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Teardo, il destino capovolto
Bruno Lugaro
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Teardo, il destino capovolto
Bruno Lugaro
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Alberto Teardo è un ex politico savonese, nato a Venezia il 26 maggio 1937. Socialista, presidente della giunta regionale della Liguria, si era dimesso per candidarsi alle elezioni politiche, quando fu arrestato, il 14 giugno 1983, a pochi giorni dal voto, con l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso, legata a un grande giro di tangenti nel Savonese. Sarebbe stato eletto alla Camera dei Deputati, invece finì in carcere a Vercelli, dove restò due anni e due mesi in custodia cautelare preventiva.
Teardo si è sempre proclamato innocente e vittima di un agguato che aveva per protagonisti alti ranghi istituzionali, magistrati, giornali, il Pci e logge “spurie” della massoneria.
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Information
Buongiorno signor Teardo
Il mattino ha lâoro in bocca. E lâalba del 14 giugno 1983 non è unâalba come le altre. MartedĂŹ. Cielo coperto. Nuvoloni carichi di pioggia dalla Francia. LâumiditĂ addosso come la salsedine che sale dal mare in burrasca. Teardo è rientrato alle due del mattino da un incontro conviviale della sua corrente, al ristorante della Madonna del Monte. Cena alle 20,30. Tutti aspettano lui, ma Teardo, come consuetudine, si materializza solo allâora del digestivo, tra gli applausi. Poi tira tardi con i compagni-amici. Si parla di politica, principalmente. E il âverboâ di Teardo chiude la serata ancora una volta con consensi unanimi. Il leader osserva uno a uno i suoi âlegionariâ. Conosce pregi, difetti, debolezze politiche di ciascuno. Li sente fedeli, un blocco unito, allineato. Non può immaginare lâepilogo della sua carriera politica cosĂŹ vicino da sentirne il rumore.
Quando si siede al volante della sua Citroen, per rientrare ad Albisola, gli piomba improvvisamente addosso tutto il peso della stanchezza. In qualche modo arriva a casa. Non lo sa, non può saperlo, ma quella è la sua ultima notte da uomo libero. Pensa, invece, che tra sei ore sarĂ di nuovo in piedi. Câè da sgobbare in questi giorni. Mancano meno di due settimane alle elezioni politiche che possono spalancargli le porte di Montecitorio. Teardo ha il sostegno dellâintero Psi ligure, oltre che dellâamico Gianni De Michelis, veneziano come lui, ministro delle Partecipazioni statali. Con questi presupposti conta di entrare come un fulmine in Parlamento, forte di almeno
diciottomila preferenze in Liguria, pacchetto di voti che risale alle Europee di quattro anni prima. Non è tutto: Craxi, tramite il suo braccio destro Ferdinando Mach di Palmestein, gli ha fatto balenare anche la prospettiva di un ruolo nel governo, se il voto andrà come spera. Teardo, insomma, è a un passo dalla realizzazione di un obiettivo. Bisogna tirare, tirare fino allo spasimo, ma questa notte è esausto.
diciottomila preferenze in Liguria, pacchetto di voti che risale alle Europee di quattro anni prima. Non è tutto: Craxi, tramite il suo braccio destro Ferdinando Mach di Palmestein, gli ha fatto balenare anche la prospettiva di un ruolo nel governo, se il voto andrà come spera. Teardo, insomma, è a un passo dalla realizzazione di un obiettivo. Bisogna tirare, tirare fino allo spasimo, ma questa notte è esausto.
La valigetta di pelle beige che ha con sĂŠ, la sente pesante come un macigno. Avrebbe una dannata voglia di accendersi la pipa e stare un poâ lĂŹ davanti alla tivĂš, prima di coricarsi. Magari dare unâocchiata ai documenti che ha con sĂŠ. Ma è privo di forze, beve un sorso dâacqua, poi si lascia cadere sul letto. E piomba in un sonno profondo.
