Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative
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Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative

Francesco Berto, Paola Scalari

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Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative

Francesco Berto, Paola Scalari

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Über dieses Buch

"Fin dalle prime righe Mal d'amore si presenta come un testo dedicato a uomini e donne che desiderano confrontarsi con il tema del legame affettivo e delle passioni erotiche.Amarsi è infatti naturale. Eppure costruire vincoli solidi, duraturi e appaganti implica una scelta condivisa con il partner, una complessiva maturità, una intelligenza capace di promuovere adattamenti e un costante lavoro psichico.Amare è un bisogno fisiologico. Eppure ogni epoca storica lo interpreta in modo originale a partire dal contesto culturale nel quale prende forma.La lettura di queste pagine giova allora ai fidanzati che si avvicinano all'esperienza della vita in comune poiché li sollecita a riflettere sui loro bisogni emotivi e su cosa ognuno, oggi, possa aspettarsi dal compagno o dalla compagna.È però la coppia stabile, travolta dalla negoziazione affettiva, stanca dei conflitti quotidiani, offesa dalla realtà matrimoniale, quella che può trarre maggior beneficio da questo scritto.La patologia della pseudocoppia riguarda il sostare dei coniugi sulla soglia di una relazione che non li soddisfa, li immiserisce e li rende infelici senza che nessuno dei due riesca a dare avvio ad un cambiamento.È la ripetitività il segnale che la vita in comune non può proprio funzionare. La staticità è la trama emotiva che intossica l'aria che respirano i figli.Il libro si rivolge quindi a tutti coloro che lavorano con i bambini e i ragazzi in quanto li aiuta a collocare i comportamenti delle nuove generazioni nel sistema familiare e li induce a valutare la possibilità evolutiva dei rapporti tra figli e genitori."

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Information

Jahr
2012
ISBN
9788861532618

11.

La cura del dolore

Non si tratta di capire tutto,
ma di intendersi all’ascolto di una polifonia
alla quale prendiamo parte.

Come in una corale.
René Kaës
Imbastire una trama
è passare dalla domanda “e cosa accadde allora?”
a quella “perché avvenne?”.

