L'Ottocento - Filosofia
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L'Ottocento - Filosofia

Storia della CiviltĂ  Europea a cura di Umberto Eco - 65

Umberto Eco

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L'Ottocento - Filosofia

Storia della CiviltĂ  Europea a cura di Umberto Eco - 65

Umberto Eco

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In questo secolo di trionfo della tecnologia, che ha popolato la Terra di macchine a vapore, edifici di metallo e di cristallo, l'ha illuminata coi prodigi del gas e dell'elettricità e ne ha solcato mari e cieli con navi corazzate e aerostati, in questo secolo in cui le scienze naturali si sono emancipate dal discorso filosofico di cui erano oggetto, la filosofia cerca autonomi spazi d'azione e nasce la figura curiosa, ignota ai secoli precedenti, del "filosofo professionista", professore universitario della propria disciplina. È cosÏ che la filosofia per alcune correnti si trasforma in riflessione sul metodo scientifico o sui fondamenti delle matematiche, ma in altri casi si pone come sapere autonomo e superiore, unica chiave per la comprensione del reale, capace di irreggimentare, limitare e talora deprimere le conoscenze settoriali. Sulla base della proposta fondamentale che Kant lascia in eredità al nuovo secolo, la filosofia si pone ora il problema di come il Soggetto crei il mondo: si tratta di capire non come sia il mondo, ma quali siano le operazioni fondamentali attraverso le quali il Soggetto lo costituisce. BenchÊ la filosofia del XIX secolo inizi sotto il segno ineliminabile di Kant, cerca però di andare oltre: il mondo diventa il grande teatro della Storia umana che sviluppa e migliora le nostre disposizioni a conoscere e produce imperi, rivoluzioni, trasformazioni dei rapporti etici e sociali, e le stesse rappresentazioni che l'umanità via via dà del mondo. In questo ebook si dispiegano le principali correnti filosofiche che forgiano il pensiero dell'Ottocento, dai grandi filosofi dell'idealismo, ai celebratori della ragion positiva, dal neotomismo al marxismo, fino all'elaborazione del concetto di arte come modello di vita, che avrà ampie implicazioni anche nel mondo artistico e letterario.

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Information

Hegel e Marx

Georg Wilhelm Friedrich Hegel
Remo Bodei

Georg Wilhelm Friedrich Hegel, uno dei maggiori filosofi di tutti i tempi, ha potentemente inciso sul pensiero moderno e sulla civiltà mondiale attraverso l’ardita costruzione di un sistema che spazia dalla dialettica e dal ruolo della contraddizione alla teoria della storia, dall’analisi dell’arte a quella della religione, dalla sfera politica a quella del diritto, dalla storia della filosofia alla teoria della natura. Da lui si diramano, in maniera divergente, il marxismo, lo storicismo e l’idealismo.

Il giovane Hegel

Georg Wilhelm Friedrich Hegel

Lo spirito del cristianesimo e il suo destino

Il destino di Gesù fu di patire per il destino della sua nazione: o farlo suo e sopportare la necessità, condividere il godimento e unificare il suo spirito con quello della sua nazione [cioè aderire alla storia ebraica e alle sue tradizioni], ma sacrificare così la propria bellezza e la propria unione con il divino”. “Oppure respingere da sé il destino del suo popolo ma conservare in sé la propria vita non sviluppata e non goduta; in nessuno dei casi compare la natura: nel primo caso sentire soltanto frammenti di essa e anche questi impuri, nel secondo portarla pienamente a coscienza ma riconoscerne la forma solo come l’ombra splendente della sua essenza, della verità suprema, rinunciare a sentire tale essenza e a viverla nell’azione e nella realtà. Gesù scelse il secondo destino, la separazione tra la sua natura e il mondo, e richiese lo stesso ai suoi discepoli: ’Chi ama il padre o la madre, il figlio o la figlia più di me, non è degno di me?’
G. W. F. Hegel, Lo spirito del cristianesimo e il suo destino, Napoli, Guida, 1972
Georg Wilhelm Friedrich Hegel

Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, par. 435

Quella sottomissione del servo costituisce l’inizio della vera libertà. Il tremare della singolarità del volere – il sentimento della nullità della volontà propria, l’abitudine all’obbedienza – è il momento necessario della formazione [Bildung] di ogni uomo. Senza aver provato questa disciplina che spezza la volontà propria [Eigenwillen, caparbietà] nessuno diventa libero, razionale e in grado di comandare. Per diventare libero – per conseguire la capacità – tutti i popoli sono perciò dovuti passare attraverso la più rigida disciplina della sottomissione a un signore […]. La servitù e la tirannia sono un gradino necessario nella storia dei popoli e quindi qualcosa di relativamente giustificato. A coloro che rimangono schiavi non tocca un’ingiustizia assoluta, perché chi non ha il coraggio di rischiare la vita per il conseguimento della libertà merita di essere schiavo; e, se un popolo, al contrario, non sogna semplicemente di voler essere libero, nessun potere umano potrà tenerlo nella servitù del mero doloroso esser-governato.
Figlio di un funzionario statale, Hegel nasce a Stoccarda il 27 agosto 1770. Subito dopo la sua uscita dal seminario protestante di Tubinga (lo Stift), avendo rifiutato di intraprendere la carriera ecclesiastica, diventa precettore, dapprima in Svizzera (dal 1793-1796) e poi a Francoforte (dal 1796 al 1799).In questi anni le sue riflessioni ruotano attorno al problema delle profonde lacerazioni che attraversano il presente, ma di cui egli cerca l’origine nel lontano passato, nelle vicende del cristianesimo. A tale scopo compone, tra l’altro, due saggi rimasti a lungo inediti: La positività della religione cristiana e Lo spirito del cristianesimo e il suo destino. In essi considera Gesù latore di un messaggio di liberazione da una vita mutilata e deforme, rappresentata dai farisei, esponenti di uno spirito arrogante e formalistico. Gesù avverte il carattere opprimente di una religione diventata “positiva” (ossia imposta, sclerotizzata, priva delle motivazioni che l’hanno fatta sorgere). Nello scontro con le autorità religiose egli esce sconfitto, perché non riesce a persuadere il suo popolo ad accettare la legge dell’amore e del perdono. Si trova così davanti al dilemma tra l’adeguarsi al destino di rassegnazione del popolo ebraico, compromettendo in tal modo lo slancio collettivo verso una vita migliore, e il respingerlo per conservare intatta la “buona novella”. Gesù sceglie consapevolmente di percorrere il secondo itinerario: una via crucis che lo condurrà alla morte, ma che gli permetterà di perpetuare il suo messaggio. Morendo egli trasmette, infatti, ai secoli venturi la speranza in una esistenza non più legata all’osservanza formale della legge, ma dotata di una pienezza che si manifesta quale impulso costante verso il cambiamento e l’ampliamento della vita.
Georg Wilhelm Friedrich Hegel

L’assoluto e l’intelletto
Differenza tra il sistema di Fichte e di Schelling

La scissione è la fonte del bisogno della filosofia. (...) La forza che limita - l’intelletto - lega alla sua costruzione, che pone tra gli uomini e l’assoluto, tutto ciò che per l’uomo è prezioso e sacro, lo consolida mediante tutte le potenze della natura e dei talenti e lo estende all’infinito. Si può qui trovare l’intera totalità delle limitazioni, fuorché l’assoluto stesso. Perduto nelle parti, l’assoluto spinge l’intelletto a svilupparsi infinitamente nella molteplicità; ma l’intelletto, mentre anela ad estendersi fino all’assoluto, produce tuttavia senza fine solo se stesso e si prende gioco di sé. La ragione perviene all’assoluto solo uscendo da questa molteplicità delle parti. Quanto più saldo e splendido è l’edificio dell’intelletto, tanto più inquieto diviene lo sforzo della vita, racchiusa nell’intelletto come parte, per strapparsi da esso e giungere alla libertà. Ed in quanto come ragione se ne allontana, la totalità delle limitazioni è ad un tempo annientata, riferita in questo annientare all’assoluto e con ciò posta e compresa come puro fenomeno. La scissione fra l’assoluto e la totalità delle limitazioni è scomparsa.
G. W. F. Hegel, Primi scritti critici, trad. it. di R. Bodeci, Milano, Mursia, 1971

