Geneticamente modificati
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Geneticamente modificati

Viaggio nel mondo delle biotecnologie

Stefano Bertacchi

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Geneticamente modificati

Viaggio nel mondo delle biotecnologie

Stefano Bertacchi

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Lieviti che producono vaccini, batteri che fanno muovere automobili e latte di capra contenente farmaci. Non sono frutto della fantasia, ma delle biotecnologie, che si ispirano alla straordinaria biodiversitĂ  che ci circonda: le cellule sono in grado di cambiare con mutazioni, ricombinazioni e trasferimenti genici, che l'uomo ha saputo domare selezionando. Il libro descrive le strategie con cui le cellule si diversificano a livello genico, le tecniche di modificazione genetica e le applicazioni delle biotecnologie industriali. L'alone di mistero intorno agli OGM si dissolve una volta comprese la loro natura, che va dagli animali ai microrganismi, e le regolamentazioni in merito. Le biotecnologie sono ormai intorno a noi, dagli scaffali dei supermercati ai cartoni animati, passando per i social network e dai jeans che state indossando: scoprirle in questo libro permette di comprendere parte della realtĂ  in cui viviamo.

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Information

Verlag
Hoepli
Jahr
2017
ISBN
9788820380106
Capitolo 1
LE BASI DELLA VITA
Questione di chimica
Sembrerà strano iniziare un libro che parla di “bio-qualcosa” con la chimica, ma che ci piaccia o meno tutto ciò che ci circonda è fatto da sostanze chimiche, anche (rullo di tamburi) quello che mangiamo, e persino noi stessi.
Fra tutti gli elementi della tavola periodica, ovvero fra tutti i tipi di atomi esistenti nell’Universo, quattro fanno da padrone quando parliamo di biologia e di esseri viventi. Il capitano di questo team è sicuramente il carbonio, che può annoverare una branca a esso dedicata: la chimica organica, infatti, si occupa delle molecole derivanti dal carbonio, che sono coinvolte nella stragrande maggioranza delle reazioni biologiche. Ciò che permette al carbonio di essere alla base di tutte le forme di vita a noi conosciute finora è la sua versatilità, in quanto è in grado di formare diverse tipologie di legame anche con più atomi in contemporanea. Il computer da cui vi sto scrivendo è collegato a un adattatore elettrico, il quale, attaccato alla presa della corrente, permette di caricare direttamente fino a tre dispositivi (nel mio caso, il cellulare e una lampada, oltre al pc). L’atomo di carbonio è molto simile a questo adattatore, poiché è in grado di legare simultaneamente fino a quattro altri elementi, creando tantissime combinazioni diverse e fornendo l’impalcatura (chiamata scheletro carbonioso) per la costruzione delle più disparate molecole organiche.
I tre elementi che più spesso legano il carbonio, oltre al carbonio stesso, sono l’idrogeno, l’ossigeno e l’azoto: per le loro caratteristiche e per la peculiarità del loro legame con il carbonio forniscono alle molecole organiche proprietà uniche. Insieme a questi elementi particolarmente diffusi negli esseri viventi, altri atomi sono decisivi per la sopravvivenza cellulare, come il fosforo, coinvolto nella gestione della preziosa energia ottenuta dai nutrienti, e lo zolfo, protagonista della formazione di straordinarie architetture proteiche.
Nonostante la quasi irrisoria percentuale nel vivente, elementi metallici come sodio, potassio, ferro e rame sono necessari per moltissimi processi biologici. Tutti questi atomi sono quindi parte di una grande orchestra, in cui alcuni strumenti fanno costantemente parte della melodia, mentre la sporadica apparizione di altri è decisiva per il raggiungimento del risultato finale. Il direttore deve quindi essere bravo a gestire al meglio il talento dei propri artisti, come fa la cellula al proprio interno. Tuttavia, anche solo una nota sbagliata può cambiare tutto, causando un errore fatale o l’opportunità di creare una nuova sinfonia.
Cellula ergo sum
Una delle prime informazioni che vengono date agli studenti che si affacciano alla biologia è che tutti gli esseri viventi sono formati da singole unità chiamate cellule. Esse contengono al loro interno tutto ciò che serve loro per crescere, sopravvivere nell’ambiente in cui si trovano, riprodursi e persino morire. Gli esseri unicellulari sono costituiti, come suggerisce il nome, da una singola cellula, mentre i pluricellulari possiedono diverse unità cellulari, spesso diversificate in molteplici ruoli specifici. Nel caso degli animali, per esempio, alcune cellule sono deputate alla produzione di anticorpi, altre alla digestione, altre alla memoria, e così via. Le cellule sono molto più complesse di quanto si possa immaginare e per questo motivo tantissimi scienziati hanno dedicato la loro vita a studiarle.
