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Uno spartito
in quattro lingue
Ci sono molti modi possibili per cominciare il nostro viaggio, molti punti di partenza interessanti, ma questo è sicuramente uno dei più importanti e significativi. Nel 1573, il grande musicista Orlando di Lasso pubblica a Monaco di Baviera un libro unico nel suo genere, che contiene ventotto composizioni vocali: sei Mottetti latini, sei Lieder tedeschi, sei Chansons francesi, sei Madrigali italiani, tutti a quattro voci; e quattro Dialoghi a otto voci, nelle quattro lingue.
Il compositore mette quindi a confronto tra loro più lingue, e infatti questa celebre pubblicazione viene generalmente chiamata Viersprachendruck, ossia «stampa in quattro lingue». Ma la cosa più notevole è il fatto che le composizioni nelle diverse lingue sono scritte utilizzando stili musicali diversi: lo stile universale e austero della musica liturgica in latino per i Mottetti, lo stile elegante, fiorito e descrittivo del Madrigale italiano, lo stile svelto e arguto della Chanson, lo stile robusto, ritmico, popolareggiante del Lied. Lasso, insomma, fa davvero dialogare tra loro quattro diverse culture musicali, che avevano una storia più o meno lunga e illustre ma comunque ben consolidata. Tanto più significativo appare quindi l’uso dello specifico termine «Dialogo» nelle composizioni a otto voci: è il simbolo stesso del progetto compositivo di Lasso, l’idea di confrontare e far parlare tra loro tradizioni musicali e vocali tanto diverse. Per comprendere quanto il pensiero del compositore vada controcorrente, basta pensare che la raccolta viene pubblicata appena dieci anni dopo la chiusura del Concilio di Trento, e diciotto anni dopo il famoso Cuius regio, eius religio stabilito con la Pace di Augusta del 1555: in piena Controriforma, quindi, e in un clima politico, sociale e religioso sempre più chiuso verso qualsiasi influenza esterna.
L’operazione in sé, il fatto di pubblicare insieme brani musicali scritti in lingue differenti, non era una novità assoluta: erano uscite verso la metà del secolo alcune antologie in tre lingue, e lo stesso Lasso aveva pubblicato, proprio nel 1555 ad Anversa, un libro contenente «dixhuict chansons italiennes, six chansons françoises & six motets faictz à la nouvelle composition». Ma la struttura simmetrica del Viersprachendruck, l’idea di ampliare a quattro il numero delle lingue rappresentate, di dare pari dignità a ognuno dei generi musicali e di coronare ogni sezione con un ampio Dialogo, rendono la raccolta del 1573 qualcosa di unico e di speciale.
In effetti la figura e la carriera di questo musicista sono uniche e speciali, anche nel contesto del Cinquecento (o forse talmente tipiche del secolo da rappresentare comunque alla fine un esempio irripetibile). La vocazione multiculturale della sua produzione, la sua insaziabile curiosità, l’estrema varietà dei generi e delle forme che affronta ci appaiono ancora oggi eccezionali.
Orlando di Lasso (Roland de Lassus, in francese; e a quanto pare «de Lassus» vuol dire proprio «di lassù»: è un appellativo che forse venne dato al compositore in Italia, a indicare la sua provenienza da un paese lontano) nacque a Mons, oggi in Belgio, probabilmente nel 1532. La leggenda vuole che all’età di soli 12 anni sia stato rapito da Ferrante Gonzaga, colpito dalle eccezionali qualità musicali e vocali del fanciullo, che lo portò con sé in Italia. Più probabilmente Ferrante contrattò con la famiglia di Orlando l’ingaggio; ma l’aneddoto è significativo, e dimostra quanto apprezzati fossero i giovani cantori in Europa, e quanto le corti, in particolare italiane, se li contendessero. Al seguito di Ferrante, il giovanissimo Orlando si recherà a Mantova, quindi in Sicilia, poi a Milano. A 18 anni non ancora compiuti lo troviamo a Napoli, un soggiorno fondamentale per il gran numero di stimoli musicali ricevuti. Due anni più tardi è a Roma, addirittura come maestro di cappella a San Giovanni in Laterano: una carriera talmente folgorante e rapida che qualcuno ha avanzato l’ipotesi di un coinvolgimento politico, forse addirittura una possibile attività di spionaggio del musicista. Sta di fatto che, non ancora ventenne, Lasso è già un artista affermato. In più, conosce perfettamente almeno tre lingue: il francese, sua lingua madre, il latino e l’italiano. Qualche anno più tardi, alla fine del 1554, il musicista è ad Anversa, un centro culturale ed economico di prim’ordine. Nel 1556, dopo aver viaggiato ancora in Francia e Inghilterra, accetta l’invito del duca di Baviera, Albrecht V, ed entra nella cappella di corte, della quale diverrà maestro pochi anni più tardi; sotto la sua guida, la cappella ducale diventerà una delle migliori e delle più ammirate d’Europa. Pur continuando a viaggiare, Lasso resterà a Monaco per il resto della carriera, e qui morirà il 14 giugno 1594.