James Hillman

11.1 CUPI ALLARMI

Il figlio che nasce da una coppia unita da un vincolo narcisistico è destinato a patire. Il bambino, infatti, nella sua bizzarra famiglia, va assorbendo quei legami difettati che, trasmessi da una generazione alla successiva, si sono dapprima mal combinati nel matrimonio tra mamma e papà per poi confluire, come un fiume in piena, dentro di lui.
Spesso la figlia di una coppia infelice è una donna che fatica a divenire madre poiché la sua mamma famelica e divorante la dissuade dall’interno a procreare. Anche se alla fine partorisce non è in grado di assumere completamente la funzione materna. Molte volte pure il figlio nato da un matrimonio bizzarro è un uomo che non riesce a generare in quanto il padre schiavizzato dalla moglie o violento verso la madre lo dissuade a mettersi nei panni del papà. Se concepisce un bimbo non sa quindi come proteggerlo, sostenerlo e averne cura.
Qualche volta la rinuncia alla filiazione è consapevole. Altre volte invece rappresenta un divieto che rimane inconscio. La proibizione emotiva, quando proviene dagli abissi dell’anima, apre la strada ad un pesante calvario che, con il suo carico di dolori, determina un’insuperabile sterilità psicogena.
L’infruttuosità emotiva si manifesta sia a livello fisico, poiché l’individuo non riesce né a fecondare né a lasciarsi fecondare, sia a livello mentale, poiché la persona impoverita non è né creativa né imprenditoriale.
I nuovi giovani adulti sono dunque sempre più aridi. Alcuni perché incapaci di mettere al mondo figli, altri perché inibiti nel dare alla luce nuove idee, quasi tutti perché contagiati da un narcisismo patologico che li rende incapaci di atti generosi.
Nella comunità sociale circola uno stato d’allarme estremamente elevato. È dietro l’angolo, infatti, il rischio di indebolire così tanto il tessuto sociale al punto da renderlo incapace di proiettarsi nel futuro.
La collettività avverte in modo impreciso, ma frastornante, questo pericolo. Accusa i giovani di essere apatici, inconcludenti, bamboccioni, bulli, drogati, sfaticati, superficiali, nichilisti… Nella popolazione serpeggia anche un sentimento di competizione verso le nuove generazioni che si stanno godendo la loro epoca. Si pensa agli adolescenti come a dei privilegiati. Si critica allora il loro facile accesso a tante chance straordinarie. Sono belli e prestanti, sono amati e liberi, sono figli del mondo e cittadini senza frontiere.
Gli adulti li considerano dei rivali e sono terribilmente invidiosi. Vagheggiano allora di ottenere una eterna giovinezza fatta di lifting, interventi chirurgici, creme miracolose, palestre estenuanti, controlli alimentari serrati.
La vecchia generazione rincorre amori innaturali e sfodera libertà irresponsabili. Presidia ogni spazio della vita collettiva per mantenere il potere e svilisce chi è inesperto. Toglie spazio ai giovani quasi si sentisse in credito per quanto non ha ricevuto.
L’attacco al legame generazionale passa allora dall’ambito domestico a quello sociale. Il risultato però è sempre il medesimo: occupare lo spazio dei ragazzi per rapinarli della loro esistenza. Contrastare questa deriva sociale implica il rafforzamento delle capacità relazionali degli individui sostenendo, con determinazione e con fermezza, tutti i settori che ne promuovono lo sviluppo. Bisogna fortificare il tessuto sociale che sorregge il familiare.
Le istituzioni però agonizzano. Svanisce infatti la loro funzione di contenitori di tutti gli esseri umani, perciò non sono più in grado di difendere i cittadini dai loro timori.
L’impresa muore e la disoccupazione aumenta. Cresce la povertà anche nei ceti medi che mantengono a fatica una esistenza dignitosa.
Lo stato sociale si ritira. I servizi alla persona si svuotano di senso. Le risorse economiche vengono, di finanziaria in finanziaria, corrose. La sanità langue. La salute diventa un diritto mancato. Donne, uomini e bambini sono sempre più soli, stanchi e demo-ralizzati. I genitori, stressati, si sottraggono dalle funzioni educative. I figli, abbandonati, diventano violenti. La legge condanna ogni brutalità.
Lo Stato amplia dunque la repressione anziché aumentare le opportunità formative. L’insicurezza di ogni cittadino aumenta. L’incertezza diventa esigenza di protezione. Si confonde però la difesa militare con quella relazionale.
Ogni individuo – per tranquillizzarsi – ha invece bisogno di sicurezza sociale. La sua angoscia lo condanna altrimenti ad un isolamento destrutturante.
Il matrimonio diventa un apparente rifugio all’ansia narcisistica e viene contratto come chimerica risposta alla solitudine esistenziale.
Le storie coniugali si fanno allora sempre più insoddisfacenti. Le vite in comune si sfaldano. I legami matrimoniali rendono infelici.
Si mettono al mondo bambini contesi e tristi. Nuove generazioni diventano improduttive. La società si indebolisce.
Sistema sociale, istituzioni, organizzazioni si svuotano di principi e di valori. Vengono a mancare anche le nuove generazioni professionali capaci di invertire la rotta che spinge tutti verso il degrado culturale, sociale e umano.
La formazione degli operatori è sporadica, superficiale e discontinua. Le assunzioni sono precarie per impedire investimenti, appartenenze e progetti a lungo termine.
Le équipe confliggono, si scontrano e si spaccano. Le organizzazioni, disilluse, si trincerano dietro a stereotipi burocratici.
Le istituzioni si deteriorano a causa della loro incapacità di contenere l’angoscia individuale. Famiglia, scuola, sanità e occupazione svaniscono trascinandosi reciprocamente nel marasma attuale.
Adulti e bambini hanno invece urgente bisogno di aiuto per oltrepassare l’attuale periodo storico caratterizzato da un transito epocale. Soprattutto il modello tradizionale di famiglia sta lasciando il posto ad una nuova concezione del familiare che ingloba più nuclei orizzontali.
Questo cruciale passaggio, per essere affrontato e risolto con efficacia, richiede una altissima specializzazione relazionale.
Dalla crisi si può dunque uscire migliori se non si viene bloccati dal mal d’amore. Occorre allora innanzitutto allenare la capacità affettiva dei piccoli avviando un’ampia progettazione sociale che sia finalizzata all’educazione sentimentale delle nuove generazioni.

