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Lo storico dell’arte: la sua funzione e il suo apporto culturale nella gestione e organizzazione dell’archivio e nella verifica dell’autenticità dell’opera
di Filippo Tibertelli de Pisis
Il lavoro propedeutico alla gestione dell’archivio e della commissione per le autentiche comincia da lontano ed è la precipua attività dello storico dell’arte. Nell’ambito di un archivio lo storico dell’arte ha una presenza in più momenti: nello studio dei documenti sia in relazione all’attività dell’artista nell’espressione intellettuale della sua arte sia nella relazione di questa con i movimenti culturali a lui precedenti o contemporanei ai quali la sua personalità deve essere collegata.
L’archivio, che è una realtà dinamica, ha le funzioni di mantenere, studiare e presentare l’artista nello specifico mondo dell’arte ma anche in quello della rappresentatività, e attraverso mostre, studi, pubblicazioni, convegni e non ultimi il collezionismo, l’ambito istituzionale e museale e il mercato. Altro aspetto importante, sia culturalmente che commercialmente, è la difesa dell’opera dell’artista con la verifica della sua autenticità, che si persegue con le conoscenze stilistiche, cromatiche e storico-biografiche ma anche con l’ausilio di professionisti specializzati in indagini tecniche dei materiali e nel restauro che lo storico dell’arte organizza e coordina arrivando a redigere una due diligence approfondita.
Lo storico dell’arte potrà dunque essere il critico, l’esperto, il biografo di un determinato artista e in virtù della sua conoscenza e autorevolezza potrà diventare il punto di riferimento a cui la comunità dell’arte si riferisca e rivolga nell’avvicinarsi a un artista.
Lo storico dell’arte che diventa l’esperto di un determinato artista è colui che dell’artista ha studiato la formazione, la biografia, gli scritti, i rapporti intellettuali, la formazione tecnica, la sua evoluzione, l’uso dei materiali nei diversi periodi espressivi o la loro ricorrenza nel tempo. Da questo insieme complesso scaturiscono studi e saggi ma anche “l’occhio”, la percezione che conduce alla identificazione dell’attribuzione dell’opera all’autore.
La fondamentale attività dello storico dell’arte in un archivio lo pone come il personaggio di sintesi di momenti disparati ma concorrenti, tutti indispensabili nella corretta gestione di un archivio dove, dalle conoscenze giuridiche a quelle pratiche dei trasporti e delle assicurazioni a quelle tecniche e di mercato, si arriva anche alla formulazione di expertise che poi confluiranno nella compilazione del catalogo ragionato dell’opera dell’artista. È proprio lui, lo storico dell’arte, il soggetto deputato al compimento di questo fondamentale lavoro; sempre lui parteciperà alla commissione per le autentiche e di conseguenza, all’inserimento nel database dell’archivio delle opere considerate autentiche e, separatamente, di quelle non autentiche; è dal loro confronto infatti che potrà scaturire quell’incremento di una più profonda conoscenza della concettualità e del lavoro dell’artista. Quando la commissione è operativa esprime un parere che si è formato collegialmente a seguito della raccolta e dell’esame di molte ricerche e notizie correlate e confrontate fra loro. Prendiamo come esempio un’opera scultorea: lo storico dell’arte dovrà raccogliere e confrontare dalla sua nascita il disegno preparatorio, il bozzetto, il momento biografico (epoca e luogo) dell’esecuzione, il materiale, la tecnica di realizzazione, il numero di esemplari, i suoi richiami culturali e stilistici con altri autori, movimenti ed epoche, le pubblicazioni, le esposizioni, la provenienza, la bibliografia, quindi stendere un testo descrittivo e uno critico, tutto ciò da inserire e conservare nell’archivio per la formazione della base della conoscenza e del riferimento, in modo che possa essere consultato su richiesta anche dai collezionisti, dai mercanti e dai musei che si rivolgeranno all’archivio come fonte informata, professionale e autorevole.
