Rigenerazione
Per questo, mentre nelle comuni classificazioni dei diritti di libertà si distinguono le libertà civili da quelle politiche (i diritti dell’uomo da quelli del cittadino), io preferisco considerare qui tutti i diritti, che mirano a proteggere l’indipendenza del singolo entro la propria sfera, nella loro funzione altruistica, e annoverarli tutti tra le libertà politiche. I diritti di libertà non devono infatti concepirsi, in regime democratico, come il recinto di filo spinato entro cui il singolo cerca scampo contro gli assalti della comunità ostile, ma piuttosto come la porta che gli consente di uscir dal suo piccolo giardino sulla strada, e di portare di lì il suo contributo al lavoro comune: libertà, non garanzia di isolamento egoistico, ma garanzia di espansione sociale. Dove questi diritti sono soppressi, lì veramente, quasi per tentar di nascondersi all’invadente oppressione dell’autorità, l’individuo si rinchiude in se stesso e perde il senso della solidarietà collettiva.
Piero Calamandrei, 1946
Nelle critiche vecchie e nuove all’individualismo, che si intersecano spesso con le critiche della modernità, è ricorrente la diffidenza verso la dimensione della ricerca, della sperimentazione, una condizione di mutabilità e soggettivismo dalla quale è fatto discendere il carattere relativista della vita morale nelle democrazie e, infine, il sovvertimento di ogni ancoraggio del dovere che trascenda la valutazione individuale. Charles Taylor ha accusato la politica universalista del liberalismo democratico di presumere tacitamente una metafisica individualistica, benché l’individuo postulato dalla società democratica non sia utilitarista e «possessivo» ma dotato di un senso di giustizia che, come si vede dalle parole di Calamandrei sopra citate, lo rende capace di formulare giudizi politici non indifferenti all’interesse personale, sebbene ispirati a criteri di imparzialità e universalità. La società giusta della democrazia costituzionale si regge su principi che tutti sarebbero in teoria disposti a sottoscrivere perché garantiscono una politica della dignità proprio quando negano a chiunque – non importa se una maggioranza eletta – il diritto di correggere le credenze di qualcuno e di imporre le proprie come vere. I diritti, ci ha ricordato Bobbio, non sono azzeramento delle differenze ma invece modi e criteri di relazione grazie ai quali l’attenzione alle differenze può avvenire in coerenza alla forma di vita democratica.
È l’eguaglianza a trasmettere al processo sociale questo moto perenne, a calare il dover essere nella politica senza vincolarla a nessuna realizzazione particolare se non quelle che di volta in volta meglio sembrano onorare la promessa dell’eguaglianza. Aveva osservato con molta acutezza Carlo Rosselli che la democrazia è il solo regime che non ha una meta specifica ed è un moto perpetuo verso un fine che è sempre al di là delle sue contingenti realizzazioni. «Nelle democrazie – concludeva Tocqueville – gli uomini otterranno facilmente una certa uguaglianza; non possono però raggiungere quella desiderata. [...] Continuamente gli uomini credono di essere sul punto di afferrarla e continuamente essa sfugge alla loro presa». La dimensione dell’immaginario, mentre protegge l’eguaglianza dalle sue potenziali degenerazioni tiranniche – per esempio identificandosi con lo specifico modo di essere di un gruppo di simili – svincola la democrazia da ogni dover essere teleologico. La mutabilità endogena è descrittiva di un ordine politico nel quale nessuno ha la competenza e il potere di dare la risposta definitiva a nessuna questione pubblica; nel quale la regola di maggioranza rappresenta l’ammissione preventiva, il mettere in conto che per ogni decisione presa ci potrà sempre essere una risposta diversa e ogni soluzione oggi ritenuta buona potrà domani apparire inadeguata o bisognosa di revisione. In ragione di questa condizione che ammette ad un tempo la fallibilità e la perfettibilità, i diritti individuali svolgono la loro funzione di garanzia e fermo del potere costituito e delle pretese future di potere; essi non sono mai assoluti perché presumono una vita individuale che si svolge con gli altri, in una reciprocità di richieste e di obblighi. Descrivono una condizione di collaborazione e di ricerca. Lo aveva notato con grande acume Cesare Pavese nel commento del 1931 all’antologia di Spoon River. Pavese aveva tentato di leggere i «morti» di Edgar Lee Masters attraverso quelli di Dante per poi subito rinunciarvi: «poiché i morti di Dante hanno uno schema universale in cui rientrano e nessun dannato si sogna di criticare la propria destinazione, mentre quelli di Spoon River nemmeno da morti han trovato una risposta [...]. È il poema essenzialmente moderno, questo, della ricerca, dell’insufficienza di ogni schema, del bisogno insieme individuale e collettivo».
