Teoria dei giochi
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Teoria dei giochi

Pierpaolo Battigalli

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Teoria dei giochi

Pierpaolo Battigalli

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Ogni giorno della nostra vita siamo obbligati a prendere miriadi di decisioni, alcune minime e apparentemente ininfluenti, da altre dipenderanno relazioni, carriere e svolte che segneranno il nostro futuro. Operare una scelta è mettere a punto una strategia, dare forma a un calcolo. Ma in quali circostanze è consentito affermare che una scelta particolare è "razionale"? Per rispondere a questo interrogativo ci viene in soccorso la teoria dei giochi. Pierpaolo Battigalli ne illustra i concetti matematici fondantie ne dispiega la storia dal Seicento, secolo in cui prende forma questa disciplina a partire da un carteggio tra Blaise Pascal e Pierre de Fermat, fino alle implicazioni economiche e finanziarie contemporanee. Sì, perché l'analisi del ragionamento strategico può ad esempio permettere di fare previsioni sull'esito delle interazioni sociali o in merito a questioni di progettazione istituzionale. Ecco allora che la lettura di queste pagine ci svela come le decisioni determinino e vengano determinate, come dipendano da noi tanto quanto noi dipendiamo da loro.

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Information

Publisher
Treccani
Year
2021
ISBN
9788812008605

1

INTRODUZIONE

A) CAMPO PREDICATIVO DELLA TEORIA DEI GIOCHI

La teoria dei giochi è una disciplina che analizza in modo formale le situazioni decisionali interattive, cioè situazioni nelle quali i guadagni (economici o di altro tipo) di ogni individuo dipendono dalle azioni altrui, oltre che dalle proprie. I giochi propriamente detti, come gli scacchi, il poker o il bridge, costituiscono esempi paradigmatici di situazioni decisionali interattive.
Ma la precedente descrizione generale si adatta anche a una miriade di situazioni economiche, politiche e sociali: concorrenza e collusione tra imprese, organizzazione d’impresa, contrattazione, aste, gare d’appalto, interazione tra scelte di politica economica di un governo e scelte di consumatori, lavoratori e imprese, determinazione delle politiche economiche (monetarie, fiscali, commerciali) da parte di più Stati sovrani, scelte di piattaforme elettorali, votazioni in comitati e assemblee, scelte di politica internazionale, conflitti militari, attività criminose organizzate, affermarsi di convenzioni sociali. Di seguito indicheremo col termine “gioco” qualunque situazione decisionale interattiva e con “giocatori” gli individui che vi partecipano.
Si chiama “strategia” il modo in cui un giocatore reagisce alle diverse circostanze che si possono verificare durante l’interazione. Un giocatore che si sforza di fare scelte razionali formula congetture sulle strategie altrui per poter prevedere le conseguenze delle proprie scelte e quindi determinare il piano d’azione migliore. In generale, queste congetture non sono arbitrarie; si può cercare di dedurle da ipotesi sulla razionalità e la conoscenza altrui, oppure ricavarle mediante generalizzazione induttiva da altre esperienze in situazioni simili. La derivazione di congetture sulle strategie altrui per determinare il miglior piano di gioco è detta “ragionamento strategico”.
L’analisi del ragionamento strategico permette, almeno nei casi più favorevoli, di fare previsioni sull’esito delle interazioni sociali. È quindi possibile utilizzare la teoria dei giochi per studiare problemi di progettazione istituzionale, cioè problemi in cui un cosiddetto “pianificatore sociale” deve scegliere le “regole del gioco” a cui saranno soggetti gli individui di una certa comunità di riferimento in modo da perseguire i propri obiettivi (il pianificatore può essere un rappresentante della stessa o di un’altra comunità). Esempi di progettazione istituzionale (mechanism design) sono la scelta di regole costituzionali, dello statuto di un’associazione, delle regole di un’asta o delle regole di un mercato borsistico.
Come traspare da queste prime anticipazioni, la teoria dei giochi offre una metodologia di analisi che attraversa i tradizionali confini disciplinari nell’ambito delle scienze umane. Non sorprende quindi che la teoria dei giochi sia utilizzata da studiosi di filosofia, sociologia, storia e, soprattutto, di scienze politiche15. Il principale campo di applicazione resta tuttavia la scienza economica, come prefigurato nel primo trattato sistematico sull’argomento: Theory of Games and Economic Behavior di John von Neumann e Oskar Morgenstern (di seguito abbreviato in Theory of Games).

