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Strumenti e tecniche del discorso

Edoardo A. D'Elia

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  1. 160 Seiten
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Strumenti e tecniche del discorso

Edoardo A. D'Elia

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Non esistono segreti per il discorso perfetto, per vincere tutti i dibattiti e per sedurre chiunque. Ma ci sono tecniche, con una storia millenaria, per scegliere bene di cosa parlare, per creare una salda struttura logico- argomentativa e per analizzare il contesto e l'interlocutore in modo da non farsi mai cogliere impreparati.• Come si prepara, si memorizza e si tiene un discorso?• Come si disinnesca l'ansia di parlare in pubblico?• Come si fa a convincere ed emozionare chi ci ascolta?• Che cosa dire durante un esame orale, una riunione o un colloquio di lavoro?• Quanto deve durare un messaggio vocale?Il volume risponde a queste domande e si rivolge a tutti coloro che, per esigenze di studio o professionali, hanno bisogno di parlare in maniera chiara, precisa ed efficace.Dopo aver illustrato i principi e le tecniche fondamentali della comunicazione orale, l'autore passa ad analizzare nel dettaglio un'ampia serie di casi concreti e alcune situazioni comunicative tipiche dell'era digitale.Completa l'opera una sezione di esercizi per consentire al lettore di far pratica in autonomia delle tecniche apprese.

