Perché leggere i classici
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Italo Calvino

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  1. 360 Seiten
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Perché leggere i classici

Italo Calvino

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Über dieses Buch

I classici sono libri che quanto più si crede di conoscerli per sentito dire, tanto più quando si leggono davvero si trovano nuovi, inaspettati, inediti... è classico ciò che tende a relegare l'attualità al rango di rumore di fondo, ma nello stesso tempo di questo rumore di fondo non può fare a meno. (Italo Calvino)

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Information

Verlag
Mondadori
Jahr
2010
ISBN
9788852015915

Cronologia

La presente Cronologia riproduce quella curata da Mario Barenghi e Bruno Falcetto per l’edizione dei Romanzi e racconti di Italo Calvino nei Meridiani Mondadori, Milano 1991.
Dati biografici: io sono ancora di quelli che credono, con Croce, che di un autore contano solo le opere. (Quando contano, naturalmente.) Perciò dati biografici non ne do, o li do falsi, o comunque cerco sempre di cambiarli da una volta all’altra. Mi chieda pure quel che vuol sapere, e Glielo dirò. Ma non Le dirò mai la verità, di questo può star sicura.
Lettera a Germana Pescio Bottino, 9 giugno 1964
Ogni volta che rivedo la mia vita fissata e oggettivata sono preso dall’angoscia, soprattutto quando si tratta di notizie che ho fornito io […] ridicendo le stesse cose con altre parole, spero sempre d’aggirare il mio rapporto nevrotico con l’autobiografia.
Lettera a Claudio Milanini, 27 luglio 1985

1923

Italo Calvino nasce il 15 ottobre a Santiago de las Vegas, una piccola città presso L’Avana. Il padre, Mario, è un agronomo di vecchia famiglia sanremese che, dopo aver trascorso una ventina d’anni in Messico, si trova a Cuba per dirigere una stazione sperimentale di agricoltura e una scuola agraria. La madre, Eva (Evelina) Mameli, sassarese d’origine, è laureata in scienze naturali e lavora come assistente di botanica all’Università di Pavia.
«Mia madre era una donna molto severa, austera, rigida nelle sue idee tanto sulle piccole che sulle grandi cose. Anche mio padre era molto austero e burbero ma la sua severità era più rumorosa, collerica, intermittente. Mio padre come personaggio narrativo viene meglio, sia come vecchio ligure molto radicato nel suo paesaggio, sia come uomo che aveva girato il mondo e che aveva vissuto la rivoluzione messicana al tempo di Pancho Villa. Erano due personalità molto forti e caratterizzate […]. L’unico modo per un figlio per non essere schiacciato […] era opporre un sistema di difese. Il che comporta anche delle perdite: tutto il sapere che potrebbe essere trasmesso dai genitori ai figli viene in parte perduto» [RdM 80].

1925

La famiglia Calvino fa ritorno in Italia. Il rientro in patria era stato programmato da tempo, e rinviato a causa dell’arrivo del primogenito: il quale, per parte sua, non serbando del luogo di nascita che un mero e un po’ ingombrante dato anagrafico, si dirà sempre ligure o, più precisamente, sanremese.
«Sono cresciuto in una cittadina che era piuttosto diversa dal resto dell’Italia, ai tempi in cui ero bambino: San Remo, a quel tempo ancora popolata di vecchi inglesi, granduchi russi, gente eccentrica e cosmopolita. E la mia famiglia era piuttosto insolita sia per San Remo sia per l’Italia d’allora: […] scienziati, adoratori della natura, liberi pensatori […]. Mio padre, di famiglia mazziniana repubblicana anticlericale massonica, era stato in gioventù anarchico kropotkiniano e poi socialista riformista […]; mia madre […], di famiglia laica, era cresciuta nella religione del dovere civile e della scienza, socialista interventista nel ’15 ma con una tenace fede pacifista» [Par 60].
I Calvino vivono tra la Villa Meridiana e la campagna avita di San Giovanni Battista. Il padre dirige la Stazione sperimentale di floricoltura Orazio Raimondo, frequentata da giovani di molti paesi, anche extraeuropei. In seguito al fallimento della Banca Garibaldi di Sanremo, mette a disposizione il parco della villa per la prosecuzione dell’attività di ricerca e d’insegnamento.
«Tra i miei familiari solo gli studi scientifici erano in onore; un mio zio materno era un chimico, professore universitario, sposato a una chimica; anzi ho avuto due zii chimici sposati a due zie chimiche […] io sono la pecora nera, l’unico letterato della famiglia» [Accr 60].