A Savona il giovane giudice istruttore Del Gaudio, invece, ha fatto la notte in bianco con il collega Granero, nella caserma dei carabinieri, in corso Ricci. Hanno letto e riletto le carte cento volte. Bevuto una mezza dozzina di caffè. Del Gaudio, verso le 4, si è anche appisolato una mezzâora su una poltrona di pelle. Lâemicrania non gli dĂ tregua. Granero, invece, è una roccia. Ha continuato a esaminare le carte fino ai primi bagliori dellâalba. I due magistrati sono consapevoli di essere di fronte a unâindagine piĂš grande di loro, il cui esito può segnarne la carriera. Ora i mandati di cattura per Teardo e la moglie sono pronti. Tra le accuse hanno inserito quella di associazione per delinquere di stampo mafioso, che apre direttamente le porte del carcere. Ă la prima volta che si applica fuori dalla Sicilia la legge Pio La Torre (segretario del Pci ucciso dalla mafia nel 1982). I magistrati ritengono di avere elementi sufficienti per sostenerla a processo. E comunque, in quel momento, è lâunica accusa che può consentire lâarresto del presidente dimissionario della Regione, prima dellâeventuale elezione a Montecitorio, che gli garantirebbe lâimmunitĂ parlamentare.
Sono circa le sei quando Del Gaudio sale sullâauto dei carabinieri e lascia la caserma di corso Ricci, in direzione Albisola Capo. Il magistrato è tormentato dal mal di testa e il fatto di non aver dormito ha peggiorato le cose. Ma questo è il giorno. Lâadrenalina è a mille. Dopo mesi dâindagini vanno a prelevare a casa il leader socialista, per sbatterlo in carcere. Sanno che è rientrato alle due del mattino da una cena alla Madonna del Monte.
Del Gaudio si passa ripetutamente la mano sulla fronte. Suda freddo. Il viaggio lungo lâAurelia dura una decina di minuti. Non parla nessuno. Lâautoradio rompe il silenzio con le note di Bollicine, lâultimo successo di Vasco Rossi, a Radio Savona Sound. Di lĂŹ a un paio dâore la stessa radio comunicherĂ la notizia dellâarresto. Per la strada ci sono ancora poche auto. La cittĂ si sta risvegliando lentamente. Teardo dorme da meno di quattro ore quando suona il citofono di casa. Lo sente ma non ha la forza di reagire.
âErano le sei. Mia moglie Mirella si alzò per prima, io restai a letto. Nel dormiveglia sentii la voce di un uomo: sono loro, i carabinieri, e sono venuti per arrestarmi. La borsa! Il pensiero arrivò come un lampo. Mi alzai di scatto. Per fortuna la borsa era con me in camera da letto. Dovevo farla sparire. La misi sul terrazzo. Un attimo dopo ero in mutande di fronte a Del Gaudio e a un ufficiale dellâArma. Del Gaudio aveva giĂ tra le mani la mia valigetta. La esibiva come fosse un trofeo. Un carabiniere aveva visto la scena e lâaveva recuperata. Si trattava essenzialmente di documenti di partito, lettere di politici e carteggi di Mach di Palmestein, il commercialista di Craxi. La cosa piĂš delicata, e per la quale mi ero preoccupato, era lo schema del futuro governo: nomi e cognomi di ministri e sottosegretari. Fra questi anche il mio, nero su bianco. Del Gaudio mi chiese perchĂŠ avevo tentato di sottrarre il materiale ai carabinieri. Spiegai che erano documenti politici riservati. E sottolineai politiciâ. Teardo, insomma, non nasconde denaro. E nessun documento su fatti illeciti o transazioni bancarie. Per lui è importante difendere i programmi del governo che può nascere di lĂŹ a poco con Craxi. Un governo del quale potrebbe entrare a fare parte, se Pertini non si mette di traverso.
