Aderendo ben volentieri al desiderio che mi fu espresso dalla Società Geografica, ho tratto dai miei ricordi le notizie generali sul viaggio da me eseguito colla Magenta, riservandomi di pubblicare in appresso una relazione sugli studii che mi erano specialmente affidati.
Nell'ottobre 1865, ebbi l'onore di essere chiamato dal Governo del Re a prender parte sotto gli ordini del compianto senatore Prof. F. De Filippi al primo viaggio di circumnavigazione che faceva un legno della Regia Marina, al quale scopo era destinata la Piro-Corvetta Magenta, della quale doveva assumere il comando il capitano di fregata cav. Vittorio Arminjon; essa trovavasi da alcuni mesi a Montevideo. Con un preparatore, uomo valente nell'arte sua, eravamo tre, più o meno estranei alla vita di mare, ma decisi a fare il possibile onde compiere la nostra missione, arricchire la scienza italiana di nuovi fatti ed interessanti osservazioni, ed i nostri musei di oggetti preziosi, che non si ponno rinvenire che in un siffatto viaggio.
Terminati in fretta ed alla meglio i nostri preparativi, ci recammo a Napoli onde imbarcarci sulla Piro-fregata Regina, che portava il contrammiraglio conte Riccardi di Netro alla Plata.
Salpammo da Napoli, ove infieriva il cholèra l'8 novembre, colla Piro-cannoniera Ardita in rimorchio, e dopo breve sosta a Cagliari con bandiera gialla a riva, giungemmo il 17 a Gibilterra, ove con nostro gran rammarico, malgrado i nostri nove giorni di mare, fummo posti in contumacia ancora per cinque giorni. Sbarcammo poi, onde ammirare le vaste batterie che serpeggiano come tanti tunnel attraverso quell'imponente rupe, la bellissima Alameda, e la ridente città, metà inglese metà spagnuola, fabbricata sul versante del monte Djebel-el-Tarisch, o Tarich.
Il 28 novembre dopo dure fatiche, salpate le nostre ancore, uscimmo dalla rada di Gibilterra, vedemmo la pittoresca Tarifa sulla costa di Spagna, Tangeri, ed altri punti rimarchevoli. Appena usciti dallo Stretto, incominciaronsi a sentire le lunghe ondate dell'Atlantico; qui cominciava il nostro campo di lavoro, e quando il bastimento non faceva più di 5 o 6 miglia, gettavamo in mare una piccola rete di tulle, onde prendere alcuni degli innumerevoli abitatori dell'oceano; queste ricerche ove il microscopio è sempre in richiesta sono quasi nuove, ed eccitano un interesse febbrile nel naturalista il quale per la prima volta è così fortunato di poterle fare.
Il senatore De Filippi ed io, disegnavamo questi strani organismi, con o senza la camera lucida, conservando poi nell'alcool quelli che erano più resistenti, la maggior parte però effimere gelatine non si potevano conservare che ne' rozzi nostri disegni.
La sera del 3 dicembre avvistammo il famoso picco di Teneriffa, che sorge come un cono regolare al disopra delle nubi, ancorando l'indomani sulla rada di Santa Cruz. Noi naturalisti vedevamo quelle scoscese ed aride rupi rivestite qua e là di Opunzie, colle bianche case della città disposte lungo il mare e facevamo già i nostri castelli in aria sulle belle Fringille ed altre ghiottonerie zoologiche che dovevano cadere nelle nostre mani, allorquando si scorse al trinchetto della Piro-cannoniera Ardita, che ci aveva preceduti di alcune ore, la bandiera gialla di nefanda memoria; il colto pubblico canariano non voleva credere che il cordone sanitario tra Gibilterra e la Spagna era stato tolto; così avendo imbarcato carbone e banane, salpammo, il 5 a sera, in via per Rio de Janeiro.
La traversata fu breve, ed il tempo passò presto tra le nostre pesche; le cerimonie ortodosse pel primo passaggio della linea ed il Natale, cose nuova per noi, si celebrarono nel massimo caldo della regione torrida. Passammo vicino alle isole del Capo Verde, senza vedere traccia alcuna delle famose nebbie rosse rese celebri per le ricerche di Ehrenberg; anche il mare di Sargasso non si fece vedere questa volta. La fosforescenza del mare non ci mancò mai, e per più giorni passammo attraverso un banco di grosse Pelagiadee, che la notte facevano l'effetto di grossi lampioni, a circa un metro al disotto della superficie del mare – Stormi di pesci volanti (Exocætes exiliens, e E. volitans) perseguitati dalle brillanti dorade (Coryphæna), rompevano la monotonia della vita oceanica.
Finalmente la sera del 3 gennaio il fanale di Capo Frio si scorse, e l'indomani mattina eravamo all'entrata del Golfo di Rio de Janeiro. – Sfido chiunque a descrivere con penna o parole, la incantevole bellezza di questo porto; davanti all'entrata stanno varii isolotti: l'Ilha do Pay, e quella da May (padre e madre), l'isola Raza, Comprida, Cagada, das Palmas, Redonda, do Cotundubu ed altri minori quasi tutti coperti di una magnifica vegetazione. Entrammo tra il Paô de Açucar, nudo cono di granito, ed il forte di San Juan a ponente; a levante poi, ai piedi di una massa granitica, sta il forte di Santa Cruz, e innanzi a noi era l'isola e il forte di Villegagnon. – Le acque di un color verdastro, riflettevano...