Il periodo di Jena e la Fenomenologia dello spirito

Dopo la morte del padre nel 1799, con l’eredità ricevuta, Hegel può lasciare il mestiere di precettore e tentare la carriera accademica. Aiutato da Schelling, suo più giovane e brillante collega nello Stift di Tubinga e ora cattedratico a Jena, giunge nel 1801 come docente in quella università. Nello stesso anno pubblica due lunghi saggi (Sulla differenza tra il sistema di Fichte e quello di Schelling e Fede e sapere) dove prende posizione in favore dell’amico e considera “la scissione fonte del bisogno di filosofia”. La filosofia non scaturisce, quindi, né dall’aristotelica meraviglia, né dal lockiano “disagio” (uneasiness), bensì dal dolore e dalle contraddizioni di un’epoca.
Con una serie di abbozzi sulla logica, la filosofia della natura e dello spirito e con ricerche sull’etica, la politica, il diritto naturale, durante la sua fase jenense Hegel prepara in privato la fioritura delle sue maggiori opere successive. Questa fase si conclude con la Fenomenologia dello spirito , pubblicata nel 1807. Come dirà a vent’anni di distanza dall’uscita dell’opera, quando gli viene proposto di ristamparla – magari con qualche aggiunta o correzione – essa ha rappresentato per lui un “viaggio di scoperta”. La considera pertanto una esplorazione del globus intellectualis, da “non rielaborare”. Tale scelta non dipende, tuttavia, dal fatto che la veda come un immaturo lavoro giovanile, ma dalla convinzione che nel suo viaggio sia giunto a scoprire un nuovo continente.
In questa prospettiva, la Fenomenologia rappresenta una sfida al divieto kantiano di abbandonare il solido terreno dell’esperienza, l’analitica in senso aristotelico (il dominio della verità, della scienza e della certezza), per avventurarsi nell’oceano della dialettica (il regno dell’apparenza, dei fenomeni e dell’incertezza), dove si è inevitabilmente destinati al naufragio.
Quello che Hegel scopre è che c’è verità anche nell’apparenza (nei fenomeni) e che, dunque, non esiste, in linea di principio, alcun conflitto tra apparenza e verità, tra dialettica e analitica (di cui cambia completamente il senso, poiché l’analitica diventa una verità frammentata e separante tipica dell’intelletto, Verstand, mentre la dialettica assume la funzione di processo dinamico e dissolutore dei concetti isolati tramite la ragione, Vernunft, di sviluppo mediante contraddizioni). Il sapere è inerente non solo alla meta, ma al processo.
In ciò egli è fedele al suo programma, secondo cui la filosofia deve rinunciare al suo nome di amore del sapere per diventare “sapere effettivo”, “scienza dell’esperienza della coscienza”. Il fenomeno non è illusione, ma è verità in cammino, che non è necessariamente destinata al naufragio. L’esperienza, Erfarhung, viene da lui intesa etimologicamente secondo propria la radice: Fahrt, viaggio, “itinerario della coscienza naturale, la quale urge verso il vero sapere”.
Si tratta, dunque, di percorrere un cammino scandito da una serie di tappe (o “figure”, Gestalten) che porteranno dall’opacità della “coscienza sensibile” (dal credere che il “qui” e l’“ora” siano la verità) al “sapere assoluto”, ponendo le premesse per una conoscenza che potrà svilupparsi più liberamente dopo aver metabolizzato le sue premesse.
Nella Fenomenologia dello spirito resta traccia degli scritti giovanili, ad esempio quando Hegel pone al centro della narrazione evangelica non il Golgota, ma l’Orto degli ulivi nella “notte in cui la sostanza si fece soggetto”. Tali parole vogliono dire che, mentre Gesù patisce, prega e suda sangue, i discepoli si addormentano e lo lasciano solo, un atteggiamento interpretato come il venir meno della comunità etica antica, con la conseguente nascita dell’individualismo e della solitudine del soggetto: Gesù soffre da solo e la comunità non c’è, si è addormentata. Ciascuno deve ormai portare da solo la propria croce e guardare in faccia la morte. Nella Prefazione a quest’opera, chiosando La Rochefoucauld (secondo cui “due cose non si possono guardare in faccia: il sole e la morte”), Hegel sostiene che il s...

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