Da questa breve discussione emerge la complessità della democrazia, il nome tanto di un ordine istituzionale quanto di un modo di concepire la politica e la partecipazione nella società. Essa denota una realtà che non abbiamo mai sperimentato compiutamente anche se nel corso dei secoli l’abbiamo perfezionata nelle istituzioni e nelle regole e l’abbiamo gradualmente accettata come il più desiderabile dei governi. Questa incompiutezza strutturale è sprigionata dai due valori fondamentali che la contraddistinguono, l’eguaglianza e l’autonomia; l’idea cioè che gli esseri umani, donne e uomini, siano eguali per valore e dignità morale e che nessuno abbia per natura, tradizione, convenzione, volontà umana o divina un potere superiore tale per cui possa prendere decisioni sulla vita degli altri senza o contro il loro consenso. Come viene ben spiegato da Calamandrei nel distico che introduce questo capitolo, l’individualismo come ideale democratico non solo non è identificabile con l’egoismo, ma rappresenta inoltre una forte contestazione del «perfezionismo» comunitario che è una forma collettiva di egoismo, una denuncia dell’ossessione per l’assimilazione identitaria come condizione di vita buona per il singolo e la società; una denuncia, infine, dell’identificazione della fiducia con la lealtà a un dato codice di valori. L’aggettivo «trascendentale» che i romantici americani dell’Ottocento cominciarono ad affiancare al termine «individualità» fa perno su questa nozione complessa di specificità individuale e fiducia in se stessi, condizioni etiche e psicologiche che consentono alla persona di mantenere un distacco critico dai suoi specifici e contingenti possessi, identificazioni e realizzazioni per relazionarsi con l’ambiente «non sotto una luce personale ma sotto una luce universale». In questo allenamento a trascendere la fattualità senza ignorare la condizione specifica delle persone sta l’educazione all’eguaglianza e la natura inclusiva e tollerante della democrazia. Non si tratta di un processo spontaneo né di una caratteristica che emerge direttamente e semplicemente per un atto di decisione contrattuale; è invece un fattore etico, l’esito di un processo educativo al quale le procedure democratiche contribuiscono indirettamente abituando le persone ad accettare la provvisorietà delle decisioni, le idee altrui e la libera discussione; ovvero, a mettere in conto la possibilità di cambiare idea e anche di riconoscere pubblicamente di essere in errore. Il dialogo tra eguali riposa sul rispetto dell’autonomia di giudizio e sulla reciprocità: portare ragioni per ciò che si propone o non si vuole è segno di rispetto per gli altri e un impegno a sforzarsi di essere attori pubblici, non solo individui privati.
