Francesco da Barberino al crocevia
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Francesco da Barberino al crocevia

Culture, società, bilinguismo

Sara Bischetti, Antonio Montefusco, Sara Bischetti, Antonio Montefusco

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Francesco da Barberino al crocevia

Culture, società, bilinguismo

Sara Bischetti, Antonio Montefusco, Sara Bischetti, Antonio Montefusco

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Francesco da Barberino, a contemporary of Dante (1264–1348), was a Florentine notary. Remembered for the first testimony of the circulation of the Commedia, he is also known for an ample and composite literary production, both in Latin and the vernacular. Francesco spent part of his life as notary at the service of the bishops of Florence, so that his works reveal a remarkable culture, influenced by his juridical training and notarial career. In particular, his allegorical and didactical poem, called Documenta Amoris, represents an interesting case of a complex interplay of texts and pictorial illustrations. In fact, the work includes a vernacular poem alongside a translation and a commentary both in Latin, and it is also accompanied by a series of illuminations: all the texts and the whole paratextual structure derive directly from the author himself, as witnessed by two Vatican MSS (Barb. 4076 and 4077). Composed at the same time, the Documenta Amoris are a sort of orthodox contrappunto of the Commedia, in which Dante's linguistic experimentation is substituted by Francesco's rigid bilingualism. This book provides one of the first interpretations of this fundamental figure of 14th-century Florentine culture.

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Información

Editorial
De Gruyter
Año
2021
ISBN
9783110590722
Edición
1
Categoría
Languages

La divinazione nei Documenti d’Amore: tra prassi giuridica e disciplina della parola

Sara Ferrilli

Abstracts

La pubblicazione dei Documenti d’Amore per cura di Federico Ubaldini mostra, fin dalle sue intenzioni, la volontà di analizzare l’opera di Francesco da Barberino per il suo apporto linguistico. Nel contributo si prende in esame come alcuni aspetti, ovvero la disciplina della parola e la predicazione, si intrecciano alla divinazione nelle sue varie forme, un’altra questione fondamentale e analizzata in più luoghi dell’opera barberiniana, che oscilla costantemente tra i poli veritas/falsitas, e sottigliezza/grossezza. Dapprima, si procederà a un’analisi dello statuto giuridico di tali tecniche, analizzando i richiami al Corpus iuris canonici e alla patristica puntualmente evocati nella glossa latina; in secondo luogo, ci si concentrerà sullo statuto dell’oniromanzia, cosa che porta le artes divinandi a una continua ridefinizione tra testo latino e volgare e a un loro inquadramento nella prassi pubblica della predicazione; infine, ci si concentrerà sullo statuto dell’astrologia giudiziaria all’interno dei vari livelli di cultura e di pubblico implicati da Francesco da Barberino tanto nei Documenti, quanto nel complementare Reggimento. L’intento è quello di mostrare come l’opera barberiniana nel suo complesso agisca su vari fronti, tanto come riflessione teorico-dottrinale, quanto come manuale precettistico-formale, sfruttando pienamente le potenzialità linguistiche del volgare, del latino e dell’apparato figurativo.
Federico Ubaldini’s edition the Documenta Amoris illustrates his wish to provide a linguistic analysis of Francesco Barberino’s work. This contribution analyses how some of these aspects intertwine with divination in its various forms, which is another important aspect of Barberino’s writings that constantly oscillates between the poles veritas/falsitas and thinness/thickness. The contribution studies a) the legal statute of such techniques, b) the statute of oneiromancy, and c) the statute of judicial astrology within the various levels of culture and public that Barberino implicates both in his Documenta and in the complementary Reggimento. The main objective is to show how Barberino’s work acted on several fronts, making broad use of the linguistic potential of both the vernacular and Latin and of the figurative means at his disposal.
Parole chiave: Francesco da Barberino, Divination, Preaching, Judicial Astrology, Oneiromancy, Fortune
«Omnis mundi creatura
quasi liber, et pictura
nobis est, et speculum.
Nostrae vitae, nostrae mortis,
nostri status, nostrae sortis
fidele signaculum».
Alano di Lilla, Omnis mundi creatura, carmen, vv. 1–6

