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Quattro paia di occhi
About this book
Questo racconto farà entrare il lettore all'interno della complessa mente del protagonista, Aiden. La storia si svolgerà presso un carcere, in cui Aiden dovrà confrontarsi con una psichiatra e sostenere un lungo percorso che lo porterà a scoprire di avere un grave disturbo. Il protagonista infatti vede il mondo attraverso quattro paia di occhi che si alternano e gli mostrano quattro realtà diverse. Il finale sarà sorprendente per lui stesso e permetterà al lettore di comprendere meglio un disturbo ancora poco conosciuto e poco trattato.
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Information
Topic
MedicinaSubtopic
Psiquiatría y salud mentalCapitolo 1: “VENDETTA”
Era steso sul letto. Probabilmente era assorto nei suoi pensieri perché non lo aveva notato. Aiden lo fissava con uno sguardo disgustato. Si diresse in cucina e cercò il ceppo di coltelli che il padre aveva comprato quando Aiden era molto piccolo. Ne scelse uno abbastanza grande, con una lama affilata e tornò nella stanza dove era suo padre. Lo guardò e gli disse: “sono qui, non hai nemmeno la voglia di salutare tuo figlio?”
“Non ti avevo visto” rispose lui.
“Beh ora si”.
“Si, cosa vuoi?”
“Voglio raccontarti una storia. In una casetta vicino al bosco viveva una bambina. Era bellissima. Aveva avuto un passato difficile. La madre infatti non si era comportata bene con lei e lei covava rancore e vendetta. Un giorno la madre tornò a casa e trovò la figlia davanti al letto con un fucile in mano. Non si seppe più nulla della madre della bimba. Alcuni pensano sia morta, tu che ne pensi?”
“Di che stai parlando?”
“Della storia ovviamente”.
“Che cerci di dirmi?”
“Non so, arrivaci da te”.
“Cos’hai in mano?”
Aiden gli mostrò il coltello.
“Cos’hai intenzione di fare Aiden?” nella sua voce si sentiva uno strano tremore. Aiden non l’aveva mai sentito prima d’ora. Aveva sempre raffigurato suo padre come un uomo forte e deciso.
“Non ti preoccupare, sarei partecipe di tutto ciò che succederà al tuo corpo. L’unico consiglio che mi sento di darti è stai tranquillo e non agitarti perché potrebbe farti più male”.
Come si può chiedere ad un uomo che sta per essere ucciso di stare fermo e di essere tranquillo?
“Porgimi la mano” continuò Aiden.
Il padre gliela porse. Aiden gliela tagliò.
Dopo circa quaranta minuti la Polizia arrivò sul luogo dell’omicidio e trovò Aiden accovacciato per terra.
Stava piangendo. Il suo lamento assomigliava a quello di un bambino di età inferiore ai dieci anni.
“Cosa succede ragazzo?” gli chiese la Polizia.
Non ci fu nessuna risposta, un silenzio inesorabile irrompeva nella stanza.
La Polizia si avvicinò al cadavere e notò che a quest’ultimo mancava la mano, il volto era sfigurato e l’assassino aveva dilaniato il suo corpo. La scena era così raccapricciante che uno dei poliziotti uscì sul balcone per prendere aria. Il poliziotto in questione si chiamava Carson McLaren. Era un uomo di media statura, che proveniva dall’Africa Meridionale. Aveva una moglie e due figli mulatti. Svolgeva questo lavoro da ormai molti anni, da quando aveva concluso l’Università.
“Dobbiamo portarla via, ha le mani sporche di sangue. Ciò fa risultare che sia lei l’assassino. Dobbiamo fare degli accertamenti sul caso e su di lei”.
Lo portarono via che erano le sette e un quarto del mattino.
Per tutto il tragitto Aiden non proferì una parola. Si guardava i polsi stretti dalle manette mentre tre poliziotti erano intorno a lui. Non capiva perché fosse lì, era in uno stato di confusione simile alla trance.
Arrivati in carcere, Aiden venne sottoposto a diverse domande, pur non rispondendo a nessuna.
Era davvero confuso, non sapeva dove si trovava, forse nemmeno chi era. I suoi occhi erano spenti ed erano rivolti verso il pavimento.
Carson, che di casi di omicidio ne aveva visti, non aveva mai vissuto una situazione simile, dove l’ipotetico assassino non inventa giustificazioni per poter essere rilasciato, anzi piange come un bambino. Da quel poco che lo aveva conosciuto Aiden si dimostrava un ragazzo davvero particolare, unico.
Poco dopo entrò dalla porta principale Thomas Perez, l’avvocato d’ufficio che avrebbe tutelato il suo nuovo cliente, Aiden McBride. Salutò Aiden ma non lui non rispose.
Thomas era un uomo alto, magro, con lunghi baffi e una folta capigliatura brizzolata. Era uno degli avvocati più famosi della città ed era conosciuto per essere molto tenace e per perseguire sempre l’obbiettivo della vittoria della causa. Era sposato con una bellissima donna, Keira, ma non avevano mai avuto figli.