Come nel Medioevo venivano elevate grandi mura di cinta per proteggere le città e il castello, sedi del potere centrale, le cellule possiedono una membrana, chiamata plasmatica, che permette loro di difendersi dagli attacchi esterni, oltre a definire nettamente ciò che si trova dentro da ciò che si trova fuori la cellula stessa. La città, però, ha bisogno di mangiare: ecco che nelle mura vengono aperti varchi, come i ponti levatoi, che permettono l’ingresso di cibo, oltre all’uscita di esploratori, messaggeri o materiale indesiderato. La cellula si comporta esattamente nello stesso modo, perché la membrana plasmatica permette il passaggio di molte sostanze, per esempio fonti di nutrimento, e l’uscita di particolari molecole per sondare l’ambiente circostante o comunicare con altre cellule, oltre all’eliminazione di sostanze tossiche. In alcuni casi, a questa difesa se ne aggiunge un’altra più esterna, costituita da una parete zuccherina e/o da un’ulteriore membrana, come se fossero un fossato o una schiera di soldati con lo scudo pronta all’azione. All’interno della cellula pulsa insomma una vera e propria città, i cui abitanti sono molecole con diverse forme e scopi, che portano a termine le reazioni chimiche, o meglio biochimiche, necessarie alle funzioni biologiche della cellula stessa.
A seconda dell’organizzazione interna, possiamo identificare due tipologie di cellule, che a loro volta caratterizzano i due principali gruppi di esseri viventi, ovvero gli eucarioti e i procarioti. Negli eucarioti la cellula è organizzata in modo tale da possedere alcuni compartimenti, chiamati organelli, a loro volta circondati da una o più membrane. Al loro interno si trovano specifiche molecole o avvengono particolari reazioni, spesso favorite dall’ambiente che si crea all’interno di quelle che possiamo immaginare come vere e proprie stanze. Fra queste, il nucleo contiene il DNA e le proteine connesse, il mitocondrio fornisce l’energia necessaria alla cellula tramite particolari vie metaboliche, mentre il lisosoma è deputato alla degradazione di molecole. L’apparato di Golgi, invece, ha lo scopo di smistare le proteine nei diversi organelli, come una sorta di stazione centrale con veri e propri binari, chiamati microtubuli, che portano il prezioso carico a destinazione in maniera puntale e precisa. Il tutto si svolge all’interno del citosol, soluzione acquosa che avvolge gli organelli e contiene, oltre a loro, moltissime molecole libere che concorrono alle più diverse reazioni, tutte rientranti nel concetto di metabolismo cellulare. Nonostante siano privi di organelli, i procarioti, che comprendono i batteri, possiedono una flessibilità tale da aver permesso loro di colonizzare qualunque angolo del nostro pianeta, anche i più impensabili. Tutti i procarioti sono unicellulari, ma spesso sono in grado di coalizzarsi e di collaborare anche con batteri molto diversi fra loro, al fine di sopravvivere al meglio nell’ambiente in cui si trovano.
Desossiriboqualcosa
Lo dico subito: acido desossiribonucleico. Questo è il lungo nome che si cela dietro al piÚ noto acronimo DNA. Quando lo imparai da piccolo, si scatenò in me una grande esaltazione, ma prima di comprendere a pieno la sua importanza ho dovuto aspettare del tempo.
Durante una delle mie esperienze divulgative con i bambini, a seguito di una mia domanda uno di loro rispose che il DNA è “quella cosa che serve alla polizia per trovare il colpevole”. Rimasi molto sorpreso e anche divertito dall’osservazione, e pensai che i loro genitori fossero evidentemente appassionati di serie tv poliziesche. Questa risposta non è affatto errata, anzi evidenzia una caratteristica fondamentale del DNA, ovvero la sua capacità di contenere dati, come il nome dell’assassino di turno. Ovviamente, il DNA non è una palla di cristallo in cui leggere direttamente ciò che vogliamo sapere, ma è una molecola che è necessario studiare e analizzare con attenzione.
In termini scientifici il DNA è definito come polimero informazionale, il cui ruolo fondamentale nella cellula è sottolineato dal suo posizionamento negli eucarioti.
