La bottega dell'antiquario
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La bottega dell'antiquario

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La bottega dell'antiquario

About this book

Il romanzo venne pubblicato nel 1840 sul settimanale Master Humphrey's Clock (in italiano L'orologio di mastro Humphrey), fondato da Dickens nello stesso anno. Il settimanale non ebbe molto successo e venne percio edito soltanto fino al 1842, ma il libro riscosse e riscuote tuttora il favore del pubblico.

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Information

Parte 1

I.

È mio costume, vecchio qual sono, d'andare a passeggio quasi sempre di notte. L'estate, spesso, me n'esco di casa la mattina presto, e giro per i campi e i viottoli tutta la giornata, o anche me ne sto lontano per giorni o settimane di fila; ma, tranne che in campagna, di rado esco se non al buio, sebbene, e ne sia ringraziato il Cielo, io ami la luce del giorno e senta, al pari d'ogni creatura vivente, la gioia ch'essa riversa sul mondo.
Ho contratto quest'abitudine senza accorgermene, sia perchè seconda la mia infermità, sia perchè m'offre la più favorevole occasione di meditare sul carattere e la occupazione di quanti affollano le vie. Il barbaglio e il trambusto del pieno meriggio non s'adattano alle mie oziose fantasticherie; un'occhiata ai visi che passano, côlta al riflesso d'un fanale o d'una mostra di bottega, spesso vale per il mio proposito, più della loro intera rivelazione alla luce del giorno; e, sotto questo rispetto, la notte, a dire il vero, è più riguardosa del giorno, il quale, non di rado, senza la minima cerimonia o il minimo rimorso, distrugge un bel castello in aria nell'atto stesso che si riesce a coronarlo.
È una meraviglia come gli abitanti d'anguste viuzze resistano a quel continuo passaggio da una parte e dall'altra, a quella perpetua irrequietezza, a quell'incessante esercitazione di piedi che consuma e fa lisci e lucenti i ciottoli più scabri. Si pensi un po' in un luogo come Saint-Martin's Court, a un malato che ascolti quello scalpiccìo e sia obbligato, in mezzo a tutti i suoi dolori e a tutte le sue tribolazioni, a distinguere (come per un compito assegnatogli), il passo del fanciullo da quello dell'uomo, la ciabatta del mendicante dallo stivaletto d'uno zerbinotto, l'ozioso dall'affaccendato, l'andatura dinoccolata d'un disgraziato senza tetto dal rapido movimento d'uno speranzoso cacciatore di piaceri — si pensi un po' al brusìo e allo strepito sempre presenti ai suoi sensi, e al torrente di vita che non si arresta mai e che continua a riversarsi, a riversarsi, a riversarsi, attraverso a tutti i suoi sogni irrequieti, come se egli fosse condannato a giacere, morto ma consapevole, in un cimitero rombante, e non avesse alcuna speranza di riposo per tutti i secoli avvenire!
Poi le folle che passano e ripassano in continuazione sui ponti (su quelli, almeno, che sono esenti da pedaggio), dove molti si fermano nelle belle serate a fissar indolentemente l'acqua, con qualche vago pensiero, non mai formulato prima, che essa scorre fra due verdi sponde che si vanno sempre più allargando finchè non si congiungono con l'ampio, vastissimo mare — dove alcuni si fermano a riposare da gravi fardelli, e pensano, guardando oltre il parapetto, che fumare e passare in ozio la vita, e dormire sdraiati al sole su un impermeabile caldo, in una lenta e pigra barca, dev'essere una vera beatitudine — e dove alcuni, di una classe assolutamente diversa, sostano con fardelli ancora più gravi, ricordando di aver udito o letto in qualche giorno lontano che morire annegati non è penoso, ma il migliore e più agevole fra tutti i mezzi per sottrarsi agli affanni del mondo.