Guardò impietrito il suo cliente e chiese a Carson perché non parlasse.
“Si comporta così da quando l’abbiamo trovato sul luogo dell’omicidio. Non ha proferito parola per tutto il tragitto e non penso lo farà con te” rispose quest’ultimo.
“Sono un avvocato non un giornalista. Fatelo parlare se vuole avere un processo equo”.
Detto questo Perez si allontanò dalla stanza.
Carson rimase a fissarlo confuso. Non sapeva cosa fare per far parlare Aiden.
Dopo circa due ore Perez tornò ma Aiden non voleva saperne di aprire bocca.
“Senti, se non parli non so come tirarti fuori da qui, quindi cerca di collaborare”.
Gli occhi di Aiden saettavano da un lato all’altro della stanza, senza mai poggiarsi su quelli dell’avvocato.
“Puoi almeno parlarmi un po’ di te?” chiese Perez.
All’ennesima non risposta, Perez si alzò e lasciò la stanza.
“Se quello non parla, io non mi prenderò la responsabilità delle conseguenze”.
“Dagli un po’ di tempo” rispose Carson.
“Capisci che non c’è tempo. Tra poco ci sarà il processo ed io non so cosa inventarmi”.
Perez decise di chiamare una psichiatra.
Capitolo 2 “UNA VISITA PSICHIATRICA”
Appena la psichiatra entrò ci fu un terribile silenzio assordante. Gli occhi penetranti di Aiden squadravano la dottoressa Byrne dalla testa ai piedi. Lei fece finta di nulla e si sedette sulla poltroncina color porpora vicino ad Aiden. Vedendo l’impassibilità di quest’ultimo decise di rompere il ghiaccio spiegando la sua storia. Probabilmente lo fece per far continuare il ragazzo ma non fu così.
“Buongiorno Aiden inizierei la seduta presentandomi. Sono la dottoressa Byrne e vengo dal New Jersey. E’ da ventisette anni che svolgo la professione di psichiatra e sono qui per aiutarti.
Per poterti garantire un processo equo e giusto ci serve la tua collaborazione. Se non parli e non ci spieghi la tua storia non sappiamo come aiutarti, questo lo sai?”
Non ci fu nessuna risposta, Aiden guardava la dottoressa Byrne come se fosse un’entità ultraterrena.
“In ogni caso se non vuoi spiegarmi la tua storia, vuoi almeno dirmi cosa ti piace fare?”
Di nuovo non ci fu risposta. Aiden aveva accavallato le gambe ed era con le braccia conserte. Non era la posizione di ascolto che si aspettava da lui la dottoressa. Era in posizione di difesa, chiuso in sé stesso, senza parlare né rispondere alle domande della dottoressa Byrne.
Ad un certo punto da fuori si sentì un rumore e Aiden sobbalzò. La dottorossa lo guardò e gli chiese immediatamente se fosse successo qualcosa ma di nuovo con scarsi risultati. Aiden non sembrava voler parlare e nemmeno accenare un qualsiasi suono.
La dottoressa si stava per arrendere quando ad un certo punto Aiden mosse la bocca come se stesse parlando a sé stesso.
“Aiden tutto bene? Se vuoi parlarmi ma c’è qualcosa che ti frena, dimmi di che si tratta perché se non lo fai non posso aiutarti”.
Aiden emise un leggero sibilo di voce.
“Che cerci di dirmi?” chiese la dottoressa.
“Il suo nome” disse infine Aiden.
“Cosa vuoi sapere sul mio nome?” chiese lei confusa.
“Mi dica il suo nome” ribatté Aiden.
“Mi chiamo Jennifer, Jennifer Byrne”.
“Il mio nome è Aiden McBride”.
“Da dove vieni Aiden?”
“Non me lo ricordo”.
Lo sguardo della dottoressa Byrne divenne vitreo. Pensò subito che Aiden stesse scherzando, ma sul viso di Aiden non si leggeva nessuna vena ironica.
“Ti ricordi quanti anni hai?”
“Certo, ne ho diciannove”.
“Sei ancora giovane!” esclamò lei.
Dopo un momento di silenzio la dottoressa riprese a parlare.
“Senti, ti andrebbe ti parlarmi della tua storia?”
“No, piuttosto mi parli lei della sua”.
“Va bene, se ti fa sentire più sereno. Sono sempre stata una bambina tenera e perspicace. Spesso giocavo con i bambini più grandi perché i bimbi della mia età mi annoiavano. Mi sono dedicata alla scrittura, all’arte e alla danza ma dopo un infortunio alla gamba ho dovuto smettere di ballare. Mi sono iscritta all’Università di medicina per svolgere la professione di psichiatra. Mi sono sposata due volte. Con il primo marito ho divorziato perché era violento”.
Quando sentì questa affermazione il viso di Aiden divenne bizzarro e iniziò un pianto isterico.