11.2 PROMUOVERE LA CRESCITA

La promozione della crescita dei bambini, grazie a molteplici e innovative progettazioni, può raccogliere i segnali che evidenziano come un ragazzo sia intollerante ai legami umani. Attraverso un’educazione affettiva diffusa allora si intercettano e si contrastano i comportamenti che vanno via via connotandosi con un gradiente – pur diversificato – di confusione, disordine, irrequietezza e angoscia narcisistica.
È ora scientificamente dimostrabile come la consistenza di questo marasma mentale presente nei piccoli sia proporzionale alla potenza con la quale la coppia coniugale si è saldata in un incastro patologico.
È dunque certo che il matrimonio basato sul possesso, anziché sul rispetto dell’autonomia reciproca, destabilizza i figli non tanto per lo squilibrio individuale di ciascun coniuge, quanto per la trasmissione del legame patologico che fonde morbosamente i due genitori. Bisogna allora far emergere l’irragionevolezza che è entrata nella mente dei bambini esponendoli a relazioni regolari, equilibrate e sensate.
L’obiettivo di tutti i professionisti che incontrano i ragazzi e le loro famiglie diviene perciò quello di riattivare lo scambio umano.
Ad ogni operatore che li avvicina viene richiesta una specifica competenza relazionale in grado di assorbire e disattivare le radiazioni emotive dannose.
La difficoltà attuale sta nel reperire e formare professionisti in grado di svolgere questa funzione di decontaminazione emotiva.
La mente degli operatori psico-socio-educativi dovrebbe funzionare come una lavatrice nella quale si inseriscono i panni sporchi per estrarli poi lindi e mondati.
Purtroppo molti professionisti, essendo uomini e donne che vivono in questo momento storico, sono, a loro volta, intrisi di sentimenti narcisistici. Allora, anziché proteggere il minore, lo condannano ad assorbire nuove dosi di affetti velenosi. Lo intossicano a tal punto che nessuno riesce poi a recuperare la sua immensa amarezza.
Troppi insegnanti, educatori, assistenti sociali e psicologi gettano addosso al ragazzo la loro potente ansia da prestazione. Tanti operatori hanno infatti un gran bisogno di mostrarsi validi e arrivano a contaminare ogni campo relazionale con la loro prosopopea altezzosa. Sfibrano definitivamente il valore dei legami umani comportandosi con arroganza. Si schierano con i più forti e condannano i più deboli. Decretano che un alunno è intrattabile, un preadolescente è irrecuperabile, un sistema familiare è ormai definitivamente deviante. Cercano allora di isolare, allontanare, emarginare anziché educare, curare, allevare. Sono sempre arrabbiati con tutti e trovano un po’ di pace solo se incontrano qualcuno che, nei loro confronti, si spertica in elogi, complimenti e lodi.
Amano le sviolinate. Vogliono un genitore che li assecondi.
Lo trovano in quel coniuge che, preso separatamente dal partner, può apparir loro come una vittima di una tribolata vita familiare. Si identificano allora con lui, lo compatiscono, lo esortano a liberarsi da ogni peso morto.
L’educatore si accorgerà però, prima o poi, che un coniuge, fuso e confuso, si ostina, separato o sposato che egli sia, ad esigere che chiunque realizzi i suoi sogni, desideri e vagheggiamenti.
Ogni suggerimento assume per lui il sapore della critica. Ogni comunicazione torna ad alimentare la sua invidia portandolo a recriminare all’infinito per ciò che, sempre e comunque, crede di sentirsi dire ingiustamente.
Per fortuna un operatore può incontrare anche un padre o una madre competenti. La capacità di questi genitori riesce però a farlo irritare perché, discutendo con loro, si avverte sempre sottoposto a un giudizio persecutorio. Il professionista egocentrico vede allora costantemente minacciata l’immagine di sé, si sente perennemente denigrato e infine si irrigidisce.