E poi si pensi anche al mercato di Covent Garden la mattina presto, in primavera o in estate, quando è nell'aria la dolce fragranza dei fiori, che vince persino le insane esalazioni delle baldorie notturne e rende quasi folle di gioia il triste cardellino, la cui gabbia è rimasta sospesa tutta la notte fuori la finestra d'una soffitta! Povero uccellino! Il solo oggetto lì intorno assolutamente simile agli altri piccoli pennuti, dei quali alcuni, ritraendosi dalle calde dita di compratori ancor ebbri, giacciono a testa china sul viale, mentre altri, sofferenti nell'angusto spazio in cui sono ammucchiati, aspettano l'ora di essere abbeverati e rinfrescati per riuscir graditi ad avventori più sobrii e far domandare a qualche vecchio commesso che li vede recandosi alle sue faccende quotidiane, che cosa mai gli abbia ridestato in cuore le liete visioni della campagna.
Ma io non ho lo scopo di diffondermi sulle mie passeggiate. La storia che mi accingo a raccontare ebbe origine in una di queste escursioni; e sono stato indotto a parlarne per via d'introduzione.
Una sera avevo gironzato per la città e camminavo lentamente secondo il solito, meditando su molte cose, quando fui arrestato da una domanda, che non compresi ma che pareva rivolta a me ed era pronunciata da una tenera e dolce voce che mi sonò piacevolmente all'orecchio. Mi voltai in fretta, e mi trovai al fianco una oziosa fanciulla, la quale mi pregò di dirle per dove s'andava in una certa via a una notevole distanza, e in una contrada della città assolutamente lontana.
— Bambina mia, è lontanissimo da qui — dissi.
— Lo so signore — ella mi rispose timidamente; — purtroppo è molto lontano. Son venuta di là, stasera.
— Sola? — dissi, con qualche sorpresa.
— Ah, sì, che importa! Ma io ho un po' paura ora, perchè mi sono smarrita.
— E che cosa ti fa rivolgere a me? E se io ti dessi una direzione falsa?
— Son certa che non lo farete — disse la piccina — siete tanto vecchio, e camminate così piano.
Non so descrivere l'impressione prodottami da queste parole, e l'energia con cui furono dette, che fece spuntare una lagrima nel limpido occhio della fanciulla, e tremare l'esile personcina, mentr'ella mi guardava in viso.
— Vieni — dissi — ti condurrò io.
Ella mise la mano nella mia, con la stessa fiducia che se m'avesse conosciuto dalla culla, e ci mettemmo a trotterellare insieme, la piccina accordando il suo passo col mio, e piuttosto con l'aria di condur lei me e di vegliar su di me, che io di stare a protegger lei. Osservai che di quando in quando mi guardava furtivamente in viso, come per assicurarsi che io proprio non la ingannavo, e che quelle occhiate (le quali erano molto vive e acute) sembravano tutte le volte accrescere la sua fiducia.
Dal canto mio, la curiosità e l'interessamento erano, almeno, eguali a quelli della bambina; perchè bambina ella era di certo, benchè credessi probabile, a quanto potevo giudicare, che la piccolezza e la delicatezza della persona dessero al suo aspetto un'aria infantile particolare. Benchè vestita meno pesantemente di quanto sarebbe stato necessario, quel che aveva indosso era assolutamente lindo e senza alcuna traccia di povertà o negligenza.
— Chi ti ha mandata sola così lontano? — dissi.
— Uno che mi vuol molto bene, signore.
— E che cosa sei andata a fare?
— Questo, non lo debbo dire — disse la fanciulla.
V'era qualcosa nel tono della risposta che mi fece guardare la piccina con un'involontaria espressione di sorpresa; perchè mi domandai, quale sorta mai di commissione potesse esser quella che la teneva preparata a sostenere un interrogatorio. I suoi vivi occhi sembrava mi leggessero in fondo all'anima. Come s'incontrarono nei miei, ella aggiunse che non v'era alcun male in ciò che era andata a fare, ma che si trattava d'un gran segreto — un segreto che neppur lei sapeva.