La dottoressa lo guardava stupita, il pianto sembrava provenire da una donna di giovane età. Non sapeva come comportarsi di fronte a quella vista perché sapeva che se avesse detto qualcosa di troppo Aiden non le avrebbe più rivolto la parola.
Con tranquillità provò a continuare la conversazione che il pianto aveva interrotto ma non ci fu verso. Aiden di nuovo taceva.
“Stavamo andando bene, mi stavi parlando, cos’è successo? Aiden ti ho già spiegato che succede se non parli, non veniamo a capo di nulla. Non ti senti di raccontarmi la tua storia non è così? Rispondimi almeno con un sì o un no”.
Byrne rimase nella piccola stanza con Aiden ancora per un po’. Cercava di capire ciò che poteva essere successo nella mente di Aiden ma non riusciva a darsi una spiegazione. Le lacrime gli scendevano come rugiada su un fiore e questo rappresentava la sua debolezza; ma c’erano dei particolari non collegabili alle altre azioni. Ad esempio aveva ancora le gambe accavallate e le braccia conserte. Aveva inoltre uno sguardo spento, buio, privo di qualsiasi tipo di emozione, neppure la tristezza che era compatibile con le lacrime. I suoi occhi guardavano il pavimento e a volte si spostavano alla finestra, ma non sembrava guardasse qualcosa neppure lì. Era solo spento, come un modem non attaccato alla corrente. Era come se fosse assente.
La dottoressa aspettò altri minuti poi salutò Aiden e uscì dalla stanza. Subito fuori l’aspettava Thomas Perez, l’avvocato di Aiden.
“Com’è andata? Vi siete parlati? Lui le ha rivolto la parola?” le chiese a raffica Perez.
“Mi porga una domanda alla volta. La visita è andata bene, anche se avrebbe potuto andare meglio. Inizialmente Aiden non parlava, poi si è deciso a farlo. Mi ha risposto un po’ e mi ha chiesto di raccontargli la mia storia”.
“Non l’avrà fatto spero”.
“Certo che l’ho fatto, perché non avrei dovuto?”
“Non mi sembra affidabile raccontare la storia della propria vita ad un ipotetico assassino”.
“Beh per me lui non è un ipotetico assassino, bensì un paziente, di conseguenza gli ho raccontato la mia storia. Sembrava prenderl...
Table of contents
- 4 paia di occhi
- Frontespizio
- Copyright
- Capitolo 1: “VENDETTA”
- Capitolo 2 “UNA VISITA PSICHIATRICA”
- Capitolo 3: “INCUBI NOTTURNI”
- Capitolo 4: “I PRIMI PROBLEMI”
- Capitolo 5: “TUTTO HA UN SEGUITO”
- Capitolo 6: “IL SECONDO INCONTRO CON LA DOTTORESSA BYRNE”
- Capitolo 7: “ACCERTAMENTI IMPORTANTI”
- Capitolo 8: “IL SIGNIFICATO DEGLI INCUBI”
- Capitolo 9: “IL DISCORSO DELL’AVVOCATO”
- Capitolo 10: “I PROBLEMI AUMENTANO”
- Capitolo 11: “ISOLAMENTO”
- Capitolo 12: “ELLEN”
- Capitolo 13: “POESIE”
- Capitolo 14: “IL RITORNO DI RYAN”
- Capitolo 15: “Ellen parte 2”
- Capitolo 16 “PRESA DI COSCIENZA”
- Capitolo 17: “L’INCONTRO CON LA MADRE”
- Capitolo 18: “NUOVAMENTE INCUBI”
- Capitolo 19: “LA SPIEGAZIONE DELLE POESIE”
- Capitolo 20: “INCOMPRENSIONI”
- Capitolo 21: “LIBRI”
- Capitolo 22: “IL RITROVAMENTO DEI LIBRI”
- Capitolo 23: “NUOVAMENTE BATTIBECCHI”
- Capitolo 24: “ANCORA LIBRI”
- Capitolo 25: “GAVIN”
- Capitolo 26: “IL SECONDO INCONTRO CON LA MADRE”
- Capitolo 27: “DISEGNI”
- Capitolo 28: “LA SPIEGAZIONE DEI DISEGNI”
- Capitolo 29: “IAN”
- Capitolo 30: “PARALLELI”
- Capitolo 31: “DISCORSI IMPORTANTI”
- Capitolo 32: “GAVIN”
- Capitolo 33: “GAVIN PARTE 2”
- Capitolo 34: “SOGNI PARTICOLARI”
- Capitolo 35: “TEST”
- Capitolo 36: “LA VERITA’”
- Capitolo 37: “IL PROCESSO”
- Capitolo 38: “IL GREYSTONE PARK PSYCHIATRIC HOSPITAL”
- Capitolo 39: “UN ALTRO OMICIDIO”
- Capitolo 40: “UN NUOVO PROCESSO?”
- Capitolo 41: “LA FINE PIU’ TRAGICA”