La capacità del compositore di superare i confini territoriali e le barriere linguistiche si può osservare anche da un altro punto di vista, quello del mercato editoriale, che è uno degli elementi fondamentali nello sviluppo musicale del Cinquecento: Lasso è il compositore più pubblicato del secolo, e le sue musiche escono per i tipi di editori di ogni paese. Basterà un solo esempio per dimostrare la fama europea del musicista: nell’anno 1576 appaiono, tra novità, ristampe, volumi monografici o miscellanei, musiche di Lasso in oltre venti pubblicazioni diverse, e in luoghi tanto distanti tra loro come Monaco, Venezia, Parigi, Lovanio, Lione, La Rochelle. Lasso è quindi ciò che oggi chiameremmo un «fenomeno editoriale» internazionale; e non è un caso che al suo nome siano legate le prime apparizioni in campo musicale di alcuni concetti moderni come il diritto d’autore (ci resta una lettera indirizzata all’imperatore Rodolfo II, nella quale il musicista chiede di essere protetto contro edizioni pirata non autorizzate!) e perfino l’edizione critica (una raccolta di Mottetti pubblicati nel 1579 a Norimberga, dove vengono ristampate alcune opere confrontando diverse fonti, per correggere gli errori accumulatisi negli anni e nelle diverse edizioni «per l’incuria dei copisti»).
Nulla di strano che il musicista fosse in grado di scrivere composizioni in latino, francese, italiano e tedesco: padroneggiava le quattro lingue, e aveva avuto modo di familiarizzarsi in loco con gli stili, le forme, le inflessioni dei diversi generi musicali. Prima del Viersprachendruck Lasso aveva già pubblicato due raccolte di Lieder, nel 1567 e nel 1572; e la sua conoscenza dell’italiano era tale da permettergli di affrontare, accanto alla lingua letteraria (numerosi sono i testi petrarcheschi musicati, ben prima del 1573), anche generi dialettali e maccheronici. Già la raccolta del 1555 conteneva sei «Villanelle alla napoletana», brani scritti in dialetto partenopeo («Tu traditora m’hai puost’a sto core / ’no focolaro di fiamm’ e di foco, / e mo canazza me la miett’in gioco»); e in un volume del 1581 Lasso metterà in musica perfino «Moresche», ispirate alla lingua e alla vita quotidiana della comunità africana di Napoli (lo vedremo nel capitolo 3), e «Todesche», scritte imitando l’accento italiano e gli strafalcioni linguistici del soldato tedesco (il «Lanzichenecco» che corteggia una donna italiana: «Matona mia cara mi follere canzon / cantare sotto finestra, Lantze bon compagnon / don, don, don, di-ri-di-ri don»).
Quindi Lasso non è solo un grande musicista: è anche uno straordinario umorista, capace di rendere in musica i diversi linguaggi e i caratteri più disparati con un brio e una vivacità senza paragoni. I «giochi» e gli scherzi sonori nelle sue composizioni sono frequentissimi; e il musicista si diverte anche più volte a «firmare» i brani scegliendo testi che contengono la parola «lasso» o «lassus» (stanco, misero): sustine lassus, Hor qui son lasso, per esempio. Un riflesso di questa vocazione lo troviamo nelle lettere del musicista a Wilhelm, il giovane figlio di Albrecht V: un documento eccezionale, anche perché si tratta del primo epistolario di un compositore giunto fino ai giorni nostri. Le lettere di Lasso sono percorse da una vena umoristica e surreale, letteralmente infarcite di giochi verbali e di rime, e soprattutto passano con disinvoltura da una lingua all’altra (cosa che ci fa pensare che la capacità di parlare più lingue non dovesse essere una dote esclusiva del musicista: il giovane duca doveva pur essere in grado di comprendere):
Mons.r mais non pas valet, magister orlandus, quod nihil valet [...]
J’entens aussi que v(ot)re Ex.ce se bien porte, qui assés me conforte, il sera bis suntag feirtag et la comedia s’eslonga in monaco, per il tempo che si burla de la coglioneria delli pazzi habitantibus in eum. In quanto che Horatio brevis studia e lern nel gratar la viola, io grateray più presto una bella figliola [...]. Se la dieta si terrà in augusta la cosa assai mi piace e gusta, si vous avés bien con-batu, il sera aussi bien foutu, s’il i a loing d’ici jusque à Milan, plus en i a d’ici à mil-ans.
Viene in mente il miscuglio linguistico delle lettere di Mozart, un musicista con il quale Lasso ha senz’altro più di un punto in comune: i viaggi giovanili, il talento precoce, e soprattutto la versatilità, la capacità di affrontare i generi più disparati facendoli spesso dialogare tra loro. Nella musica di Lasso, per esempio, le categorie del sacro e del profano sembrano più volte intrecciarsi. Nessun altro compositore dell’epoca ha mostrato altrettanto interesse verso generi ibridi come il Mottetto profano in latino o il Madrigale spirituale in italiano. L’unione di sacro e prof...