Algoritmi per l'intelligenza artificiale
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Algoritmi per l'intelligenza artificiale

Progettazione dell'algoritmo - Dati e Machine Learning - Neural Network - Deep Learning

Roberto Marmo

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Progettazione dell'algoritmo - Dati e Machine Learning - Neural Network - Deep Learning

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Über dieses Buch

Un viaggio panoramico su tutto ciò che occorre sapere per avviare i primi passi nella programmazione con l'intelligenza artificiale, con consigli pratici derivati dall'esperienza dell'autore. Quali sono le possibilità di calcolo sofisticate offerte dall'intelligenza artificiale? Come creare un algoritmo per usarle? Quali sono i vantaggi e gli svantaggi? Come organizzare i dati? Come interpretare input e output? Come scegliere le librerie e gli strumenti di programmazione? Dove trovare materiale per approfondire? Questo volume, ricco di tabelle ed elenchi che consentono di capire subito quale soluzione adottare, risponde a tutte queste domande (e non solo) utilizzando un approccio pragmatico e operativo.

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Information

CAPITOLO 1
INTELLIGENZA ARTIFICIALE E UMANA
Ho paura della stupidità umana, non dell’intelligenza artificiale.
Roberto Cingolani, direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia
Questo capitolo descrive le varie definizioni di intelligenza artificiale e il suo rapporto con l’intelligenza umana, per introdurre le parole necessarie a comprendere di cosa si tratti. Vengono discussi anche i rapporti con altre tecnologie per dare la giusta collocazione, insieme a cenni storici e ad alcune curiosità.
Che cos’è l’intelligenza
L’essere umano ha sviluppato l’intelligenza per avere la capacità di adattarsi all’ambiente circostante, in cui sopravvivere e riprodursi. Essendo una funzione molto importante per lo sviluppo dell’uomo, tramite l’elaborazione dell’informazione per interagire con il proprio ambiente, è oggetto di molti studi e ricerche, con varie definizioni e approcci.
È stata definita in tanti modi, principalmente come la capacità di capire, usare la logica, essere consapevoli, imparare, pianificare le proprie azioni, saper risolvere i problemi, essere creativi, mettersi nei panni dei propri simili.
Il Dizionario Zingarelli definisce l’intelligenza come: “complesso delle facoltà mentali e pratiche che consentono all’uomo di ragionare, comprendere la realtà, fronteggiare situazioni nuove”. Una definizione molto diffusa recita: “la capacità di produrre un comportamento adattivo e funzionale al raggiungimento di uno scopo”, un comportamento che affronti con successo le sfide dell’ambiente e che permetta di realizzare gli scopi prefissati.
Nel Dizionario Collins l’intelligenza è definita come: “la capacità di pensare e comprendere come alternativa al fare le cose seguendo l’istinto”. Questa definizione spiega perché chiamiamo noi stessi, esseri umani, Homo sapiens, dal latino “uomo sapiente”, a motivo della nostra intelligenza, che ci distingue dagli animali, in grado di reagire principalmente sulla base degli istinti.
L’incertezza nel decidere cosa fare non è una situazione vantaggiosa per l’essere umano, così si dice che solo chi è capace di prendere la giusta decisione in una situazione di incertezza può dirsi intelligente.
Secondo lo psicologo francese Alfred Binet (1857-1911), le tre caratteristiche che distinguono l’intelligenza sono:
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la tendenza a mantenere la direzione presa senza lasciarsi distrarre o fuorviare;
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la capacità di adattare i mezzi agli scopi;
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la capacità di autocritica e l’insoddisfazione per le soluzioni parziali che non chiariscono realmente il problema.
Secondo Binet quattro parole riassumono l’intelligenza: comprensione, invenzione, direzione, critica.
Howard Gardner, psicologo statunitense, professore associato alla cattedra di Psicologia alla Harvard University e docente di Neurologia alla Facoltà di Medicina dell’Università di Boston, ha cercato di rispondere a queste domande partendo da una prospettiva socioculturale: per definire l’intelligenza, non si può prescindere dal periodo storico e, soprattutto, dagli aspetti più propriamente culturali della società di riferimento. Nel libro Formae mentis ha fornito questa definizione: “un’intelligenza è la capacità di risolvere problemi, o di creare prodotti, che sono apprezzati all’interno di uno o più contesti culturali”. Essa si focalizza non tanto sui processi mentali, quanto sugli ambiti in cui si può manifestare l’intelligenza.
Grazie a una serie di ricerche empiriche e di letteratura su soggetti affetti da lesioni di interesse neuropsicologico, Gardner ha proposto la teoria delle intelligenze multiple, in cui ha identificato, con successive modifiche, le tipologie differenziate di intelligenza, ognuna deputata a differenti settori dell’attività umana:
