Amministrazione e gestione delle confraternite
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Antonio Interguglielmi

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Amministrazione e gestione delle confraternite

Antonio Interguglielmi

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Le confraternite sono la prima e la più antica forma di associazione laicale della Chiesa: disciplinate nel Codice di diritto canonico del 1917, nella nuova codificazione del 1983 vengono assimilate alle associazioni pubbliche di fedeli a, anche per la loro storia secolare, la gestione di questi enti presenta molte peculiarità rispetto alle altre aggregazioni nate dopo il Concilio Vaticano II con cui è stato dato pieno riconoscimento al diritto dei fedeli di associarsi.
Con un metodo pratico, vengono descritte le diverse problematiche che si presentano oggi nella gestione di questi enti, dall’aggiornamento degli Statuti alle complesse e spinose questioni canoniche e civili legate ai loculi funerari, che viene approfondita e chiarita in tutti i suoi risvolti. Il libro è corredato da numerosi schemi ed esempi pratici.

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Información

1. Configurazione giuridica delle confraternite

Le confraternite sono associazioni di fedeli, erette per l’esercizio di opere di pietà o di carità (con-fraternità: la carità si vive tra fratelli), con una regolare organizzazione, aventi come scopo principale di impegnarsi insieme all’incremento del culto pubblico: questo perché la comunità cristiana è per sua natura una fraternità (Vangelo di Giovanni 17,11).
Sono costituite mediante un formale decreto di erezione canonica del Vescovo o anche del Santo Padre: solo da queste due autorità possono essere modificate o soppresse.
Sotto il profilo giuridico-canonico sono associazioni pubbliche di fedeli che il canone 707 del CIC del 1917 definiva così: « Le associazioni di fedeli erette per l’esercizio di qualche opera di pietà e di carità si chiamano pie unioni; esse, se costituite come corpo organico, si chiamano sodalizi; i sodalizi eretti anche ad incremento del culto pubblico si chiamano col nome particolare di confraternite».
Una divisione tripartita dunque, secondo il fine. Per le confraternite gli elementi caratteristici, di cui alternativamente venivano evidenziati alcuni a svantaggio di altri, erano: il culto pubblico, la costituzione a modo di corpo organico e i fini di pietà e di carità [1] .
Si differenziavano dalle Pie unioni perché queste avevano esclusivamente o prevalentemente scopi di pietà o di carità; esse potevano anche non essere erette in persona giuridica, ma venivano anche solo “approvate” dall’Ordinario, soprattutto per ottenere grazie spirituali e specialmente le indulgenze [2] .
Le confraternite assumono nel tempo diverse denominazioni: congrega, compagnia, sodalizio, congregazione, confraternitas, fraterie, confraterie, Misericordie, consorzi, sodalitium, gilda, schola, etc.
Si possono confondere con le Congregazioni religiose: ma nelle confraternite non si emettono voti, non si vive in comune, non si partecipa con il proprio patrimonio.
Gli iscritti, infatti, intendono intraprendere un cammino di santificazione diverso da quello dei chierici e dei religiosi: il loro stato di vita rimane laicale, ma lo scopo è simile, “vivere le virtù evangeliche”.
Le confraternite si possono suddividere in tre tipi:
– di devozione: fanno carità e culto e i loro aderenti appartengono alla generalità delle persone;
– professione: gli aderenti provengono dai vari mestieri e professioni;
– nazione: cittadini residenti a Roma di città o Regioni diverse dei secoli scorsi: oggi più nazionali.

Tornando al CIC del ‘17, ogni confraternita doveva essere eretta in una chiesa o in un oratorio pubblico (can. 712 del CIC), probabilmente perché era il luogo dove svolgere le proprie attività di culto: « in incrementum quoque publici cultus»,come disponeva il canone 707 § 2.
Altro aspetto particolare era la preclusione alla partecipazione alle donne per molte confraternite; un aspetto così diffuso che vennero avanzate addirittura delle proposte di vietare alle donne di prendere parte alle manifestazioni di culto pubblico delle confraternite, una tendenza confermata dal canone 709 § 2: « Le donne si iscrivono soltanto per ottenere le grazie e le indulgenze».
L’attuale Codice di diritto canonico del 1983 non cita mai le confraternite, che vanno perciò assimilate alle aggregazioni laicali pubbliche, quindi una delle espressioni del diritto di associazione dei fedeli, riconosciuto nel canone 215: « I fedeli hanno il diritto di fondare e dirigere liberamente associazioni per fini di carità e di pietà o per favorire la vocazione cristiana nel mondo» . Approfondiamo più avanti gli aspetti giuridici rispetto al nuovo CIC del 1983.
Oggi lo svolgimento delle attività di molte confraternite si può inquadrare, dal un punto di vista della legge dello Stato, in uno dei fenomeni espressione del volontariato, che è accentuato quando i confratelli svolgono attività caritative, anche se svolte con la connotazione della motivazione di fede e religione.