Una brava mamma e un papà impegnato, infatti, si aspettano che al figlio siano date opportunità educative concrete. Contrattano e negoziano allora il patto educativo ritenendolo importante. Non sono né ossequiosi né tanto meno in cerca di compatimento. Pretendono che l’allievo sia rispettato e lo difendono se è usato come oggetto che deve gonfiare il sé grandioso di un insegnante, di un allenatore, di un religioso o di un educatore. Quando almeno uno dei due genitori sa distinguere i tempi della vita e gli spazi che separano le persone, un adolescente può essere preservato da una patologia importante che, nata in famiglia, può sempre trovare un terreno fertile dove svilupparsi sia nel mondo scolastico che in quello del tempo libero. Un giovane, pur vivendo delle zone d’ombra, se ha almeno un genitore competente può sviluppare delle abilità affettive che gli permettano di amare e studiare. Un ragazzo invece, se agli ambiti oscuri sperimentati a casa somma quelli vissuti fuori casa, è decisamente condannato a molti insuccessi amorosi e affettivi e a tanti scacchi scolastici e professionali.
Solo il bambino che ha dei genitori uniti da un legame protettivo è immune da ogni contagio esterno malato. Una mamma e un papà, amandosi con grande rispetto, introducono infatti nella mente del figlio un potente vaccino che lo preserva da ogni malvagità.
A tutti i discendenti di genitori blandamente narcisisti, però, basta un solo incontro capace di mostrar loro come si devono vivere i rapporti per superare la prigionia dal mondo familiare. Un team affiatato di docenti, una équipe di educatori professionali, un parroco con i suoi cappellani, l’incontro con gli amici di famiglia, l’esempio di come si atteggi una zia con lo zio, la calda relazione tra i nonni fungono da correttori del marasma in cui vivono i suoi genitori. Anche i ragazzi meno sofferenti, allora, se hanno l’opportunità di incontrare delle persone capaci di rimanere in contatto con la realtà, possono trarre da questi incontri grandi vantaggi e divenire una risorsa produttiva per tutta la società. È l’unione patologica tra un marito e una moglie che rende impossibili, intrattabili e irrequieti la maggior parte degli adolescenti e non tanto per il rapporto che intrattengono con ciascun genitore quanto per il vincolo che intercorre tra i due adulti di casa e il contesto sociale circostante. Nasce infatti l’idea che la relazione con l’altro significhi essere sottomessi, dominati, manipolati, governati e sfruttati.
Se il giovane, grazie invece all’incontro con educatori sapienti e competenti, capisce che ciò che i suoi genitori mettono in scena in famiglia è l’anticamera dell’alienazione, può sempre svincolarsi da mamma e papà e può, di conseguenza, evolvere.
Il figlio di genitori sconclusionati qualche volta riesce a realizzare una modalità di vita dignitosa, tuttavia con un profilo sempre basso, defilato, marginale.
Una famiglia malata crea tanti ostacoli e comporta sempre uno spreco di intelligenze creative e una dispersione di passioni affettive.
Affinché questo olocausto generazionale non si compia è necessario che degli educatori e degli operatori sociali competenti vadano ad occuparsi dei bambini. È quindi urgente formare dei professionisti che siano capaci di relazionarsi affettivamente con i piccoli preservandoli dall’esposizione a legami insani.
Sono dunque gli insegnanti appassionati e sapienti, gli educatori creativi e disponibili, i religiosi carismatici e pietosi, gli allenatori seri e imparziali coloro che offrono le migliori occasioni per la cura del dolore che il bambino ha accumulato in famiglia.
Le figure educative inoltre se collegate in modo maturo ad operatori sociali e sanitari capaci di ascolto e di comprensione, possono davvero fare la differenza nell’esistenza di un bambino infelice.
Diventa essenziale avere dei presidi cittadini per la prevenzione del disagio nell’età evolutiva e per la protezione e la tutela dei minori che collochino tutti i professionisti in un cerchio capace di sane interazioni.

