Filosofia della percezione
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Filosofia della percezione

Clotilde Calabi

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Filosofia della percezione

Clotilde Calabi

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Fermatevi a guardare una sedia. Scoprirete che è altrettanto interessante che osservare la luna allo zenit e all'orizzonte. Clotilde Calabi ci introduce con prosa brillante alla filosofia della percezione con particolare attenzione all'esperienza visiva.

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Information

Year
2011
ISBN
9788858101537

Le esperienze percettive e i loro oggetti

1. Premessa sulle apparenze

Per noi, persone comuni, aprire gli occhi è esattamente come aprire la finestra: si apre, si guarda, e quello che appare è quello che c’è là fuori. Certo, a volte i sensi ingannano: ci dicono che le cose là fuori sono in un certo modo, ma non sono in quel modo. Tuttavia, la possibilità dell’inganno non indebolisce la nostra convinzione che i sensi ci mettano direttamente a contatto con la realtà: «direttamente» non ha lo stesso significato di «infallibilmente». Ci sono, però, filosofi che argomentano che la fiducia nei sensi è mal riposta. Riflettendo sul possibile inganno, sostengono che nell’avere le esperienze percettive, noi non siamo mai direttamente in contatto con le cose là fuori. Siamo invece direttamente in contatto con certi oggetti speciali. Questi filosofi contrappongono gli oggetti speciali alle cose là fuori e li chiamano «dati sensoriali». Il loro Argomento si fonda su due osservazioni. La prima è che, attraverso i sensi, le cose là fuori (che spesso chiamano «cose materiali») ci appaiono sempre in modi particolari o hanno certe apparenze, e la seconda è il fatto già notato che a volte alcune di queste apparenze ingannano. Per esempio, una moneta ci appare circolare da un certo punto di vista ed ellittica da un altro punto di vista, ma una cosa non può essere contemporaneamente circolare ed ellittica; dunque, almeno una delle due apparenze ci inganna. Una cannuccia ci appare normalmente diritta ma, se la immergiamo nell’acqua, ci appare spezzata. Una cosa, però, non può essere al tempo stesso diritta e spezzata; dunque, almeno una delle due apparenze ci inganna. Se immergiamo le mani in un recipiente pieno d’acqua dopo aver immerso la mano destra in un recipiente con acqua più calda e la sinistra in uno con acqua più fredda, l’acqua percepita dalla mano destra ci parrà più fredda dell’acqua percepita dalla mano sinistra, anche se è la medesima acqua. La medesima acqua, però, non può essere calda e fredda al tempo stesso; dunque, almeno una delle due apparenze ci inganna. Spesso a esempi simili questi filosofi ne aggiungono altri di tipo differente. Le allucinazioni hanno un posto d’onore nel loro Argomento, perché quando ne soffriamo ci sembra che le cose siano in un certo modo, esattamente come ci sembra che siano quando invece le cose le vediamo davvero, ma là fuori non c’è niente. Altri esempi sono le illusioni ottico-geometriche, come l’illusione di Mueller-Lyer, nella quale ci sono due linee della medesima lunghezza che irresistibilmente appaiono di lunghezza differente.
L’illusione di Mueller-Lyer
L’illusione di Mueller-Lyer
Insomma, le apparenze a volte ingannano perché ci dicono che le cose là fuori sono in un modo e che sono in un altro modo incompatibile col primo; dunque, almeno uno dei due non è quello corretto. Oppure, le apparenze a volte ingannano perché ci dicono che le cose sono in un certo modo, ma le cose non sono in quel modo. Infine, succede che alle apparenze non corrisponda nulla. Soffriamo, cioè, sia d’illusioni percettive sia d’allucinazioni. Se le apparenze non coincidono con le proprietà effettive delle cose là fuori, allora appartengono ad altri oggetti, diversi dalle cose là fuori. Da questa prima conclusione, i filosofi dei dati sensoriali traggono la conseguenza di più vasta portata alla quale ho prima accennato, e cioè che nell’avere le esperienze percettive siamo direttamente in contatto con i dati sensoriali, ai quali ineriscono le apparenze, e la relazione agli oggetti materiali dipende da una relazione a quegli oggetti speciali. Perciò, la relazione fra le esperienze percettive e il mondo non è mai diretta.
