Chiunque mi avesse mai detto che avrei scritto un libro sulla cronobiologia, si sarebbe preso del pazzo. Anche se la cronobiologia Ăš stata la grande passione sin da studente del quarto anno di medicina, nei lontani anni Ottanta. La seconda grande passione, in realtĂ , perchĂ© la prima naturalmente Ăš sempre stata la medicina, avendo deciso a sei anni che «da grande» avrei fatto il dottore, e a dieci anni che «avrei fatto lâinternista» (come il mio bravo medico di famiglia). Fu un amico pugliese, compagno di corso, ad accompagnarmi dal direttore del reparto di semeiotica medica (pugliese anchâesso) per chiedere di essere accettato per un internato. SarĂČ debitore per sempre al caro amico Filippo Franco, ora stimatissimo chirurgo oculista, per quella presentazione. La vita Ăš fatta di attimi, e qualcuno di questi Ăš destinato a segnare tutti gli altri. Da quel giorno, il professor Carmelo Fersini divenne il mio secondo padre, e mi avviĂČ ai primi rudimenti di quel nuovo modo di pensare alla medicina, con un concetto del tempo ben diverso da quello classico.
Cronobiologia, tempo (in greco chronos) e vita (bios), una nuova scienza di cui Franz Halberg, nato in Romania nel 1919, medico e ricercatore in Austria, poi trasferitosi negli Stati Uniti, prima ad Harvard e infine nella gelida Minneapolis, Ăš stato lâindiscusso leader mondiale, fondatore dei Chronobiology Laboratories dellâUniversitĂ del Minnesota. E nellâottobre del 1982, pochi giorni dopo la mia laurea, Franz Halberg venne a Ferrara per essere insignito della laurea honoris causa. Ebbi lâoccasione di conoscerlo e la passione per la cronobiologia mi segnĂČ per sempre: da ricercatore, poi professore associato, e infine professore ordinario e direttore, seduto ora alla scrivania del mio maestro, proseguendo i suoi insegnamenti e i suoi studi.
Franz Halberg, piĂč volte entrato nella rosa dei candidati del premio Nobel senza mai uscirne vincitore, Ăš mancato nel 2013. Ma nella vita spesso Ăš solo questione di tempo, e il 2 ottobre 2017, alla cronobiologia Ăš finalmente arrivato il premio Nobel per la Fisiologia e medicina, assegnato a Jeffrey Hall, Michael Rosbash e Michael Young per gli studi sullâorologio biologico circadiano.
Chronos e bios, tempo e vita. La cronobiologia ha scandito la mia vita, e il minimo che possa fare Ú portarvi a conoscerla e, perché no, a farvene innamorare. Perché, se ora avete in mano questo piccolo libro, scelto fra centinaia di altri, vuol dire che la cronobiologia... Ú già un poco dentro di voi.
Pensate, nellâarco della giornata, quante volte e in quanti modi facciamo riferimento al tempo:
«il tempo Ăš scandito dalle lancette dellâorologio; il tempo e le previsioni del tempo; il tempo Ăš musicale... battere il tempo: tre quarti, quattro quarti, sei ottavi, tempo sincopato, tempo spezzato; tempo al tempo; tempo sprecato: stai buttando via il tuo tempo; il tempo consolatore che rimarginerĂ le ferite; Ăš solo una questione di tempo; il tempo che reca con sĂ© predestinazione e necessitĂ : ogni cosa ha il suo tempo; il tempo come possibilitĂ : tutto puĂČ accadere; forse il tempo ci darĂ regione»1.
Ma, come scriveva il filosofo francese Paul RicĆur:
«CosâĂš dunque il tempo? si chiede Agostino. Se nessuno mi interroga, lo so; se volessi spiegarlo a chi mâinterroga non lo so2.»
Eppure, in medicina, il primo concetto che viene alla mente Ăš quello di un tempo longitudinale, mirabilmente espresso sia da Giorgione nel suo dipinto Le tre etĂ dellâuomo3, sia da Gustav Klimt nella versione delle Tre etĂ della donna4. In entrambe le opere, troviamo il concetto classico dello scorrere del tempo nellâarco della nostra vita, dalla nascita, allâadolescenza e allâetĂ adulta, fino alla senescenza.