[1] Così, L. Navarro, Le forme tipiche di associazioni di fedeli, in AA. VV., Le Associazioni nella Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1999, p. 35.
[2] Cfr. M. Gorino-Causa, La Compagnia S. Paolo in Torino: note sul problema della costituzione giuridica e dell’erezione delle confraternite in diritto canonico, in AA. VV., Studi in onore di Vincenzo Del Giudice, Giuffrè, Milano, 1953, Vol. I., pp. 401 ss.

2. Le vicende storiche e l’attualità

Le prime confraternite si trovano in Francia nel VII secolo (il Concilio di Nantes dell’anno 895, le menziona). Il primo documento storico è comunque dell’852, di Hincmaro, arcivescovo di Reims, che nei Capitula presbyteri dell’852, parla di associazioni denominate “ Geldonie o Confraternitè” , e ne elenca le attività: raccolta di offerte per la chiesa, mutua assistenza tra gli associati, distribuzione di aiuti ai poveri e pratiche di pietà cristiana e devozioni da svolgersi insieme in assemblea. Tra il ‘400 e il ‘500 in Italia le confraternite costruiscono ospedali e oratori, oltre a dedicarsi alla perfezione spirituale, realizzati speso con pratiche di ascesi, talvolta pubbliche: digiuni, astinenza, impegno ad assistere giornalmente alla Santa Messa, proibizione di portare armi, abbigliamento sobrio e pratiche penitenziali pubbliche.
Il secolo XVI va considerato decisivo nella storia delle confraternite. Il Concilio di Trento nella sessione ventiduesima del 1562, sancisce il diritto dell’autorità ecclesiastica di visitare e controllare i bilanci di ospedali, confraternite ed enti caritativi: non solo, nel 1604 si stabilisce con Papa Clemente VIII, che le confraternite debbano essere sempre previamente riconosciute dall’autorità ecclesiastica, pur rimanendo con connotazione laicale. Diminuisce lo spontaneismo nella loro nascita, ma è un riconoscimento esplicito della Chiesa della validità di questa forma di perfezionamento della vita cristiana e un incentivo a divenire un mezzo – ora ufficialmente riconosciuto – come valido strumento di diffusione del culto.
Nel ‘700 nascono le Arciconfraternite: si tratta di quelle confraternite che si erano distinte per lo svolgimento di opere di pietà che vengono elevate dall’autorità ecclesiastica al rango di Arci-confraternita, titolo onorifico, che comportava:
– godimento di speciali privilegi, come indulgenze e benefici;
– autorizzazione allo svolgimento di cerimonie particolarmente solenni;
– attribuzioni di privilegi sociali, come addirittura quello di poter chiedere la liberazione di un condannato a morte o di un prigioniero;
– autorizzazione a costituire “sodalizi” aggregati a quello d’origine, da cui prendevano nome e connotazioni.
L’aspetto più rilevante era comunque rappresentato dal “diritto di aggregare”: diveniva una sorta di casa madre per tutti gli altri sodalizi, sparsi nel mondo. Questo privilegio otteneva l’effetto positivo di uniformare l’attività devozionale e caritativa, dando una linea comune con la confraternita caput di tutte le altre.
Dopo secoli fiorenti, l’800 sarà invece un periodo molto negativo per le confraternite italiane. L’unità d’Italia portò alla famosa “legge sulle Opere Pie”, del 3 agosto 1862, n. 753, che cercò di mettere ordine tra i vari enti di assistenza, tra cui rientravano molte confraternite e opere pie. Lunghe controversie e materia complessa che portò, dopo l’unità d’Italia, alla famosa legge Crispi, del 17 luglio 1890, n. 6972.
Rimanevano confraternite solo quelle di puro culto, mentre le altre divenivano opere di beneficenza e come tali assoggettate alla legge civile. Si contavano in quell’anno circa 11.707 confraternite in Italia (cfr. Luigi Huettre, storico delle confraternite). A Roma, inoltre, un’altra legge, sempre del 20 luglio 1890, decretò all’art. 11 che i beni delle confraternite romane fossero indemaniati, quindi espropriati.
Con lo stato fascista nascerà la figura delle IPAB, Istituti di pubblica assistenza e beneficenza; solo nel 1988, una storica sentenza della Corte Costituzionale, del 7 aprile 1988, sentenziò l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge Crispi, perché in contrasto con l’art. 38 ultimo comma della Costituzione, che garantisce la tutela dell’attività privata, dando così il riconoscimento a quegli enti privati che possono continuare la loro opera privatamente senza dover divenire a tutti i costi “enti pubblici”.
Pertanto numerose confraternite riacquisirono la loro funzione di assistenza e beneficenza, purché enti con fine prevalente di culto, divenendo un anello di congiunzione prezioso tra la società civile e la Chiesa.


