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Psicodinamica di un processo di crisi: gli eventi critici tra normalitĂ e follia
Nel cielo non vâè distinzione di oriente ed occidente;
gli uomini creano le distinzioni nella loro testa
e dopo le credono vere
Buddha
Siamo infantili, nevrotici, deliranti, pur essendo anche razionali. Tutto ciò costituisce la stoffa propriamente umana. Lâessere umano è un essere ragionevole e irragionevole, capace di misura e dismisura. Soggetto di una affettivitĂ intensa e instabile. Sorride, ride, piange, ma sa anche conoscere oggettivamente. Ă un essere serio e calcolatore, ma anche ansioso, angosciato, gaudente, ebbro, estatico. Ă un essere di violenza e di tenerezza, di amore e di odio, è un essere pervaso dallâimmaginazione e che può riconoscere il reale. Ă un essere che conosce la morte e che non può credervi, che secerne il mito e la magia ma anche la scienza e la filosofia. Ă posseduto dagli Dèi e dalle Idee, ma dubita degli Dèi e critica le Idee. Si nutre di conoscenze verificate ma anche di illusioni e di chimere. E quando, con il venir meno dei controlli razionali, culturali, materiali, lâoggettivo e il soggettivo, il reale e lâimmaginario si confondono, quando le illusioni sono egemoni, quando la dismisura è scatenata, allora âlâhomo demens assoggetta lâhomo sapiens e subordina lâintelligenza razionale al servizio dei suoi mostri1â.
Ci è sembrato utile iniziare questo capitolo con questa lunga citazione di Edgar Morin perchĂŠ essa esprime molto bene la condizione dellâuomo quando, con tutte le sue contraddizioni, passa da un buon controllo di sĂŠ ad uno stato di crisi. Quando si sposta cioè da una condizione che si può definire di accettabile normalitĂ ad uno stato di sofferta incertezza. Se vogliamo, ognuno di noi vive cercando di raggiungere un compromesso, possibilmente valido e duraturo, tra ciò che il suo carattere vorrebbe fargli fare e quel che deve fare per non trovarsi in situazioni difficili e angoscianti. Quando questo compromesso vacilla si entra in crisi, perdendo la tranquillitĂ che è frutto di un equilibrio tra pulsioni e ragione. Si può dire che la crisi, cosĂŹ come è definita da Gerald Caplan, è rappresentata da âun periodo di pressione a cui un individuo non può sfuggire o crede di non poter sfuggireâ2.
Molti individui sono segnati da grandi paure che spesso si celano nel loro inconscio e che quindi non appartengono al loro sapere. Tr a le tante paure câè quella di essere feriti o puniti, di rimanere senza conforto e sostegno o di essere giudicati per cui, a volte, una novitĂ o un cambiamento genera sgomento e frammenta le precedenti sicurezze.
Caratteristica fondamentale di un processo di crisi è che il soggetto o i soggetti coinvolti non sono in grado di reagire in modo adeguato e produttivo allâevento che lâha prodotto o, meglio ancora, sono gli strumenti di difesa precedentemente adottati e apparentemente collaudati che questa volta si rivelano inadatti. âLâelemento fondamentale di ogni crisi â dice Ferlini â è la profonda sofferenza e angoscia delle persone e del suo entourageâ3. Quando câè sofferenza spesso non câè chiarezza e allora è facile entrare nelle condotte errate, nei comportamenti poco chiari, nelle decisioni affrettate, a volte anche eticamente disdicevoli. Ed è ciò che facilmente ritroviamo nelle famiglie in cui è in corso una separazione. Dice Paul-Claude Racamier: âLa nozione di crisi implica la nozione di cambiamento di un equilibrio precedente e, parimenti, la nozione dello svolgimento nel tempoâ4. Di conseguenza, in un evento critico, è possibile riconoscere un inizio, uno svolgimento e una fine. Forse potremmo dire che gli avvocati, i magistrati e i periti compaiono quando la crisi è in pieno svolgimento e gli attori dellâevento non ne vedono la fine. Mai a sufficienza si considera, nelle vicende umane, il parametro tempo, la sua importanza, la sua, a volte, devastante autonomia rispetto alle stesse vicende umane.
