Delirio di luce
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Delirio di luce

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Delirio di luce

About this book

"Che ne dici di bruciare Roma?"Un'idea folle, per Pietro Orlandi, annoiato studente sedicenne, diventa una realtà possibile. E il mondo gli appare subito in una nuova prospettiva. Così, per l'incendio di Roma, trenta ragazzi scendono in campo per attivare contemporaneamente la scintilla in più luoghi e direzioni. Ed ecco in primo piano personaggi rocamboleschi, progetti efferati, incontri di sesso e di amore, colpi di scena, dolcezze e crudeltà di giovani che la mattina vanno a scuola tranquilli e la sera agiscono nella più totale incoscienza. L'incendio dentro e fuori di sé, e la vita continua, senza passato ma nel confronto con la propria metamorfosi.

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Information

Publisher
Manni
Year
2022
Print ISBN
9788836171637
eBook ISBN
9788836171774
PARTE SECONDA
ULTRAVIOLENZA

1

«Non abbiamo ancora la certezza che a compiere questo folle gesto sia stato Andrea Bordighera, lo vogliamo ribadire» diceva il giornalista del tg della sera, «ma molte persone hanno indicato il ventenne come il responsabile. Queste le parole di una studentessa dell’Ottaviano Augusto, vicina al Bordighera, rilasciate al microfono del nostro inviato Moreno Cristalli».
Apparve il volto offuscato di Letizia Morini e la sua voce irriconoscibile, modificata al computer, disse: «Io sono sicura che sia stato Andrea». Una tensione palpabile fuoriusciva dagli schermi.
«Come può esserne così certa?» domandò l’intervistatore con il suo tono grave e preoccupato.
«Posso esserlo perché Andrea sapeva tutto. Io mi sono rivolta a lui poco dopo aver accusato gli effetti dell’intruglio che noi tutti avevamo bevuto. Avevo paura perché non capivo cosa mi stesse succedendo e l’ho chiesto a lui. Andrea era tranquillissimo, sapeva già che eravamo drogati e di cosa. Mi ha detto di godermi il momento e di lasciarmi andare».
«Perché ha cercato proprio Bordighera quando i sintomi della pillola si sono fatti sentire?»
«Solo perché lui è uno dei miei migliori amici. Era, dovrei dire adesso. Ha fatto una cosa davvero terribile».
«Come pensa che abbia agito, se è stato veramente lui a fare tutto questo?»
«Non lo so... davvero non lo so. Sicuramente non era solo. Ma non saprei dire chi possa averlo aiutato».
Il filmato si concluse e riapparve il presentatore del telegiornale.
«Oltre alla testimonianza di questa ragazza, di cui abbiamo dovuto censurare volto e voce, anche in ragione della sua giovanissima età, molti altri studenti hanno confermato che il Bordighera avrebbe invogliato tutti i suoi coetanei a bere le bibite alterate».
Pietro spense il televisore. Non si aspettava una piega simile. Non si aspettava proprio nulla, a dire il vero. Una volta che lui e i suoi si erano assicurati di non poter essere collegati alla vicenda, non si erano preoccupati di pensare quale sarebbe stato il futuro, ad eccezione di quello prossimo in cui avrebbero assistito al delirio scolastico.
“Tutto considerato...” pensò Pietro lasciandosi cadere sul letto, “direi che non poteva esserci epilogo migliore. Gli investigatori hanno già qualcuno da accusare. Non c’è ragione per preoccuparsi di nulla”.
Da quando Luisa era morta gli aveva impiastricciato i sogni. Sporcava con il ricordo di sé le sue notti e, probabilmente, aveva fatto più visite a Pietro che al suo compagno, che la piangeva disperatamente.
Uno tormentato dalla sua presenza incessante, un altro dalla sua assenza assoluta.
Si insinuava in ogni evento onirico di Pietro, sorprendendolo ogni notte in un luogo diverso. Così come era giunta inaspettata nel bagno, il giorno della sua morte, adesso lo coglieva impreparato nelle stanze private di Pietro: nella camera da letto, nella doccia, nel salone, anche quando c’erano i suoi genitori. Faceva il suo ingresso ovunque Pietro si trovasse e compariva sempre nello stesso modo: danzando in trance.
Si avvicinava e compiva gli stessi movimenti e le stesse identiche azioni che le aveva visto eseguire nella realtà. Il ballo e i baci.
Il sogno finiva sempre così: la giovane donna si spogliava e, come restava nuda, appena Pietro posava gli occhi sul suo seno, sui suoi glutei e le sue gambe, nel momento in cui il suo corpo generoso stava per offrirsi a lui, Luisa subiva il primo colpo, poi il secondo e infine l’ultimo.
E notte dopo notte Luisa cercava la morte fra le braccia di Pietro. Forse bussava al suo sonno solo per poter spirare così. Forse si svestiva solo per la morte, perché quest’ultima si imbarazzasse a portare via con sé una creatura così bella o perché potesse rendersi pienamente conto di quanto fosse stata fortunata a fare il suo compito ingrato in quel giorno.
L’accuratezza e la precisione con cui Pietro sognava Luisa senza veli avrebbero fatto dubitare anche il suo compagno Marco che la donna che sognava fosse partorita solo dall’immaginazione del ragazzo.
Un senso di potenza investiva Pietro nel finale di ogni notte. Non era felice di aver provocato la scomparsa della professoressa, ma non ne era neanche triste.
Si era soffermato ad analizzare ciò che provava e ogni volta si concentrava sulla Castelli, cercando di capire in che modo la sua morte avesse avuto un impatto così profondo su di lui.
All’inizio si era accontentato di una risposta ovvia: uccidere una persona era l’apoteosi delle esibizioni di forza. Da qui la percezione di dominio che ne aveva ricavato.
