Lo Stato moderno in Europa
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Lo Stato moderno in Europa

Istituzioni e diritto

Maurizio Fioravanti

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Lo Stato moderno in Europa

Istituzioni e diritto

Maurizio Fioravanti

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I caratteri fondamentali del diritto e della costituzione dagli inizi dell'etĂ  moderna fino alle soglie del nostro presente, in una sintesi originale che coniuga storia e diritto.

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Information

Jahr
2015
ISBN
9788858118405

1. Stato e costituzione

di Maurizio Fioravanti
1. Premessa: alle origini dello Stato moderno europeo. 2. Le forme dello Stato moderno europeo: lo Stato giurisdizionale, lo Stato di diritto, lo Stato costituzionale. 3. Le costituzioni dello Stato moderno europeo: la costituzione cetuale, la costituzione liberale, la costituzione democratica.

1. Premessa: alle origini dello Stato moderno europeo

In questo contributo sarà preso in considerazione lo Stato moderno europeo come realtà politico-istituzionale che caratterizza la storia europea nell’ambito di un considerevole arco di tempo, a partire dal XIV secolo per giungere fino a noi, fino agli Stati costituzionali e alle Costituzioni democratiche del nostro tempo. Ovviamente, nel corso di questi sei secoli, compresi tra il XIV e il XX, ciò che chiamiamo ‘Stato moderno europeo’ ha assunto forme diverse, collocandosi all’interno di diverse esperienze costituzionali. In questo contributo tenteremo appunto di mostrare la linea di fondo, che in qualche modo riguarda l’intera vicenda dello Stato moderno europeo, ma anche, e forse ancor più, la diversità delle forme e delle costituzioni, dei modi di organizzazione dei poteri e delle regole, che di volta in volta, all’interno di fasi distinte, caratterizzano questo Stato lungo quella vicenda.
Le diversità sono fin troppo note. È evidente che una signoria territoriale del XIV secolo è certamente cosa diversa da uno Stato della successiva epoca assolutistica, e ancor meno si può dimenticare che entro i nostri sei secoli si pone il grande evento della Rivoluzione francese, che anche per noi rappresenta una vera e propria cesura, che dà luogo a nuove forme di Stato, allo Stato di diritto, e successivamente allo Stato costituzionale. E tuttavia, noi sosteniamo che il percorso dello Stato moderno europeo, per quanto complesso e multiforme, segua anche una sua linea di fondo, che iniziò ad apparire in modo sufficientemente chiaro in Europa nei secoli di transizione tra l’età medievale e quella moderna, e quindi già prima dell’aprirsi della fase assolutistica tradizionalmente collocata tra XVI e XVII secolo. Definire in che cosa consista questo inizio, e da quale punto si diparta la nostra ‘linea’, è dunque il nostro primo compito, che assume carattere preliminare, poiché lì, e non altrove, si trova il carattere originario dello Stato moderno europeo.
Per sciogliere questo nodo, è necessario introdurre, come strumento di lavoro, la nozione di ‘governo’. In prima approssimazione, si può dire che la vicenda dello Stato moderno europeo inizia in quella fase, successiva al XIII secolo, in cui diviene sempre più evidente e visibile una certa tendenza nella organizzazione del governo dei molteplici territori presenti in Europa. La nozione di cui discutiamo è dunque più precisamente quella di governo del territorio. In via di sintesi, possiamo dire che abbiamo una consistente e diffusa trasformazione del governo dei territori in Europa, agli inizi del percorso dello Stato moderno, quando abbiamo:
a) un signore che esercita in modo più o meno consistente i poteri d’imperium, ovvero il potere di dire la giustizia, di esigere le imposte e di chiamare alle armi, con riferimento a un territorio – provincia, contea, principato, regno, Land –, e dunque a una realtà che in qualche modo è ormai qualcosa di più di un semplice insieme di terre collegate da rapporti di carattere feudale;
b) un’assemblea rappresentativa, che proprio in questo periodo prende diverse denominazioni – Landtage, Parliaments, Cortes, Stati generali o altro ancora – e svolge una decisiva duplice funzione: da una parte porre limiti al signore, mantenendo integri i privilegi e gli ordinamenti di ceto e di luogo che si trovano all’interno del territorio, dall’altra collaborare con lui per il governo del territorio medesimo, come se questo fosse ormai una sorta di ‘bene comune’, cui dedicare, a certe condizioni, precise risorse, essenzialmente tramite i tributi e la difesa militare dei confini;
