Genitori in regola.  Regole, disciplina e responsabilità
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Genitori in regola. Regole, disciplina e responsabilità

Roberto Gilardi

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Genitori in regola. Regole, disciplina e responsabilità

Roberto Gilardi

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Über dieses Buch

Questo volume prende per mano i genitori che vogliono riscoprire l'importanza educativa delle regole per la crescita dei loro figli. Come una guida introduce al territorio vasto delle regole, descrivendo atteggiamenti, stili e scelte che possono aiutare o al contrario ostacolare la condivisione efficace della regolazione della vita in una famiglia. La condivisione attiva delle regole è il miglior contributo, infatti, per educare a una democrazia responsabile, consapevole, effettiva.

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Information

Appendice

Domande di genitori

La salute del dubbio

Tempo fa, in diverse scuole medie inferiori e superiori, ho raccolto alcune domande da parte di un folto gruppo di genitori in modo da poterne discutere insieme. Poi, visto il lungo elenco, ho promesso di scrivere alcune brevi considerazioni per alcune di queste, ma ho fatto la stessa richiesta ai genitori in modo da confrontare le differenti modalità di interpretare e dare la propria risposta.
In un secondo tempo ho avuto l’idea di proporre le stesse domande a ragazzi di terza media e di seconda e terza superiore.
La cosa interessante, per quei gruppi di genitori, è stato il confrontare le risposte del mondo adulto con quelle di pre-adolescenti e adolescenti. Senza un intento specifico nella ricerca della soluzione “giusta”, semplicemente con la finalità di confrontarsi tra adulti e conoscere come potrebbero pensarla i figli in merito alle medesime questioni che i genitori si pongono.
Alcune di queste domande vengono riproposte in questo volume, solo alcune, perché la quantità sarebbe tale da richiedere un intero libro e forse più. Se il lettore volesse fare lo stesso percorso, proporle ai propri figli per sentire il loro punto di vista (se l’età lo consentisse, ovviamente), e confrontarlo con il proprio, non sarebbe cosa disdicevole.
Ecco dunque le domande. Troverete le risposte dei ragazzi e potrete confrontarvi con alcune riflessioni dell’autore.
Le domande, sono in parte inerenti al tema del libro, regole e disciplina, altre sono in ogni caso molto “gettonate” e frequenti, nei dubbi del mondo genitoriale nei confronti dell’adolescenza o poco prima.
In ogni caso è bene tenere presente che le considerazioni dell’autore non sono risposte, suggerimenti di soluzioni, consigli da attuare meccanicamente (anche se molti genitori lo vorrebbero ardentemente), bensì semplici riflessioni frutto di esperienza diretta e di incontri con molti altri genitori, ma pur sempre molto personali.
1. Quando imporre il proprio punto di vista di genitore e quando accettare il loro modo di comportarsi? È giusto che i genitori insistano e si intromettano nelle scelte dei figli?

Tredicenne

Imporre il punto di vista da genitori? Come vi salta in mente un’idea simile? Le opinioni, le prospettive, i punti di vista non si possono rendere obbligatori: come vi sentireste se qualcuno vi imponesse una dittatura? Lo trovereste piacevole o cerchereste di liberare il vostro modo di essere? Lo si può imparare anche dalla storia: alle imposizioni si reagisce con la rivoluzione che, nel caso di ragazzi & co. è una vera e propria ribellione al “potente”.

Diciassettenne

Intromettersi è un verbo che già da solo ha una connotazione sgradevole. Se io mi “intromettessi” nella vita dei miei genitori, in linea strettamente teorica, sarebbe una vera e propria prevaricazione. Loro hanno la loro età, le loro esperienze, una vita che non conosco se non nella piccola parte che mi riguarda: imporre loro qualsiasi cosa, sarebbe una mancanza di rispetto.
Ma io non posso comunque imporre niente; il coltello, ce l’hanno i genitori dalla parte del manico, già questo è da considerarsi un privilegio. Rimarcare questa “superiorità”, viene vissuto come un sopruso alla mia età: tanto, come puoi ribellarti? Al massimo, ti rimane da scappare; se tutti i ragazzi ne avessero i mezzi, probabilmente vivrebbero fuori di casa. Giusto per non avere nessuno al di sopra di te che ti comanda. Nemmeno i genitori conoscono le nostre vite “segrete”, non sanno che abbiamo progetti e una consapevolezza tutta nostra (che a volte raggiungiamo solo dopo aver fatto qualcosa di sbagliato). Alla fine ci si regola da soli, si trova l’equilibrio.
Insistere è lecito, sempre che non si arrivi all’esasperazione: ma se si è proprio sicuri che ci serva qualche riflessione in più prima di prendere una decisione importante, allora il fatto di insistere fornisce un ulteriore spunto di pensiero.

