Il Quattrocento - Scienze e tecniche
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Il Quattrocento - Scienze e tecniche

Storia della CiviltĂ  Europea a cura di Umberto Eco - 40

Umberto Eco

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Storia della CiviltĂ  Europea a cura di Umberto Eco - 40

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Se il XIII e il XIV secolo sono caratterizzati dalla nascita e dal diffondersi del modello di cultura universitaria, il XV secolo assiste allo sviluppo prorompente della cultura delle corti. Il rafforzarsi delle monarchie nazionali e il costituirsi di signorie locali fanno aumentare gli investimenti negli eserciti e nelle forniture militari, e il numero di tecnici altamente specializzati in ogni settore. Il mondo delle tecniche emerge cosĂŹ con forza dall'anonimato dei secoli precedenti, grazie a personalitĂ  di spicco che nella seconda metĂ  del secolo sono in grado di dialogare con le ĂŠlite culturali dell'umanesimo. Protagonisti sono soprattutto l'Italia, in particolare Siena e Firenze, e diversi Stati tedeschi, dove la cultura delle macchine da guerra conosce uno sviluppo rigoglioso. Le ammirate cittĂ  d'arte dell'Italia del Rinascimento sono in realtĂ  e soprattutto centri di grande innovazione tecnologica, con maestranze tecniche e ingegneri di altissimo livello, tra cui spiccano le personalitĂ  di assoluta eccellenza di Brunelleschi e Leonardo.Per tutto il XV secolo si intensificano la ricerca e il laborioso lavoro di edizione degli originali della cultura filosofica, medica e tecnica del mondo greco ed ellenistico, un processo che trae giovamento dalla caduta dell'Impero d'Oriente nel 1453 con la relativa immigrazione in Europa delle maggiori personalitĂ  della cultura bizantina. Nel frattempo viaggi e scoperte verso nuove rotte commerciali svelano e integrano la sommaria conoscenza degli antichi sia in ambito geografico che in botanica e zoologia. Le teorie astronomiche classiche si mostrano insoddisfacenti se raffrontate alle tecniche di osservazione astronomica sempre piĂš precise condotte con strumenti innovativi. In questo ebook si designa il profilo dello sviluppo tecnico e conoscitivo del Quattrocento, tra continuitĂ  e nuove scoperte.

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Information

Innovazioni, scoperte, invenzioni

Ottica e teorie della luce
Antonio Clericuzio

L’ottica (perspectiva) è una delle discipline scientifiche che compiono i maggiori progressi nel corso del XIII e XIV secolo. Il termine latino perspectiva indica una molteplicità di argomenti: la natura e la propagazione della luce, i colori, l’occhio e la visione, le proprietà degli specchi, la riflessione e la rifrazione. Nel tardo Medioevo la distinzione tra luce e colori è universalmente accettata, così come l’idea della propagazione rettilinea della luce. Allo stesso modo vi è generale accordo sulle modalità di riflessione della luce. Le ricerche ottiche di Alhazen sono in seguito sviluppate da Ruggero Bacone, John Peckham e Witelo. Per Bacone l’ottica, in quanto coniuga matematica e fisica, costituisce un modello per tutte le scienze naturali.

Trasmissione delle ricerche degli antichi

Molta parte delle conoscenze ottiche degli antichi (in particolare le teorie di Euclide e Tolomeo) raggiungono l’islam intorno al IX secolo e costituiscono la base delle indagini di al-Kindi e Alhazen. Quest’ultimo formula una nuova teoria della visione, basata sul principio dell’intromissione, che fonde i punti di vista fisico, matematico e fisiologico. Un significativo impulso allo studio dell’ottica è dato da Roberto Grossatesta, che attribuisce alla luce un ruolo centrale nelle indagini intorno alla natura e alla conoscenza. Le ricerche ottiche di Alhazen sono sviluppate da Ruggero Bacone, John Peckham e Witelo. Nel tardo Medioevo la distinzione tra luce e colori è universalmente accettata, così come l’idea della propagazione rettilinea della luce. Allo stesso modo, vi è generale accordo sulle modalità di riflessione della luce: il raggio incidente e quello riflesso formano angoli uguali con la superficie riflettente e sono situati su un piano che è a essa perpendicolare. Circa la rifrazione, è noto che un raggio che passa da un mezzo meno denso a uno più denso è rifratto nella direzione della perpendicolare alla superficie rifrangente – mentre un raggio che passa da un mezzzo più denso a uno più raro è rifratto in maniera opposta. All’inizio del Trecento Teodorico di Freiberg propone, ma senza aver seguito, una spiegazione dell’arcobaleno basata sulla rifrazione e sulla riflessione della luce del Sole a opera delle gocce d’acqua.

