1. Lâamore e i versi nuovi
(1265-1292)
Dante, gli Alighieri e Firenze dal 1265 alla fine del Duecento
Durante degli Alighieri (piĂš frequentemente indicati nei documenti come Alagheri o anche Aldighieri) nasce a Firenze sotto la costellazione dei Gemelli, in un giorno non meglio precisato tra il maggio e il giugno del 1265. Comâè ovvio, sono stati tanti i tentativi di fissare con esattezza quel giorno, ma nessuno è arrivato a conclusioni sicure: si pensa al 29 maggio o al 13 giugno, però si tratta di ipotesi, come capita molto spesso nella ricostruzione della biografia di un poeta tanto noto per la sua opera quanto sconosciuto per moltissimi aspetti della sua vita. I dati sicuri sono poche decine, e spesso non sono interpretabili in maniera univoca. Inutile quindi accanirsi oltre il ragionevole nel cercare di seguire tutte le sue mosse, quando comunque ci interessano soprattutto le sue grandi opere, ovviamente il piĂš possibile da inserire nel loro contesto storico, ma poi da leggere e ammirare per le loro caratteristiche e il loro valore artistico: e su questi aspetti cercheremo qui di concentrarci.
Di sicuro, tutti sanno che Firenze era, nel periodo giovanile di Dante (fu sempre chiamato con questo diminutivo), una cittĂ in cui dominavano famiglie legate allâambito dei guelfi, in genere (ma con tante variabili) vicine al potere ecclesiastico, mentre i ghibellini erano sostenitori dellâImpero: ma questi ultimi erano stati cacciati definitivamente, dopo anni di scontri violenti, nel 1267. Da quellâanno, la cittĂ si era evoluta principalmente nel settore del commercio, e aveva sviluppato al suo interno dinamiche sociali che non era facile tenere sotto controllo. Come in altri centri della Toscana, si erano presto formati due schieramenti diversi nel campo guelfo, quello piĂš legato alla tradizione nobiliare di antica data (i neri), e quello composto da famiglie arrivate ad arricchirsi appunto con i commerci, quindi ascese di grado sociale in tempi piuttosto recenti (i bianchi).
Gli Alighieri non erano una famiglia di alta nobiltĂ , ovvero magnatizia. I magnati erano altri, i Donati per esempio, la cui stirpe risaliva almeno allâxi secolo, e dominava nello schieramento dei guelfi neri specialmente con il potente e spregiudicato Corso, nato intorno al 1250, giĂ implicato in dissidi politici nel 1286, poi considerato da molti uno degli artefici della vittoria di Campaldino, non lontano da Arezzo, nel 1289, quando i guelfi riuscirono a sconfiggere lâultimo forte esercito dei ghibellini toscani. A quella battaglia partecipò anche Dante, sebbene poco ci dica di quellâevento: ma lâesperienza diretta di un combattimento lasciò varie tracce nelle sue opere.
Grosso modo nellâultimo decennio del secolo, gruppi di ricchi commercianti o di personaggi legati alle Arti maggiori, ossia alle corporazioni del lavoro piĂš importanti come quella dei Giudici e Notai, si erano affidati alla guida dei Cerchi, la famiglia di maggior spicco tra i guelfi bianchi, favorevoli a una piĂš ampia apertura nel governo della cittĂ . Il loro principale esponente era Vieri (diminutivo da Oliviero), diventato cavaliere nel 1267 per meriti antighibellini, di indole piuttosto moderata ma anchâegli valoroso a Campaldino. LâunitĂ che si riscontrò in quellâoccasione tra i fiorentini divenne presto un ricordo.
Infatti nellâultimo decennio del Duecento i contrasti fra i Cerchi e i Donati, confinanti nel sestiere di Porta San Pier Maggiore, a pochi passi dallâodierna piazza della Signoria, crebbero incessantemente. Alla rivalitĂ legata alla potenza delle due famiglie se ne aggiunse unâaltra, del tutto personale, fra il benamato ma timoroso Vieri deâ Cerchi e lâodiato ma intraprendente Corso Donati, sprezzante nei confronti del rivale che chiamava lâÂŤasino di PortaÂť. E poi, in un quadro che sarebbe molto complesso sintetizzare, si coglievano le lotte determinate dagli interessi economici di una parte o dellâaltra, e connesse alla ingerenza politica di forze che non erano circoscritte ai singoli comuni toscani, come quella del papa teocratico e assolutista Bonifacio viii (al potere dalla fine del 1294), interessato a espandere i suoi domini. A Firenze si arrivò a decreti contro i magnati, come quelli emanati nel 1293 con lâavallo del potente uomo politico, vicino alla parte popolare, Giano della Bella, e a un progressivo inasprimento delle misure contro i capi piĂš facinorosi, con spinte e controspinte, sino al fatidico 1300, anno cui arriveremo tra poco.