c) la presenza di regole, per lo più di origine consuetudinaria, che però vengono ora sempre più messe in forma scritta, assumendo anzi il significato di un vero e proprio contratto tra il signore e le forze presenti sul territorio: si tratta di quei ‘contratti di dominazione’ che troviamo in molti territori europei dal XIV secolo in poi, scritti e messi in opera al fine di precisare e circoscrivere le posizioni e i poteri di ciascuna forza agente, compreso il signore stesso, ma anche con l’intento di rappresentare e fissare i modi di partecipazione di ciascuno alla cura del ‘bene comune’, e dunque al governo del territorio1.
Possiamo ora chiederci se tutto questo rappresenti uno ‘Stato’. La nostra risposta è positiva, nel senso che si è entrati in una situazione in cui abbiamo rispettivamente:
a) un territorio in senso politico, oggetto della dominazione di un signore, che trascende ormai la somma delle terre che pure in esso sono comprese;
b) un’assemblea che non è più esclusivamente quella medievale dei magnati e dei baroni, che si limitano a prestare al loro signore consilium e auxilium, e che tende anzi a evolversi nel senso istituzionale della assemblea che con il signore medesimo governa il territorio, decidendo in primo luogo sulle risorse, sulla loro acquisizione e sul loro impiego;
c) un insieme di regole che traggono la loro origine dalle consuetudini medievali, ma che puntano ora a disciplinare, in forma scritta, gli ambiti di potere del signore, della stessa assemblea e delle forze concretamente agenti, con l’intento di definire il modo di governo, nel suo complesso, dello stesso territorio.
In altre parole, abbiamo ‘Stato’ perché abbiamo una realtà territoriale che viene governata sempre più nel suo insieme, e in modo sempre più istituzionalizzato, secondo regole scritte che fissano il ruolo di ognuno. È questo il senso fondamentale della trasformazione cui assistiamo nel passaggio dall’età medievale a quella moderna, ed è dunque questo il carattere dello Stato moderno europeo, che è possibile cogliere alle sue origini: lo Stato come governo di un territorio, che opera in modo sempre più disciplinato e regolato, con l’intento di consociare le forze operanti su quel territorio, di ricondurle a una prospettiva comune.
Ovviamente, non dobbiamo ricercare in questo Stato, caratteristico della prima età moderna, quella forma di Stato che verrà ben dopo, nell’epoca degli Stati nazionali e degli Stati di diritto. Manca infatti allo Stato che stiamo prendendo in considerazione qualsiasi pretesa monopolistica, sia sul versante dell’esercizio del potere che su quello della cittadinanza. I signori territoriali che sopra abbiamo tratteggiato esercitano certamente importanti poteri d’imperium, magari ponendosi con essi sempre più al centro del territorio, ma non per questo pensano di tagliare alla radice quella vasta gamma di poteri giurisdizionali, impositivi in materia di tributi, e anche militari, che continuano ad affollarsi all’interno del territorio medesimo. Né tanto meno si può sostenere, dal lato della cittadinanza, che l’appartenenza di un soggetto a quel territorio generi in lui un’obbligazione esclusiva verso il signore, rimanendo ben vive anche le antiche solidarietà, e le conseguenti distinte obbligazioni verso il luogo, il ceto, la corporazione, il feudo, la città. Abbiamo quindi uno Stato, perché abbiamo la consapevolezza di un territorio da governare, e da difendere, nel suo insieme, secondo regole fissate e condivise, ma abbiamo anche la permanenza, entro quello Stato e quel territorio, di una pluralità di potestà dotate d’imperium, e anche di una pluralità di vincoli e di obbligazioni. In una parola: c’è già uno Stato perché c’è già un governo e un territorio, ma non c’è ancora la sovranità.
Ne consegue la necessità, dal nostro punto di vista, di mettere ordine nella plurisecolare vicenda dello Stato moderno europeo, definendo più precisamente le forme che esso è andato assumendo nel corso del tempo, e in particolare cercando d’individuare la fase in cui è possibile collocare quel salto cui sopra si alludeva, dallo Stato come mera pratica organizzata di governo del territorio allo Stato come portatore del principio-guida della sovranità.