Ma più ci pensava, meno si convinceva di questa deduzione.
Poi aveva capito. Ed era qualcosa che dava significato anche al suo sogno ricorrente. Aveva intuito che la sua fantasia non era incompleta, che Luisa doveva morire, nei suoi sogni, sempre nel momento in cui l’intimo ne scopriva l’incanto.
Perché la sua nudità non era il segno del sesso mancato né di una fantasia frustrata poco prima di compiersi. Ma era il simbolo di un possesso incondizionato.
Lei danzava, era in trance, si offriva solo a lui con tutta sé stessa e non importava che fosse una donna né che fosse seducente. La morte, poi, era solo un tassello.
Ma il mosaico era più grande e riguardava l’ebbrezza della sovranità. La possibilità della distruzione era un suo mero sottoprodotto.
Se Luisa era abitata da un dio primordiale, quello ce l’aveva messo Pietro. Anzi, quel dio era proprio lui e voleva riprovare la stessa emozione di padronanza che Luisa Castelli gli concedeva ogni volta che Pietro chiudeva gli occhi e cominciava a sognare.
La musichetta di chiamata del cellulare fece sentire il suo suono ovattato dalle coperte e Pietro rispose, dopo averlo trovato tastando alla rinfusa sul letto.
«Moro, dimmi».
«Pietro, aprimi. Sono davanti casa tua».
«Ragazzi, basta con questa storia di farvi trovare ogni volta qua sotto senza dirmi nulla».
«Non sono giù, sono davanti alla tua porta. Aprimi, è importante».
La voce di Morelli aveva un tono inedito. Apprensione: una sfumatura che Pietro riteneva non potesse appartenere alle corde vocali di Giorgio, neanche poterle attraversare per errore.
Pietro percorse la casa vuota e arrivò all’ingresso. Aprì la porta e Giorgio era davvero lì ad attenderlo.
«Posso entrare?» fece Giorgio.
«Sì, certo, vieni» gli rispose Pietro, «seguimi, ci mettiamo in cucina. Mia madre è uscita e mio padre è a lavoro».
«Bene, bene. Molto bene».
Si sedettero al tavolo e Pietro per qualche attimo si scoprì infastidito di vedere Giorgio al posto che occupava sempre suo padre.
«Allora... che mi dovevi dire? Come mai tutta ’sta fretta?» domandò Pietro.
«Ti avrei detto tutto al telefono, ma è meglio che lo faccia a tu per tu».
«Insomma?»
«Insomma è successo un casino. Veramente un casino. Siamo nella merda».
«Ma di che parli? Se ti riferisci alla faccenda della scuola, siamo a posto. Bordighera è già...»
«È già un bel niente, Orla» lo interruppe Giorgio, «abbiamo il problema in casa».
«Senti, mi vuoi dire che cazzo succede o dobbiamo andare avanti con questa tensione di merda?»
«Raoul ha ammazzato un ragazzino».
Il dono della sintesi, che meraviglia!
«Che dici? Alla festa sono tutti morti per problemi di cardiaci. Nessuno è stato ammazzato».
«Sì, è vero. Ma...» era chiaro che Giorgio non si fosse preparato per la conversazione, «allora, ascoltami: io ti racconto quello che mi ha detto Raoul, non so nient’altro se non quel che ho sentito direttamente da lui, intesi?»
«Intesi».
«Dunque... quando Bordighera ha fatto partire la musica, quasi tutti erano nella sala a ballare. Raoul si è allontanato per andare in bagno e ha incontrato un ragazzino del primo anno, Riccardo Mieli, e questo tizio era a postissimo, non aveva bevuto un goccio in tutta la mattinata. Si era andato a nascondere in bagno per non stare nel manicomio che c’era a scuola. Io non so che gli è preso a Raoul, ma si è proprio incazzato. Se l’è presa col ragazzino perché era sobrio, non si stava divertendo come tutti gli altri. Insomma: è uscito dal cesso, è tornato in sala e ha preso una caraffa ancora a metà. Doveva essere calda come brodo. Gliel’ha fatta bere tutta».
«Ma che cazzo dici?» Pietro si ritrovava a dire cose così per inerzia, in realtà gli piaceva sentire quella storia, ma si sforzava di reagire in modo normale.
«Gli ha fatto calare almeno un litro giù per la gola. Dice che gli è morto davanti prima che potesse fare qualunque cosa».
«Gesù...» disse Pietro e per molti secondi i due ragazzi restarono in silenzio, meditabondi.
Poi Pietro si riaccese: «Ma, scusa» disse, «l’ha visto qualcuno mentre costringeva il ragazzino a bere?»
«No».
«E allora perché siamo così preoccupati?»
«Perché Raoul si è chiuso in casa, è in preda ai sensi di colpa e minaccia di raccontare tutto».
“Ahi, ahi, ahi. Questo no, Raoul” pensò Pietro, “questo no...”
«Credi che cederà?» disse poi, «tu lo conosci più di me».
«Non tanto da sapere se riesce a tenersi per sé di aver fatto fuori un bambino».
«Ma non voleva ucciderlo».
«Intanto, però, è schiattato lo stesso». Osservazione inattaccabile.
«Abbiamo ancora qualche pillola?» chiese Pietro.
«Perché?»
«Tu rispondimi. Abbiamo ancora qualche pasticca di MDMA
«Penso di sì, ma che ci vuoi fare?»
«Raoul si deve rilassare e deve staccare un po’ da quello che è successo. Stasera lo andiamo a prendere, lo portiamo lontano da Roma e gli facciamo passare un paio d’ore di gioia. Poi chiacchieriamo e vediamo come aggiustare la cosa».
«Come dici tu» disse Giorgio, che aveva l’aspetto di un uomo che sta firmando la propria resa, «io non so davvero che fare. Non so neanche cosa pensare. Ma tu credi davvero che si può rimediare?»
«Giorgio, io non so se Raoul si perdonerà mai per questa cosa, ma tu pensi che se sapesse a cosa andrebbe incontro, rivelando di aver drogato un’intera scuola e di aver causato personalmente la morte di un quattordicenne, avrebbe ancora voglia di vuotare il sacco?»
Morelli guardò Pietro con attenzione: Orlandi aveva ragione, ma la ragione sarebbe bastata a salvargli il culo?