Ma in un contesto cosĂŹ esasperato, cosa potevano fare le famiglie di ceto medio-alto, di piccola nobiltĂ e di non ampio patrimonio, sempre soggette ai rivolgimenti politici, magari per unâalleanza sbagliata? Almeno gli Alighieri si divisero su vari fronti. Ci fu chi si spostò decisamente verso il commercio, alleandosi quindi con gli esponenti delle Arti economicamente piĂš attive, come fece Bello con i suoi figli, in diverse occasioni accusati di malversazioni e addirittura coinvolti in risse ed episodi violenti: cosĂŹ capitò a Geri, assassinato dopo il 1280 forse da un membro della famiglia Sacchetti e non vendicato dagli Alighieri (se ne parla nel canto 29 dellâInferno, dove peraltro Geri del Bello risulta condannato come seminatore di discordie). Oppure ci si dette al prestito, non senza sospetti di usura, pratica molto frequente allâepoca: in questo settore, presidiato da Bellincione, fratello di Bello, operò cosĂŹ il padre di Dante, ossia Alighiero ii, mai nominato dal figlio e del quale si sa abbastanza poco. Di sicuro ebbe due mogli, dalla prima delle quali, Bella (Gabriella degli Abati?), nacque il poeta: di lei non parla mai direttamente, tuttavia sono tante le sue pagine in cui vengono descritti i gesti di affetto tra madre e figlio. Siamo poi a conoscenza di una sorella, Gaetana o Tana, che si pensa maggiore di qualche anno e comunque interamente consanguinea di Dante, al contrario di quanto ritenuto in passato, quando li si considerava figli di madri diverse. Dopo la morte di Bella, forse nei primi anni settanta, Alighiero si sposò con unâaltra donna abbiente, Lapa di Chiarissimo Cialuffi, dalla quale ebbe di sicuro Francesco, fratello acquisito di Dante e spesso con lui coinvolto in attivitĂ finanziarie. Nel complesso, alla morte di Alighiero, avvenuta prima del 1283 se non del 1277, la famiglia era in discrete benchĂŠ sempre altalenanti condizioni economiche e questo consentĂŹ a Dante di dedicarsi prima agli studi, sia pure non in maniera sistematica, cioè seguendo per intero un curriculum universitario. Infatti, sebbene siano pressochĂŠ sicure le sue frequentazioni a Bologna negli anni ottanta (per non parlare di un suo soggiorno a Parigi, invece quasi certamente immaginario), Dante non completò un percorso di studi secondo quanto richiesto allâepoca, ma potĂŠ frequentare lezioni aperte al pubblico, probabilmente presso le scuole degli ordini religiosi a Firenze, forse anche in altre cittĂ , senza comunque conseguire un titolo. Ma nellâultimo decennio del secolo si avvicinò anche alle attivitĂ politiche, soprattutto a partire dai suoi trentâanni (1295), in qualitĂ di rappresentante dellâArte dei Medici e Speziali.
PerchĂŠ Dante entra nellâArte dei Medici e Speziali?
Qui possiamo cominciare a interpretare i pochi dati storici conosciuti per domandarci, come spesso è stato fatto: perchĂŠ proprio quellâArte? In che modo Dante, semmai legato per tradizioni familiari alle attivitĂ dei cambiatori o ad alcune del commercio, poteva essere considerato un medico (gli speziali erano i farmacisti ovvero i venditori di vari tipi di spezie)? Prima di tutto, bisogna ricordare che la medicina era allâepoca strettamente legata alle conoscenze filosofiche, specie di matrice aristotelica, e che tanti dottori in questa materia erano pure commentatori di testi greci o latini, a partire da quelli di Ippocrate e Galeno, riletti sulla base delle competenze moderne, come quelle elaborate e trasmesse nei centri universitari di Salerno o di Bologna. Per esercitare la professione occorreva un preciso riconoscimento di tipo universitario, ma per iscriversi allâArte potevano essere sufficienti buone competenze nellâambito appunto filosofico e fisiologico: quelle competenze che Dante dimostra di avere giĂ nelle sue prime poesie e nella Vita nova, completata con buona probabilitĂ intorno al 1292-1293, e poi nel Convivio e in tanti passi del suo poema, dove descriverĂ con esattezza i sintomi di molte malattie, i processi della generazione, i legami fra influssi astrali e complessione fisica, e vari altri temi attinenti allâambito medico secondo i canoni del Due-Trecento.