Queste pratiche di interazione democratica necessitano di un sostegno integrativo da parte del sistema educativo e della complessiva organizzazione della vita nella sfera privata e sociale, come la famiglia e il luogo di lavoro. A partire dal Settecento, la storia della democratizzazione in occidente è stata una complessa storia di trasformazione della società e dell’economia, non soltanto del governo, mostrando che non ci può essere una «buona democrazia» se una stessa persona gode di diritti come cittadino ma vive molta parte della sua vita privata in relazioni di subordinazione o di comando. È arduo per la democrazia politica sussistere ed essere sicura se l’ordine sociale è strutturato secondo forme di potere nelle quali l’autorità non ha limiti oltre all’interesse o alla buona volontà di chi la esercita. Come riconobbero le teoriche e i teorici del suffragismo (offrendo argomenti importanti ai sostenitori delle politiche sociali e del lavoro), se è vero che l’agire pratico nel quotidiano è una scuola di sentimenti, allora una società che ha bisogno di formare cittadini non può tollerare una famiglia che forma padroni e serve, né una società che giustifica pratiche di offesa e maltrattamento morale della donna. L’atmosfera di libertà che la trasformazione democratica della società crea entra nelle case per trasformare radicalmente le relazioni private tra uomini e donne, e tra adulti e bambini; entra nei luoghi di lavoro per assoggettare il dominio della proprietà e del comando al principio della dignità della persona e delle garanzie di libertà. Gli scienziati sociali hanno dato il nome di capitale sociale a questo insieme di variabili che danno forma ai comportamenti ma non possono essere «misurate» o «toccate», benché dalla loro insensibile presenza nella vita quotidiana di una comunità dipenda non soltanto la robustezza della legalità ma la stessa performance economica. In questo senso, come vedremo nell’ultimo capitolo, la distinzione tra pubblico e privato è tutt’altro che un fatto semplice e acquisito proprio perché il principio del rispetto della persona è un fondamento che la politica condivide con la morale, diventando la componente centrale dell’atmosfera di libertà che costituisce il «cemento» della società moderna.
Indubbiamente, se la forma di governo non è la sola dimensione in relazione alla quale è applicabile il termine democrazia è perché nella costituzione dello Stato democratico è implicito il riferimento a un bene che è metagiuridico: la persona singola o individuale, un bene che non deve essere messo mai in discussione e che le istituzioni sono chiamate a proteggere contribuendo a promuovere direttamente o indirettamente relazioni sociali che siano a loro volta generatrici di rispetto; questa relazione tra dentro e fuori delle istituzioni, fa si che queste ultime siano in grado di riprodurre se stesse mentre educano i soggetti nelle loro relazioni quotidiane a introiettare le norme di convenienza e applicarle senza sforzo. Ne discende che la costituzione democratica è più di una carta scritta; essa presuppone e genera una lealtà culturale e morale, un «sentimento di fedeltà» che le procedure, le regole e le istituzioni devono riuscire a tradurre in una guida al comportamento in tutte le relazioni sociali. A sua volta, come in un rapporto circolare, la forza di questo ethos metagiuridico si trasmette al corpo sociale nel suo complesso, alle relazioni pubbliche e private, dando vita a quella atmosfera di libertà e rispetto della quale abbiamo parlato poco sopra. La sovranità del giudizio individuale – lo stesso principio che giustifica il «governo per mezzo della discussione» – è il «punto fisso» (ciò che i cittadini convengono a tenere come «sacro») che tiene insieme la società democratica, ciò che per comune riconoscimento è situato oltre la discussione e il dissenso e senza il quale non si possono dare dissenso e decisioni secondo la regola di maggioranza. Non si tratta semplicemente di un principio di moralità privata, ma di un valore che dà alla democrazia la sua specificità etica, facendone un ordine politico che riesce a edificare la propria stabilità proprio sulla fallibilità e l’incertezza che ne discende, aprendosi al contributo dei cittadini, adottando una strategia inclusiva e cooperativa come abbiamo anticipato nel primo capitolo. La fiducia, sulla quale la relazione di cooperazione tra uguali e diversi nelle disposizioni e capacità si fonda, è un predicato dell’incompletezza cognitiva, e segno, ad un tempo, di incertezza e di risorsa di collaborazione. «In condizioni di certezza – sia quando c’è una completa conoscenza dei comportamenti altrui, sia quando...