Ci sono anche altri filosofi che, pur riconoscendo che a volte soffriamo d’illusioni e d’allucinazioni (le apparenze ingannano!), negano che le esperienze siano relazioni a quegli oggetti speciali. Fra questo gruppo di filosofi, però, non c’è uniformità d’opinione. Per il momento, mi limito ad accenna­re a due di queste opinioni (nel corso del capitolo ne discuterò una terza). Secondo la prima opinione, le esperienze percettive sono rappresentazioni della realtà. Chi lo sostiene è detto «rappresentazionalista». I rappresentazionalisti per illustrare la loro teoria fanno spesso riferimento a strumenti come il termometro, il tachimetro e la bilancia (non tutti fanno questo riferimento, ma molti sì). Il termometro è uno strumento con la funzione di dare informazioni sulla ­temperatura di qualunque corpo con cui sia messo a contatto. Fra i ­diversi tipi di termometro ci sono quelli a mercurio, che contengono una colonnina in cui c’è questo elemento, che ha la proprietà di espandersi in proporzione alla temperatura. I valori nume­rici che sono assegnati alle diverse possibili altezze del mercu­rio nella colonnina dipendono da una convenzione che attribuisce il valore 0 alla temperatura dell’acqua in transizione dallo stato liquido allo stato solido e il valore 100 alla temperatura dell’acqua in transizione dallo stato liquido allo stato gassoso. Lo strumento è tarato in modo tale che all’altezza della colonnina di mercurio in contatto con l’acqua in fase di congelamento sia assegnato il valore 0 (e in ebollizione il valore 100). Quando usiamo il termometro in contatto con un corpo e la colonna di mercurio raggiunge il valore 0, allora diciamo che il corpo ha una temperatura di 0 gradi e quando raggiunge il valore 100 diciamo che ha temperatura 100 gradi. Se la colonnina raggiunge un’altezza con valore numerico 37, questa altezza indica che il corpo ha una temperatura di 37 gradi. In questo modo lo strumento dà una rappresentazione della temperatura del corpo (trascuro la distinzione fra rappresentazioni che sono in formato digitale e rappresentazioni in formato analogico). Considerando questi fatti sul termometro e fatti analoghi sugli altri strumenti di misura, i rappresentazionalisti osservano che anche le esperienze sono rappresentazioni e cioè hanno, come questi strumenti, la funzione di dare informazioni. Come le esperienze rappresentino il mondo, lo vedremo più avanti. Per il momento le cose da tenere a mente sono due. La prima è che, a differenza dei termometri e degli altri strumenti di misura, le esperienze non richiedono convenzioni per rappresentare il mondo. La seconda è che, solo in quanto rappresentazioni, le esperienze possono essere una relazione col mondo. Così dicendo, i rappresentazionalisti si distanziano dall’opinione dell’uomo comune, il quale pensa che per vedere non ci si rappresenti nulla.
I filosofi della seconda opinione, esaminate le argomentazioni dei teorici dei dati sensoriali e dei rappresentazionalisti, contestano sia l’esistenza degli oggetti speciali come intermediari nella relazione percettiva fra il soggetto e le cose che sono là fuori, sia l’idea che le esperienze percettive siano una rappresentazione della realtà. La loro opinione è presto detta (anche se articolarla con precisione richiederà un po’ di dettagli): la verità sta tutta dalla parte dell’uomo comune. Questi filosofi sono chiamati «disgiuntivisti». Spiegherò più avanti perché sono chiamati così.
Teorici dei dati sensoriali (nella versione di questa teoria che descriverò), rappresentazionalisti e disgiuntivisti convergono tutti su un’idea fondamentale, e cioè il realismo. Per chi aderisce al realismo, il mondo c’è e in alcune sue caratteristiche è indipendente dall’osservatore e l’esperienza percettiva veridica è una relazione con gli oggetti che lo formano. Poi iniziano le divisioni. I teorici dei dati sensoriali sono realisti indiretti perché pensano che la relazione percettiva col mondo sia una relazione per procura (mediata dai famosi oggetti speciali). I rappresentazionalisti e i disgiuntivisti sono realisti diretti, perché pensano che la relazione percettiva sia diretta.
Questo capitolo è così costruito: nei paragrafi 2-4 analizzo gli argomenti di chi sostiene che la relazione col mondo è mediata dagli oggetti speciali e discuto alcune obiezioni; nei paragrafi successivi espongo le teorie alternative. La mia conclusione sarà che è preferibile il realismo diretto al realismo indiretto, anche se non esiste un vero e proprio Argomento definitivo contro il secondo. C’è però una collezione di ragioni a sostegno del primo ed è probabile che la verità stia da quella parte. È invece molto più difficile stabilire quale sia la versione migliore del realismo diretto.