Questo fu detto senza alcuna apparenza di astuzia o d'inganno, ma con una limpida schiettezza che portava l'impronta della verità. Ella continuò a camminare come prima, facendosi più familiare con me mentre si andava, e parlando lietamente per via; ma non disse più nulla di casa sua; notò soltanto che eravamo entrati in una strada nuova, e domandò se fosse breve.
Mentre eravamo così occupati, tentai fra me e me un centinaio di spiegazioni dell'enigma, e le respinsi tutte. In realtà mi vergognavo, rifuggivo, per lo scopo di appagare la mia curiosità, dall'approfittare del candore e del sentimento di gratitudine della fanciulla. Io voglio bene ai piccini; e non è poco se questi teneri germogli, usciti così freschi dalle mani di Dio, ci vogliono bene. Siccome m'ero compiaciuto, in principio, della fiducia della fanciulla, risolsi di meritarmela e render giustizia alla sua natura che l'aveva persuasa a fidarsi di me.
Non v'era alcuna ragione, però, di trattenermi dal veder la persona che l'aveva con tanta inconsideratezza spedita di notte e sola a tanta distanza; e siccome non era improbabile che trovandosi vicino a casa ella potesse dirmi addio e privarmi di questa occasione, evitai le vie più frequentate e seguii le più oscure e solitarie. Così non fu che quando ci trovammo, quasi nel punto che cercavamo, ch'ella s'accôrse dov'era. Battendo le mani dalla gioia, e correndo dinanzi di alcuni passi la mia piccola conoscente si fermò di faccia a un uscio; e aspettando ferma sulla soglia, picchiò soltanto quand io l'ebbi raggiunta.
Una parte di quell'uscio era di semplice vetro; ma sulle prime non me n'ero accorto, perchè al di dentro era tutto buio e silenzio, ed io attendevo ansioso (come anche la fanciulla) la risposta ai suoi appelli. Dopo che ella ebbe picchiato due o tre volte vi fu come un rumore di persona che si movesse all'interno, e infine un fioco barlume apparve a traverso il vetro, il quale, giacchè la persona si avvicinava con gran lentezza — dovendo aprirsi la via fra un gran numero di oggetti sparsi all'intorno — mi mise in grado di vedere e che sorta di persona fosse quella che veniva verso di noi, e che sorta di luogo quello attraversato dalla persona.
Si trattava d'un vecchietto con la lunga chioma grigia, del quale potei chiaramente vedere il viso e tutto il corpo, mentr'egli, venendo innanzi, teneva levata sul capo una candela e moveva cauto il passo. Nelle sue forme magre e sparute, immaginai di poter riconoscere, benchè assai alterata dall'età, la stessa impronta delicata che avevo osservato nella fanciulla. Gli occhi azzurri del vecchietto e quelli della fanciulla si rassomigliavano molto, ma la faccia di lui era così profondamente solcata di rughe e così grave di pensieri, che ogni rassomiglianza si fermava lì.
Il luogo a traverso il quale egli procedeva pian piano, era uno di quei ricettacoli di vecchi oggetti curiosi che sembrano si annidino nei vecchi angoli di questa città, nascondendo agli occhi del pubblico con gelosia e diffidenza i loro tesori. Vi erano, ritte, qua e là, armature di ferro che parevan quasi spettri corazzati; intagli fantastici, tolti da monasteri, armi rugginose di varie specie, figure contorte di porcellana, di legno, di ferro, di avorio; tappeti, arazzi e strani arredi che potevano essere stati disegnati in sogno. Il viso dalle orbite cave del vecchietto era in sorprendente accordo col luogo: egli poteva essere andato vagando a tentoni fra le chiese, le tombe e nelle case abbandonate per raccoglier con le sue stesse mani tutte quelle spoglie. Non v'era in quella collezione nulla che non fosse in armonia con lui; nulla che sembrasse più vecchio e logoro di lui.
Dopo che ebbe girato la chiave nella toppa, egli mi squadrò con un certo stupore, che non diminuì quando guardò da me alla mia compagna. Appena aperto l'uscio, la fanciulla si volse al nonno, e gli narrò il caso della nostra compagnia.
— Iddio ti benedica, figlia mia! — disse il vecchio, carezzandole la testa. — Come hai potuto smarrirti? E se ti avessi perduta, Nella!