Lo storico dell’arte è anche chi coglie, approfondisce, interpreta e tramanda la figura dell’artista collaborando con altre figure che si impegnano nella vita dell’archivio e nella sua valorizzazione. Questi sono i tecnici esperti dei materiali, i restauratori che indagano e approfondiscono la storia della vita fisica delle opere e del loro presente quando si tratta di conservarle, anche in caso della loro mobilità in presenza di mostre, riallestimenti e altre occasioni in cui l’opera può subire alterazioni o danneggiamenti, tutto ciò sempre sotto la competente direzione dello storico dell’arte. Ogni attività artistica e ogni opera trova nell’archivio la sua storia, messa a disposizione di chiunque ne abbia interesse. I documenti raccolti o da raccogliere in un archivio d’artista sono molteplici e di svariata natura, ma tutti con la loro importanza e tutti da conservare, riunire e ordinare in attesa del loro utilizzo e della loro collocazione nel grande mosaico che ci si appresta a comporre o a leggere e consultare. In questa operazione si affiancano almeno due soggetti: l’archivista e lo storico dell’arte con due funzioni complementari; l’archivista raccoglie, ordina e interpreta per tracciare la storia, la biografia; lo storico dell’arte per studiare, approfondire, relazionare, capire concettualmente la personalità, la preparazione, le relazioni e la creatività dell’artista che lo conducono alla sua espressione artistica attraverso il processo intellettuale e dell’immaginazione che porta alla creazione dell’opera d’arte. In quel momento nasce il messaggio artistico che trova il suo veicolo di espressione attraverso la maniera, la composizione e la cromia; aspetti che sono caratterizzanti del lavoro dell’artista e che lo storico dell’arte coglie, memorizza e annota creandosi la competenza che lo condurrà a prendere l’artista sottobraccio e a penetrare nel suo io, cosa che gli consentirà di riconoscerlo, di interpretarlo, di commentarlo e presentarlo al pubblico degli studiosi e dei collezionisti anche attraverso il riconoscimento della sua opera autentica.
Altri documenti tracciano la vita, la formazione e i rapporti intellettuali con il contesto culturale che circonda l’artista, sia del passato sia del presente; questi lo influenzano e gli suggeriscono orizzonti e strade nuovi.
Lo storico dell’arte, che riunisce e compendia le conoscenze e le concettualità, diventa il punto di riferimento autorevole per la comunità che si avvicina all’artista per comprenderlo, apprezzarlo e non ultimo acquistarlo o farne oggetto di iniziative culturali quali mostre, studi, commenti, pubblicazioni. Quando la comunità dell’arte, composta da studiosi, collezionisti, mercanti, si trova davanti a un’opera d’arte desidera conoscerla, capirla, penetrarla, e allora si rivolge all’archivio di riferimento che detiene materiali, documenti, opere. L’archivista può essere di ausilio, ma lo storico dell’arte specializzato è la figura esauriente, è quella che sa presentare un’opera ma anche esprimersi sulla sua autenticità, essendo egli entrato in simbiosi con l’artista ed essendosi dunque formato “l’occhio” che lo guida quasi sensitivamente a riconoscerne “la mano”, l’originalità e conseguentemente decretare il suo ingresso nel catalogo ragionato che sempre lui compila e cura.
L’opera d’arte trasferisce all’esterno il proprio contenuto intellettuale attraverso alcuni aspetti materiali quali la maniera espressiva e i materiali usati per rendere concreta l’idea da trasmettere al pubblico, alla società.
L’artista si contraddistingue per la tecnica che adotta nella composizione dell’opera. Questa non è fine a se stessa ma è di ausilio alla comunicazione del pensiero in unione alla cromia, dando insieme luogo alla maniera. Questo tipicamente nell’opera pittorica ma anche in quella scultorea; infatti, anche se qui la materia utilizzata quasi sempre è monocromatica, nel modellarla si creano luci, ombre, riflessi e luminescenze cangianti che diventano eloquenti colorismi.