B) CENNI STORICI

La teoria dei giochi è una disciplina giovane che solo di recente ha acquisito una configurazione relativamente stabile e che comunque continua a svilupparsi e a cambiare. Lo sviluppo non è solo cumulativo: cambia anche la prospettiva sulla teoria stessa e sul significato dei suoi concetti formali. In questo paragrafo ci limiteremo a menzionare alcune tappe che riteniamo fondamentali dal punto di vista della teoria moderna e degli sviluppi correnti. Nel far ciò, non renderemo adeguatamente giustizia ad alcuni contributi molto importanti16.
Esempi di analisi di specifici giochi sono rintracciabili negli scritti di matematici ed economisti del XVIII e XIX secolo, ma la vera e propria nascita della teoria dei giochi si può far risalire al 1928, anno di pubblicazione del saggio Zur Theorie der Gesellschaftsspiele del matematico ungherese von Neumann, che presenta la prima trattazione generale e sistematica sull’argomento. L’articolo mostra come rappresentare matematicamente le regole di qualunque gioco definisce formalmente il concetto di strategia e dimostra l’esistenza di una soluzione essenzialmente unica per tutti i giochi finiti antagonistici, cioè con due giocatori e somma delle vincite costante.
Il contributo di von Neumann comincia ad avere un impatto con la pubblicazione di Theory of Games, scritto in collaborazione con l’economista austriaco Morgenstern, in cui la teoria dei giochi è presentata come strumento analitico fondamentale per la formulazione di modelli nelle scienze sociali e in particolare in economia17. Il trattato distingue tra i giochi antagonistici e tutti gli altri giochi. Per questi ultimi si propone un’analisi di tipo cooperativo, in cui l’oggetto dell’indagine è la formazione di coalizioni che ridistribuiscono tra i propri membri la massima vincita complessiva che questi sono in grado di ottenere agendo in modo coordinato. L’appendice del trattato contiene un’elegante teoria assiomatica della scelta in condizioni di rischio, che di per sé costituisce una pietra miliare della teoria economica.
Theory of Games riceve una discreta accoglienza tra i teorici economici, ma l’impostazione di von Neumann e Morgenstern rende difficile il “connubio” tra teoria dei giochi e scienza economica. Il punto forte del trattato è, infatti, l’analisi dei giochi antagonistici, che sono tuttavia di limitato interesse per gli economisti. D’altra parte, l’analisi cooperativa proposta per i giochi non antagonistici trascura i problemi di incentivazione e comunicazione all’interno delle coalizioni; inoltre, il concetto di soluzione proposto dagli autori si rivela poco trattabile e non ha nulla in comune con quelli utilizzati dagli economisti matematici nell’analisi di specifici giochi economici.
La situazione cambia radicalmente con la pubblicazione di alcuni saggi del matematico americano John Nash18 all’inizio degli anni Cinquanta. Nash propone un concetto di equilibrio non cooperativo (che ancora oggi porta il suo nome) applicabile a tutte le situazioni di gioco: una combinazione di strategie s costituisce un equilibrio se la strategia di ogni giocatore massimizza la sua vincita (attesa) date le strategie degli altri giocatori in s.
Il fatto di considerare date le scelte altrui è giustificato dalla stessa definizione di strategia come piano d’azione contingente, scelto prima che cominci la “partita”. L’equilibrio strategico di Nash è un concetto unificante, che comprende come casi particolari la soluzione di maxmin proposta da von Neumann per i giochi antagonistici e alcuni concetti di equilibrio oligopolistico già analizzati nella teoria economica, in particolare da Antoine-Augustin Cournot19.
Nash inoltre propone un argomento secondo il quale la formazione di coalizioni e la stipulazione di accordi possono essere analizzate con l’approccio non cooperativo e quindi con il concetto di equilibrio strategico (capitolo 2, paragrafo e). Un primo esempio lo fornisce egli stesso, formulando un’elegante teoria assiomatica per risolvere problemi di contrattazione bilaterale (il suo contributo più brillante, anche se forse non il più importante) e poi derivando la stessa soluzione come equilibrio strategico. Il programma di Nash, secondo cui tutta la teoria dei giochi è riconducibile a un approccio non cooperativo basato sull’equilibrio strategico, riceverà un nuovo impulso trent’anni più tardi20, ed è oggi prevalente, soprattutto nelle applicazioni economiche.
Nonostante il contributo di Nash, è l’approccio cooperativo quello che domina la teoria dei giochi negli anni Cinquanta e Sessanta, determinandone uno sviluppo impetuoso. Vengono introdotti, analizzati e applicati concetti di soluzione diversi da quello proposto da von Neumann e Morgenstern21. Vengono inoltre proposti degli indici di potere derivati da pochi assiomi apparentemente ragionevoli, in modo analogo a quanto avviene nella teoria della contrattazione bilaterale di Nash22. I risultati forse più notevoli riguardano le relazioni tra questi concetti e la teoria dell’equilibrio economico concorrenziale, ottenibile come soluzione limite quando ogni singolo agente economico è, in un senso matematicamente ben definito, “trascurabile” rispetto alla dimensione del mercato23. La teoria dei giochi cooperativi è oggi un po’ trascurata (come testimonia lo spazio ristretto o nullo dedicatole nei più recenti libri di testo)24, ma rimane comunque una componente importante della teoria dei giochi, anche per le sue numerose applicazioni all’economia e alle scienze politiche25.