Se la cellula è la città fortificata, il nucleo è il castello che protegge il re, poiché il DNA, di fatto, detta legge. Esso, infatti, custodisce le informazioni necessarie allo sviluppo e al mantenimento della cellula stessa, oltre a eventuali strategie e piani di riserva per cambiamenti improvvisi, per esempio ambientali. Il termine polimero sta a indicare una lunga molecola costituita da singoli elementi distinti, chiamati monomeri, in questo caso i nucleotidi. All’interno di questi ultimi, un ruolo fondamentale è ricoperto dalle basi azotate citosina, guanina, adenina e timina, abbreviabili in C, G, A e T. Il DNA assume una struttura a doppia elica in cui le basi azotate dei due diversi filamenti interagiscono fra loro sempre in coppie precise, C con G e A con T, con una costante complementarità. Come delle vere e proprie lettere che compongono parole, l’ordine in cui sono disposte e si ripetono è decisivo per il messaggio da veicolare: anche una singola modifica, infatti, può cambiarne il significato. Nel caso della porzione di DNA chiamata gene è possibile arrivare alla sintesi di una proteina, in quanto esso comprende tutte le informazioni necessarie a completare l’operazione. La lettura del gene avviene durante la trascrizione, un processo che porta all’ottenimento di una molecola di acido ribonucleico messaggero (mRNA) nella sequenza identica al gene, eccezion fatta per l’uracile (U) che sostituisce la timina (T). Il messaggio misterioso viene quindi definitivamente decodificato durante la traduzione, che permette la sintesi di una specifica proteina. La cosiddetta espressione genica comprende questi fenomeni e di conseguenza coinvolge diverse componenti come acidi nucleici (DNA e RNA) e proteine.
In particolare, un elemento genico di vitale importanza (nel vero senso della parola) è il promotore, frammento di DNA che funge da interruttore della trascrizione. I promotori costitutivi sono sempre accesi, quindi portano alla continua espressione del gene che controllano, mentre i promotori inducibili risultano attivati o spenti in determinate condizioni. Nel corpo umano, per esempio, alcuni promotori sono specifici di certi organi, ed è il motivo per cui, per esempio, le cellule della ghiandola mammaria non producono l’insulina (ormone proteico) e il pancreas non produce la caseina (la proteina del latte). Infatti, nonostante condividano lo stesso corredo genetico, e quindi abbiano entrambi la potenzialità di esprimere questi geni, specifici promotori risultano spenti in specifici casi. Essi, tuttavia, sono soltanto uno dei tanti elementi genici regolatori presenti nelle cellule, come per esempio i terminatori, che causano l’arresto della trascrizione. I promotori sono molto utilizzati a livello biotecnologico: avere a disposizione un vero e proprio interruttore genico è uno degli elementi tecnologici che ha stimolato la fantasia dei ricercatori.
Figura 1.1 – Schema generico dell’espressione genica che porta alla sintesi di una proteina.
Un aspetto fondamentale per la regolazione e il mantenimento dell’informazione contenuta nel DNA è la sua posizione nello spazio. Il genoma degli esseri umani, ovvero tutto il DNA presente in una cellula, risulta essere di grandi dimensioni (3,2 miliardi di paia di basi) e organizzato in diverse molecole lineari fra loro separate, chiamate cromosomi (23 diversi nell’uomo). Nei batteri, invece, il DNA è spesso raggruppato in un unico cromosoma circolare, chiamato plasmide, e tendenzialmente essi contengono una quantità inferiore di informazione genica. Per esempio, il batterio intestinale Escherichia coli possiede un genoma di “sole” 4,64 milioni di paia di basi. Quindi, come in una biblioteca in cui i libri sono ordinati in maniera precisa, anche nelle cellule le preziose informazioni contenute nel DNA sono custodite con cura, anche se spesso, come vedremo più avanti, il caso può mischiare le carte in tavola, portando a rischiosi ma spesso decisivi cambiamenti.
Dispensare Naturali Accorgimenti
“Non è sfuggito alla nostra attenzione che l’appaiamento specifico che abbiamo postulato suggerisce immediatamente un possibile meccanismo di replicazione del materiale genetico.” Con questa frase, il 25 aprile 1953, Francis Crick e James Watson annunciarono al mondo una delle più importanti scoperte del secolo, ovvero la struttura del DNA, avvenuta grazie alla famosa fotografia numero 51 di Rosalind Franklin, che ne rappresenta l’immagine cristallografica. Circa una decade prima, nel 1944, il microbiologo statunitense Oswald Avery e il suo team dimostrarono che il DNA è la molecola che contiene il materiale genetico in grado di fornire certe caratteristiche alle cellule.