Esiste invece anche un tempo trasversale, secondo il quale in ogni determinato momento tutte le funzioni del nostro organismo non sono fisse, ma presentano una continua serie di oscillazioni ritmiche nella propria ampiezza, caratterizzate da un massimo e un minimo. Questa frase sembra difficile da capire in questo momento, ma vi assicuro che fra poco vi sarĂ ben piĂč chiara e comprensibile. Quando un fenomeno ricorre a intervalli regolari, si dice che Ăš âritmicoâ. E se si tratta di un fenomeno biologico, ecco che quindi ci troviamo di fronte a un ritmo biologico.
Eppure lâosservazione dellâesistenza di un fenomeno ritmico in natura non Ăš recente, anzi risale addirittura al quarto secolo prima di Cristo, e si deve ad Androstene di Taso. Androstene era un naturalista e uno scienziato, e non potĂ© che cedere alle lusinghe e alle tentazioni di Nearco, amico e potente comandante della flotta di Alessandro Magno. «Vieni con noi... lâimperatore ci porterĂ a scoprire e conquistare nuovi mondi, pensa a quante cose nuove potrai vedere e studiare.» Androstene, imbarcatosi allora sulla flotta della grande spedizione di Alessandro, osservĂČ â fra lâaltro â come le foglie dellâalbero del tamarindo (Tamarindus indica) si aprivano e si chiudevano in sincronia con lâalternanza di luce e buio. Riportando questa osservazione in una preziosa tavoletta, Androstene ha consegnato ai posteri la pubblicazione (come diremmo oggi) del primo esempio di un ritmo circadiano in biologia.
Occorreranno altri due millenni perchĂ© questa osservazione venga ripresa da Jean-Jacques Dortous de Mairan (1678-1771), grande studioso francese. Astronomo, fisico, matematico, vincitore per tre anni consecutivi del premio dellâAcadĂ©mie royale des sciences, poi membro dellâAcadĂ©mie française, dellâAccademia imperiale di San Pietroburgo, della London royal society e di molte altre prestigiosissime istituzioni, fra le centinaia di esperimenti condotti, de Mairan decise di approfondire lâosservazione di Androstene sulle foglie di tamarindo, e chiarire se si trattasse solamente di una risposta alla luce del sole da parte di certe piante. Ma anche in un ambiente confinato buio e privo di informazione sulla luce solare, notĂČ che le foglie di Mimosa pudica si aprivano durante il giorno e si chiudevano di notte. Troppo preso da studi a suo dire di ben altra portata e importanza, de Mairan non si preoccupĂČ certo di dare seguito a questa osservazione. Che venne invece puntualmente pubblicata nel 1729, da Marchand, suo amico e collega dellâAcadĂ©mie royale, con il titolo Observation botanique.
Adesso, dopo altri tre secoli, noi sappiamo che lâinformazione sui ritmi biologici Ăš presente nel nostro dna, come in quello di tutti gli esseri viventi sulla Terra. Pensate che i piĂč antichi esseri viventi sul pianeta, i cianobatteriâ a cui si deve la produzione dellâossigeno che ha permesso lo sviluppo di vita complessa sulla Terra, fra i due e i tre miliardi di anni fa â possiedono una organizzazione circadiana. E cosĂŹ pure una âanzianissimaâ (poco meno di due miliardi di anni) alga marina dal nome impronunciabile, Gonyaulax polyedra, possiede tre ritmi circadiani, uno per ognuna delle sue principali attivitĂ : fotosintesi (capacitĂ di produrre ossigeno), luminescenza (capacitĂ di accendersi/spegnersi in determinati momenti della giornata), e divisione cellulare (la propria moltiplicazione).
Magari vi state domandando perchĂ© questo cosiddetto andamento ritmico nelle funzioni biologiche sia passato attraverso vari miliardi di anni e sia ancora presente anche nellâuomo.
