Pienezza di vita
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Pienezza di vita

Teologia a partire dai vissuti credenti

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Pienezza di vita

Teologia a partire dai vissuti credenti

About this book

«Tutti coloro che credono nel Cristo, di qualsiasi stato o rango, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità tale santità promuove nella società terrena un tenore di vita più umano» è il n. 40 di Lumen gentium. Secondo questa bella pagina conciliare la santità cristiana equivale a un autentico umanesimo. La vita di ogni giorno, con le sue varie frontiere – ecclesiali e sociali –, è l’orizzonte in cui teoria e prassi, ragione teologica e vissuto spirituale, s’incrociano continuamente e s’intrecciano strettamente. Registra efficacemente questo fatto la lezione di autori come Jean Mouroux, Hans Urs von Balthasar, Giuseppe De Luca, Giovanni Moioli, François-Marie Léthel, che sono tra gli ispiratori delle riflessioni teologiche qui argomentate. Ma lo testimoniano anche alcuni protagonisti del cattolicesimo italiano novecentesco, come i due fratelli Sturzo o don Lorenzo Milani e don Pino Puglisi, oppure come Giorgio La Pira, Chiara Lubich, Divo Barsotti, Cataldo Naro e, risalendo a ritroso, donne intraprendenti come Marianna Amico Roxas, Carmela Prestigiacomo, Nazarenai Majone, Vincenzina Cusmano, oppure intellettuali convintamente laici e consapevolmente credenti come Sebastiano Mottura, oltre che religiosi come il cappuccino Nicola da Gesturi, i vescovi Giovanni Battista Arista e Antonio Intreccialagli, il beato Giacomo Cusmano, l’oratoriano Giorgio Guzzetta, il redentorista Biagio Garzia, il missionario itinerante Ignazio Capizzi e il gesuita Luigi La Nuza, cui sono dedicati i vari capitoli di questo volume.
Presentazione del card. Marcello Semeraro

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Information

1. Circolarità fra mediazione pastorale e giustificazione dottrinale

Gli studi che indagano e illustrano la riflessione teologica di Paolino di Nola sono diventati soltanto negli scorsi decenni meno rari rispetto al passato [1] . Il relativo disinteresse per la teologia di Paolino sembra dovuto al fatto che pochi sono i luoghi – nella sua pur consistente produzione letteraria pervenutaci, che consta di un voluminoso epistolario e di trentatré carmi – in cui l’asceta nolano s’impegna in speculazioni prettamente teologiche.
Eppure, nel carme XX, che qui viene preso in considerazione proprio dal punto di vista teologico, traspare un Paolino che dimostra di essere al corrente del dibattito cristologico che nei primi decenni del V secolo si svolgeva nei grandi centri della Chiesa di lingua greca, Antiochia e Alessandria, e che interessava anche alcuni importanti dottori della Chiesa latina. Il componimento poetico – probabilmente destinato ad essere declamato agli umili pellegrini che transitavano per Nola – mostra la valenza catechetica dell’approccio tentato da Paolino ai maggiori temi cristologici dell’epoca, testimoniandone l’intento di mediare le dottrine teologiche, disputate nelle controversie di scuola e definite nei concili ecumenici, ai fedeli che vivevano il loro cristianesimo non dotto, ma non per questo eterodosso, presso il sacrario del martire san Felice. D’altra parte, poiché i versi paoliniani costituiscono pur sempre un prodotto culturale molto fine, a quel tempo fruibile letterariamente solo da una ristretta cerchia di persone colte, la mediazione tra dogma cristologico e pietà popolare vi si configura anche nei termini di una giustificazione dottrinale della devozione cristiana ai santi – talvolta analoga e tuttavia sempre diversa rispetto a certe usanze religiose pagane –, con cui Paolino sembra voler accreditare sia il cristianesimo dei semplici presso gli intellettuali cristiani, sia il cristianesimo in quanto tale presso i letterati pagani, questi e quelli spesso accomunati dal pregiudizio di avere a che fare – di fronte ai fenomeni religiosi descritti dal poeta nolano – con antiche e invincibili superstizioni. Proprio tale sensibilità pastorale e tale preoccupazione apologetica vengono qui assunte unitariamente come uno di quei «registri teologici» che – come è stato osservato da Domenico Sorrentino – sono rintracciabili nell’opera paoliniana e che la caratterizzano, almeno in parte, quale autentica teologia [2] .
Questo primo capitolo, accontentandosi di accennare solamente alle numerose tematiche che s’incontrano leggendo il carme XX, cerca di chiarire la posizione di Paolino nel crogiuolo delle dispute cristologiche degli anni a cavallo tra IV e V secolo, e d’illustrare il tentativo del poeta di giustificare e, contemporaneamente, ispirare teologicamente la pietà popolare dei cristiani delle contrade nolane.