Del Gaudio, esaminato velocemente il contenuto della 24 ore, risponde con un lieve sorriso; è deluso, si aspettava di trovare documenti scottanti, se non addirittura âmazzetteâ. Chiude la valigetta, la consegna al carabiniere e interrompe lĂŹ il colloquio. âDi questi documenti che lei definisce politici, avremo tempo di parlare. Ora venga con noi, insieme a sua moglieâ, dice, rivolto a Teardo. âMi consegnò un mandato di cattura. Non capivo nulla, leggevo quel 416 bis, una cosa fuori dal mondo. Accusavano me di associazione per delinquere di stampo mafioso e mia moglie di favoreggiamento. Nel mandato di cattura a mio carico si faceva riferimento al 416 bis e altro. Poi, in occasione del ricorso al Riesame, spuntarono i âdanneggiamentiâ. Mi chiedevo quali. Seppi solo successivamente, a distanza di due mesi, che tutto era legato alla âbufalaâ dellâattentato a una gru. Lessi le firme in calce: Granero e Del Gaudio. Mi resi subito conto che altro non poteva essere che il frutto avvelenato di una macchinazione politica, e non solo, architettata e messa a punto in ambienti e consorterie di potere, che giĂ nel passato avevano operato contro di me. La trappola era scattata. Lâaccusa di mafia consentiva loro di sbattermi in carcere. Nel frattempo si erano svegliati anche i miei due figli, allora adolescenti. Anche loro faticavano a capire. Erano agitati. Mia moglie ed io cercavamo di tranquillizzarli e intanto i carabinieri ispezionavano ogni angolo della casa, sequestrando unâinfinitĂ di documenti e carteggi di ogni tipo. Finito il lavoro, ci dissero di sbrigarci, di prendere due cose e seguirli, per il trasferimento in carcere. Ma câera il problema dei bambini. Non potevamo lasciarli soli in casa. Chiesi lâautorizzazione per contattare unâamica che si occupasse di loro. Me la concessero. Avevano modi bruschi. Mirella era sconvolta, io riuscii a mantenere la calma. Infilammo due indumenti nelle borse, sotto lo sguardo attento dei militari. Ci concessero, un poâ spazientiti, di andare in bagno. Poi viaâ.
In casa rimangono i figli Daniela e Marco con Del Gaudio. Teardo si considera un prigioniero politico e lo dice ai militari: âBravi, bel golpe, ma non inorgoglitevi troppo; nel Cile di Pinochet li fanno meglioâ.
âEro vittima di un arresto a meno di due settimane dal voto â sottolinea Teardo â. Sarei stato un probabile membro del nuovo governo Craxi. Invece mi stavano caricando su unâauto diretta non sapevo dove. Lo chiesi: un carabiniere mi rispose che la mia destinazione era il carcere di massima sicurezza di Vercelli. Vidi mia moglie allontanarsi su unâaltra auto, anche quella diretta verso un penitenziario. Ci salutammo con un gesto della manoâ. Per Teardo lâarresto della moglie fu una violenza inaudita e incomprensibile.
A poche ore dal blitz-Teardo, scatta la retata. Sono arrestati in rapida sequenza anche Leo Capello, il cassiere e uomo di fiducia dellâorganizzazione politica e della corrente teardiana, albergatore, ras di Spotorno, consigliere della Cassa di Risparmio di Savona; il finalese Roberto Siccardi; Marcello Borghi, impresario edile ma soprattutto presidente dellâIstituto autonomo case popolari ritenuto dagli inquirenti uno dei bancomat
delle tangenti; e ancora, Giuseppe Dossetti, imprenditore, addetto alla riscossione delle mazzette; Massimo De Dominicis, architetto, assessore allâurbanistica in Comune a Savona; Nicola Bongiorni, imprenditore del divertimento con locali notturni e pizzerie a Varazze e Finale. Si considerano tutti prigionieri politici. Borghi al momento dellâarresto grida. âViva il socialismoâ. Finisce in manette pure Franco Gregorio. Un personaggio di spicco. Piduista, funzionario alla Camera, per anni segretario particolare e persona di fiducia del presidente Sandro Pertini. Gregorio diventa il punto di riferimento al Quirinale dei socialisti savonesi. Un ruolo che gli costerĂ caro, perchĂŠ si farĂ sette mesi di carcere prima di uscire indenne dallâinchiesta.
delle tangenti; e ancora, Giuseppe Dossetti, imprenditore, addetto alla riscossione delle mazzette; Massimo De Dominicis, architetto, assessore allâurbanistica in Comune a Savona; Nicola Bongiorni, imprenditore del divertimento con locali notturni e pizzerie a Varazze e Finale. Si considerano tutti prigionieri politici. Borghi al momento dellâarresto grida. âViva il socialismoâ. Finisce in manette pure Franco Gregorio. Un personaggio di spicco. Piduista, funzionario alla Camera, per anni segretario particolare e persona di fiducia del presidente Sandro Pertini. Gregorio diventa il punto di riferimento al Quirinale dei socialisti savonesi. Un ruolo che gli costerĂ caro, perchĂŠ si farĂ sette mesi di carcere prima di uscire indenne dallâinchiesta.
