Compito il cammino di 60. miglia, dopo essersi partito da Messina il Viaggiatore, ed osservati alla metà di questo gli avanzi della celebre Taormina, non minor godimento proverà nel soggiornare in Catania. Stupirà egli in vedere una Città così florida, così popolosa, di cotanta ampiezza, e universalmente adorna di superbe fabbriche, divisa da dritte, ed ampie strade; e stenterà a credere, che tanta magnificenza opera sia di meno di un secolo. Si accrescerà il suo stupore in considerando, che ad onta di tante rovinose disgrazie, la maggior delle quali fu la pietà de’ Principi Normandi, si conservano ancora in esse cotante antiche memorie, capaci di trattenere bene a lungo la curiosità di qualunque dotto Forastiere, il quale per sì gran numero di oggetti antichi, e moderni potrà bene restar contento del suo soggiorno in Catania.
Siccome l’Anfiteatro è il testimonio più grande dell’antica Catanese grandezza, così fissi in esso il Forastiere i primi suoi sguardi. La lunga età, il disuso di questo edificio, la barbarie de’ tempi, che non seppe conoscere il merito di sì riguardevoli opere, ridussero l’Anfiteatro di Catania al segno di essere stimato non più un singolar preggio, ma una deforme rovina. Tale fu dipinto al Re Teodorico per ottenerne il permesso di valersi delle pietre di esso per innalzare le mura della Città; onde distrutti i superiori ordini, ne rimase il solo inferiore; ma le disgrazie de’ tremoti, innalzando con le rovine della Città il circonvicino terreno, restò quello del tutto sepolto: in maniera, che a tempi nostri era già posta in dubbio la esistenza di esso, e ad onta dell’autorità de’ Catanesi Scrittori fu dal Signor d’Orville totalmente negata. Ma sia il Forastiere giudice di questa palpabile verità. Si conduca nella Piazza Stesicorea, oggi chiamata Porta di Aci. La superficie del terreno gli mostrerà gran parte di una delle muraglie, che in forma circolare comparisce a fior di terra. Indi entrando nella strada di rimpetto alla Chiesa del S. Carcere, ivi troverà l’ingresso, che lo introduce nel sotterraneo, che era la loggia esteriore, che per lungo tratto sotto terra cammina. Dove è maggiore lo scavo si scuopre non picciola parte dell’esteriore, vedendosene tre archi perfettamente scoperti. Tutta la gran mole è formata di riquadrate pietre di lava, lavorate con artificio incredibile. Tutti gli archi erano formati di grossi mattoni, come mostrano alcuni avanzi, e i sesti impressi nella fabbrica. Osservi il Viaggiatore, che uno de’ gran pilastri anticamente patì, forse non reggendo al gran peso, ed il riparo datogli dall’accorto Architetto.
Li non pochi avanzi del grandioso Teatro debbon chiamare tutta l’attenzione dell’erudito Forastiere. Portatosi egli nel piano di S. Francesco, entrerà nell’angolo di esso nel piccolo spazio, che resta tra il Palazzo di D. Mario Gravina, e quello del Principe di Valsavoja. Quì troverà un gran pezzo dell’antico Teatro in uno scavo ultimamente fatto per Real Ordine; volendo il Monarca, che si scuoprissero, e, per quanto è possibile, si ristorassero, e conservassero le antiche memorie di questo Regno, deputando per ciò eseguirsi la munificenza Sovrana non poca somma; e questa appunto è la prima fatta scoperta. Osserverà questa parte essere uno degl’ingressi, che conducea nei Corridori per comunicar nei Sedili, vedendo porzione della Scala, che all’ordine superiore conducea. Dentro la Casa del nominato Signor D. Mario Gravina potrà vedere le parti inferiori dell’edificio ben conservate, ed intere, destinate ad uso di Cantina, che formavano una delle testate del Semicerchio composto di più ordini di volte, che esistono intere; una delle quali conduce sotterraneamente sino all’altra testata nella Casa del Barone della Nunziata, nel corso della quale si osservano ancora intere le scale di comunicazione ai Sedili, che restavano appoggiati sulla scoscesa del terreno. Osserverà ancora quasi intera la volta superiore, che formava la Loggia esteriore, essendo su di essa diverse case. Gran parte si scuoprì della Scena nel cavarsi le fondamenta del nuovo Palazzo del Barone suddetto; ma qualche parte della medesima resta ancora in piedi dentro le Case del Signor D. Antonio Corvaja, e dietro la medesima nella Casa del Maestro Antonio Musumeci si vede in buono stato porzione del suo esterno.