Se è vero che la crisi, secondo quanto riferisce Racamier, si pone âtra il registro della normalitĂ e quello della psicopatologiaâ5 forse si può asserire che piĂš il processo di crisi si protrae nel tempo, piĂš si sposta verso la psicopatologia (e chi ha esperienza di attivitĂ peritale ne sa qualcosa). Nella ricostruzione storica di alcune vicende non è difficile scorgere come, sino ad un certo momento, lo slittamento verso il patologico poteva essere evitato, e come dopo, tutto diventa piĂš difficile se non impossibile. Secondo i teorici dei âSistemi complessiâ6 (Morin, Maturana), i sistemi viventi si autoproducono, mentre entrano in rapporto di reciprocitĂ con il proprio mondo (nel senso che si arricchiscono sempre piĂš di esperienza e si trasformano, cambiando). Lâambiente produce perturbazioni che il soggetto ha il compito di compensare. Tutta la conoscenza, se vogliamo, prende lâavvio, in modo graduale, dallâorganizzazione delle perturbazioni.
Questo stesso concetto si ritrova negli scritti di Aldo Carotenuto che, a proposito dei rapporti di coppia, cosĂŹ si esprime: âNella fase di innamoramento, lâindividualitĂ dellâamante si era confusa con quella dellâamato, ma quando lâunione prende vita, ovvero quando subentra la relazione, io vengo restituito alla mia stessa unicitĂ trasformataâ7. Ed è qui che noi possiamo dire che lâincontro è come una creazione artistica. Ciò che può essere affascinante, ciò che in fondo mantiene i rapporti e conferisce loro uno spessore, è il fatto che nulla è dato, nulla è scritto, da qualche altra parte, ma tutto è di fronte a queste due soggettivitĂ , che possono dare vita a qualcosa di completamente nuovo. E allora se diciamo che questo momento è un fatto creativo, diciamo anche che spetta ai due protagonisti la responsabilitĂ della dimensione, della forma e della evoluzione che assumerĂ la loro relazione. I fatti però ci dicono che a volte lâincontro tende a trasformarsi in un non-incontro, quando al momento della riscoperta della mia individualitĂ , si affianca la dimensione del potere. La possibilitĂ di avere un Tu con cui dialogare corre sempre il rischio di perdersi, di ricadere nellâEsso. Per questo possiamo dire che il rapporto di coppia presenta aspetti delinquenziali, criminologici, che, se vengono rafforzati da un particolare contesto o da una disposizione patologica di entrambe le persone, possono far emergere in modo drammatico le zone dâombra, per usare un suggestivo termine junghiano.
Lâevento crisi, quindi, molto dipende da chi lo vive e lo gestisce, potendo esso rappresentare, come sâè detto, strumento di conoscenza e di crescita o elemento di distruzione. Scriveva Henry Miller:
Ogni giorno in cui manchiamo di vivere al massimo del nostro potenziale, noi uccidiamo gli Shakespeare, i Dante, gli Omero i Cristo che sono in noi. Ogni giorno che trascorriamo imbrigliati alla donna o allâuomo che piĂš non amiamo, uccidiamo in noi la forza di amare e di avere la donna o lâuomo che meritiamo. Lâepoca in cui viviamo è quella che meritiamo: siamo noi a farla, soltanto noi, e non Dio, non il capitalismo, o questo o quello, poco importa il nome, il male è in noi, il bene anche8.
Ciò, come si può facilmente comprendere, è ben diverso dallâavere una concezione sacrificale dellâesistenza, che porta a pensare e agire nel senso della âcroce da portare sulle spalleâ. Anna Magnani, per altro verso, in una conversazione con Franco Zeffirelli, cosĂŹ si esprimeva:
Dovevo nascere contadina dellâagro romano, fare tredici figli e ogni volta che aprivo bocca mio marito mi doveva riempire di schiaffi. Questo era il mio personaggio, per essere vera con la mia natura. Invece mi sono messa a fare lâattrice, sono diventata Anna Magnani, e sono stata una infelice per sempre9.