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cinestetica: il controllo dei propri movimenti corporei e la capacità di manipolare con abilità gli oggetti;
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filosofico-esistenziale: capacità di riflettere sulle questioni fondamentali concernenti l’esistenza, attitudine al ragionamento astratto per categorie concettuali universali;
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interpersonale: per comprendere i desideri e le intenzioni altrui e utilizzare queste conoscenze per guidare il comportamento altrui;
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intrapersonale: per comprendere i propri stati d’animo e le proprie emozioni;
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linguistica: la padronanza e le capacità linguistiche per esprimersi;
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logico-matematica: per analizzare i problemi in modo logico, eseguire operazioni matematiche, e indagare le questioni scientificamente;
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musicale: per comprendere i suoni e per eseguire e comporre brani musicali;
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naturalistica: la capacità di riconoscimento e la classificazione di oggetti naturali;
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spaziale: saper percepire il mondo visivo con precisione, anche in assenza di stimoli visivi.
Nel libro Cinque chiavi per il futuro Gardner riassume le abilità necessarie nell’età contemporanea con una nuova classificazione dell’intelligenza, da considerarsi alternativa alla precedente:
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creativa: supera conoscenze e sintesi esistenti per porre nuove domande e offrire nuove soluzioni;
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disciplinare: consiste nel padroneggiare una disciplina;
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etica: abilità di riflettere sulle caratteristiche del proprio ruolo sociale;
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rispettosa: reagire alle diversità tra individui e gruppi in modo empatico e costruttivo;
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sintetica: cogliere informazioni da diverse fonti, analizzarle ed elaborarle.
Queste intelligenze sono strettamente connesse tra loro e interagiscono in modo molto complesso.
Secondo Gardner, ogni persona è dotata di almeno sette intelligenze, quindi si è intelligenti in modi diversi: alcuni di noi possiedono livelli molto alti in tutte o quasi tutte le intelligenze, altri hanno sviluppato in modo più evidente solo alcune di esse. Egli sostiene che tutti possiamo sviluppare le nostre diverse intelligenze se siamo messi nelle condizioni appropriate di incoraggiamento, arricchimento e istruzione. Ovviamente, lo sviluppo di queste abilità dipende moltissimo dal tipo di educazione che si è ricevuta e dagli stimoli offerti dall’ambiente in cui si vive.
Infatti, l’intelligenza è una caratteristica in continuo sviluppo tramite l’apprendimento, creato dall’esperienza passata e dal ricevere nuova conoscenza.
Fin dalle prime definizioni di intelligenza si è cercato di misurare questa caratteristica umana così importante, ma ciò è reso difficile dal fatto che non ne esiste una definizione univoca, non è facile sapere cosa succede nel cervello. Il quoziente d’intelligenza, o quoziente intellettivo (QI), è un punteggio per misurare l’intelligenza, ovvero lo sviluppo cognitivo dell’individuo, in base alle risposte fornite a una serie di test standardizzati. Il già citato psicologo Alfred Binet realizzò per primo un test per la misurazione dell’intelligenza, per identificare gli alunni bisognosi di un particolare aiuto nelle materie scolastiche, come viene raccontato nella storia controversa dei test del QI in [1]. I classici test mettono in gioco le capacità verbali-linguistiche e quelle logico-matematiche; molto più difficile è riuscire a quantificare con un punteggio gli altri tipi di intelligenza, come quella artistica, che si prestano poco a una valutazione numerica.
Non è ancora ben chiaro dove si realizzi l’intelligenza umana. Vengono condotti approfonditi studi su cosa si intenda per cervello e mente, spesso trattati come sinonimi. Tutto il corpo umano, con i suoi cinque sensi, si dimostra sempre più fondamentale per la capacità umana di pensiero intelligente. Rifacendosi alla terminologia informatica, si può paragonare, in maniera semplicistica, il cervello all’hardware e la mente al software.
Le parole del libro di Oliverio (1997) possono far capire la differenza: “Il cervello è dotato di una serie di caratteristiche che lo rendono capace di funzioni diverse, da quelle della memoria a quelle linguistiche, da quelle percettive a quelle intelligenti. La sua struttura è in parte determinata dai geni, che specificano le sue caratteristiche generali, e in parte dall’ambient...

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