2

Aurora aveva preteso che Pietro la raggiungesse a casa quel pomeriggio, poco più di ventiquattrore dal disastro.
Lui non l’aveva più vista dopo aver abbandonato la classe, anche se spesso l’aveva cercata con lo sguardo nel marasma di alunni e professori drogati.
Non le aveva detto niente, non l’aveva messa in guardia, non le aveva impedito di bere e adesso correva da lei a confortarla.
Aurora Pascali era sempre stata una ragazza di carattere. Aveva un’attitudine decisa nel suo risicato metro e sessanta, ma quell’esperienza a scuola gliel’aveva sottratta. Sin da quando gli effetti dell’ecstasy si erano manifestati, Aurora era sprofondata in attacchi di panico che tornavano a tormentarla ogni mezzora di tregua.
Avevano usato diversi farmaci per calmarla, ma non potevano continuare a drogarla, anche perché, in buona parte, la sua reazione era dovuta al senso di perdita di controllo che assumere uno stupefacente, legale o meno, socialmente accettabile o no, le provocava.
Pietro la trovò stesa sul lettino della sua camera colma di segni di un’infanzia tutta al femminile e più stereotipata che mai: pareti rosa, poster di pony e bambole ovunque. Un solo elemento stonava con l’arredamento e rispecchiava l’Aurora che Pietro conosceva: la locandina di Django Unchained di Quentin Tarantino, il suo film e il suo cineasta pref...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Abstract
  3. Frontespizio
  4. Colophon
  5. Prologo
  6. PARTE PRIMA: MAMBO DEI GITANI
  7. PARTE SECONDA: ULTRAVIOLENZA
  8. PARTE TERZA: ROMA BRUCIA
  9. Epilogo