[1] La mancanza di studi sulla teologia paoliniana è stata per lungo tempo una lacuna, finalmente colmata da un convegno tenutosi a Nola (18-20 maggio 1995), in cui sono state prese in considerazione l’ecclesiologia, l’antropologia, la cristologia e persino la staurologia sottese nelle pagine di Paolino: cfr. Aa.Vv., Anchora Vitae. Atti del II Convegno paoliniano nel XVI centenario del ritiro di Paolino a Nola, a cura di G. Luongo, LER, Napoli-Roma 1998. Cfr. inoltre D. Sorrentino, Nuove prospettive su Paolino di Nola, in «Asprenas», XLII, 1995, pp. 413-424.
[2] D. Sorrentino, La «teologia» di Paolino di Nola: problematica e prospettive, in Aa.Vv., Anchora Vitae, cit., pp. 487-511, contestando la tesi della non-teologicità degli scritti paoliniani argomentata già da J.T. Lienhard e ancor prima da P. Fabre, rileva oltre ad alcuni «contenuti» anche e soprattutto alcuni «registri» – quello dossologico, quello affettivo-sapienziale, quello estetico – che, pur non essendo speculativi né sistematici, risultano comunque funzionali a un approccio propriamente teologico alle verità di fede da parte di Paolino.

2. Contenuti e tematiche di un “carmen natalicium”

Il c. XX fu composto da Paolino nel 406. Esso è annoverato tra i cosiddetti carmina natalicia – di cui è il dodicesimo – che il monaco nolano, già presbitero ma non ancora vescovo della cittadina campana, compose dal 395, anno del suo arrivo a Nola, al 409, allorché succedeva sulla cattedra episcopale al defunto vescovo Paolo [1] . I carmina natalicia servivano a Paolino per celebrare, ogni 14 gennaio, la festa del santo patrono di Nola, Felice, che allora riscuoteva la devozione di buona parte della popolazione cristiana in Campania. Così Paolino assecondava la tradizione cristiana del culto dei santi – la quale faceva coincidere la loro morte con la loro nascita alla vita beata ( dies natalis) –, recuperando però un genere letterario già conosciuto dai letterati pagani che, col carmen natalicium, celebravano il genetliaco degli uomini più in vista, facendo particolare riferimento non soltanto alla persona e alle imprese del festeggiato, ma anche al genius, al demone che proteggeva lui e il suo casato [2] . Nei versi del poeta di Nola, san Felice era appunto ricordato per il suo esemplare vissuto cristiano, ma al contempo veniva celebrato come il celeste protettore dei devoti che lo festeggiavano.
Paolino aveva frequentato la scuola di Ausonio, rinomato poeta del IV secolo, e possedeva dunque molto bene gli strumenti per comporre buona poesia [3] . Con la poesia, tuttavia, egli non si limitò ad esprimere i sentimenti del proprio animo o a descrivere gli eventi in cui era coinvolto o a cui assisteva da semplice spettatore; volle essere pure un cantore delle verità cristiane, rivendicando alle strategie dell’evangelizzazione la sensibilità pedagogica che la grande poesia latina aveva già a sua volta avuto e dimostrato. Insieme a Prudenzio, egli appartenne a quella cerchia di poeti cristiani latini che «s’efforçaient d’habiller à la mode de Virgile et d’Horace les idées religieuses nouvelles» [4] . Pur rinunciando agli allori che l’attività poetica poteva ancora assicurare nei secoli IV-V all’interno dei circoli intellettuali tardo-imperiali, egli non smise di poetare, né dimenticò i canoni artistici che Ausonio gli aveva insegnato, bensì finì per servirsene «in funzione» della sua opera evangelizzatrice [5] . È per questo che la sua poetica, classica nella forma ma cristiana nel contenuto, non contraddisse il suo impegno religioso e il tenore ascetico della sua vita di convertito [6] ; piuttosto risultò un valido sostegno agli sforzi catechetici compiuti a Nola per divulgare tra i popolani le verità della fede e per rendere sempre più coerente al vangelo il culto di san Felice [7] . Per Paolino la poesia, cui un cristiano può e deve aspirare, fu principalmente quella che scaturisce dalla fede e annuncia la fede [8] .