Introduzione

Pubblicando nel 1640 l’editio princeps dei Documenti d’Amore1 di Francesco da Barberino il nobile senese Federico Ubaldini, conte di Urbania e segretario del cardinale Francesco Barberini, sottolineò come la monumentale opera del notaio valdelsano avesse l’intento di voler insegnare «l’arte di renderci amabili con le belle maniere, e con i saggi avvisi, i quali ci conducono per quella strada per cui eternandosi la Fama, veniamo ad essere in ogni secolo felici».2 Tuttavia, agli occhi di un erudito secentesco pienamente inserito nelle dinamiche della curia romana, quale era l’Ubaldini, i Documenti d’Amore si presentavano degni di nota almeno per due altre ragioni. Proprio nel 1640, infatti, egli intraprendeva la stesura di una dettagliata storia della famiglia Barberini, rilavorata lungo tutta la sua vita e mai portata a termine,3 e individuava erroneamente in Francesco da Barberino un illustre antenato del Cardinale, per cui la pubblicazione dei Documenti aveva anche carattere encomiastico e doveva rendere omaggio alla «gloria di questa Casa».4 L’Ubaldini, inoltre, perseguiva l’intento, facilmente rintracciabile nella struttura dell’edizione, di far «ancora apparire qual fosse la prima età della nostra lingua, e chi cominciasse primieramente a sollevarla»,5 cosa perfettamente in linea con l’opera di riscoperta linguistica e filologica della lirica delle Origini che caratterizzò l’attività del senese, di cui ci resta traccia in numerosi codici della Biblioteca Apostolica Vaticana da lui annotati e trascritti.6
Proprio in virtù dell’interesse per gli autori medievali e del giudizio sulla purezza linguistica del valdelsano7 l’Ubaldini scelse di selezionare dai tre livelli di scrittura dei Documenti d’Amore solo il testo volgare, non pubblicando quindi né l’autotraduzione latina né le glosse, e pose a chiusura della sua edizione una lista di autori italiani e provenzali e una Tavola delle voci e maniere di parlare più considerabili usate nell’opera.8 L’editore secentesco aveva dunque individuato una delle colonne portanti dei Documenti, ovvero l’attenzione dedicata dal suo autore ai fatti linguistici,9 un fenomeno che viene declinato dal Barberino in modi diversi. Egli, infatti, struttura l’opera come un Bildercodex in cui il livello testuale si richiama costantemente a quello figurativo rendendo l’autore «equilibratore dei rapporti testo-immagine»10 e la scrittura, aggiungo, iconica e figurabile,11 ma vi include al contempo diversi excursus sulla doctrina dicendi che spaziano dal trattatello metrico contenuto nella parte seconda dell’opera,12 ai frequentissimi rimandi alla tradizione precettistica in cui campeggia la figura di Albertano da Brescia, fino all’impiego massivo di tecniche retoriche della divulgazione pastorale attinte dalle artes praedicandi.13
Federico Ubaldini si rivolge dunque ai Documenti d’Amore come a una fonte dalla quale trarre informazioni linguistiche e lessicali nonché la gloriosa genealogia della famiglia Barberini. Se quindi una lettura del poema come documento al contempo storico e linguistico è stata già tentata, ciò che potrebbe sensibilmente rivalutare il ruolo intellettuale del Barberino come abile utilizzatore di letteratura latina e volgare è la realizzazione di un repertorio esaustivo delle fonti impiegate nella coppia Reggimento-Documenti e una problematizzazione delle stesse nelle macroquestioni che modellano in filigrana l’intera opera letteraria del valdelsano, sebbene importanti sondaggi abbiano già fatto luce sul suo scrittoio.14 I Documenti non sono semplicisticamente quel manifesto del volgare illustre che l’Ubaldini voleva leggervi proprio perché la coesistenza di cultura latina, cultura in lingua d’oc e in lingua di non può essere messa in secondo piano, e se tale coesistenza ha valore strutturante nei tre livelli testuali dell’opera, diventa ancor più rilevante quando si analizza come lo stesso tema o la stessa problematica siano smembrati non solo nei diversi piani di scrittura, ma anche nella pluralità di fonti a cui il valdelsano attinge nel processo argomentativo.
L’approccio alla divinazione mi pare che sia un’utile cartina al tornasole nel tentativo di circoscrivere l’operato del valdelsano come auctor e la sua maniera di modellare le auctoritates per più di una ragione. Nei Documenti, infatti, Francesco rivela solide conoscenze dell’inquadramento giuridico, dottrinale e culturale della predizione del futuro, cosa che si ripercuote sull’architettura complessiva dell’opera attraverso il ricorso al linguaggio profetico o la stessa chiusa affidata ad Eternità. Inoltre, il percorso che la divinazione instaura nel testo volgare e nella glossa dei Documenti si articola attraverso molteplici rimandi che egli modula in base alle proprie esigenze comunicative, cosa che permette di avanzare alcune importanti considerazioni su ulteriori livelli di lettura riscontrabili nel testo oltre a q...

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