2. L’Argomento della distanza temporale e l’Argomento dell’illusione

Gli oggetti speciali che dovrebbero mediare la relazione con le cose là fuori, che noi riteniamo di percepire e su cui vertono le nostre credenze percettive e le nostre azioni, sono oggetti immateriali, privati, identificati da certe qualità di cui un soggetto è immediatamente consapevole nelle sue esperienze1. Il filosofo dei dati sensoriali parte dall’osservazione che abbiamo impressioni di colore, grandezza, altezza (nel caso delle esperienze acustiche), ruvidezza, caldo e freddo, e analizza queste impressioni come una consapevolezza di certe qualità fenomeniche, generalmente causata dalle cose là fuori. In alcuni casi, le cose che causano le impressioni non possiedono quelle qualità e in altri casi si ha consapevolezza di quelle qualità senza che ci sia alcun oggetto che causi l’impressione. Se le cose che causano l’impressione di quelle qualità non possiedono le qualità in questione oppure se non c’è nessuna cosa là fuori, le qualità devono appartenere ad altri oggetti e questi oggetti sono i dati sensoriali. Di qui il filosofo argomenta in modo ardito che questi oggetti sono gli oggetti immediati o diretti di ogni esperienza percettiva, anche delle esperienze veridiche.
Ci sono argomenti per l’esistenza dei dati sensoriali epistemologici e fenomenologici. Io mi concentrerò unicamente su quelli fenomenologici e ne discuterò due2. Questi sono formulati allo scopo di stabilire che cosa conta come l’oggetto di un’esperienza percettiva e chi li utilizza cerca di dimostrare che i dati sensoriali sono necessari per dare un resoconto accurato dell’esperienza.
Il primo Argomento a sostegno dell’esistenza dei dati sensoriali è il cosiddetto Argomento della distanza temporale. Ecco come lo presenta Leibniz nei Nuovi Saggi:
Poiché i raggi di luce impiegano del tempo (per quanto breve), è possibile che l’oggetto sia distrutto in questo intervallo di tempo e che non esista più quando il raggio raggiunge l’occhio, e ciò che non esiste più non può essere l’oggetto presente alla vista (libro II, cap. 9, par. 8, mia trad.).
Pensate allora a un astronomo che stia osservando una stella lontanissima attraverso il telescopio e che la stella non esista più nel momento dell’osservazione. Le nostre esperienze visive hanno questa caratteristica: che in esse un certo oggetto è presente. L’esperienza dell’astronomo ha quella caratteristica. Ciò che è presente nella sua esperienza non può essere la stella (perché non esiste più), e dunque deve essere qualcosa d’altro. Formulo l’Argomento di Leibniz, indicando premesse e conclusione:
(1) Se un oggetto non è più presente, allora non può essere presente nell’esperienza di un soggetto.
(2) Qualcosa è presente nell’esperienza dell’astronomo.
(3) La stella lontana non è più presente nel momento dell’esperienza dell’astronomo.
(4) Dunque, la stella lontana non può essere presente nella sua esperienza.
(5) Dunque, qualcosa d’altro è presente nella sua esperienza.
Questo Argomento è difettoso. Come osserva Dancy (1985: 146-147), c’è l’assunzione implicita che la consapevolezza e il suo oggetto necessariamente coesistano nello stesso momento e cioè che non possiamo avere esperienza diretta di qualcosa che non esiste più nel momento della nostra esperienza. Per giustificare l’assunzione si assimila l’esperienza diretta di un oggetto, che è il modo in cui un oggetto è presente al soggetto, all’essere presente dell’oggetto tout court. Così facendo s’identificano due significati dell’aggettivo «presente» che andrebbero invece tenuti distinti. Secondo un primo significato, ciò che è presente si contrappone a ciò che è assente, e cioè a ciò che non c’è perché è altrove oppure perché non c’è più. Per il secondo significato, è presente ciò che è presentato alla coscienza o ai sensi. Per evitare l’ambiguità, uso «presente-1» per «presente» nel primo significato e «presente-2» per «presente» nel secondo significato. Se formuliamo l’Argomento della distanza temporale senza tener conto della differenza fra presente-1 e presente-2 incorriamo in una fallacia di equivocazione. Se invece teniamo distinti i due significati, allora la verità dell’asserzione che l’oggetto x non è più presente-1 nel momento della nostra esperienza non implica la verità dell’asserzione che x non può essere presente-2 alla nostra esperienza. L’Argomento non dimostra cioè che se abbiamo esperienza visiva di una stella lontana, allora ciò che è presente alla nostra esperienza non può essere la stella lontana, se questa non esiste più.
Il secondo Argomento è il cosiddetto Argomento dell’illusione ed è quello più famoso. Ne esistono due versioni: l’Argomento dell’illusione propriamente detto e l’Argomento dell’allucinazione. Ho già accennato nell’Introduzione alla differenza che c’è fra esperienza percettiva illusoria e allucinazione, ma è utile ricordarla ancora una volta. La caratteristica essenziale dell’allucinazione è che è un’esperienza alla quale non corrisponde alcuna cosa là fuori con la quale il soggetto sia in una relazione adeguata: posso avere un’esperienza allucinatoria di sorci verdi, di macchie davanti a me, di suoni che non hanno alcuna sorgente sonora, di essere sfiorata da qualcuno e così via. Le illusioni percettive sono invece, per definizione, esperienze percettive di oggetti che causano queste esperienze e che si presentano nell’esperienza come dotati di proprietà delle quali in realtà sono privi. Io mi concentrerò ora sull’Argomento dell’illusione prop...

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