Ottica e teorie della luce
Antonio Clericuzio
Lâottica (perspectiva) è una delle discipline scientifiche che compiono i maggiori progressi nel corso del XIII e XIV secolo. Il termine latino perspectiva indica una molteplicitĂ di argomenti: la natura e la propagazione della luce, i colori, lâocchio e la visione, le proprietĂ degli specchi, la riflessione e la rifrazione. Nel tardo Medioevo la distinzione tra luce e colori è universalmente accettata, cosĂŹ come lâidea della propagazione rettilinea della luce. Allo stesso modo vi è generale accordo sulle modalitĂ di riflessione della luce. Le ricerche ottiche di Alhazen sono in seguito sviluppate da Ruggero Bacone, John Peckham e Witelo. Per Bacone lâottica, in quanto coniuga matematica e fisica, costituisce un modello per tutte le scienze naturali.
Trasmissione delle ricerche degli antichi
Molta parte delle conoscenze ottiche degli antichi (in particolare le teorie di Euclide e Tolomeo) raggiungono lâislam intorno al IX secolo e costituiscono la base delle indagini di al-Kindi e Alhazen. Questâultimo formula una nuova teoria della visione, basata sul principio dellâintromissione, che fonde i punti di vista fisico, matematico e fisiologico. Un significativo impulso allo studio dellâottica è dato da Roberto Grossatesta, che attribuisce alla luce un ruolo centrale nelle indagini intorno alla natura e alla conoscenza. Le ricerche ottiche di Alhazen sono sviluppate da Ruggero Bacone, John Peckham e Witelo. Nel tardo Medioevo la distinzione tra luce e colori è universalmente accettata, cosĂŹ come lâidea della propagazione rettilinea della luce. Allo stesso modo, vi è generale accordo sulle modalitĂ di riflessione della luce: il raggio incidente e quello riflesso formano angoli uguali con la superficie riflettente e sono situati su un piano che è a essa perpendicolare. Circa la rifrazione, è noto che un raggio che passa da un mezzo meno denso a uno piĂš denso è rifratto nella direzione della perpendicolare alla superficie rifrangente â mentre un raggio che passa da un mezzzo piĂš denso a uno piĂš raro è rifratto in maniera opposta. Allâinizio del Trecento Teodorico di Freiberg propone, ma senza aver seguito, una spiegazione dellâarcobaleno basata sulla rifrazione e sulla riflessione della luce del Sole a opera delle gocce dâacqua.
LâereditĂ antica
Lâottica medievale si fonda su pochi principi e alcuni teoremi giĂ dimostrati da Euclide. Secondo Euclide, i tre elementi essenziali che intervengono nel processo visivo sono costituiti dallâocchio, dallâoggetto visibile e dalla distanza interposta tra questi due termini. La relazione tra questi elementi è interpretata mediante un modello geometrico, che assimila lâocchio a un punto dal quale si propagano in maniera rettilinea dei raggi che raggiungono i contorni delle cose.
Tutti gli oggetti sono visibili solo in quanto vengono compresi da una piramide di raggi che ha il vertice nellâocchio e la base sulla loro superficie, mentre la loro grandezza apparente è determinata dallâampiezza variabile dellâangolo descritto nellâocchio dal vertice della piramide. Di conseguenza le cose viste appariranno tanto piĂš grandi quanto maggiore è lâangolo visivo sotto il quale si mostrano. Lâottica euclidea è contenuta nellâOttica o Perspectiva (teoria della visione) e nella Catottrica (teoria delle immagini speculari, probabilmente opera di un altro autore). Si tratta di libri di geometria impostati come gli Elementi: 14 postulati aprono lâOttica e 7 la Catottrica, cui seguono le proposizioni, âteoremiâ. Un contributo fondamentale è lâintroduzione del concetto di raggio rettilineo, che per Euclide è una pura costruzione geometrica, avendo lunghezza, ma non larghezza. I primi due postulati della Catottrica sono: 1. il raggio è una linea retta di cui i mezzi toccano le estremitĂ ; 2. tutto ciò che si vede, si vede secondo una direzione rettilinea.
Le principali teorie della visione elaborate dai Greci possono essere ridotte a quattro: 1. estromissione, per la quale i raggi visivi sono emessi dallâocchio e âcatturanoâ lâoggetto (lâottica di Euclide e poi di Tolomeo); 2. intromissione, per la quale effluvia che trasmettono le immagini sono emessi dagli oggetti ed entrano nellâocchio dellâosservatore (atomisti, in particolare Epicuro e Lucrezio); 3. la visione è prodotta da un mezzo, lâaria, che assicura il contatto tra lâoggetto e lâocchio (Aristotele); 4. la visione è causata da uno spirito che dal cervello, attraverso il nervo ottico, permea lâaria circostante mettendo questâultima in condizione di percepire lâoggetto con cui entra in contatto (Galeno). Le teorie ottiche dei Greci si differenziarono anche per il modo in cui è affrontato il problema della visione: mentre le teorie di Euclide hanno soprattutto carattere matematico, quelle atomistiche e quella aristotelica sono di tipo fisico, quella galenica è invece finalizzata a spiegare gli aspetti anatomici e fisiologici della visione.