Ă la piĂš grande retata che Savona ricordi dal Dopoguerra. E la cosa piĂš scioccante per la città è che coinvolge personaggi pubblici, unâintera classe politica da tempo alla guida delle istituzioni. La Regione, il Comune di Savona, la Provincia, lo Iacp (Istituto autonomo case popolari), la Cassa di Risparmio di Savona, la Camera di Commercio, lâUsl 7: non câè un solo palazzo del potere che sfugga al ciclone.
A Palazzo Sisto governano Pci e Psi. Il sindaco è il comunista Umberto Scardaoni. Lo scandalo ha investito anche la sua giunta, perchĂŠ i carabinieri si sono portati via lâassessore allâUrbanistica De Dominicis, ma lâordine di scuderia è lasciare correre e comportarsi come se non fosse successo nulla. Lâidea che deve passare è che la magistratura ha preso una cantonata. Il vicesindaco socialista Franco Ceroni, incalzato dai giornalisti, è tra i pochi a commentare; prova a liquidare la faccenda con una battuta: âTanto rumore per nulla. Vedreteâ. Significativo che a minimizzare la vicenda, che evidentemente ritiene priva di sostanza, sia uno degli avversari piĂš accaniti di Teardo, interni al partito. Ma è una difesa solo di facciata. In realtĂ , dietro le quinte, gli assessori che fanno parte della sinistra socialista, quindi filo-comunisti, sono compiaciuti dallâarresto del leader.
Sulla stessa falsariga delle dichiarazioni di Ceroni, quelle di Tomaso Amandola, vicesegretario regionale del Psi, molto vicino a Teardo. Amandola sarĂ , dieci anni piĂš tardi, fra i piĂš pronti a rimettersi in pista, diventando il manager dellâActs, lâazienda trasporti locale.
Ma torniamo alla Tangentopoli savonese: non è un fuoco di paglia. In pochi giorni diventa, anzi, un caso nazionale e il Psi deve cambiare strategia. La giunta di Palazzo Sisto non può reggere lâonda dâurto. Si dimette la componente socialista in blocco: il vicesindaco Ceroni e gli assessori Zanelli, De Dominicis, e Luciano Locci, commercialista. Nasce un monocolore Pci guidato da Scardaoni.
Intanto gli investigatori portano avanti il loro lavoro; adesso con piĂš calma, avendo precluso a T. il âsalvagenteâ dellâimmunitĂ parlamentare che gli avrebbe probabilmente evitato il carcere. Scattano le perquisizioni. Nella casa di campagna della moglie di Teardo, a Palo di Sassello, i carabinieri frugano anche dentro i materassi. Senza fortuna. A Spotorno le abitazioni di Capello e soci sono rivoltate come calzini. Anche in questo caso senza esito. Solo dopo mesi, in una seconda perquisizione, gli inquirenti scopriranno materiale interessante, grazie alla soffiata di qualcuno dellâentourage di Capello.
Saltano fuori fogli disordinati, con nomi, cifre scritte a mano e disegnini osĂŠ. Per i magistrati sono la prova dellâesistenza di una contabilitĂ segreta del gruppo. Granero e Del Gaudio
lavorano giorno e notte, in grande sintonia. Ricevono incoraggiamenti, il piĂš significativo dei quali è quello del presidente della Repubblica, Sandro Pertini. Per larga parte dellâopinione pubblica sono due eroici magistrati di provincia che hanno osato sfidare il potere, quello vero.
lavorano giorno e notte, in grande sintonia. Ricevono incoraggiamenti, il piĂš significativo dei quali è quello del presidente della Repubblica, Sandro Pertini. Per larga parte dellâopinione pubblica sono due eroici magistrati di provincia che hanno osato sfidare il potere, quello vero.
Un passo indietro: il mandato di cattura con il quale i carabinieri svegliano allâalba il Capo socialista, contesta il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso: âNoi, come i mafiosi? Un espediente per imprigionarmi e levarmi di mezzo nellâultima e decisiva fase del voto elettorale, come dimostrerĂ il processoâ, sostiene Teardo che in quel giugno del 1983 è presidente dimissionario della giunta regionale ligure. Teardo era un concorrente politico scomodo, per alcuni, un avversario ostico per altri; insomma, si era fatto un bel poâ di nemici mentre cresceva la sua visibilitĂ . Il contraccolpo degli arresti sul Psi è fortissimo. Si grida allâagguato. Teardo è il primo a essere convinto che si tratti di una trappola organizzata da nemici politici di alto rango e dalla Massoneria cui è iscritto. âI miei avversari politici si nascondevano anche in alcune logge spuri...