L’eredità antica

L’ottica medievale si fonda su pochi principi e alcuni teoremi già dimostrati da Euclide. Secondo Euclide, i tre elementi essenziali che intervengono nel processo visivo sono costituiti dall’occhio, dall’oggetto visibile e dalla distanza interposta tra questi due termini. La relazione tra questi elementi è interpretata mediante un modello geometrico, che assimila l’occhio a un punto dal quale si propagano in maniera rettilinea dei raggi che raggiungono i contorni delle cose.
Tutti gli oggetti sono visibili solo in quanto vengono compresi da una piramide di raggi che ha il vertice nell’occhio e la base sulla loro superficie, mentre la loro grandezza apparente è determinata dall’ampiezza variabile dell’angolo descritto nell’occhio dal vertice della piramide. Di conseguenza le cose viste appariranno tanto più grandi quanto maggiore è l’angolo visivo sotto il quale si mostrano. L’ottica euclidea è contenuta nell’Ottica o Perspectiva (teoria della visione) e nella Catottrica (teoria delle immagini speculari, probabilmente opera di un altro autore). Si tratta di libri di geometria impostati come gli Elementi: 14 postulati aprono l’Ottica e 7 la Catottrica, cui seguono le proposizioni, “teoremi”. Un contributo fondamentale è l’introduzione del concetto di raggio rettilineo, che per Euclide è una pura costruzione geometrica, avendo lunghezza, ma non larghezza. I primi due postulati della Catottrica sono: 1. il raggio è una linea retta di cui i mezzi toccano le estremità; 2. tutto ciò che si vede, si vede secondo una direzione rettilinea.
Le principali teorie della visione elaborate dai Greci possono essere ridotte a quattro: 1. estromissione, per la quale i raggi visivi sono emessi dall’occhio e “catturano” l’oggetto (l’ottica di Euclide e poi di Tolomeo); 2. intromissione, per la quale effluvia che trasmettono le immagini sono emessi dagli oggetti ed entrano nell’occhio dell’osservatore (atomisti, in particolare Epicuro e Lucrezio); 3. la visione è prodotta da un mezzo, l’aria, che assicura il contatto tra l’oggetto e l’occhio (Aristotele); 4. la visione è causata da uno spirito che dal cervello, attraverso il nervo ottico, permea l’aria circostante mettendo quest’ultima in condizione di percepire l’oggetto con cui entra in contatto (Galeno). Le teorie ottiche dei Greci si differenziarono anche per il modo in cui è affrontato il problema della visione: mentre le teorie di Euclide hanno soprattutto carattere matematico, quelle atomistiche e quella aristotelica sono di tipo fisico, quella galenica è invece finalizzata a spiegare gli aspetti anatomici e fisiologici della visione.

Gli Arabi: ottica geometrica e fisiologia della visione

Grazie al contributo della scienza araba, l’ottica diviene una disciplina più complessa e sofisticata, nella quale confluiscono vari tipi d’indagine, che spaziano dall’oftalmologia alla gnoseologia, dalla fisica alla meteorologia. Tra il IX e il X secolo, i medici arabi producono le prime accurate trattazioni oculistiche, poi acquisite dalla cultura latina. Al-Kindi adotta la teoria dell’estromissione, per la quale noi vediamo in virtù di raggi visivi emessi dall’occhio. A suo avviso solo questa teoria è compatibile con l’ottica geometrica. Ad Alhazen si deve una nuova teoria della visione, che sviluppa la dottrina dell’intromissione dei raggi dall’oggetto all’occhio.
Composta alla fine del IX secolo, l’opera di Alhazen, tradotta in latino alla fine del XII secolo con il titolo di De aspectibus, diverrà il modello dei trattati medievali di ottica. Alhazen integra le conoscenze mediche dei suoi contemporanei con i principi dell’ottica geometrica euclidea e un’approfondita indagine sulla formazione e la validità della percezione visiva. Per spiegare l’atto della visione, Alhazen adotta il modello geometrico della piramide visiva, ma ritiene, diversamente da Euclide, che i raggi si diffondano da ogni punto dell’oggetto osservato per concorrere nell’occhio, asserendo, erroneamente, che i raggi riproducono la forma dell’oggetto nel cristallino. Oltre a studiare gli specchi sferici e parabolici, le lenti e il fenomeno dell’aberrazione sferica, Alhazen esamina in termini quantitativi la rifrazione della luce.

