Il giovane Hegel
Georg Wilhelm Friedrich Hegel
Lo spirito del cristianesimo e il suo destino
Il destino di GesĂš fu di patire per il destino della sua nazione: o farlo suo e sopportare la necessitĂ , condividere il godimento e unificare il suo spirito con quello della sua nazione [cioè aderire alla storia ebraica e alle sue tradizioni], ma sacrificare cosĂŹ la propria bellezza e la propria unione con il divinoâ. âOppure respingere da sĂŠ il destino del suo popolo ma conservare in sĂŠ la propria vita non sviluppata e non goduta; in nessuno dei casi compare la natura: nel primo caso sentire soltanto frammenti di essa e anche questi impuri, nel secondo portarla pienamente a coscienza ma riconoscerne la forma solo come lâombra splendente della sua essenza, della veritĂ suprema, rinunciare a sentire tale essenza e a viverla nellâazione e nella realtĂ . GesĂš scelse il secondo destino, la separazione tra la sua natura e il mondo, e richiese lo stesso ai suoi discepoli: âChi ama il padre o la madre, il figlio o la figlia piĂš di me, non è degno di me?â
G. W. F. Hegel, Lo spirito del cristianesimo e il suo destino, Napoli, Guida, 1972
Georg Wilhelm Friedrich Hegel
Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, par. 435
Quella sottomissione del servo costituisce lâinizio della vera libertĂ . Il tremare della singolaritĂ del volere â il sentimento della nullitĂ della volontĂ propria, lâabitudine allâobbedienza â è il momento necessario della formazione [Bildung] di ogni uomo. Senza aver provato questa disciplina che spezza la volontĂ propria [Eigenwillen, caparbietĂ ] nessuno diventa libero, razionale e in grado di comandare. Per diventare libero â per conseguire la capacitĂ â tutti i popoli sono perciò dovuti passare attraverso la piĂš rigida disciplina della sottomissione a un signore [âŚ]. La servitĂš e la tirannia sono un gradino necessario nella storia dei popoli e quindi qualcosa di relativamente giustificato. A coloro che rimangono schiavi non tocca unâingiustizia assoluta, perchĂŠ chi non ha il coraggio di rischiare la vita per il conseguimento della libertĂ merita di essere schiavo; e, se un popolo, al contrario, non sogna semplicemente di voler essere libero, nessun potere umano potrĂ tenerlo nella servitĂš del mero doloroso esser-governato.
Figlio di un funzionario statale, Hegel nasce a Stoccarda il 27 agosto 1770. Subito dopo la sua uscita dal seminario protestante di Tubinga (lo Stift), avendo rifiutato di intraprendere la carriera ecclesiastica, diventa precettore, dapprima in Svizzera (dal 1793-1796) e poi a Francoforte (dal 1796 al 1799).In questi anni le sue riflessioni ruotano attorno al problema delle profonde lacerazioni che attraversano il presente, ma di cui egli cerca lâorigine nel lontano passato, nelle vicende del cristianesimo. A tale scopo compone, tra lâaltro, due saggi rimasti a lungo inediti: La positivitĂ della religione cristiana e Lo spirito del cristianesimo e il suo destino. In essi considera GesĂš latore di un messaggio di liberazione da una vita mutilata e deforme, rappresentata dai farisei, esponenti di uno spirito arrogante e formalistico. GesĂš avverte il carattere opprimente di una religione diventata âpositivaâ (ossia imposta, sclerotizzata, priva delle motivazioni che lâhanno fatta sorgere). Nello scontro con le autoritĂ religiose egli esce sconfitto, perchĂŠ non riesce a persuadere il suo popolo ad accettare la legge dellâamore e del perdono. Si trova cosĂŹ davanti al dilemma tra lâadeguarsi al destino di rassegnazione del popolo ebraico, compromettendo in tal modo lo slancio collettivo verso una vita migliore, e il respingerlo per conservare intatta la âbuona novellaâ. GesĂš sceglie consapevolmente di percorrere il secondo itinerario: una via crucis che lo condurrĂ alla morte, ma che gli permetterĂ di perpetuare il suo messaggio. Morendo egli trasmette, infatti, ai secoli venturi la speranza in una esistenza non piĂš legata allâosservanza formale della legge, ma dotata di una pienezza che si manifesta quale impulso costante verso il cambiamento e lâampliamento della vita.
Georg Wilhelm Friedrich Hegel
Lâassoluto e lâintelletto
Differenza tra il sistema di Fichte e di Schelling
La scissione è la fonte del bisogno della filosofia. (...) La forza che limita - lâintelletto - lega alla sua costruzione, che pone tra gli uomini e lâassoluto, tutto ciò che per lâuomo è prezioso e sacro, lo consolida mediante tutte le potenze della natura e dei talenti e lo estende allâinfinito. Si può qui trovare lâintera totalitĂ delle limitazioni, fuorchĂŠ lâassoluto stesso. Perduto nelle parti, lâassoluto spinge lâintelletto a svilupparsi infinitamente nella molteplicitĂ ; ma lâintelletto, mentre anela ad estendersi fino allâassoluto, produce tuttavia senza fine solo se stesso e si prende gioco di sĂŠ. La ragione perviene allâassoluto solo uscendo da questa molteplicitĂ delle parti. Quanto piĂš saldo e splendido è lâedificio dellâintelletto, tanto piĂš inquieto diviene lo sforzo della vita, racchiusa nellâintelletto come parte, per strapparsi da esso e giungere alla libertĂ . Ed in quanto come ragione se ne allontana, la totalitĂ delle limitazioni è ad un tempo annientata, riferita in questo annientare allâassoluto e con ciò posta e compresa come puro fenomeno. La scissione fra lâassoluto e la totalitĂ delle limitazioni è scomparsa.