1926

«Il primo ricordo della mia vita è un socialista bastonato dagli squadristi […] è un ricordo che deve riferirsi probabilmente all’ultima volta che gli squadristi usarono il manganello, nel 1926, dopo un attentato a Mussolini. […] Ma far discendere dalla prima immagine infantile tutto quel che si vedrà e sentirà nella vita, è una tentazione letteraria» [Par 60].
I genitori sono contrari al fascismo; la loro critica contro il regime tende tuttavia a sfumare in una condanna generale della politica. «Tra il giudicare negativamente il fascismo e un impegno politico antifascista c’era una distanza che ora è quasi inconcepibile» [Par 60].

1927

Frequenta l’asilo infantile al St George College. Nasce il fratello Floriano, futuro geologo di fama internazionale e docente all’Università di Genova.

1929-1933

Frequenta le Scuole Valdesi. Diventerà balilla negli ultimi anni delle elementari, quando l’obbligo dell’iscrizione verrà esteso alle scuole private.
«La mia esperienza infantile non ha nulla di drammatico, vivevo in un mondo agiato, sereno, avevo un’immagine del mondo variegata e ricca di sfumature contrastanti, ma non la coscienza di conflitti accaniti» [Par 60].

1934

Superato l’esame d’ammissione, frequenta il ginnasio-liceo G.D. Cassini. I genitori non danno ai figli un’educazione religiosa, e in una scuola statale la richiesta di esonero dalle lezioni di religione e dai servizi di culto risulta decisamente anticonformista. Ciò fa sì che Italo, a volte, si senta in qualche modo diverso dagli altri ragazzi: «Non credo che questo mi abbia nuociuto: ci si abitua ad avere ostinazione nelle proprie abitudini, a trovarsi isolati per motivi giusti, a sopportare il disagio che ne deriva, a trovare la linea giusta per mantenere posizioni che non sono condivise dai più. Ma soprattutto sono cresciuto tollerante verso le opinioni altrui, particolarmente nel campo religioso […]. E nello stesso tempo sono rimasto completamente privo di quel gusto dell’anticlericalismo così frequente in chi è cresciuto in mezzo ai preti» [Par 60].

1935-1938

«Il primo vero piacere della lettura d’un vero libro lo provai abbastanza tardi: avevo già dodici o tredici anni, e fu con Kipling, il primo e (soprattutto) il secondo libro della Giungla. Non ricordo se ci arrivai attraverso una biblioteca scolastica o perché lo ebbi in regalo. Da allora in poi avevo qualcosa da cercare nei libri: vedere se si ripeteva quel piacere della lettura provato con Kipling» [manoscritto inedito].
Oltre ad opere letterarie, il giovane Italo legge con interesse le riviste umoristiche («Bertoldo», «Marc’Aurelio», «Settebello») di cui lo attrae lo «spirito d’ironia sistematica» [Rep 84], tanto lontano dalla retorica del regime. Disegna vignette e fumetti; si appassiona al cinema. «Ci sono stati anni in cui andavo al cinema quasi tutti i giorni e magari due volte al giorno, ed erano gli anni tra diciamo il Trentasei e la guerra, l’epoca insomma della mia adolescenza» [As 74].
Per la generazione cui Calvino appartiene, quell’epoca è però destinata a chiudersi anzitempo, e nel più drammatico dei modi. «L’estate in cui cominciavo a prender gusto alla giovinezza, alla società, alle ragazze, ai libri, era il 1938: finì con Chamberlain e Hitler e Mussolini a Monaco. La “belle époque” della Riviera era finita […]. Con la guerra, San Remo cessò d’essere quel punto d’incontro cosmopolita che era da un secolo (lo cessò per sempre; nel dopoguerra diventò un pezzo di periferia milan-torinese) e ritornarono in primo piano le sue caratteristiche di vecchia cittadina di provincia ligure. Fu, insensibilmente, anche un cambiamento d’orizzonti» [Par 60].