I filosofi cristiani e la luce: Roberto Grossatesta

Il primo autore latino a sviluppare una teoria della luce è Roberto Grossatesta, vescovo di Lincoln, che attribuisce alla luce un ruolo centrale nella produzione e nella costituzione dell’universo. La natura della luce e la sua propagazione attirano l’interesse dei pensatori che seguono la tradizione platonica di stampo agostiniano, in quanto per Agostino e per alcuni filosofi neoplatonici la diffusione della grazia divina è analoga alla propagazione della luce. Per Grossatesta, all’inizio Dio crea dal nulla la materia prima e la luce, che è la forma di questa materia. La luce è una sostanza corporea sottilissima, le cui proprietà sono di generare se stessa e di diffondersi sfericamente in tutte le direzioni istantaneamente. La luce è anche il principio attivo di tutte le cose e a essa sono da attribuire tutti i mutamenti prodotti nell’universo fisico.
La centralità attribuita allo studio della luce porta Grossatesta ad affermare la necessità di applicare la matematica alla fisica. Secondo il vescovo di Lincoln, è estremamente utile applicare linee, angoli e figure allo studio della natura: senza la geometria è impossibile lo studio della natura. In particolare, sostiene Grossatesta, occorre conoscere la sfera, poiché la luce si moltiplica sfericamente, e la piramide, poiché l’azione di un corpo su un altro parte da tutta la superficie dell’agente per concentrarsi su un punto del paziente. Grossatesta tenta di spiegare la formazione dell’arcobaleno attribuendolo alla rifrazione della luce, a suo parere prodotta dalla nube, che agirebbe come un’enorme lente.
Il vescovo di Lincoln non si limita a trattare il ruolo della luce nel mondo materiale, egli afferma che l’azione dell’anima sul corpo avviene per mezzo della luce, che ha la funzione di intermediario tra ciò che è spirituale e la sostanza materiale.

Ruggero Bacone e Witelo

Discepolo di Grossatesta, il francescano Ruggero Bacone riprende le ricerche ottiche del maestro e sviluppa indagini sperimentali sulla propagazione della luce e sulla fisiologia della visione. Come Grossatesta, Bacone afferma il primato della matematica nello studio della natura e insiste sull’esigenza di legare le ricerche filosofiche a indagini sperimentali.
Nella concezione baconiana delle scienze l’ottica assume un ruolo di primo piano, in quanto congiunge geometria e fisica. L’ottica (in particolare l’ottica geometrica) mostra come le forme geometriche, senza perdere nulla della loro natura, assumono carattere fisico, determinando la natura e le proprietà di corpi naturali. L’ottica geometrica ha quindi un carattere paradigmatico per tutte le scienze della natura. A partire dall’ottica, Bacone afferma alcuni principi generali che regolano lo studio della natura: 1. le interazioni tra corpi naturali sono prodotte da un irraggiamento di virtù o specie nello spazio. Tale processo si determina secondo grandezze geometriche, ovvero secondo punti, linee, figure; 2. l’intensità massima dell’effetto si dà nell’irraggiamento secondo linea retta; 3. l’alterazione prodotta dall’agente sul paziente è determinabile in termini matematici.
L’ottica geometrica consente a Bacone di superare la tradizionale divisione aristotelica tra mondo celeste (luogo della perfezione) e mondo terrestre (luogo della generazione e della corruzione). Alla matematizzazione della natura non sfuggono neanche gli influssi celesti (species), che costantemente, secondo Bacone, giungono dagli astri sulla Terra.
Ruggero Bacone non si limita a indagare i fenomeni ottici da un punto di vista teorico, ma affronta indagini empiriche, facendo costante uso di procedure sperimentali. Bacone stabilisce che i raggi del Sole sono tra loro paralleli e determina sperimentalmente la distanza focale di uno specchio ustorio esposto al Sole. Quanto alla propagazione della luce, afferma che non avviene come flusso di un corpo (per esempio un getto d’acqua), ma in forma di vibrazione (come il suono) che si propaga nello spazio a velocità elevatissima, superiore a quella del suono. Studia le propriet...

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