Il tempo è uno dei principali fattori di condizionamento della nostra vita: oggi tutti siamo calati in un mondo che corre, che ci trascina e spesso ci travolge lungo il suo cammino rivolto al futuro. La ricetta per non essere vittime di questa corsa convulsa sta proprio nellâimparare a rallentare: è sufficiente qualche minuto di riflessione per entrare in una zona di ânon tempoâ, collocata al di fuori dei modelli esistenziali preformati, lontano dagli orari del lavoro e dei riti governati dalla societĂ .
Questa collocazione in una sfera di âsenza tempoâ è giĂ da sola terapeutica: si tratta di unâarea amniotica che ritagliamo per noi stessi, uno spazio affettivo, ancestrale e privato, allâinterno del quale passato e futuro non esistono piĂš. Ă proprio con questo obiettivo che tutte le religioni suggeriscono la via della meditazione e della contemplazione, ma mentre la religione è un insieme di regole schematizzate e preformate che contiene in sĂŠ molti elementi costrittivi, la contemplazione è uno stato libero di benessere che ci porta nella âpiscinaâ del senza tempo: un ânon luogoâ in cui si realizza uno stato di pace totale, nel quale lâuomo e il cosmo si compenetrano in uno stato di benessere profondo. Calati nel âsenza tempoâ, comprendiamo che passato e futuro sono due sovrastrutture che non fanno piĂš (o ancora) parte del nostro presente: il passato è una forma di attaccamento a uno schema intriso di ricordi, e ci riporta al dolore di ciò che è stato e non sarĂ piĂš; il futuro, dal canto suo, produce lâansia di quello che non è ancora, che potrebbe non avvenire o che, se anche avvenisse, potrebbe finire.
Troppo spesso ci rammarichiamo di cose che abbiamo fatto ieri e temiamo per il fatto di non poterne fare altre che arriveranno domani; passato e futuro, ciascuno a proprio modo, diventano cosĂŹ fonti di malessere che ci distraggono dal nostro essere reale, dal nostro essere creature calate nel flusso di un eterno presente.
Passato e futuro ci costringono ad accumulare rimpianti e aspettative che ci allontanano da quello che i latini chiamavano lâhic et nunc, il qui e ora. Il âsenza tempoâ è uno stato di presente totale, eterno, indefinito, un unicum assorbente allâinterno del quale godiamo di una percezione assente, non codificata di noi stessi e della realtĂ .
Nel senza tempo ci ripetiamo in silenzio un mantra: âIo sono qui adesso, e câè qualcosa che mi sta creando in questo stesso momento, nel grande ventre dellâUniverso. Io faccio parte dellâevoluzione del mondo oggi, non domani. Sono un tassello del grande mosaico nella magia del presente. Quello che accade ora è irripetibile, e potrebbe non accadere mai piĂš: di questa certezza io devo godere appieno, ed è in questo incontro con la realtĂ presente che io realizzo me stessoâ.
Quando i cinesi definiscono il Tao, lo collocano vicino al âsenza tempoâ. CosĂŹ il SĂŠ è in quasi tutte le tradizioni che lo hanno immaginato in âun altro tempoâ. Solo lâistante dĂ lâidea di quello âstato infinitoâ che piĂš gli si avvicina. Quando facciamo le cose nella realtĂ , sforziamoci dolcemente di pensare che lâistante è la nostra guida. Dove siamo? Stiamo pensando al passato. A cose che abbiamo fatto e che avremmo voluto non fare. Scatta il senso di colpa. âSarei migliore se non avessi fatto quelle determinate coseâŚâ Tre anni fa, due mesi addietro, ieri, unâora fa, cinque minuti faâŚ
Ricordiamoci che è il nostro Io che ragiona cosĂŹ, e se ragioniamo cosĂŹ siamo fuori tempo. Chiediamoci spesso durante la giornata: âSono nellâistante? O sono fuori tempo?â. Idem per il futuro. âMi sto angosciando per una cosa che farò tra un mese, tra unâora, tra un anno?â Ebbene, dobbiamo tornare nellâistante, qui, adesso. Câè solo lâadesso. Guai se il nostro SĂŠ che regge il nostro corpo, che è il nostro corpo, come dice Nietzsche, si chiedesse se il cuore batteva meglio ieri, rispetto a oggi.
La mia autostima è facile se imparo a stare nel presente.
PerchĂŠ non posso fare niente per il futuro?
PerchĂŠ appartiene alla psicologia di un tempo lontano da te. Immagina che câè solo questo istante. Col tuo fidanzato, per esempio, sei sempre fuori tempo. Vorresti lasciarlo e te lo riproponi ogni giorno, poi non lo fai mai e ti colpevolizzi. Sei fuori tempo perchĂŠ progetti un abbandono che non realizzi, sei tutta orientata a risultati che dovrai raggiungere, progetti che dovranno venire, ma cosĂŹ facendo ti autocondanni allâinfelicitĂ .
SĂŹ, ma queste cose fanno parte della vita. Se poi uno le realizza allora aumenta lâautostima e diventa felice; certe esperienze possono servire per non farci pensareâŚ
Câè solo questo istante.