Reputo legittimo ipotizzare che nel tentativo paoliniano di mediare la fides nella pietas, la liturgia – soprattutto la sinassi eucaristica – si prestasse bene ad essere compresa come una concrezione della logica incarnatoria, secondo cui tutto viene ricapitolato in Cristo affinché niente venga escluso dalla salvezza, neppure le più diverse ed eterogenee esperienze religiose. Ma per Paolino anche le espressioni della religiosità non cristiana disposte a lasciarsi innestare e salvare dalla fede cristiana obbedivano alla stessa logica incarnatoria; in tal senso i carmina natalicia mostravano la propensione della pietas a recepire il dogma, e al contempo la capacità della nova lex credendi di avere vigore anche come lex orandi et vivendi, pure al di fuori della liturgia, nel variegato vissuto religioso dei cristiani nolani, aiutati così a permanere nella conversione a Cristo, nuova e vera esperienza religiosa di chi vede operare Dio nella propria vita. Nella stessa direzione si muovevano altre personalità di spicco dell’epoca, come Ambrogio di Milano e Agostino d’Ippona [9] .
Il contenuto dei 444 versi esametri, che compongono il c. XX, costituisce una tipica presentazione della devozione popolare a san Felice, fatta di pellegrinaggi e offerte votive, di preghiere accorate e di gesti di carità verso i poveri, e vivacizzata dal racconto di numerosi miracoli che il santo otteneva in favore dei suoi devoti. I vv. 1-61 fungono da introduzione dottrinale alla narrazione di tre miracoli che offrivano a Paolino motivo ben degno per solennizzare la festa di san Felice.
Del primo miracolo (vv. 62-300) sono protagonisti un cavallo e il suo padrone, un contadino avellinese, che s’era recato a Nola per offrire al santo un maiale in sacrificio votivo. Il contadino, tuttavia, non aveva ottemperato ai doveri della cristiana carità verso i poveri che mendicavano presso il santuario, poiché aveva preferito riportare con sé le migliori carni dell’animale, dopo aver lasciato agli affamati solo le interiora [10] . Ma sulla via del ritorno finì per infortunarsi e le redini della sua cavalcatura gli sfuggirono di mano; il cavallo, però, carico delle carni suine, tornò «spontaneamente» («sponte sua»: v. 98) indietro sino al sepolcro di san Felice. Il contadino, interpretando tutto ciò come un segnale divino, si fece ricondurre presso la tomba del santo e impetrò il favore di una pronta guarigione. Ottenuto il miracolo, egli diede le carni precedentemente macellate per sfamare i mendicanti, in lode e onore del santo.
Per il secondo miracolo (vv. 301-387) Paolino narra di alcuni contadini che avevano promesso in voto a san Felice un maiale molto pingue. Ma lungo la strada verso il santuario, essendosi azzoppata la bestia e non potendo essa esser trasportata per la sua gran mole, i pellegrini preferirono commutare l’offerta con altri suini più piccoli e magri, tanti da eguagliare il peso del grosso maiale. Dopo essere arrivati al sepolcro di san Felice, si accorsero con meraviglia che lì era giunto, pur da solo, anche l’animale che avevano abbandonato per strada: questo offriva il collo, quasi fosse «consapevole» («conscius»: v. 366) di doversi concedere in oblazione al santo.
Il terzo miracolo (vv. 388-436) vede sulla scena una giovenca, che, pur non lasciandosi aggiogare dai contadini che intendevano offrirla in voto a san Felice, corse da sola fino al sacrario, «lieta» («laeta»: v. 436) di dare la vita per il culto e la lode del santo e per sfamare con le proprie carni i poveri che bivaccavano presso il santuario [11] .
Le tematiche che si possono studiare leggendo il c. XX sono tante: si va dalla contiguità della poesia paoliniana con la poetica naturale e rurale di matrice e tradizione virgiliane, alle pratiche cultuali pagane – in cui di nuovo pare riecheggiare la sacra pietas degli eroi virgiliani – e alle tradizioni religiose locali precristiane poste in rapporto al culto cristiano dei santi [12] ; dall’interesse che il poeta mostra per i miracoli, intesi come segni della condiscendenza di Dio verso i devoti [13] , alla curiosa utilizzazione degli animali in seno a narrazioni della più antica e genuina pietà popolare [14] , e al valore attribuito ai pellegrinaggi verso santuari e centri cristiani di preghiera [15] .
La tematica che qui si tenta di considerare con maggiore attenzione è, tuttavia, quella di una certa cristologia paoliniana, presente con formule poco altisonanti, ma certamente riscontrabili nel c. XX. È questa cristologia che fa di esso il testimone di una vera e propria pietà popolare dei devoti di san Felice: la devozione al santo, nutrita e motivata da una salda dottrina cristologica, traspare dal c. XX di Paolino come nuova e autentica pietas, ove il termine designa la fede vissuta nella quotidianità dell’esistenza personale, sociale ed ecclesiale dei cristiani nolani dei secoli IV e V [16] .