Queste due citazioni esprimono, a nostro avviso, molto bene come può essere multiforme il concetto di âmetter su famigliaâ. Ciò che è normale per un individuo, non lo è per un altro. Ciò che è la norma ad una longitudine, non lo è ad unâaltra. Cultura e una individuale âconcezione del mondoâ fanno poi il resto. Pertanto nella valutazione di una crisi coniugale, è indispensabile ricostruire una storia, che sia rigorosamente trigenerazionale, che tenga presente lâambiente in cui la storia si svolge, per entrare nel profondo dellâanimo dei due individui. Chi ha poi il compito di valutare o giudicare deve anche possedere una buona flessibilitĂ ideologica. Il Devoto-Oli dice che la crisi è: âUna perturbazione acuta nella vita di un individuo o di una collettivitĂ con effetti piĂš o meno gravi e duraturiâ10; nelle relazioni umane significative, come possono essere quelle coniugali, accade invece che i processi critici difficilmente siano acuti ma hanno, in genere, uno svolgimento piĂš lento e progressivo se non altro perchĂŠ fanno parte della storia di quegli individui; molte crisi, infatti, sono addirittura prevedibili.
In ogni coppia in difficoltà non è difficile riconoscere forze latenti che tendono a separare e controforze che tendono ad unire e sono proprio queste spinte contrastanti che allungano e, a volte, fondano drammaticamente i processi di crisi:
Le crisi â dice Ferlini â non sono mai piaciute e credo che ciascuno di noi ha sempre sperato di trascorrere la propria vita senza crisi: se proprio non se ne può fare a meno, che almeno siano crisi condivise o vissute in ambienti sicuri e protetti11.
In questo gioco di spinte e controspinte si può riconoscere la distruttivitĂ della coppia, o il suo livello di normalitĂ . Addentrarsi nel concetto di ânormalitĂ â è veramente unâoperazione a rischio. Per Sigmund Freud, ad esempio, ânormalità è unâimmagine idealeâ, forse per questo si tende a sostituire questo termine con quello di âsaluteâ, anche se poi questo, specie in ambiente medico-legale, può rivelarsi ancora piĂš pericoloso costringendo, a volte forzatamente, i consulenti a definire alcuni comportamenti o come rientranti nellâambito della psicopatologia o come appartenenti a quello di una sufficiente salute psichica. Per questo motivo noi continueremo ad esprimerci nei termini di ânormalitĂ /anormalitĂ â, dal momento che questa entitĂ diadica si presta piĂš facilmente ad una serena descrizione della condizione umana.
Dovremmo cominciare a pensare che le persone, quando formano una coppia, entrano in relazione con il loro differente grado di normalitĂ , che condizionerĂ poi, inevitabilmente, sia la vita coniugale che quella genitoriale. Riteniamo che, a meno che non vi siano chiari segni di patologia psichica, la lettura che andrebbe fatta della coppia in crisi da parte dei consulenti, del giudice, degli avvocati, e di altri operatori, quali ad esempio i mediatori familiari, dovrebbe essere in questa direttiva. Ogni relazione di coppia è pur sempre caratterizzata da un âincontro/scontro di normalitĂ â. La riprova della veridicitĂ di questo assunto la si ha tutte le volte che si ascolta una coppia che si sta separando in modo conflittuale. La descrizione che essi fanno, ognuno per proprio conto, delle loro vicende coniugali o genitoriali, è logica, attendibile e, spesso, convincente, solo che è di parte, pesantemente di parte. Sono due âveritĂ â che derivano da due ânormalitĂ â, ormai non piĂš collimanti ma, anzi, fortemente divergenti perchĂŠ provate dal peso di qualche evento inatteso o dalla faticosa gestione della temporalitĂ familiare che ormai ha usurato le due ânormalitĂ â, un tempo coincidenti. Due ânormalitĂ â, messe in scena da due attori, che recitano, anche se con forte, personale convinzione, la farsa patetica, pietosa e pacchiana di âscagionare se stesso e accusare lâaltroâ. Nei conflitti di coppia piĂš comuni, difficilmente câè uno dei due che ab...