Unito a questo Teatro avrà il piacere di osservare il viaggiatore l’Odeo. Fabrica è questa, che unica è restata in tutta l’antichità, essendo rimasti conosciuti appena per nome i quattro, che furono in Roma; e qualche rovina resta di quello di Atene, rammemorato da Vitruvio. Potrà osservare l’esteriore bastantemente conservato nella strada, che porta al Monasterio de’ Benedettini vicino il Convento di S. Agostino. A questo esteriore appoggiasi un ordine di volte, che col loro declivio mostrano, che su ’l loro dorso sostenevano i Sedili. L’arco di mezzo poco più grande degli altri dava l’entrata. Si scuopre quasi tutta la circonferenza sino alle due testate; in una delle quali si osserva ancora porzione della scala, che portava ai sedili. Comunicava questo Teatrino col maggior Teatro per via di una scala intermedia, che dava all’uno, e l’altro comune l’ingresso. Questa fu da me scoperta, ma mi fu necessario ricuopirla; ma spero mercè la Real Autorità, e munificenza di nuovo renderla alla luce.
Trovandosi il Viaggiatore in questo sito, poco lontano scoprirà un’antica robusta fabbrica, convertita in uso di Chiesa sotto titolo di S. Maria della Rotonda, prendendo tal nome dalla circolare sua figura. Si accorgerà facilmente il medesimo, che questo edificio era Ottagono nella sua pianta, che sostenea la cupola circolare; e che ne’ lati era aperto con più archi, che oggi restano chiusi, riducendolo esternamente in figura quadrata. Dalla parte, dov’è oggi l’Altar Maggiore, era attaccato ad altra fabbrica di maggior estensione. La sua situazione fa credermi essere questo una parte delle vaste Terme; di cui rovinati residui restano sepolti la maggior parte nella Piazza avanti il Monasterio de’ PP. Benedettini, ed altresì a queste credo appartenere una stanza a volta circondata da un acquedotto, che si osserva oggi attaccata alla Chiesa de’ PP. Minoriti sotto il titolo della Concezione, servendosene di Cappella dedicata a S. Cataldo.
In faccia la Chiesa Parrocchiale sotto il titolo di S. Maria dell’Idria si innalzano non pochi avanzi di antico rispettabile edificio, che per essere ricoperti di nuove mura, e ridotti ad abitazioni, poco mostrano dell’antico. Questi certamente appartenevano alle antiche Stufe, che furono da me scavate, ove trovai tutte le parti, che qualificano questo Edifizio, che vicino restava alle grandi Terme: delle quali si scoprirono grandi, e numerosi avanzi, che fu necessario ricoprire per non deformare la nobile Piazza, che adorna il prospetto del gran Monasterio de’ Benedettini.
Non conosciuto è stato sinora l’antico Foro della Città di Catania, e creduto un avanzo di antiche Terme. Troverà il Viaggiatore la disposizione di questa fabbrica in tutto uniforme all’idea, che ce ne dà Vitruvio. Come in fatti nel cortile chiamato S. Pantaleo sono sepolte numerose volte, che costituiscono il lato, che guarda la Tramontana. Queste, formando angolo retto, si stendono in faccia del Levante; ed indi nella stessa maniera rivoltando due, o tre di esse, che oggi esistono, mostrano, che si stendeano in faccia a Mezzogiorno. In sostanza chiaramente potrà conoscersi essere l’edificio quadrato, formato di molte botteghe, che costituivano la pubblica Piazza. Buon numero di queste oggi servono di abitazione a non poche persone: altre restano sepolte dall’avanzato terreno; e molte negli scorsi tempi già demolite.
Parte del Convento di S. Agostino è fabbricata sopra grosse antiche muraglie poco discoste dal Foro, che mi fanno credere, essere quivi stata la Curia, la Basilica, e le Carceri. Le grandi anticaglie in questo luogo testificano la magnificenza di questi edifizj. Le Colonne della Basilica, che prima del terremoto del 1693. erano in gran parte nel Chiostro del nominato Convento, oggi sostengono i Portici della Piazza di S. Filippo. Quivi fu trovato il celebre Torso Colossale, che gelosamente conservo nel mio Museo, che forse non la cede a qualunque opera Greca, che vanta l’Europa.
Poco quindi lontano nella casa del Sign. D. Giuseppe Sapuppo potrà il Viaggiatore osservare gli avanzi di non picciolo Bagno diviso in più stanze, con capriccioso disegno. Sono formate di riquadrate pietre: ma ben si conosce, che molto nobile quell’edifizio fosse stato a’ suoi tempi, giacchè nello scavare si trovarono molte impellicciature di marmi, il pavimento di mosaico bianco, che nello stesso luogo ancora si conserva: ed una delle stanze adornata era con Colonne formate di grossi mattoni, e probabilmente coperte di stucco; di una delle quali se ne vede un pezzo ancora a suo luogo.