[1] Ponzio Meropio Paolino nacque a Bordeaux nel 353 in seno ad una ricca famiglia patrizia; lì frequentò la scuola del poeta Ausonio. Nel 379 – mentre era imperatore d’Occidente Graziano, altro allievo di Ausonio – divenne governatore della Campania, che in gran parte era compresa nei possedimenti della sua famiglia. Nel 390 fu battezzato. Nel 394 fu ordinato presbitero a Barcellona. Di lì a poco, insieme alla moglie Terasia, si trasferì definitivamente a Nola, per condurvi vita ascetica. Nel 409 divenne vescovo e lo rimase per ventidue anni, fino al momento della sua morte, avvenuta nello stesso giorno in cui si apriva il concilio di Efeso, il 22 giugno 431. Un profilo agile e completo della...

Table of contents

  1. Copertina
  2. PIENEZZA DI VITA
  3. Indice dei contenuti
  4. PRESENTAZIONE
  5. BREVE CRITERIOLOGIA DI BASE: A MO’ DI PREMESSA
  6. IL CARMEN XX DI PAOLINO DI NOLA: MEDIAZIONE TRA DOGMA E PIETÀ POPOLARE
  7. 1. Circolarità fra mediazione pastorale e giustificazione dottrinale
  8. 2. Contenuti e tematiche di un “carmen natalicium”
  9. 3. Nel crogiuolo delle dispute cristologiche
  10. 4. Felice amico di Cristo: dogma cristologico e culto dei santi
  11. II. LA NUZA, CAPIZZI, GARZIA: PRETI RIFORMATORI, MISSIONARI NELLE INDIE DI SICILIA
  12. 1. «Il dialogo con tutti»: riforma e valorizzazione del pluralismo
  13. 2. «Cos’è questo Dio»: drammatizzare la catechesi
  14. 3. Il «sogno del popolo»: pastorale con metodo missionario
  15. 4. «Avvezzato ad ogni fatica»: formazione e predicazione
  16. III. SULLA CIMA DELLO SPIRITO: LA FISIONOMIA SPIRITUALE DI GIORGIO GUZZETTA
  17. 1. Nell’orizzonte della modernità
  18. 2. La coerente continuità con un lungo filone spirituale
  19. 3. Incondizionatezza e gratuità
  20. 4. La concretezza della santità
  21. IV. DALLO SCARTO ALLA SOLIDARIETÀ: MOTIVI TEOLOGICI DELL’UMANESIMO CUSMANIANO
  22. 1. Teologia dei santi
  23. 2. La «farmacia della Bibbia»
  24. 3. Carità cittadina ed economia sacramentale
  25. 4. Dignità umana e spinta promotiva
  26. V. COL VAPORE E COL TELEGRAFO: LA CHIESA NELLA MODERNITÀ PER SEBASTIANO MOTTURA
  27. 1. Un ponte tra religione e civiltà
  28. 2. Nella cittadella dell’intransigentismo
  29. 3. L’opzione anti-infallibilista
  30. 4. Teologia pascaliana
  31. VI. SCONGIURARE IL RISCHIO DI DERAGLIARE: IL DISCORSO SOCIALE DI ANTONIO INTRECCIALAGLI
  32. 1. Un vescovo intrecciacuori
  33. 2. Il discorso episcopale sulla società
  34. 3. Autonomia dallo Stato e alterità rispetto alla società
  35. 4. Prudenza strategica e sensibilità kairologica
  36. VII. GUARDARE ATTRAVERSO L’OSTIA: ERMENEUTICA TEOLOGICA DELLA STORIA IN G.B. ARISTA
  37. 1. Teologia orante
  38. 2. Theologia amoris
  39. 3. L’inutile strage
  40. 4. Realismo e lealismo
  41. VIII. DIO È INFINITA MISERICORDIA: PROFILO TEOLOGICO-SPIRITUALE DI NAZARENA MAJONE
  42. 1. Una prospettiva teologica
  43. 2. La specola della preghiera
  44. 3. Asimmetrica polarità