11.3 LA PROTEZIONE DELL’INFANZIA

È necessario che in ogni territorio vengano incrementate le occasioni d’incontro relazionale dedicate ai bambini, ai ragazzi e alle loro famiglie. Sono spazi dove l’utente, adulto o minore, vive l’esperienza di stare in gruppo per cooperare, insieme ad altri, alla realizzazione di un compito. All’interno di questi dispositivi avviene quello scambio emotivo che offre l’opportunità di curare, educare e recuperare la confusione relazionale trasmessa dalla famiglia d’origine. Se infatti la malattia è nata nel gruppo familiare, è il gruppo il luogo migliore per curarla.
Sono pertanto sempre più diffusi gli spazi d’incontro relazionali e le scuole dedicate ai genitori che utilizzano il piccolo o il grande gruppo per aprire un confronto sui modelli educativi di mamme e papà.
Il punto in comune di queste aree progettuali, che vanno dal percorso nascita, al sostegno ai genitori, fino alla mediazione familiare per madri e padri divorziati, viene individuato nella possibilità di dare visibilità ai bisogni dei figli.
La funzione dell’esperto è quella di rassicurare il genitore che ha paura di sbagliare, di essere inadeguato e di sentirsi giudicato negativamente. L’incremento di stima aiuta infatti mamme e papà a svolgere con più pacatezza e tranquillità la loro funzione di cura, sostegno e guida.
Molti genitori cercano questo confronto. Purtroppo però parecchie mamme e tanti papà non lo utilizzano per il timore di sentirsi sgridati, per la vergogna di avere bisogno di suggerimenti e quindi per la difensiva convinzione di sapere tutto. È allora ai minori che va data, direttamente, una specifica chance evolutiva. Negli spazi collettivi dedicati alla promozione e allo sviluppo identitario dei bambini e dei ragazzi un operatore, preparato a coordinare un gruppo e a leggere le dinamiche che in esso si vanno dispiegando, può intercettare la confusione relazionale di cui è portatore un minore e prendersene cura.
Se il compito manifesto attorno al quale i bambini si incontrano può essere molteplice e andare dall’attività ludica a quella sportiva, dalla ricerca espressiva a viaggi esplorativi, dall’arte al volontariato, il compito latente, sul quale l’operatore è rigorosamente impegnato, è sempre e solo quello che lo porta ad osservare le capacità dei piccoli di sviluppare dei rapporti sani.
I suoi interventi, attraverso un giocostoria, che ha alla base l’impianto teorico dello psicodramma, sono pertanto tutti indirizzati a decodificare e rinominare gli stati emotivi dei bambini e dei ragazzi. L’animatore relazionale coordina il gruppo osservando, nominando e parlando al mondo affettivo dei partecipanti all’esperienza.
Non obbliga nessun ragazzo a raggiungere alcuna meta, competenza, abilità tecnica. Non lavora per esibire il gruppo in un qualsiasi saggio pubblico, ma per far emergere i vissuti che circolano nell’animo dei giovani. Non cerca di eliminare con affermazioni repressive quanto non gli piace, ma lascia che il processo evolutivo si compia. Conosce l’importanza di lasciare che si susseguano momenti di autonom...

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