Affinché l’approccio non cooperativo possa definitivamente affermarsi è necessario superare almeno due ostacoli: in primo luogo, i ragionamenti intuitivi spesso utilizzati per motivare il concetto di equilibrio sembrano presupporre che tutti i giocatori siano consapevoli delle regole del gioco e delle altrui preferenze sui possibili esiti (capitolo 2, paragrafo b), un’ipotesi, questa, che appare eccessiva per molte potenziali applicazioni; in secondo luogo, il concetto di equilibrio strategico non tiene adeguatamente conto degli aspetti dinamici del gioco ed è quindi compatibile con “minacce e promesse non credibili”. Questi problemi vengono (parzialmente) risolti da due fondamentali contributi di John Harsanyi e Reinhard Selten. Nel primo viene mostrato come rappresentare formalmente i possibili stati di conoscenza soggettiva dei giocatori (incluse le loro conoscenze e credenze sulle conoscenze e credenze altrui) e si introduce un concetto di equilibrio, detto “bayesiano”, che modifica l’equilibrio strategico per tener conto della incompleta conoscenza delle regole del gioco e delle preferenze altrui26.
Nel secondo contributo27 viene affrontato il problema della credibilità proponendo un raffinamento del concetto di equilibrio, detto “equilibrio perfetto”, secondo il quale le strategie devono prescrivere un comportamento razionale per tutte le circostanze di gioco, comprese quelle che secondo l’equilibrio non si dovrebbero verificare. Negli anni Settanta aumentano in modo esponenziale le applicazioni della nuova teoria dei giochi alla teoria della concorrenza imperfetta e dell’organizzazione industriale28. Inoltre il concetto di equilibrio strategico (bayesiano e perfetto) permette di organizzare in uno schema di riferimento teorico coerente i pionieristici lavori sulle aste e i mercati con informazione asimmetrica apparsi negli anni Sessanta e Settanta e, allo stesso tempo, di svilupparli ed estenderli. Oramai una buona parte dei recenti libri di testo di economia teorica (soprattutto quelli avanzati) è dedicata alla teoria dei giochi e alle sue applicazioni ai modelli di mercato con concorrenza imperfetta e informazione asimmetrica29. Si può dire che questo moderno corpus teorico nasca dalla sintesi dei contributi di Nash, Harsanyi e Selten, la cui importanza è stata recentemente riconosciuta con l’assegnazione a questi tre studiosi, nel 1994, del premio della Banca di Svezia per le scienze economiche in memoria di Alfred Nobel.
Negli anni Ottanta si assiste a uno sviluppo un po’ caotico della teoria. Le applicazioni dell’equilibrio strategico bayesiano e perfetto portano al centro dell’attenzione le credenze dei giocatori sulle informazioni e le strategie dei loro avversari. Emerge la consapevolezza che l’analisi di equilibrio incorpora, in modo implicito e spesso poco trasparente, ipotesi su tali credenze e sul modo in cui possono essere modificate durante lo svolgimento del gioco. Da un lato, si ritiene desiderabile aggiungere ulteriori ipotesi ritenute “ragionevoli” o “intuitive”, ottenendo così svariati “raffinamenti” che permettono di operare una selezione tra i molteplici esiti di equilibrio dei modelli applicati (capitolo 3, paragrafo b); dall’altro, le ipotesi sulle credenze vengono messe in questione, ma ciò porta a proporre dei concetti di soluzione più deboli dell’equilibrio strategico (bayesiano, perfetto). La risultante pletora di soluzioni provoca un comprensibile sconcerto tra i fruitori della teoria dei giochi e finisce per scalfire il prestigio da essa recentemente acquisito.
Gli sviluppi teorici degli ultimi quindici anni sono, almeno in parte, una reazione a questo stato di cose. Il linguaggio formale della teoria dei giochi viene arricchito e reso più espressivo per poter analizzare rigorosamente le conoscenze e le aspettative reciproche dei giocatori. Ciò permette di valutare i diversi concetti di soluzione esaminando le ipotesi epistemiche da cui possono essere derivati (capitolo 4, paragrafo a). Questo tipo di analisi è particolarmente adatto allo studio di un’interazione ideale tra individui altamente sofisticati che però non hanno modo di imparare da precedenti esperienze in situazioni simili. Tuttavia, la nuova teoria dei giochi è anche molto interessata all’interazione tra individui limitatamente razionali che procedono per tentativi ed errori. Si considerano allora dinamiche di tipo adattivo in situazioni d’interazione strategi...

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