  45. 4. Chiamata ad essere contemporanea di Cristo
  46. IX. DIO PER DIO: CARMELA PRESTIGIACOMO CONTEMPLATIVA E APOSTOLA
  47. 1. A cosa “serve” l’esperienza mistica
  48. 2. Apostolato o contemplazione?
  49. 3. Polarità tra contemplazione e apostolato
  50. 4. Ogni cosa porta a Dio, ogni cosa parte da Dio
  51. X. ASSOLUTEZZA E TENEREZZA DI DIO: L’EPIFANICA TESTIMONIANZA DI NICOLA DA GESTURI
  52. 1. Ricordare senza voltarsi indietro
  53. 2. La santità: luogo teologico
  54. 3. Il silenzio: dimensione teocentrica
  55. 4. L’affabilità: dimensione cristocentrica
  56. XI. IMPRESCINDIBILE DIO: MARIO STURZO TRA MISTICA, FILOSOFIA E TEOLOGIA
  57. 1. Di fronte e nella modernità
  58. 2. Un’altra oggettività: l’autocomunicazione di Dio
  59. 3. Una teologia per il mondo moderno
  60. 4. Interconnessione e performatività
  61. XII. CON IL VANGELO NASCOSTO IN PETTO: LA SPIRITUALITÀ CIVICA DI LUIGI STURZO
  62. 1. Al cospetto di Dio, dentro la storia
  63. 2. Coerenza tra esperienza spirituale e impegno pastorale
  64. 3. Quale vangelo?
  65. 4. Attualità di un prete multitasker
  66. XIII. SANTITÀ E POLITICA: BINOMIO POSSIBILE PER GIORGIO LA PIRA
  67. 1. Problematizzare la questione
  68. 2. Recuperare le radici
  69. 3. Il divorzio di ognuno da tutti
  70. 4. Sognare il futuro costruendo il presente
  71. XIV. L’ECO DI CRISTO GESÙ: LETTURA TEOLOGICA DELLA POSITIO DI M. AMICO ROXAS
  72. 1. L’impostazione metodologica
  73. 2. Continuità o/e discontinuità
  74. 3. Sotto la cifra del paradosso evangelico
  75. 4. Valenza teologica della testimonianza credente
  76. XV. GRAZIA FULMINANTE: LA RIFLESSIONE TEOLOGICO-PASTORALE DI DON MILANI
  77. 1. Lettura personale e autobiografica
  78. 2. Una teologia “del” popolo
  79. 3. La scuola ottavo sacramento
  80. 4. Testimone prima e più che maestro
  81. XVI. PER UN RIPENSAMENTO DELLA MARTIROLOGIA: IL CASO ESEMPLARE DI PINO PUGLISI
  82. 1. Dal martirio ai martiri
  83. 2. Criteriologia martirologica
  84. 3. Teologia dal martirio dei martiri
  85. 4. Non cronaca ma profezia
  86. XVII. MISTICA E INTERPRETAZIONE DELLA SCRITTURA: L’ESEGESI SPIRITUALE DI DIVO BARSOTTI
  87. 1. Teologia e vita cristiana
  88. 2. Esegesi carismatica e teologia della Parola
  89. 3. Armonia dei due Testamenti
  90. 4. Il dirsi di Dio s’impasta di parole umane
  91. XVIII. LA «QUARTA STRADA» DI CHIARA LUBICH: CAMBIAMENTI ECCLESIALI E SOGGETTUALITÀ LAICALE
  92. 1. Un secolo breve ma denso
  93. 2. Metamorfosi ecclesiologiche
  94. 3. Metamorfosi ecclesiali
  95. 4. Soggettualità laicale
  96. XIX. INIZIARE PROCESSI, SEMINARE FUTURO: IL SERVIZIO PASTORALE DI CATALDO NARO
  97. 1. Dentro il solco di una ferialità “nazaretana”
  98. 2. Quasi un cordone ombelicale
  99. 3. L’ermeneutica dell’effettiva riforma
  100. 4. Dal concilio una Chiesa sinodale
  101. GIOIRE ED ESULTARE SI PUÒ: A MO’ DI CONCLUSIONE
  102. AUTORE
  103. INDICE DEI NOMI*
  104. CULTURA STUDIUM