Gli Arabi: ottica geometrica e fisiologia della visione
Grazie al contributo della scienza araba, lâottica diviene una disciplina piĂš complessa e sofisticata, nella quale confluiscono vari tipi dâindagine, che spaziano dallâoftalmologia alla gnoseologia, dalla fisica alla meteorologia. Tra il IX e il X secolo, i medici arabi producono le prime accurate trattazioni oculistiche, poi acquisite dalla cultura latina. Al-Kindi adotta la teoria dellâestromissione, per la quale noi vediamo in virtĂš di raggi visivi emessi dallâocchio. A suo avviso solo questa teoria è compatibile con lâottica geometrica. Ad Alhazen si deve una nuova teoria della visione, che sviluppa la dottrina dellâintromissione dei raggi dallâoggetto allâocchio.
Composta alla fine del IX secolo, lâopera di Alhazen, tradotta in latino alla fine del XII secolo con il titolo di De aspectibus, diverrĂ il modello dei trattati medievali di ottica. Alhazen integra le conoscenze mediche dei suoi contemporanei con i principi dellâottica geometrica euclidea e unâapprofondita indagine sulla formazione e la validitĂ della percezione visiva. Per spiegare lâatto della visione, Alhazen adotta il modello geometrico della piramide visiva, ma ritiene, diversamente da Euclide, che i raggi si diffondano da ogni punto dellâoggetto osservato per concorrere nellâocchio, asserendo, erroneamente, che i raggi riproducono la forma dellâoggetto nel cristallino. Oltre a studiare gli specchi sferici e parabolici, le lenti e il fenomeno dellâaberrazione sferica, Alhazen esamina in termini quantitativi la rifrazione della luce.
I filosofi cristiani e la luce: Roberto Grossatesta
Il primo autore latino a sviluppare una teoria della luce è Roberto Grossatesta, vescovo di Lincoln, che attribuisce alla luce un ruolo centrale nella produzione e nella costituzione dellâuniverso. La natura della luce e la sua propagazione attirano lâinteresse dei pensatori che seguono la tradizione platonica di stampo agostiniano, in quanto per Agostino e per alcuni filosofi neoplatonici la diffusione della grazia divina è analoga alla propagazione della luce. Per Grossatesta, allâinizio Dio crea dal nulla la materia prima e la luce, che è la forma di questa materia. La luce è una sostanza corporea sottilissima, le cui proprietĂ sono di generare se stessa e di diffondersi sfericamente in tutte le direzioni istantaneamente. La luce è anche il principio attivo di tutte le cose e a essa sono da attribuire tutti i mutamenti prodotti nellâuniverso fisico.
La centralitĂ attribuita allo studio della luce porta Grossatesta ad affermare la necessitĂ di applicare la matematica alla fisica. Secondo il vescovo di Lincoln, è estremamente utile applicare linee, angoli e figure allo studio della natura: senza la geometria è impossibile lo studio della natura. In particolare, sostiene Grossatesta, occorre conoscere la sfera, poichĂŠ la luce si moltiplica sfericamente, e la piramide, poichĂŠ lâazione di un corpo su un altro parte da tutta la superficie dellâagente per concentrarsi su un punto del paziente. Grossatesta tenta di spiegare la formazione dellâarcobaleno attribuendolo alla rifrazione della luce, a suo parere prodotta dalla nube, che agirebbe come unâenorme lente.
Il vescovo di Lincoln non si limita a trattare il ruolo della luce nel mondo materiale, egli afferma che lâazione dellâanima sul corpo avviene per mezzo della luce, che ha la funzione di intermediario tra ciò che è spirituale e la sostanza materiale.
Ruggero Bacone e Witelo
Discepolo di Grossatesta, il francescano Ruggero Bacone riprende le ricerche ottiche del maestro e sviluppa indagini sperimentali sulla propagazione della luce e sulla fisiologia della visione. Come Grossatesta, Bacone afferma il primato della matematica nello studio della natura e insiste sullâesigenza di legare le ricerche filosofiche a indagini sperimentali.
Nella concezione baconiana delle scienze lâottica assume un ruolo di primo piano, in quanto congiunge geometria e fisica. Lâottica (in particolare lâottica geometrica) mostra come le forme geometriche, senza perdere nulla della loro natura, assumono carattere fisico, determinando la natura e le proprietĂ di corpi naturali. Lâottica geometrica ha quindi un carattere paradigmatico per tutte le scienze della natura. A partire dallâottica, Bacone afferma alcuni principi generali che regolano lo studio della natura: 1. le interazioni tra corpi naturali sono prodotte da un irraggiamento di virtĂš o specie nello spazio. Tale processo si determina secondo grandezze geometriche, ovvero secondo punti, linee, figure; 2. lâintensitĂ massima dellâeffetto si dĂ nellâirraggiamento secondo linea retta; 3. lâalterazione prodotta dallâagente sul paziente è determinabile in termini matematici.
Lâottica geometrica consente a Bacone di superare la tradizionale divisione aristotelica tra mondo celeste (luogo della perfezione) e mondo terrestre (luogo della generazione e della corruzione). Alla matematizzazione della natura non sfuggono neanche gli influssi celesti (species), che costantemente, secondo Bacone, giungono dagli astri sulla Terra.
Ruggero Bacone non si limita a indagare i fenomeni ottici da un punto di vista teorico, ma affronta indagini empiriche, facendo costante uso di procedure sperimentali. Bacone stabilisce che i raggi del Sole sono tra loro paralleli e determina sperimentalmente la distanza focale di uno specchio ustorio esposto al Sole. Quanto alla propagazione della luce, afferma che non avviene come flusso di un corpo (per esempio un getto dâacqua), ma in forma di vibrazione (come il suono) che si propaga nello spazio a velocitĂ elevatissima, superiore a quella del suono. Studia le propriet...