Dante aveva giĂ cominciato a rifiutare una concezione per cosĂŹ dire ÂŤmaterialisticaÂť della vita, come si evince perfettamente sin dalle sue prime prove letterarie, e non si trovava in sintonia con commercianti e banchieri. Unâaltra Arte maggiore cui forse avrebbe potuto rivolgersi, quella dei Giudici e Notai, che di frequente erano buoni letterati se non poeti in proprio, era molto selettiva e vincolante riguardo agli studi specifici: Dante acquisĂŹ col tempo buone competenze di diritto, ma non ottenne mai un titolo accademico. Lâadesione al gruppo dei Medici quindi potĂŠ avvenire sulla base del possesso di precisi requisiti (se ne adducono anche altri, meno probabili), e comunque della propensione del giovane Alighieri ad approfondire questioni filosofiche, con le relative ricadute nellâambito della medicina e delle scienze.
Ma dove esattamente può aver studiato Dante? Si diceva di Firenze, dove forse si è recato, soprattutto a partire dal 1292, presso lo studium dei domenicani di Santa Maria Novella o quello dei francescani di Santa Croce, entrambi dotati di biblioteche, peraltro non facilmente accessibili per un laico. Oppure può aver frequentato il piĂš grande centro universitario italiano di quellâepoca, Bologna, ricca di insegnamenti collegati agli studi giuridici in senso ampio (cioè anche filosofici, retorici ecc.), cui comunque bisognava dedicarsi con costanza (Dante potrebbe averlo fatto, allâincirca tra il 1285 e il 1287, ma non ci sono sicurezze)? Sono questioni su cui si discute e che non possono essere risolte in mancanza di documenti coevi, ma che possono essere affrontate decifrando le tracce della sua formazione rimaste impresse nei suoi testi. Di sicuro la vocazione del giovane Alighieri fu quella di acquisire un sapere elevato, forte in tutte le discipline del Trivio (grammatica, retorica, dialettica ovvero filosofia) e del Quadrivio (aritmetica, geometria, astronomia, musica), le sette arti liberali che solo i dotti maneggiavano abilmente. La sua formazione potĂŠ essere allâinizio non sistematica ma venne approfondita a piĂš riprese, con lâintento di raggiungere competenze solide da impiegare nella vita pubblica, ma poi inevitabilmente assorbite anche dalla scrittura poetica.
Vita reale e opere letterarie
Occorre ora un altro sforzo interpretativo, imposto dal fatto che fra vita reale e opere letterarie, alla fine del Duecento, i rapporti erano molto diversi da quelli attuali. Delle vicende quotidiane, della famiglia in cui è vissuto, Dante non ci dice niente in modo diretto. E nemmeno della moglie, Gemma Donati, sua coetanea e appartenente â seppure in un ramo non elevatissimo (era figlia di Manetto, cavaliere piuttosto abbiente ma poco prestigioso) â alla famiglia magnatizia capofila dei neri, e quindi parente di Corso, promessa a Dante giĂ nel 1277 e poi sua sposa allâincirca dal 1291-1292 (qualcuno ipotizza dal 1285, ma è poco verosimile). I due ebbero almeno tre figli, dei quali però non conosciamo le date di nascita: Iacopo e Pietro sono i piĂš noti, fra lâaltro come commentatori del poema del padre; poi câè Antonia, monaca clarissa nel convento di Santo Stefano degli Ulivi a Ravenna, col nome di Beatrice. Solo da poco è stato confermato che esisteva un altro figlio probabilmente legittimo, Giovanni, il quale si trovava a Lucca per una compravendita nellâottobre del 1308, e poi risulta presente come testimone a un atto rogato a Pagnolle, poco lontano da Firenze, nel maggio del 1314. Sarebbe lui il piĂš anziano, ma in effetti dopo quellâanno non se ne hanno altre notizie e quindi dovremmo ipotizzare che sia morto in giovane etĂ , oppure che si sia allontanato dalla famiglia per motivi sconosciuti.
Se dovessimo comunque mettere insieme le varie tessere, non sapremmo bene come disporle: quando esattamente sono nati questi figli nel corso dellâultimo decennio del Duecento, qual è stata la loro esistenza e quella della madre dopo lâesilio del padre, perchĂŠ Giovanni scompare senza lasciare tracce? Di tutte queste vicende, che ora considereremmo fondamentali in una biografia, Dante non dice niente nelle sue opere. Si potrebbe forse pensare che non amava i suoi, eppure Iacopo e Pietro scriveranno parole di esaltazione del padre, e Antonia prenderĂ , dopo i voti, il nome della sua amata ispiratrice. Di certo, invece, i codici culturali e comportamentali differivano di parecchio rispetto a quanto consideriamo adesso consueto se non normale.
Per esempio, come da tradizione lirica giĂ provenzale, la donna esaltata in poesia non poteva coincidere con la moglie reale: sâinsegue una figura irraggiungibile, magari una signora di elevatissimo rango, oppure lontana o addirittura sco...