Seguitando il Viaggiatore ordinatamente il suo giro per la Città, si porterà al Convento de’ PP. Carmelitani sotto il titolo di Monte Santo, volgarmente chiamato dell’Indrizzo. Quì gli sarà mostrato dalla cortesia di quei Religiosi una bellissima stanza ottagona coperta di maestrevole cupola, formata di riquadrate pietre tutte d’uguale altezza; in maniera che sembra composta di tante regolari zone.
Questo edifizio è certamente un Laconico, lo che non si potea con certezza affermare sino all’anno 1779., restandone allora la maggior parte sepolta, ed impiegati i siti adjacenti in varj Oratorj per uso di diverse Congregazioni di devote secolari Persone: ma per Regale volontà sloggiate queste, e sgombrata la terra, porgeranno il piacere al Viaggiatore di osservare il luogo della fornace; il passaggio per andarvi a farne uso; porzione del sotterraneo, che ricevea il calore del fuoco, e come questo da per tutto si comunicava. Quindi passando gradatamente sotto il pavimento delle stanze collaterali, troverà un sito provvisto di tali circostanze, che gli fanno credere un luogo comune, il tutto in buono stato, e conservazione.
Ecco insensibilmente ridotto il Viaggiatore dalle parti più eminenti della Città alla parte più bassa, e marittima. Trovandosi nel piano della Cattedrale ammirerà il nobile marmoreo prospetto, adornato di molte colonne di granito, che un giorno adornarono l’antico Teatro, da cui furono estratte dal Conte Ruggieri insieme colla maggior parte de’ marmi, che decoravano la nobilissima Scena. Simili ornamenti adornarono questo Tempio sino all’anno 1693., e di essi fa menzione il Grossi, e ’l Carrera come di cose cadute sotto i suoi sguardi; ma, successa la fatale disgrazia del gran terremoto, nel rifarsi in maniera più bella la Chiesa, furono tolti quei pregevoli avanzi di antichità, ed impiegati i marmi ad altro uso. Giorgio Gualtieri, il quale scrisse prima del terremoto, dà notizia delle sottoposte Terme, quali esistono ancora in buona parte sotto il medesimo Tempio; vedendosi una gran porzione delle volte di esse non guaste ma adorne tuttavia di interi pezzi di ben disegnati stucchi, che le adornavano. Giustamente il Sig. Barone Reitesel nella descrizione del suo viaggio della Sicilia entra nel dubbio, se questo edificio fosse veramente le Terme, benchè tale stimato da tutti gli Autori, che di esso scrissero; perciocchè troppo grande edificio gli sembrò per un bagno privato, e troppo piccolo per un bagno pubblico. Se egli mi avesse fatto di presenza tale difficoltà, gli sarebbe stata subito sciolta, coll’assicurarlo, che questa fabbrica, che mi è riuscito scoprire, altro non è, che una porzione di quello, che fu; giacchè gran parte restò occupata dalla estensione della gran Chiesa, come mi riuscì vedere, nell’ingrandirsi la Sepoltura de’ Canonici Secondarj, che trovai essere nella volta corrispondente al corridore, donde oggi si entra. Ed una porzione dell’esterno si osserva entro il Seminario, attaccata alla Chiesa: altre due volte sono sotto le botteghe del medesimo, corrispondenti nel piano: il piano stesso è pieno di materie del medesimo edificio, che verso Tramontana si stendeva sotto il Senatorio Palazzo, ove nel farsi le fondamenta fu scoperta non picciola porzione della Stufa ad essa appartenente. Onde da tutte queste adiacenze ben si conosce, che l’edifizio è grandissimo, e che proporzionato era alla rispettabile popolazione di una sì ampia Città. Volendo adunque il Viaggiatore godere della vista di quel, che ne resta, potrà essere introdotto in questo sotterraneo, che lo troverà ben conservato, e pulitamente tenuto.
Non molto lontano da questo sito nella casa del Dottor D. Giovanni Gagliano si scende in due stanze, divenute sotterranee per l’innalzato terreno. Entrambe sono a volta. La prima è circondata d’un sedile, che mostra essere stata un bagno: e la seconda è divisa da questa con un grand’arco, che forse serviva per comodo della prima; nella quale esiste abbondantemente l’acqua, che si alza quasi sino all’orlo del sedile; e che rotta la volta superiore, dona l’uso di un comodo pozzo.
Tralascio tante antichità, che si sono di mano in mano scoperte, e di nuovo per necessità riseppellite; notando solamente quelle, che potrà il Viaggiatore mirare. Perciò si conduca ad osservare la Chiesa internata nel palazzo del Sign. D. Vincenzo Bonajuto; e troverà essere stato un grande e magnifico Sepolcro. Robustissima è la sua fabbrica, formata tutta di riquadrate pietre Etnee. Un pezzo del suo esteriore si scopriva non molti anni sono, che mostrava esser la fabbrica Ottagona; ma oggi resta totalmente coperto dalla nuova fabbrica. Dalla parte pr...