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Information

Principi e tecniche
1 Studio e preparazione
L’unico premio Nobel per la letteratura mai conferito per meriti di brillante oratore, oltre che di grande scrittore, è andato a Sir Winston Churchill, il quale pare abbia detto, probabilmente col sigaro in bocca, che parlare significa essenzialmente tre cose: avere qualcosa da dire, dirla e poi smettere di parlare. La più importante, di gran lunga più importante delle altre, di cui ci occuperemo in questo capitolo, è la prima: avere qualcosa da dire.
Un bravo oratore non è uno che ha una bella voce, sa muovere le mani in modo espressivo, guarda sempre negli occhi il suo interlocutore e scandisce con solennità ogni singola parola. Un bravo oratore è chi ha qualcosa di interessante da dire – interessante per il suo interlocutore – e si impegna a limare tutti quei difetti che gli impediscono di dirla al meglio. Contano poco la voce profonda, la postura regale, la capacità mnemonica e il carisma. O meglio, contano, ma solo dopo che abbiamo la certezza di avere qualcosa di valido, adeguato e interessante da dire. Chi ha fatto un esame all’università sa che i problemi sorgono solo sugli argomenti che si conoscono poco; chi ha fatto un colloquio di lavoro sa che la difficoltà maggiore è rispondere a domande che ci spiazzano; chi ha parlato da un palco sa che la vera paura è che l’uditorio ne sappia più di noi. Si tratta, in ogni caso, di preparazione: più siamo preparati, meno problemi avremo; più cose sappiamo, meno spazio lasceremo all’imprevisto.
Ma come si fa ad aumentare la propria conoscenza fino al punto di diventare invincibili? Non si può. Nella storia c’è chi ha provato ad afferrare tutto lo scibile, ma non sapremo mai se ci è davvero riuscito. Più umilmente, bisogna fare come ci hanno sempre detto a scuola, non c’è altra via. Bisogna studiare e leggere, dedicarsi con costanza e passione allo studio e all’approfondimento. Misurarsi con i classici, per mantenere dei saldi punti di riferimento, e conoscere l’attualità e lo spirito del proprio tempo, affinché i temi e gli argomenti del nostro discorso siano validi, adeguati e interessanti. Studiare e aggiornarsi all’infinito. Esercitarsi e fare esperienza. Insomma, lavorare a un lento e costante miglioramento della propria cultura e della propria sensibilità. Lo studio è questo, che sia scolastico, accademico o professionale.
In attesa di diventare invincibili, concentriamoci sul nostro scopo specifico, ovvero preparare al meglio un discorso.
Innanzitutto, occorre sintonizzarsi con lo spirito del proprio tempo. Per sapere quale tipo di discorso funziona più di un altro, quali temi e quali argomenti sono tenuti in maggior considerazione e quali modalità comunicative sono considerate più efficaci, occorre avere un’idea chiara di cosa succede nel mondo e di cosa va, per così dire, di moda.
Le fonti che abbiamo a disposizione per prepararci e fare esercizio sono innumerevoli: possono servirci per analizzare la struttura e il funzionamento di vari tipi di discorsi o, piÚ semplicemente, per esporci a discorsi ben fatti per prendere ispirazione da esempi eccellenti. Quando parliamo a ruota libera, anche se ci sembra di improvvisare, applichiamo inconsapevolmente schemi che abbiamo appreso dagli ambienti che frequentiamo (scuola, famiglia, amici ecc.). Ci sembra pura spontaneità quando in realtà è solo abitudine. Se cominciamo a frequentare discorsi migliori, col tempo ci abitueremo a parlare meglio.
Vediamo alcune fonti di testi e di discorsi da studiare:
Su YouTube si possono trovare contenuti di altissimo livello: interviste, lezioni, monologhi e altre cose che probabilmente stanno caricando in questo momento… Sono risorse preziosissime da analizzare e da prendere come modelli. Inoltre, YouTube dà la possibilità di guardare e riguardare lo stesso video all’infinito, fermarsi, ripartire, analizzare ogni singolo passaggio, e questo è molto utile per imparare.
Su Netflix ci sono molte registrazioni di spettacoli dal vivo e documentari che mostrano i retroscena di dibattiti e discorsi politici. Vale qui lo stesso che per YouTube, con l’aggiunta che su Netflix ci sono spettacoli più elaborati e sofisticati (monologhi teatrali, spettacoli di stand-up comedy)2 di cui si possono analizzare le parti nel dettaglio per farne emergere le regole di composizione.
Vedere spettacoli o presentazioni dal vivo è molto proficuo, perché si supera la mediazione dello schermo e della differita e si riesce a percepire l’effetto di un discorso con tutti e cinque i sensi. Lo svantaggio è che qualsiasi discorso, spettacolo o presentazione, se ascoltato solo una volta, lascia poco spazio all’analisi e molto all’effetto. Il vantaggio è proprio che si può studiare l’effetto che fa, analizzando le reazioni della platea.
Analizzare testi argomentativi, discorsi scritti o veri e propri esercizi retorici è fondamentale per imparare le tecniche di costruzione di un discorso.
Studiare i testi classici dell’oratoria e della retorica è un ulteriore passo avanti. Le opere di Cicerone, di Aristotele e di Quintiliano, per quanto possano suonare obsolete, descrivono in maniera molto chiara le tecniche del discorso. Tipicamente sono oggetto di studi specialistici, ma se presi per quello che volevano essere in origine, ovvero semplici manuali, sono utili e di pronto utilizzo. Per chi avesse qualche allergia ai libri scritti troppo tempo fa, ricordiamo che, quando gli chiedevano quale fosse il segreto della sua scrittura, Vince Gilligan, creatore della serie culto Breaking Bad (2008-2013), rispondeva che si era limitato a fare quello che diceva Aristotele.3 Questi libri, per quanto antichi, rimangono insuperati.