1939-1940

La sua posizione ideologica rimane incerta, sospesa fra il recupero polemico di una scontrosa identità locale, «dialettale», e un confuso anarchismo. «Fino a quando non scoppiò la Seconda guerra mondiale, il mondo mi appariva un arco di diverse gradazioni di moralità e di costume, non contrapposte ma messe l’una a fianco dell’altra […]. Un quadro come questo non imponeva affatto delle scelte categoriche come può sembrare ora» [Par 60].
Scrive brevi racconti, poesie, testi teatrali: «tra i 16 e i 20 anni sognavo di diventare uno scrittore di teatro» [Pes 83]. Coltiva il suo talento e la sua passione per il disegno, la caricatura, la vignetta: fra la primavera e l’estate del 1940 il «Bertoldo» di Giovanni Guareschi gliene pubblicherà alcune, firmate Jago, nella rubrica «Il Cestino».

1941-1942

Conseguita la licenza liceale (gli esami di maturità sono sospesi a causa della guerra) si iscrive alla facoltà di Agraria dell’Università di Torino, dove il padre era incaricato di Agricoltura tropicale, e supera quattro esami del primo anno, senza peraltro inserirsi nella dimensione metropolitana e nell’ambiente universitario; anche le inquietudini che maturavano nell’ambiente dei Guf gli rimangono estranee.
Nel quadro del suo interesse per il cinema, scrive recensioni di film; nell’estate del 1941 il «Giornale di Genova» gliene pubblicherà un paio (fra cui quella di San Giovanni decollato con Totò protagonista).
Nel maggio del 1942 presenta senza successo alla casa editrice Einaudi il manoscritto di Pazzo io o pazzi gli altri, che raccoglie i suoi primi raccontini giovanili, scritti in gran parte nel 1941. Partecipa con La commedia della gente al concorso del Teatro nazionale dei Guf di Firenze: nel novembre del 1942 essa viene inclusa dalla giuria fra quelle segnalate alle compagnie teatrali dei Guf.
È nei rapporti personali, e segnatamente nell’amicizia con Eugenio Scalfari (già suo compagno di liceo), che trova stimolo per interessi culturali e politici ancora immaturi, ma vivi. «A poco a poco, attraverso le lettere e le discussioni estive con Eugenio venivo a seguire il risveglio dell’antifascismo clandestino e ad avere un orientamento nei libri da leggere: leggi Huizinga, leggi Montale, leggi Vittorini, leggi Pisacane: le novità letterarie di quegli anni segnavano le tappe d’una nostra disordinata educazione etico-letteraria» [Par 60].

1943

In gennaio si trasferisce alla facoltà di Agraria e Forestale della Regia Università di Firenze, dove sostiene tre esami. Nei mesi fiorentini frequenta assiduamente la biblioteca del Gabinetto Vieusseux. Le sue opzioni politiche si vanno facendo via via più definite. Il 25 luglio, la notizia dell’incarico a Pietro Badoglio di formare un nuovo governo (e poi della destituzione e dell’arresto di Mussolini) lo raggiunge nel campo militare di Mercatale di Vernio (Firenze); il 9 agosto farà ritorno a Sanremo. Dopo l’8 settembre, renitente alla leva della Repubblica di Salò, passa alcuni mesi nascosto. È questo – secondo la sua testimonianza personale – un periodo di solitudine e di letture intense, che avranno un grande peso nella sua vocazione di scrittore.

1944

Dopo aver saputo della morte in combattimento del giovane medico comunista Felice Cascione, chiede a un amico di presentarlo al Pci; poi, insieme con il fratello sedicenne, si unisce alla seconda divisione di assalto Garibaldi intitolata allo stesso Cascione, che opera sulle Alpi Marittime, teatro per venti mesi di alcuni fra i più aspri scontri tra i partigiani e i nazifascisti. I genitori, sequestrati dai tedeschi e tenuti lungamente in ostaggio, danno prova durante la detenzione di notevole fermezza d’animo.
«La mia scelta del comunismo non fu affatto sostenuta da motivazioni ideologiche. Sentivo la necessità di partire da ...

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