— Ma ti avrei pure trovato, nonno! — disse baldanzosamente la fanciulla. — Non aver paura.
Il vecchio la baciò; poi si volse a me e mi pregò di entrare. L'uscio fu chiuso e serrato. Precedendomi con la candela, egli mi condusse a traverso la stanza ch'io aveva già veduta dal di fuori, in un piccolo salotto attiguo, nel quale vi era un altro uscio che si apriva in una specie di gabinetto, dove vidi un lettino nel quale avrebbe potuto dormire una fata: tanto era piccino e così leggiadramente disposto. La fanciulla prese una candela e scomparve agile e leggera nella cameretta, lasciandomi solo col vecchio.
— Voi certo siete stanco, signore — egli disse, avvicinando una sedia accanto al focolare. — Come posso ringraziarvi?
— Con l'avere un'altra volta più cura di vostra nipote, mio buon amico — risposi.
— Più cura! — disse il vecchio con voce stridula. — Più cura di Nellina? Chi ha mai voluto bene a una bambina più di quanto io ne voglia a Nella?
Mi disse questo con tono così evidente di sorpresa, che io non seppi che risposta dargli; tanto più perchè gli scôrsi in viso, accoppiati con qualche debolezza e incongruenza di modi, dei segni di pensiero profondo e ansioso che mi convinsero ch'egli non poteva essere, come sulle prime ero stato indotto a credere, in uno stato di rimbambimento.
— Io non credo che voi consideriate… — incominciai.
— Io non considero! — esclamò il vecchio interrompendomi. — Io non considero Nella! Oh! come siete lontano dal vero! La piccola Nellina, la piccola Nellina!
Sarebbe stato impossibile a chiunque — non parlo di quella forma di espressione — esprimere più affetto di quel che l'antiquario facesse con quelle quattro parole. Aspettai che parlasse di nuovo, ma egli poggiò il mento alla mano, e scotendo il capo due o tre volte, fissò gli occhi al fuoco.
Mentre eravamo seduti così, in silenzio, l'uscio della cameretta si aperse, e la fanciulla riapparve: aveva la chioma castanea sciolta intorno al collo e il viso arrossato dall'ansia di raggiungerci. Immediatamente si diede d'attorno a preparar da cena, e nell'atto ch'era così affaccendata, notai che il vecchio s'era messo ad osservarmi più minutamente di quanto avesse fatto fino allora. Fui sorpreso nel vedere che, nel frattempo, la fanciulla s'occupava di tutto e che in casa non c'era nessun altro. Colsi l'occasione d'un momento in cui la fanciulla s'era allontanata per arrischiare qualche parola su questa circostanza; ma il vecchio mi rispose che v'erano poche persone adulte più degne di fiducia e più accorte di lei.
— Mi addolora sempre — osservai, mosso da ciò che prendevo per suo egoismo — m'addolora sempre vedere i fanciulli iniziati alle durezze della vita, quando sono appena usciti dall'infanzia. Questo scompiglia la loro fiducia e la loro semplicità… due delle migliori qualità di cui li adorna il Cielo… e fa sì ch'essi partecipino alle nostre tristezze prima che siano capaci di godere dei nostri piaceri.
— Non scompiglierà mai le sue — disse il vecchio, guardandomi fisso — le sorgenti sono troppo profonde. D'altra parte, i figliuoli dei poveri conoscono pochi piaceri. Anche le più tenere gioie della fanciullezza si debbono comprare e pagare.
— Ma… scusatemi se ve lo dico… certo voi non siete così povero… — dissi.
— Essa non è mia figlia, signore — rispose il vecchio. — Sua madre era mia figlia, ed era povera. Io non risparmio nulla… neppure un centesimo… benchè io viva come voi vedete, ma… — mi mise una mano sul braccio e si sporse verso di me bisbigliando: — essa sarà ricca uno di questi giorni; e una grande signora. Non pensate male di me, perchè io mi servo di lei. Essa, come vedete, lavora allegramente, e non si darebbe pace se io tollerassi che qualcun altro facesse per me ciò che le sue manine son capaci di fare. Io non la considero! — esclamò, assumendo improvvisamente un tono querulo. — Ebbene, Iddio sa che questa bambina è l'unico pensiero, l'unico scopo della mia vita, e pure egli non mi favorisce… no, mai!