La tecnica e i colori caratterizzano l’autore e il periodo dell’esecuzione; periodo sia nell’ambito della produzione dello stesso autore che inteso come epoca (secolo) storica. Spesso certi colori sono peculiari di specifici momenti creativi.
Il colore e i materiali usati per la realizzazione dell’opera d’arte sono elementi di studio soprattutto per tecnici e restauratori, ma sono conoscenza imprescindibile anche per lo storico dell’arte che attraverso il loro studio comprende il periodo di esecuzione ma anche il motivo creativo di quella scelta materiale; cioè cosa intendesse esprimere concettualmente l’autore, quali effetti andasse a ricercare e proporre. Analogamente insieme al colore a volte è anche importante la scelta del supporto, ma specialmente nell’espressività è rilevante la tecnica adottata.
Le tecniche pittoriche e scultoree sono numerosissime (oggi specialmente con la creazione delle installazioni, le composizioni e altre modalità) in particolar modo fra gli artisti contemporanei, tra i quali i materiali utilizzati sono diventati svariati e provenienti da disparati ambienti spesso estranei al mondo proprio dell’arte.
Anche le tecniche seguono i periodi, a partire dall’antichità: i graffiti, l’affresco, la tempera, l’inchiostro, l’olio e via via fino agli attuali colori acrilici, che comportano una stesura particolare con l’utilizzo di strumenti adatti, non solo dunque i pennelli ma anche le spatole, le spugne, i tamponi, gli scalpelli e tanti altri.
Nella produzione di un artista l’adozione dell’una o dell’altra di queste tecniche ha delle motivazioni che determinano una scelta di maniera e la maniera, come abbiamo visto, è parte dell’espressione e l’espressione è l’esternazione di un concetto, di un’intuizione, di un sentimento, quindi dell’Arte; come lo storico dell’arte può non conoscere tutto ciò? Ci viene da affermare che anche lui deve essere una maglia indispensabile di quella rete che è la cultura.
Porto un esempio chiarificatore di quanto esposto: durante la riunione di una commissione per il riconoscimento dell’autenticità delle opere pittoriche di Filippo de Pisis, vengono presentati per l’esame vari dipinti appartenenti a epoche e luoghi d’esecuzione diversi. Alcuni di questi sono più giovanili e gli storici dell’arte partecipanti alla commissione li distinguono per la loro maniera più rigida, descrittiva, più aderenti alla realtà anche per i colori più vivi; altri di periodo di maggiore maturità artistica, e anagrafica, dovuta a un’evoluzione intellettuale, a maggiore padronanza tecnica ma anche a influenze di altri artisti o pensatori; la coloristica diventa più morbida, la pennellata più rapida, più disinvolta, la materia stesa di quando in quando con dei rilievi, dei grumi di colore che vogliono suscitare e suggerire una impressione nuova, un rilievo, un gioco di ombre e di luci. Altri sono di un periodo ancora più tardo, in cui l’artista è alla fine della sua carriera e i dipinti diventano essenziali nelle forme e nei colori che si limitano a dei tratti, a dei punti, a delle sfumature a tinte quasi impalpabili. La materia e la cromia sono ancora cambiate, l’artista è sempre lo stesso ma è cambiato il suo spirito, la sua ispirazione, diversamente ci avvicina alla trasmissione dei suoi nuovi sentimenti e della sua visione della realtà della vita.
Tutti i mutamenti psicologici, intellettuali e di significato sono affidati alla maniera e agli strumenti tecnici usati; lo storico dell’arte per capire, sentire, giudicare, deve necessariamente conoscere e riconoscere anche questi aspetti. Lo storico dell’arte, dunque, ha una funzione indispensabile di sintesi di tutti queste concorrenze ma non sempre palesemente collegate l’un l’altra; la sintesi può farla perché la conoscenza di base per la quale si orienta e traccia un fil rouge fra tutti gli elementi è frutto della sua preparazione e di un profondo studio e conoscenza dell’artista, e della sua vita, anche grazie alla dimestichezza acquisita con la pratica del materiale dell’archivio.