In generale, per avere qualcosa da dire e dirla in modo interessante bisogna esporsi il piÚ possibile alla conoscenza, analizzare ciò che ci circonda con molta attenzione ed esercitarsi con costanza. È un lavoro che richiede impegno e, purtroppo, dobbiamo dimenticarci le scorciatoie e gli stratagemmi che promettono di portarci al successo in pochi passi. Però, possiamo stabilire tre criteri che ci facciano da guida mentre lavoriamo sul contenuto del nostro discorso: vastità, densità e adeguatezza.
A proposito della vastità abbiamo già detto che più cose si sanno meno spazio si lascia all’imprevisto. Ora aggiungiamo che, quando si tratta di parlare, la vastità è utile quanto l’approfondimento, se non di più. Se ci pensiamo, una persona che conosce in maniera perfetta una sola cosa, di solito non risulta granché interessante. Anzi, normalmente può comunicarla solo a chi la conosce altrettanto bene. Persino durante gli esami universitari, in cui si presuppone che l’obiettivo sia conoscere perfettamente il programma d’esame, è premiata la capacità di collegamento tra gli argomenti e di contestualizzazione storica e tematica delle nozioni. Inoltre, sapere molto è anche il miglior modo per dire la cosa più adeguata. Prendiamo l’esempio della precisione del lessico: se io conosco centomila vocaboli e ho dimestichezza con tutti i registri (alto, formale, colloquiale, familiare ecc.), non significa che parlerò sempre in modo astruso, ma che potrò scegliere le parole più precise da usare a seconda del bisogno. Se invece conosco poche centinaia di parole, mi troverò costretto a usare sempre le stesse e sarò inevitabilmente condannato a esprimermi in maniera approssimativa. Dunque:
Dire la cosa piĂš interessante
è un esercizio di selezione:
se ho poco tra cui scegliere
finirò per dire sempre la stessa cosa.
Per essere interessanti occorre, inoltre, mantenere alta la densità semantica del nostro discorso: densità di informazioni e di significato. Questo vuol dire, in buona sostanza, che è bene non usare dieci parole quando ne bastano quattro. Ogni parola che diciamo dovrebbe avere una funzione precisa e necessaria al fine di trasmettere il significato che abbiamo in mente, in modo che il nostro discorso risulti facilmente comprensibile, ma non ripetitivo; ricco ma non criptico. Naturalmente, aumentare la densità semantica non significa, e non deve significare, rendere il discorso complicato, involuto o autoreferenziale. Si può esprimere anche il significato piÚ preciso, profondo e raffinato in maniera chiara e lineare.
Bisogna essere esaustivi e sintetici:
non usare una parola in piĂš, nĂŠ una in meno,
di quelle strettamente necessarie
per dire quello che vogliamo dire.
Rimane da capire cosa si intende con adeguatezza. Un discorso adeguato è un discorso che presta la massima attenzione agli interessi, ai limiti e alle possibilità di chi ascolta. Dato che non esiste un discorso interessante in senso assoluto, è necessario scegliere gli argomenti e selezionare le informazioni tenendo conto fin dal principio di chi sarà il nostro interlocutore. Perché un discorso che è interessante per me, non per forza è interessante per gli altri, ed è sempre compito di chi parla preoccuparsi di chi ascolta. Parlare significa comunicare con qualcun altro e riuscire a trasmettergli un messaggio, perciò quando siamo noi a parlare è compito nostro adeguare il nostro discorso all’interlocutore.4
Il messaggio deve essere adeguato all’interlocutore
e alla situazione comunicativa (contesto),
nella sostanza prima ancora che nella forma.
Ora che conosciamo i tre criteri guida per avere qualcosa di interessante da dire, passiamo alla progettazione del discorso. Per prima cosa dobbiamo rispondere con la piĂš chirurgica precisione a queste due domande:
1. Qual è l’obiettivo del discorso?
2. Qual è l’effetto comunicativo che voglio ottenere?
A prima vista, obiettivo ed effetto comunicativo possono sembrare molto simili, ma proprio nella loro differenza sta la buona riuscita di un discorso. Prendiamo due esempi classici: l’esame universitario e il colloquio di lavoro. Qual è l’obiettivo di un esame? Prendere il massimo dei voti. Qual è l’effetto comunicativo che vogliamo ottenere? Convincere il professore che conosciamo perfettamente il programma d’esame. Lo stesso vale per il colloquio: l’obiettivo è farsi assumere; l’effetto comunicativo desiderato è persuadere il nostro interlocutore che noi siamo la persona giusta per quel lavoro.
L’ambiguità che spesso si crea tra obiettivo ed effetto comunicativo è dovuta al fatto che a volte sembrano davvero coincidere. Pensiamo, per esempio, a quando l’obiettivo di un discorso è proprio fare bella figura… Ecco, se ci pensiamo meglio, scopriamo che questo non accade mai davvero. L’effetto comunicativo è sempre il mezzo con cui si raggiunge un obiettivo diverso. Vediamo alcuni possibili effetti comunicativi degli scenari più comuni:
• Presentazione accademica. Effetto comunicativo: argomentare la propria tesi. Obiettivo: prendere un voto alto, farsi pubblicare, trovare fondi di ricerca ecc.
• Presentazione professionale. Effetto: condividere il proprio lavoro. Obiettivo: mantenere o migliorare la propria posizione, vendere un prodotto, aggiornare i colleghi ecc.
• Pitch. Effetto: persuasione. Obiettivo: vendere.
• Conversazione dopo cena. Effetto: persuadere, convincere, descrivere, sedurre.. a seconda dell’umore. Obiettivo: rilassarsi, conquistare, vendere, raggirare ecc.
• Discorso politico. Effetto: persuasione. Obiettivo: il bene comune (raramente), l’elezione (quasi sempre).
• Spettacolo comico. Effetto: far ridere. Obiettivo: vendere i biglietti.
E così via per ogni altro scenario che vi viene in mente. L’obiettivo va stabilito con estrema precisione e deve essere tenuto presente lungo tutto il processo di preparazione. Se non so qual è l’obiettivo non avrò una linea guida per scegliere cosa dire e come dirlo. Se non so qual è l’obiettivo, non saprò mai se il discorso sarà stato o meno efficace. Se non so qual è l’obiettivo, farò una fatica immensa e inutile.
Stabilire con attenzione l’obiettivo del discorso
e lavorare per raggiun...

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