Autore

Per prima cosa bisognerebbe capire cosa significa “imporre il proprio punto di vista”. Se vuol dire “mio figlio deve credere alle cose in cui credo io”, allora condivido proprio l’“impossibilità” che questo accada attraverso meccanismi di tipo impositivo.
Oppure accade, ma a caro prezzo. E il prezzo è la perdita della identità personale, quella del figlio, in favore di quella genitoriale. Ad alcuni potrebbe far piacere, ad altri no. In genere, le persone nella vita, prima o poi “scelgono” il proprio punto di vista, maturano la propria identità, i propri valori, le proprie convinzioni.
Questo può succedere nei due modi già descritti: identificazione o esplorazione. Nell’identificazione il figlio sceglie valori, idee, convinzioni di altri (genitori o figure per lui importanti e significative). Si “identifica” al punto da ritenere valido e buono per sé ciò che è valido e buono per altri. Questo è ciò che accade, quando un “Predicatore” fa centro. Il figlio aderisce a valori e regole proposti dal genitore perché ne sente la giustezza o la bontà, attraverso l’autorevolezza delle sue parole.
Nell’esplorazione, al contrario, il figlio costruisce le proprie attribuzioni di valore a partire dalla sua esperienza, vissuta e resa simbolica, cioè organizzata in termini di identità. Ad esempio, nel momento in cui assaggia una patatina fritta e ne prova piacere, si fa l’idea del suo gusto, anche se un genitore dice che: “Fanno male”. Questo è l’obiettivo principale perseguito dal Maieuta: facilitare la costruzione di valori e regole (e quindi una parte di identità personale), a partire dalle proprie esperienze.
Se invece “imporre il proprio punto di vista” significa che un figlio deve accettare le scelte che il genitore fa in alcuni campi, il discorso cambia. Per un neonato è il genitore che sceglie tutto, dalla A alla Z. Il processo di crescita, autonomia e responsabilità, dovrebbe portare un genitore a facilitare la progressiva delega di scelte al figlio. Lo stesso discorso vale, come già detto, per le regole. Così come per l’esempio dell’orario di andare a letto. L’età in cui i passaggi possono avvenire non è dato a sapersi e non è per tutte le persone allo stesso modo.
Anche per quanto riguarda l’intromettersi varrebbe la pena comprendere di cosa si tratti. Riprendendo gli esempi della piramide, se intromettersi significa voler regolamentare le amicizie del figlio, la cosa si configura certamente come una “invasione di campo”, di territorio, di un territorio che non compete a un genitore.
Se al contrario, intromettersi significa dire come la si pensa, esprimere il proprio parere, ben radicato e soprattutto motivato, non v’è il minimo dubbio. Anche la costituzione legittima il diritto alla parola. Sarebbe deleterio il contrario, che un genitore, per timore di influenzare le scelte del figlio, se ne stesse zitto. Le scelte non sono possibili, o non sono scelte, senza conoscenza, e ognuno di noi ha una conoscenza molto parziale delle cose, molto particolare. Allargare il proprio sguardo attraverso la possibilità di conoscere differenti punti di vista non fa altro che aumentare le informazioni che si dispongono e che possono aiutare proprio nella scelta. Sempre che queste informazioni siano accompagnate da un atteggiamento interiore di rispetto e di libertà, per la accettazione o il rifiuto del figlio in merito alle nostre idee.
2. Quanto è possibile essere “invadenti” e fino a quando è opportuno rispettare i loro silenzi?