Ma se lâistante non mi piace, non ci voglio stare, voglio scappareâŚ
Dimmi una cosa che ti ha ferito. Una frase, una parola, una situazione.
Ho lottato tutta la vita per essere una donna intelligente e mio marito mi ha dato della scema. In quel momento mi è crollato il mondo addosso perchĂŠ mi sono sentita come mia mamma, quando mio papĂ la chiamava âocaâ. Tutta la mia vita è stata una lotta per essere una donna intelligente, autosufficiente, autonoma. Quando mi ha detto âscemaâ, mi è crollato tutto.
Cosa possiamo fare quando ci feriscono? Sentire la ferita sĂŹ, quello è normale e salutare. Possiamo sentirci a disagio. âNon sono la mamma che vorreiâ, âSto facendo la moglie che non mi piaceâ, âSono unâinsegnante che non mi piaceâ⌠Un secondo dopo però, con quel dolore che sentiamo, proviamo a chiudere gli occhi e dire: âOk, io ci sonoâ. Dilatiamo lâistante. In questo istante io ci sono, quel dolore si ferma lĂŹ, non crea tutta la confusione che gli possiamo aggiungere noi.
Tuo marito ti ferisce, ma la ferita la amplifichi tu, perchĂŠ la proietti nelle altre ferite del passato che non câentrano con quella o nelle ferite che pensi verranno che pure non câentrano. Tutte le volte che subisco un attacco, che la mia autostima è aggredita, lo è in quellâistante, in quel momento, in quella situazione. Il resto lo aggiungiamo noi andando fuori tempo.
Io faccio cosĂŹ per unâora o due, è straziante. Ma il disagio non se ne va perchĂŠ il pensiero ritorna e mi dice: lui mi ha detto questo, mi ha fatto questoâŚ
Tutte le volte che il pensiero riemerge bisogna fermarsi e chiedersi: âSono fuori tempo? Quando è successa la cosa? Due minuti fa, un minuto fa? Basta, è finita! Il dolore che ha fatto, lo ha giĂ compiutoâ. Ci siamo? Tutto ciò che succede dopo, il ridondare della mente, lo facciamo noi. Ma da adesso sappiamo che tutto ciò che pesa, può pesare per un istante.
Ma è difficile per uno che è abituato a pensare e ripensare, che ha sempre rimuginato tanto, anche per anni, le stesse cose.
Mi stai parlando di una cosa del passato o del futuro?
Del passato.
SarĂ difficile, è stato difficile: adesso parliamo del presente! Mi viene detta una frase che mi colpisce, mi fa male, mi ferisce. Soffro! Soffro! Quella sofferenza è naturale, quindi soffro, poi mi porto nellâistante successivo ed entro nel mondo dellâistante: io sono qui, presente a me stesso, ci sono solo io, non câè la mamma che devo essere, non câè lâinsegnante che devo essere, non câè la donna che deve dire al fidanzato che lo lascia, non câè una decisione che devo prendere adesso, perchĂŠ riguarda un avvenimento che non è di questo istante, non faccio sforzi inutili, faccio solo quello che posso fare, tutto ciò che mi ferisce lo metto sullo sfondo e dilato lâistante. Mio marito mi ha insultato, sento male, lo metto sullo sfondo e dilato lâistante, câè solo questo istante, via via che lâistante si dilata, nellâarco di poco tempo si può incominciare a sorridere di quello che è accaduto.
Ma se la situazione non cambia, perchĂŠ sai che domani sarĂ uguale a oggiâŚ
Domani non è adesso! Guai se voi pensate: âTanto non cambierĂ â; voi siete i protagonisti di ciò che accade. Dentro di noi può cambiare il mondo⌠Se facciamo questâoperazione di mettere sullo sfondo passato e futuro automaticamente entriamo nellâistante, è una sorta di distrazione cosciente.
Come dice lâantropologo Alain Bauer: âLâuomo bianco non è capace di fare la cosa piĂš semplice, stare nel suo momento, nel suo tempo. Pensa che se gode dellâistante in cui si trova, poi sarĂ punito. Per cui vive come sospeso tra due momenti che non esistono: il passato che non câè piĂš e il futuro che forse non arriverĂ maiâ. Chi ha mai detto che se continuiamo a pensare a una cosa, questa poi ci verrĂ meglio? Per quale motivo si deve costruire uno spazio per il successo nella sofferenza? E se anche arriveremo allo scopo, chi ci toglierĂ quella sofferenza che ci siamo dati? PerchĂŠ non proviamo a pensare, in ogni cosa che facciamo, che questo è lâunico istante che stiamo vivendo? La vita, in genere, ci scorre via infelice perchĂŠ il nostro Io crede che lâattimo che sta vivendo sia un momento di passaggio in attesa di âmomenti miglioriâ che verranno.
Proviamo a pensare, come fa il nostro SĂŠ, che ogni attimo sia lâunico. Allora lâistante si allarga, lo spazio si dilata e conta tutto quello che sto facendo adesso, in questo momento. Anche se non sarò promosso, anche se non ho la partner che sognavo, anche se il mio lavoro non è quello che mi realizza, io in questo istante ci sono. Esisto. Allargo la mia mente su questo dilatarsi del presente.