In quell'istante, il soggetto della nostra conversazione riapparve di nuovo, e il vecchio, accennandomi di avvicinarmi alla tavola, s'interruppe, e non disse più parola.
Avevamo appena cominciato a mangiare, che vi fu un colpo alla porta per la quale ero entrato, e Nella, scoppiando in una risata cordiale, che io fui lieto di udire, perchè era infantile e gioiosa, disse che certo era finalmente Kit di ritorno.
— Sciocchina di Nella! — disse il vecchio, carezzandole i capelli. — Ride sempre del povero Kit.
La fanciulla rise di nuovo e più cordialmente di prima, e io non potei non imitarla e ridere per pura simpatia. Il vecchietto prese una candela e andò ad aprire l'uscio. Quando ritornò, era seguito da Kit.
Kit era un ragazzo goffo e sgraziato con una selva foltissima di capelli, la bocca straordinariamente larga, le guance molto rosse, il naso all'insù e la più comica espressione ch'io m'avessi mai vista. Egli s'arrestò sulla porta vedendo un estraneo, e facendo girare in mano un vecchio cappello perfettamente rotondo senza traccia di falde, e sostenendosi ora su una gamba ora sull'altra, e cambiando in continuazione di puntello, rimase dove si trovava con l'occhiata più straordinaria che io m'avessi veduta. Da quel momento mi nacque un sentimento di simpatia per quel ragazzo, perchè sentii che nella vita della fanciulla egli rappresentava il senso del comico e dell'allegria.
— Un bel viaggio, no, Kit? — disse il vecchietto.
— Sì, poi, un bel pezzo di strada, padrone — rispose Kit.
— Hai trovato facilmente la casa?
— Sì, poi, non molto e troppo facilmente, padrone — disse Kit.
— S'intende che sei tornato con una gran fame!
— Sì, poi, credo che sia proprio così — rispose Kit.
Il ragazzo aveva uno strano modo di tenersi di lato, parlando, e di protender la testa su una spalla, come se non potesse usar la voce senza quel gesto. Io credo ch'egli avrebbe divertito chiunque e dovunque, ma il gran divertimento che la sua bizzarria dava alla fanciulla e la consolante idea che v'era qualcosa che la rallegrava in un luogo che sembrava si adattasse così poco a lei, erano assolutamente irresistibili. Era inoltre un gran fatto che lo stesso Kit fosse compiaciuto dell'impressione che faceva, e che dopo parecchi inutili tentativi di conservarsi grave, scoppiasse in un gran strepito, e si mettesse a ridere violentemente con la bocca spalancata e gli occhi socchiusi.
Il vecchio era ricaduto nella sua prima distrazione, non badando a ciò che si svolgeva dinanzi a sè; ma osservai che quando la risata della fanciulla cessò, le lucenti pupille di lei apparvero velate di lagrime, suscitate dalla profonda sincerità con cui ella dava il benvenuto al suo goffo favorito dopo la piccola ansietà della sera. Quanto a Kit (che rise in tal modo che per poco non gridò), egli non fece che portarsi in un angolo un bel pezzo di pane e di carne e un bicchiere di birra, preparandosi a spacciarli con la massima voracità.
— Oh! — disse il vecchio, volgendosi a me con un sospiro, come se gli avessi parlato in quel momento. — Voi non sapete ciò che vi dite, quando mi dite che non la considero.
— Non dovete dar tanta importanza a un'osservazione fondata sulle prime apparenze, caro amico — dissi.
— No — rispose il vecchio pensoso — no. Vieni qui Nella.
La fanciulla si levò sollecita dal suo posto, e gli mise un braccio intorno al collo.
— Ti voglio bene, Nella? — egli disse. — Di', ti voglio bene o no. Nella!
La fanciulla rispose soltanto con una carezza poggiando la testa sul petto del vecchio.
— Perchè sospiri? — disse il nonno, stringendola forte e dandomi un'occhiata. — Perchè sai che ti vo...

Table of contents

  1. Titolo
  2. Parte 1
  3. Parte 2
  4. Note a pie' di pagina