2. Le forme dello Stato moderno europeo: lo Stato giurisdizionale, lo Stato di diritto, lo Stato costituzionale

Nella nostra ricostruzione, lo Stato moderno europeo inizia dunque a prendere forma quando all’interno di un certo territorio si determinano le condizioni per l’esistenza di un governo certamente non ancora monopolistico e sovrano, ma che comunque si propone come esercizio, in modo anche consistente, delle funzioni d’imperium, di amministrazione della giustizia, d’imposizione dei tributi, di difesa del territorio e di tutela dell’ordine e della pace interna, chiamando alla collaborazione le forze concretamente esistenti, le comunità rurali di origine feudale, le realtà cittadine, gli ordinamenti ecclesiastici, le corporazioni, secondo regole scritte e condivise, che impegnano i diversi soggetti coinvolti confermando i loro diritti, ma anche assegnando loro ruoli e responsabilità nell’ambito del governo del territorio medesimo. In questa fase iniziale del suo percorso, lo Stato moderno europeo è dunque il risultato di una tensione e di una competizione, ma anche di una collaborazione e di un equilibrio, tra due poli: quello della concentrazione e della istituzionalizzazione dei poteri d’imperium più volte nominati, assunti, anche se non in modo monopolistico, da un signore che tende in questo modo sempre più a rappresentare il territorio nel suo insieme, e quello della pluralità delle diverse forze e realtà presenti sul territorio medesimo, che operano non solo sul piano tradizionale della tutela dei loro privilegi e dei loro ambiti di potere, ma anche sul piano nuovo della partecipazione al governo del territorio, che anch’esse finiscono quindi per intendere come un insieme, come una sorta di ‘bene comune’ alla cui integrità e cura sono chiamate a provvedere, entro un rapporto di collaborazione con lo stesso signore.
Se insistiamo su questo punto, è per mettere in rilievo il fatto che lo Stato moderno europeo ha evidentemente avuto, all’inizio del suo percorso, una prima forma in cui si trovano al massimo alcuni elementi che saranno propri delle forme che seguiranno, ispirate dal principio-guida della sovranità politica: la tendenza del signore a collocarsi al centro di un dato territorio, o l’avvio dello stesso processo di concentrazione dei poteri d’imperium. Ma ciò che più conta è che si tratta di una forma che nel suo carattere di fondo prescinde del tutto da quel principio, non essendo diretta in alcun modo a un dominio monopolistico e uniforme del territorio, e neppure alla creazione nei soggetti di un vincolo unico ed esclusivo sul piano dell’obbligazione politica, seccamente soppressivo delle molteplici solidarietà, di ceto e di luogo, che avevano caratterizzato il passato medievale, e che ora vengono trasformate dalla nuova realtà territoriale, ma non eliminate. In una parola, lo Stato moderno europeo ha una prima forma non riconducibile al principio della sovranità. La storia dello Stato moderno europeo è dunque più ampia, e più risalente, della storia dello Stato impersonante il principio della sovranità: tale seconda storia inizia successivamente, e rappresenta quindi solo una fase all’interno della plurisecolare vicenda dello Stato moderno europeo.
Torniamo allora alla nostra esigenza di fondo, che è quella di mettere ordine nella successione storica delle forme che hanno caratterizzato la vicenda complessiva dello Stato moderno europeo. Possiamo ora denominare la prima e piÚ risalente forma, che sopra abbiamo già in parte tratteggiato: si tratta dello Stato giurisdizionale, che consideriamo la forma prevalente fino alla Rivoluzione francese e alla svolta della fine del XVIII secolo2. Lo Stato giurisdizionale ha tre caratteri fondamentali:
a) un territorio sempre più inteso in senso unitario, ma in cui l’unità è preceduta, logicamente e storicamente, dalle parti che la compongono, nel senso che chi governa al centro è sempre costretto a presupporre l’esistenza di una fitta schiera di soggetti, dalle città alle comunità rurali, dagli ordinamenti ecclesiastici alle corporazioni, ben lungi dal poter essere considerati mere ‘sezioni’ dell’intero e il cui contributo attivo è anzi necessario proprio per esercitare il governo del territorio medesimo;
b) un diritto anch’esso sempre più funzionale alla cura dell’intero, ma che non per questo si traduce automaticamente in diritto gerarchicamente sovraordinato rispetto ai diritti delle parti e dei singoli luoghi: un diritto che continua dunque a essere comune, e non unico, perché proteso alla razionalizzazione, e magari anche alla riforma, dei diritti particolari, ma non alla loro abrogazione;
c) un governo che opera sempre più con riferimento al territorio nel suo insieme, e anche nella sua unitarietà, ma non per questo con l’intento di generare uniformità, nel senso di conformazione generalizzata della periferia al centro: un governo dunque che non opera per il tramite di un’amministrazione deputata a esprimere in ogni luogo, al centro come in ogni punto della periferia, la presenza e la forza dell’imperium, ma per il tramite della giurisdizione, che consente in modo ben più elastico di governare una realtà territoriale complessa, essenzialmente con l’intento di mantenere la pace, di consociare e tenere in equilibrio le forze concretamente esistenti.
Potrà ora forse stupire il fatto che una simile forma di Stato sia da noi considerata quella dominante in Europa fino alla Rivoluzione francese, soprattutto tenendo conto dell’esistenza, al centro del periodo considerato, della fase decisiva dell’assolutismo politico dei secoli XVI e XVII. E più ancora tenendo conto di quella lunga e ancora vitale tradizione di studi che ci ha abituati a considerare lo Stato assoluto, soprattutto del XVII secolo, come la vera prima forma di Stato moderno, che provvedendo, in misura diversa, a statalizzare le funzioni d’imperium, l’esercizio della giurisdizione, il potere d’imporre tributi, il potere di chiamare alle armi e di organizzare l’esercito, e creando a questo proposito una burocrazia professionale, di estrazione non feudale e non patrimoniale, avrebbe in sostanza preparato la caduta dei privilegi, e sotto questo profilo la stessa rivoluzione con l’affermazione dei diritti individuali3. È questo un nodo decisivo, sul quale sono necessarie alcune precisazioni.
La prima è relativa al significato che possiamo attribuire all’espressione ‘Stato assoluto’. Se con tale espressione intendiamo significare la tendenza di alcune monarchie europee, soprattutto nel corso del XVII secolo, a semplificare in senso assolutistico la forma di governo monarchica, riducendo i poteri dei Consigli che cooperavano con i sovrani, o dei soggetti istituzionali che potevano esercitare un certo...

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