali ma, in particolare, per quelle regionali. In tal caso, ipotizziamo il trattamento della notizia in un quotidiano, una radio o una televisione regionale veneta, soffermandoci sull’attacco del pezzo.
Sette turisti veneti sono tra le dieci vittime italiane dell’uragano che si è abbattuto durante la notte nel Missouri americano. Stavano trascorrendo un breve soggiorno nella città di Joplin, che al momento conta 89 vittime accertate, e si apprestavano a fare ritorno a Springfield, il centro abitato più popoloso della zona. Facevano parte di un gruppo di turisti partiti con un viaggio organizzato da un’agenzia veronese.
Aggiungiamo un’ulteriore ipotesi. Ammettiamo ora che tra le vittime ci fossero anche due giovani fidanzati ventenni di Verona e che il loro viaggio rappresentasse un regalo dei familiari per aver superato brillantemente gli ultimi esami universitari. In tal caso, la notizia avrebbe raggiunto una carica emozionale notevole e sarebbe stata presentata più o meno così dal quotidiano cittadino:
Sono morti realizzando il sogno di un viaggio negli Stati Uniti: Marco e Francesca sono due dei sette turisti veneti vittime dell’uragano abbattutosi nel Missouri americano. Trascorrevano un breve soggiorno nella città di Joplin, che al momento conta 89 morti accertati, e si apprestavano a fare ritorno a Springfield, il centro abitato più popoloso della zona. Facevano parte di un gruppo di turisti veneti partiti con un viaggio organizzato da un’agenzia veronese.
Per riassumere: la notizia di un cataclisma lontano fisicamente, abbastanza comune negli Usa (un uragano), assume un valore rilevante dopo la scoperta del coinvolgimento di dieci turisti italiani, tra i quali due ventenni in viaggio-premio. Una notizia di questo genere avrebbe avuto per i media italiani modalità particolari di trattamento e di copertura dell’evento: oltre a raccogliere le storie delle persone coinvolte, le testate giornalistiche avrebbero inviato sul posto i loro corrispondenti, chiedendo loro di ricostruire i fatti con fonti di prima mano.
Adesso torniamo alla realtà dell’uragano senza vittime italiane, che catalizza l’interesse dei media statunitensi e invece è quasi ignorato da quelli italiani. Nella raccolta, nella selezione e nel trattamento della notizia la stampa internazionale e quella italiana hanno indirettamente espresso un giudizio sul fatto facendo ricorso a quelli che vengono definiti, dagli studi sulla comunicazione di massa, valori-notizia, ma che sarebbe più opportuno chiamare criteri-notizia. Si tratta di riferimenti di valutazione condivisi nella pratica redazionale che governano la selezione e la scelta compiuta attorno alla rilevanza giornalistica di un fatto o di un fenomeno. Essi viaggiano in rapporto con i valori predominanti di una precisa fase storica. Quindi ne sono, in un certo senso, lo specchio e ne forniscono una rappresentazione mediamente attendibile.
«All the news that’s fit to print», ovvero tutte le notizie che meritano di essere pubblicate: recitava così il celebre slogan del prestigioso quotidiano americano «The New York Times», coniato al momento della sua fondazione nel 1851. Esso rappresenta tutt’ora l’essenza e insieme il compito del giornalismo in una società moderna: selezionare gli eventi accaduti nel mondo, eliminando quelli non ritenuti interessanti, e porli all’attenzione del pubblico. Una funzione fondamentale, definita in un’epoca in cui il giornalista era l’unico intermediario tra l’accadimento di un fatto e la sua diffusione pubblica. Nell’era del web e delle tecnologie connettive che caratterizza il nostro tempo, il suo ruolo consiste ancora e anzitutto nella capacità di selezionare dal flusso di informazioni quelle più utili a definire uno spazio pubblico trasparente. Se questa abbondanza di notizie, spesso frutto di sleali ma efficaci strategie di pressione, non fosse selezionata, analizzata, controllata, messa in prospettiva e dotata di senso da un professionista, le informazioni rischierebbero di perdere valore e la «loro qualità sarebbe destinata ad annegare nel mare magnum della quantità»4. Ciò impone una verifica e un aggiornamento di quella grammatica professionale fatta di teorizzazioni e pratiche condivise, strutturatesi nel tempo nella memoria collettiva di intere generazioni di giornalisti.
È necessario perciò analizzare i criteri formulati nella storia del giornalismo che sovrintendono alla definizione del concetto di notizia, un concetto così ampio e multiforme da rendere difficile una sintesi in un’immagine che possa comprenderne tutte le sue manifestazioni. Ciò è tanto più necessario in un tempo in cui l’innovazione tecnologica, la diffusione globale di internet e dei social network stanno portando alla ridefinizione della professione e della sua pratica quotidiana, facendo sì che il tempo della rappresentazione giornalistica e il tempo del consumo non siano più successivi all’evento, ma coincidano con il tempo della produzione, cioè della sua ricostruzione operata in tempo reale dai vari intermediari giornalistici (reporter, redattori, fotografi) mentre il fatto si sta svolgendo5. Un processo informativo che quindi si consuma mentre viene prodotto e dove fonti, giornalisti e pubblico convivono nello stesso ecosistema comunicativo e partecipano alla produzione della notizia. Ma, soprattutto, un processo informativo caratterizzato, dal punto di vista organizzativo, dall’integrazione delle redazioni televisive e di carta stampata con quelle on line, già operata da alcune prestigiose testate a livello internazionale tra cui «New York Times», «Washington Post», «Usa Today», «Wall Street Journal» negli Usa e «Guardian», «London Times», «Dai...

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