G. W. F. Hegel, Primi scritti critici, trad. it. di R. Bodeci, Milano, Mursia, 1971
Il periodo di Jena e la Fenomenologia dello spirito
Dopo la morte del padre nel 1799, con lâereditĂ ricevuta, Hegel può lasciare il mestiere di precettore e tentare la carriera accademica. Aiutato da Schelling, suo piĂš giovane e brillante collega nello Stift di Tubinga e ora cattedratico a Jena, giunge nel 1801 come docente in quella universitĂ . Nello stesso anno pubblica due lunghi saggi (Sulla differenza tra il sistema di Fichte e quello di Schelling e Fede e sapere) dove prende posizione in favore dellâamico e considera âla scissione fonte del bisogno di filosofiaâ. La filosofia non scaturisce, quindi, nĂŠ dallâaristotelica meraviglia, nĂŠ dal lockiano âdisagioâ (uneasiness), bensĂŹ dal dolore e dalle contraddizioni di unâepoca.
Con una serie di abbozzi sulla logica, la filosofia della natura e dello spirito e con ricerche sullâetica, la politica, il diritto naturale, durante la sua fase jenense Hegel prepara in privato la fioritura delle sue maggiori opere successive. Questa fase si conclude con la Fenomenologia dello spirito , pubblicata nel 1807. Come dirĂ a ventâanni di distanza dallâuscita dellâopera, quando gli viene proposto di ristamparla â magari con qualche aggiunta o correzione â essa ha rappresentato per lui un âviaggio di scopertaâ. La considera pertanto una esplorazione del globus intellectualis, da ânon rielaborareâ. Tale scelta non dipende, tuttavia, dal fatto che la veda come un immaturo lavoro giovanile, ma dalla convinzione che nel suo viaggio sia giunto a scoprire un nuovo continente.
In questa prospettiva, la Fenomenologia rappresenta una sfida al divieto kantiano di abbandonare il solido terreno dellâesperienza, lâanalitica in senso aristotelico (il dominio della veritĂ , della scienza e della certezza), per avventurarsi nellâoceano della dialettica (il regno dellâapparenza, dei fenomeni e dellâincertezza), dove si è inevitabilmente destinati al naufragio.
Quello che Hegel scopre è che câè veritĂ anche nellâapparenza (nei fenomeni) e che, dunque, non esiste, in linea di principio, alcun conflitto tra apparenza e veritĂ , tra dialettica e analitica (di cui cambia completamente il senso, poichĂŠ lâanalitica diventa una veritĂ frammentata e separante tipica dellâintelletto, Verstand, mentre la dialettica assume la funzione di processo dinamico e dissolutore dei concetti isolati tramite la ragione, Vernunft, di sviluppo mediante contraddizioni). Il sapere è inerente non solo alla meta, ma al processo.
In ciò egli è fedele al suo programma, secondo cui la filosofia deve rinunciare al suo nome di amore del sapere per diventare âsapere effettivoâ, âscienza dellâesperienza della coscienzaâ. Il fenomeno non è illusione, ma è veritĂ in cammino, che non è necessariamente destinata al naufragio. Lâesperienza, Erfarhung, viene da lui intesa etimologicamente secondo propria la radice: Fahrt, viaggio, âitinerario della coscienza naturale, la quale urge verso il vero sapereâ.
Si tratta, dunque, di percorrere un cammino scandito da una serie di tappe (o âfigureâ, Gestalten) che porteranno dallâopacitĂ della âcoscienza sensibileâ (dal credere che il âquiâ e lââoraâ siano la veritĂ ) al âsapere assolutoâ, ponendo le premesse per una conoscenza che potrĂ svilupparsi piĂš liberamente dopo aver metabolizzato le sue premesse.
Nella Fenomenologia dello spirito resta traccia degli scritti giovanili, ad esempio quando Hegel pone al centro della narrazione evangelica non il Golgota, ma lâOrto degli ulivi nella ânotte in cui la sostanza si fece soggettoâ. Tali parole vogliono dire che, mentre GesĂš patisce, prega e suda sangue, i discepoli si addormentano e lo lasciano solo, un atteggiamento interpretato come il venir meno della comunitĂ etica antica, con la conseguente nascita dellâindividualismo e della solitudine del soggetto: GesĂš soffre da solo e la comunitĂ non câè, si è addormentata. Ciascuno deve ormai portare da solo la propria croce e guardare in faccia la morte. Nella Prefazione a questâopera, chiosando La Rochefoucauld (secondo cui âdue cose non si possono guardare in faccia: il sole e la morteâ), Hegel sostiene che il s...