FOCUS LâIMPORTANZA DI RIEMANN
In matematica, Ăš stato scritto, esistono due tipi di scienziati. Da un lato coloro che inaugurano vie lastricate di nuove idee che, per quanto semplici, non sono occorse ad alcuno prima di loro; dallâaltro, i matematici che sulle vaste aree rese praticabili dai primi si prodigano a seminare e a raccogliere ricchissime messi. Entrambe le categorie sono indispensabili al progredire della matematica ma solo ai pochi, illustri esponenti della prima schiera Ăš concesso lâonore di scrivere il proprio nome fra i padri della disciplina. Senza dubbio la figura di Bernhard Riemann si colloca tra questi.
Lâaudacia delle sue vedute, la feconditĂ dei metodi introdotti e la vastitĂ dei suoi variegati interessi fanno di lui uno dei fondatori della matematica contemporanea.
LâeccezionalitĂ della produzione matematica di Riemann Ăš del resto acuita dalla sua mirabile densitĂ concettuale. Innegabilmente, la breve durata della sua carriera (poco piĂč di un quindicennio) insieme alla difficoltĂ , piĂč volte lamentata, di dare forma definitiva ai concetti e ai procedimenti che egli si rappresentava nella mente impedirono che la ricchezza del suo pensiero trovasse adeguata espressione nella parola scritta; tuttavia la portata innovativa del suo approccio fu tale che ogni settore del sapere matematico di cui egli si occupĂČ risultĂČ rivoluzionato e profondamente arricchito. Riemann, in grado di dedicarsi con eguale successo alla geometria, allâanalisi, alla fisica matematica e alla teoria dei numeri, fu uno degli ultimi matematici universali ai quali fu concesso di dominare il sapere del loro tempo con profonditĂ e straordinaria capacitĂ di determinarne gli sviluppi futuri.
La soliditĂ della figura scientifica di Riemann stride con i tratti di una biografia segnata da ipocondria, salute cagionevole e patologica insicurezza che limitarono fortemente la sua capacitĂ di diffondere le proprie idee al di lĂ di una assai ristretta cerchia di amici e colleghi. Il riconoscimento della feconditĂ del suo pensiero da parte della comunitĂ matematica fu in buona parte postumo ma nondimeno determinante nel plasmare la forma della matematica odierna.
Al di lĂ dei fondamentali contributi in campi specifici, lâereditĂ di Riemann consistette anche in un nuovo approccio alla ricerca matematica che segnĂČ una discontinuitĂ rispetto alle precedenti generazioni.
Un nuovo modo di operare che giustamente Ăš stato definito concettuale, per indicare la preponderanza da lui accordata ai concetti rispetto alle laboriose deduzioni algoritmiche che avevano dominato sino ad allora lâopera della maggior parte dei matematici. Per piĂč di una ragione, lâopera di Riemann sembra incarnare il motto di quello che puĂČ essere considerato come uno dei suoi maestri, Gustav Lejeune Dirichlet, il quale ebbe a scrivere «prima il pensiero e poi i calcoli».
Una considerazione a parte merita il ruolo delle ricerche di Riemann nel campo della geometria differenziale. Il concetto di varietĂ in un numero qualunque di dimensioni insieme ad una generalizzazione della nozione classica di curvatura, che era stata propria, sino ad allora, della sola geometria delle superfici, costituĂŹ lo strumento tecnico in virtĂč del quale Einstein potĂ© sviluppare ed enunciare la teoria della relativitĂ generale, ancora oggi alla base della nostra comprensione dellâuniverso su larga scala.
LE OPERE SCIENTIFICHE
LâANALISI COMPLESSA
Il primo dei contributi di Riemann risale al dicembre del 1851 quando, a conclusione degli studi allâUniversitĂ di Gottinga, egli fu chiamato a difendere la propria dissertazione di dottorato. Il titolo, Fondamenti di una teoria generale delle funzioni di una variabile complessa, richiamava gli aspetti fondazionali della trattazione, la quale, come si vedrĂ , non si limitĂČ ad enunciare nuovi teoremi, ma propose nozioni e procedimenti affatto nuovi i quali segnarono profondamente lo sviluppo della odierna analisi complessa.
Per descrivere i contenuti di questo lavoro conviene procedere un poco a ritroso per ripercorrere la storia dei numeri complessi e accennare agli sviluppi della teoria delle funzioni precedenti ai contributi di Riemann.
Succede di frequente nella storia della matematica che scoperte cruciali si presentino in contesti piĂč complicati rispetto a quelli che oggi ci parrebbe naturale introdurre per descriverle. Ă questo il caso dei numeri complessi.
Generalmente il primo incontro con queste âesoticheâ entitĂ avviene nel contesto della teoria delle equazioni algebriche di secondo grado, cioĂš equazioni del tipo ax2 + bx + c = 0, e piĂč precisamente quando si riconosce che per valori opportuni dei coefficienti reali a, b, c lâequazione non ammette soluzioni reali [cioĂš numeri reali come soluzioni â ndr] giacchĂ© nella formula risolutiva dellâequazione compaiono radici di numeri negativi. Tuttavia, questa circostanza di per sĂ© non conduce in alcun modo alla necessitĂ di introdurre una estensione della nozione di numero reale; infatti essa puĂČ essere interpretata semplicemente come una manifestazione del fatto che in tali casi lâequazione non ammette soluzioni (reali).
Tale necessitĂ si manifestĂČ in un altro contesto.