Esso è costituito da due filamenti di nucleotidi fra loro complementari e legati da interazioni fra le basi azotate, abbastanza forti da mantenere vicini i due filamenti, ma sufficientemente deboli da poter essere separati facilmente, per esempio per produrre una molecola di RNA. I due filamenti accoppiati assumono la cosiddetta struttura a doppia elica, che possiamo immaginare come una scala a chiocciola i cui pioli sono le coppie di basi azotate legate fra loro. Tuttavia, questa scala non è “perfetta” come quelle a cui siamo abituati, in quanto le leggi della fisica impongono alla molecola di possedere solchi di dimensioni differenti: possiamo identificare un solco maggiore e un solco minore, e questa differenza è fondamentale a livello delle proteine che legano il DNA. Fra queste, nei cromosomi degli eucarioti (quindi anche nostri) sono di fondamentale importanza gli istoni, ovvero proteine sulle quali il DNA si arrotola al fine di ridurre lo spazio occupato dal DNA stesso.
Se misurassimo la lunghezza del genoma umano, scopriremmo che esso arriva fino a 2 metri, nonostante si trovi all’interno di cellule circa 100 mila volte più piccole: non stupisce, quindi, che sia stata sviluppata una strategia per impacchettare al meglio tutta la preziosa informazione genica. Gli istoni, a loro volta, si organizzano in strutture più complesse chiamate nucleosomi e così via, fino all’ottenimento del cromosoma, in un fenomeno chiamato superavvolgimento, del tutto analogo alla miniaturizzazione dei computer e dei processori. Di conseguenza, il DNA è estremamente ottimizzato a livello spaziale, al fine di ridurre gli sprechi e massimizzare la quantità di dati conservabili nelle cellule. Sempre all’interno di questa logica, anche il posizionamento e il funzionamento di molti geni non è assolutamente casuale, e spesso nasconde tattiche evolutive degne dei migliori strateghi. Nei batteri, per esempio, i geni coinvolti in una certa funzione cellulare sono spesso adiacenti l’uno all’altro e sotto il controllo di un unico promotore, che porta a un singolo mRNA che può a sua volta essere tradotto in proteine diverse. Questo elemento genico è chiamato operone e un classico esempio è l’operone lac di Escherichia coli, che codifica per le proteine necessarie al trasporto del lattosio all’interno della cellula e alla sua degradazione, in quanto cibo per la cellula stessa. In assenza di lattosio la loro espressione è inibita quasi totalmente dalla presenza sul promotore di una proteina repressore. Questa, in presenza di lattosio, si stacca dal DNA, permettendo quindi l’espressione genica, di modo che la cellula non sprechi energia quando non necessario, ma la conservi per tempi migliori.
Figura 1.2 – Statua dedicata al DNA in cima alla collinetta del parco del Portello a Milano, aprile 2017. Per raggiungere l’opera è necessario salire seguendo una lunga spirale.
In maniera concettualmente simile, gli operoni che portano alla sintesi di alcuni amminoacidi, come il triptofano, sono regolati negativamente in presenza di alte concentrazioni di questa molecola, in quanto non è necessario produrne altra, sempre per evitare sprechi. In assenza del triptofano, invece, questi geni sono espressi, permettendo alla cellula di sintetizzarne la quantità utile.
Questi fenomeni sono molto interessanti e ci fanno capire come nel corso dell’evoluzione si siano sviluppate strategie molto efficienti, al fine di sopravvivere sul nostro pianeta. Il DNA ha sicuramente un ruolo centrale in tutti i processi biologici, molti dei quali hanno lo scopo di preservarlo, leggerne il contenuto e tramandarlo, come un libro prezioso in continuo mutamento.
Forza proteica
“Per fare un albero ci vuole il seme, per fare il seme ci vuole il frutto…” cantava Sergio Endrigo negli anni ’70.
Nel nostro caso, possiamo invece dire che per fare una proteina ci vuole il DNA, in quanto, come detto prima, un gene può contenere le informazioni per l’ottenimento di una proteina. In maniera sequenziale sono necessarie la trascrizione e la traduzione: quest’ultima permette di passare da un linguaggio di nucleotidi a un linguaggio fatto degli elementi costitutivi delle proteine, gli amminoacidi. Una vera e propria traduzione, insomma, il cui protagonista è il ribosoma, un complesso ribo-proteico in grado di riconoscere tre basi azotate adi...

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