Perdonate lâesempio, forse apparentemente banale, che uso fare ai miei studenti. Se voi sapeste che ogni giorno, in questa aula, alle 10 un pezzo di soffitto cade... voi domani alle 10 sareste ancora in questâaula? Certamente no. E se invece veniste a sapere che ogni giorno alle 12, due aule piĂč in lĂ , arriva un carrello di panini e pizzette, gratis, ma del tipo âprimo arrivato, primo servitoâ... Forse giĂ alle 11.30 sareste appostati per essere fra i primi. Questo Ăš il senso dellâandamento ritmico, e il grande vantaggio che lâevoluzione ha portato con sĂ© Ăš definito anticipazione. Se un fenomeno si ripete in maniera ritmica nel tempo, Ăš quindi predicibile e prevedibile, e permette a ogni essere vivente, sin dal livello cellulare, di organizzarsi per ricevere e utilizzare al meglio i propri nutrimenti. Oppure, nel caso delle piante, permette loro di sincronizzarsi con le modificazioni di temperatura e luce dellâambiente circostante, per aumentare la crescita e allungare la sopravvivenza. Sapere prima quello che succederĂ Ăš sempre un vantaggio.
Chronos e bios, dunque, tempo e vita. La cronobiologia Ăš quindi una disciplina scientifica che si occupa di indagare lâorganizzazione temporale delle funzioni biologiche di ogni organismo. Nelle pagine precedenti abbiamo visto che se un fenomeno si ripete in maniera ritmica nel tempo, ed Ăš quindi predicibile e prevedibile, lo definiamo âritmoâ e quindi parleremo di ritmi biologici. Sgombriamo perĂČ subito il campo, per favore, da qualsiasi equivoco con i cosiddetti âbioritmiâ, secondo i quali, sulla base della data di nascita di ognuno di noi, Ăš possibile stabilire se oggi, per esempio, sarĂ una giornata in cui il bioritmo del lavoro Ăš al top delle sue quattro stelline, e per fortuna magari anche quello della salute (sempre quattro stelline) mentre invece, ahinoi, il bioritmo dellâamore Ăš un poco depresso con le sue due misere stelline... Se vogliamo farci un sorriso, va bene, ma ricordiamoci che tutto ciĂČ non ha assolutamente nulla a che vedere con la scienza. Ma proprio nulla.
Un ritmo, dipende dalla sua durata (o periodo). Ovvero, in termini piĂč semplici, la durata potrebbe essere quella di un giorno, di una stagione, di un anno. Per dare una definizione appropriata, noi chiamiamo circadiani (dal latino circa dies, âallâincirca un giornoâ) i ritmi che si sviluppano, con un picco massimo e uno minimo, nellâarco delle 24 ore. I ritmi circadiani sono quelli piĂč studiati, e se vogliamo quindi i piĂč conosciuti e famosi. Ma ne esistono anche di ultradiani (ovvero con un periodo inferiore alle 24 ore) e infradiani (con un periodo superiore alle 24 ore), fra questi per esempio il ciclo ritmico mensile della donna o il ritmo delle stagioni.
Prendiamo per esempio questâultimo, determinato dal moto di rivoluzione della Terra attorno al Sole. Lâimportanza del ritmo delle stagioni, anche in medicina, Ăš noto sin dai tempi antichi. Il grande Ippocrate, cinque secoli prima di Cristo nel suo trattato Arie, acque, luoghi, si esprimeva allâincirca cosĂŹ:
«Chiunque voglia studiare in modo appropriato la medicina, dovrebbe in primo luogo considerare le stagioni dellâanno, e quali effetti produca ciascuna di esse, visto che non sono tutte uguali e anzi presentano molte differenze tra di loro sulla base dei loro cambiamenti».
Il concetto Ăš importante e innovativo: le malattie non hanno una origine soprannaturale, ma ambiente, condizioni climatiche e meteorologiche, sostanze contenute nelle acque e cosĂŹ via possono giocare ruoli importanti. Naturalmente stiamo parlando...