In effetti, lâintroduzione di quantitĂ immaginarie, cioĂš numeri del tipo
, si compĂŹ nel corso dei tentativi di risoluzione delle equazioni generali di terzo grado:
ax3 + bx2 + cx + d = 0, dove
a,
b,
c,
d sono numeri assegnati. In un caso particolare, il cosiddetto caso irriducibile, la formula risolutiva di tale equazione (dovuta nel Cinquecento a NiccolĂČ Tartaglia e a Girolamo Cardano) conduce a soluzioni reali che tuttavia sono rappresentate da quantitĂ immaginarie. Un esempio Ăš quello dellâequazione cubica
x3 = 15
x + 4. Si verifica facilmente che
x = 4 Ăš soluzione dellâequazione; tuttavia essa Ăš espressa, in virtĂč della formula di Cardano, da
Al matematico rinascimentale Raffaele Bombelli va riconosciuto il merito di aver introdotto nel suo trattato
Algebra (1572) regole pratiche per il maneggio di queste nuove entitĂ , pur senza porsi il problema di fornirne una definizione precisa. Del resto, per molto tempo il loro stato si mantenne precario, come attestano le varie caratterizzazioni a cui i numeri complessi furono soggetti. Ancora nel 1702, Gottfried Wilhelm Leibniz, ad esempio, arrivĂČ a parlare del numero
addirittura come di «quel mostro dellâanalisi, quel portento del mondo ideale, quellâanfibio fra essere e non essere che chiamiamo radice dellâunitĂ negativa».
Gradualmente, i matematici si familiarizzarono con i numeri complessi fino ad impiegarli diffusamente nel corso dei loro calcoli e delle loro deduzioni, non solo per affrontare problemi di carattere algebrico, come la soluzione di unâequazione di terzo grado, ma anche in ambito analitico, ad esempio nel calcolo degli integrali definiti di funzioni reali.
Si scoprĂŹ che gli strumenti del calcolo differenziale, come la derivata e lâintegrale, potevano essere applicati altrettanto proficuamente al campo dei numeri complessi; anzi, lâimpiego di quantitĂ immaginarie metteva in luce proprietĂ e fenomeni assai diversi ed in qualche caso persino piĂč interessanti rispetto a quelli che si presentavano abitualmente nellâambito della cosiddetta analisi reale.
Una svolta importante si ebbe con la scoperta della rappresentazione geometrica dei numeri complessi ad opera di matematici quali il cartografo danese Caspar Wessel e lo svizzero Jean-Robert Argand, vissuti tra il Settecento e lâOttocento, che per primi identificarono un numero complesso a + ib con il punto del piano le cui coordinate, rispetto ad un riferimento cartesiano ortogonale, sono date dalla coppia (a, b).
Il grande Carl Friedrich Gauss, pur con qualche tentennamento, si servĂŹ implicitamente di tale rappresentazione geometrica nelle varie dimostrazioni da lui fornite del cosiddetto teorema fondamentale dellâalgebra (il cui asserto sancisce lâesistenza di n radici complesse di un polinomio di grado n). Egli fu piĂč esplicito in una lettera del 1811 allâamico matematico e astronomo Friedrich Bessel nella quale scriveva: «proprio come pensiamo alla totalitĂ dei numeri reali in termini di una retta infinita, cosĂŹ ci possiamo rappresentare lâinsieme di tutte le quantitĂ , reali e immaginarie, per mezzo di un piano infinito nel quale a ogni punto di ascissa = a e ordinata = b corrisponde il numero a + ib».
La rappresentazione geometrica qui descritta era impiegata dallo stesso Gauss per estendere il concetto di integrale a funzioni di variabile complessa, la quale richiedeva che lâordinaria nozione di intervallo di integrazione venisse sostituita dalla prescrizione di un particolare cammino di integrazione, cioĂš da una curva nel piano complesso.
Nella stessa lettera a Bessel, egli informava lâamico circa le proprie ricerche, peraltro mai pubblicate, sullâintegrazione di funzioni di variabile complessa. «Che cosa bisogna intendere con â« Ï(x) dx quando il limite superiore [di integrazione] Ăš a + ib? [âŠ] Il passaggio continuo da un valore di x allâaltro nel piano complesso ha luogo lungo una curva ed Ăš perciĂČ possibile lungo molti cammini. Affermo ora che lâintegrale â« Ï(x) dx ha un unico valore anche se preso lungo cammini diversi purchĂ© Ï(x) sia a un sol valore e non diventi infinita nello spazio compreso fra due cammini. Questo Ăš un teorema molto bello».
Il teorema cui Gauss faceva cenno, oggi noto come teorema integrale di Cauchy, fu uno dei risultati principali delle numerose indagini che impegnarono il matematico francese Augustin-Louis Cauchy per quasi un quarantennio. A lui si devono i primi enunciati e le prime dimostrazioni di risultati cruciali in analisi complessa: oltre al giĂ citato teorema integrale, lâindividuazione di equazioni (oggi dette di Cauchy-Riemann) che garantiscono, in buona sostanza, notevoli proprietĂ di regolaritĂ tra le quali lâinfinita derivabilitĂ e la possibilitĂ di espandere in serie di potenze (cioĂš espressioni del tipo
) una qualunque funzione di variabile complessa,
z â
f(
z) che vi soddisfi.
Era questo lo stato di avanzamento della disciplina quando, nel novembre del 1851, Riemann presentĂČ allâuniversitĂ di Gottinga la sua tesi di dottorato sui fondamenti della teoria delle funzioni di una variabile complessa.
Inizialmente orientato verso studi di teologia e filologia, nel 1846, allâetĂ di diciannove anni, Riemann si era iscritto allâUniversitĂ di Gotti...