Tredicenne

Quando qualcuno cerca di invadere la nostra privacy ci sentiamo scocciati, e la reazione a ciò è l’automatica “chiusura a riccio”. La “chiusura a riccio” sarebbe da brevettare, perché con tutte le volte che viene messa in atto il proprietario del brevetto diventerebbe multimiliardario. Credo che non sia affatto giusto cercare di aprire un dialogo a tutti i costi, semmai si può preparare un terreno fertile per esso. Mi spiego: se un/a ragazzo/a ha lo sguardo torvo e il broncio, non provate nemmeno a cominciare una frase con “com’è andata a scuola?”, perché la risposta più ovvia è un’occhiataccia e uno sbuffo di compassione per il povero genitore che non capisce un bel niente! Meglio passare all’attacco-contro-depressione: presentarsi con un pensierino o buttare lì qualcosa tipo “oggi non gira proprio, eh?” è molto più confortante…

Autore

La parola “invadere” ha di per sé un’accezione negativa, anche etimologicamente. Invadere significa entrare nel territorio di qualcun altro (andare contro). Gli invasori, nella storia, sono sempre stati vissuti male, anche quando portavano acquisizioni importanti o aspetti culturali rilevanti. Anzi proprio il carattere di invasione faceva rifiutare ogni tipo di proposta.
Fate finta di essere di fronte a una porta chiusa e non sapendo chi c’è dentro vorreste entrare. Che fate? Bussate, immagino. Lo stesso segno di scrupolo e rispetto, potremmo darlo ai figli nella maggior parte dei casi e in modi differenti. Alcuni sono suggeriti dalla tredicenne. Molto validi. Un altro potrebbe essere del tipo: “Mi sono accorto che c’è qualcosa che non va… se posso darti una mano…”. Come dire: “Ci sono ma decidi tu se vuoi”. Bussare prima di entrare quindi. E attendere che qualcuno dica “avanti!”.
È il figlio che decide se farci entrare nella sua vita. In modo consapevole (lo sceglie), o in modo inconsapevole (la fiducia in noi è tale che per lui non rappresentiamo la minima minaccia, anzi). Non esistono “chiavi magiche” per aprire porte che non vogliono essere aperte. E forzare la serratura, il più delle volte lascia brutti segni sulla porta, o rovina la serratura stessa, che non si chiude più come prima.
Rimanere in attesa, e rispettare un silenzio è una delle cose più difficili da fare, soprattutto con una persona cui si vuole bene e che capiamo essere in difficoltà o soffrire. Ma è uno dei gesti di amore più profondi e gratuiti che si possano fare. Ed è un gesto di cui il figlio, nella maggior parte dei casi, si rende conto e apprezza, anche se non ce lo dice apertamente.
3. Perché non parlano mai del loro rapporto con le ragazze o i ragazzi? Perché non parlano mai di sesso?

Tredicenne

Dovremmo parlare dei ragazzi o delle ragazze con i nostri genitori? Per quanto loro siano cresciuti in un’epoca vicina al Pleistocene, l’evoluzione non ci ha cambiati molto: fino a un certo periodo le ragazze pensano che i ragazzi siano degli idioti immaturi e i ragazzi trovano che le ragazze siano delle galline petulanti. Dopodiché si incomincia ad apprezzare il sesso opposto e si parla ai propri amici dei primi fidanzatini… non trovate che sia imbarazzante parlarne con i propri genitori? Provate a ripensare a quando gli pterodattili volavano ancora nel cielo azzurro e voi eravate giovani: non facevate così anche voi?

Quattordicenne

Non parliamo di sesso? Ma tra di noi non si fa altro. Tranquilli, non siamo ancora così piccoli! Ma parlarne con voi a cosa servirebbe? Con tutto il rispetto, ma ne sappiamo anche più di tutta la vostra cultura a sfondo sessuale accumulata nel corso degli anni!

Sedicenne

Non è certo uno di quegli argomenti facili facili, di cui parlare mentre si è a tavola. Se poi si incomincia a voler scoprire la vita sentimentale di una/un figlia/o solo quando lei/lui sono a “rischio primo rapporto sessuale” così, di botto, dopo i primi 14-15-16 anni in cui si è parlato di sesso solo a scuola, in ambito scientifico, è uno shock! Troppo interesse concentrato in troppo poco tempo. Improvvisamente, se un adolescente sembra propenso a voler fare esperienze (fisiche) con l’altro sesso, sembra che a mamma e papà interessi dei nostri patimenti sentimentali. Certo, come se non fosse solo un modo per scoprire se stanno per diventare inaspettatamente nonni… I sentimenti ...

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