2.1 Perché nascono

Queste aggregazioni sorgono, come detto, per garantire un cammino spirituale ai loro membri, ma molto spesso anche perché l’assoluta mancanza di assistenza pubblica e la necessità di soccorrere – in qualunque modo – i bisognosi, altrimenti abbandonati a sé stessi (persino dopo morti, nella sepoltura…da qui le numerose confraternite c.d. “della Buona morte”), spinge persone di fede e di buona volontà ad organizzarsi in associazione.
Quindi l’esigenza di tradurre in opere la fede cristiana professata.
Nelle confraternite si mettono così in pratica le opere di carità corporale: quando nel 1244 a Firenze nascono tra le confraternite anche le Misericordie, che si dedicheranno specificatamente alla cura e al soccorso dei malati, per realizzare le opere di misericordia corporale della fede cristiana, l’aspetto caritativo viene molto accentuato.
Le 7 opere di misericordia corporale, si esprimono così attraverso le confraternite ad esse dedicate:
1. Dar da mangiare agli affamati (le confraternite che distribuivano cibo agli affamati, quasi tutte);
2. Dar da bere agli assetati;
3. Vestire gli ignudi (i primi centri di accoglienza per ragazze trovatelle o senza dimora);
4. Alloggiare i pellegrini (cfr. confraternita di Ss. Trinità dei Pellegrini, legata a San Filippo Neri);
5. Visitare gli infermi (confraternita dello Spirito Santo, legata all’Ospedale di Santo Spirito);
6. Visitare i carcerati;
7. Seppellire i morti (le confraternite citate della Buona morte).

Ogni confraternita ha un nome che è tratto dagli attributi di Dio, dai misteri della Religione cattolica, oppure dalle feste del Signore, della Vergine Maria, dei Santi o da un nome che si rifà alle opere pie, come ad esempio le confraternite di “orazione e morte”, che si dedicavano alla settima opera di misericordia corporale.
Queste opere pietose vengono svolte con vestiti caratteristici e spesso con cappucci che rendono irriconoscibili i confratelli, per mostrare che la carità si fa senza farsi riconoscere, « non sappia la tua mano destra quello che fa la sinistra» come ci invita a fare Gesù nel Vangelo di Matteo.
Questa umiltà è ancora oggi presente nel modo di operare di molte confraternite, come vedremo nell’ultimo punto: cambiate spesso le opere, ma rimane lo stesso spirito di nascondimento e umiltà.
Ma non manca, come accennato, il fine spirituale, imprescindibile poiché trattasi di associazioni che si fondano sulla fede dei propri aderenti (in gergo tecnico sodali): tutte prevedono un cammino spirituale, una formazione alcune volte di tipo quasi “vocazionale”, con un tempo di prova prima dell’ammissione definitiva alla confraternita.
Cammini di formazione spirituale legati però ai tempi in cui nascono molte confraternite, e di cui rimangono ancora oggi tracce molto folcloristiche: si pensi ai flagellatori, di molte confraternite del Sud Italia o di alcune Regioni della Spagna, in cui i membri si infliggono pene corporali ad espiazioni dei peccati commessi, durante lunghe e talvolta cruente celebrazioni pubbliche (movimenti mistici dei battenti e dei disciplinati).
Così appare spesso nell’immaginario collettivo soltanto questo anacronistico e pittoresco aspetto delle confraternite, mentre vi sono ben altre attività meno appariscenti.
A queste nascoste ma preziose attività accenniamo brevemente, per dimostrare come ancora questa forma di associazione nella Chiesa sia ricca di frutti.


2.2 Un volontariato che oggi si attualizza

Oggi le confraternite non hanno esaurito la loro funzione.
Papa Francesco parla nell’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium del valore della pietà popolare e della devozione di cui le confraternite sono depositarie. Il Santo Padre vi dedica un intero paragrafo, intitolato la « Forza evangelizzatrice della pietà popolare» (nn. 122-126), in cui si legge tra l’altro « Siamo chiamati ad incoraggiarla e a rafforzarla..le espressioni della pietà popolare hanno molto da insegnarci e, per chi è in grado di leggerle, sono un luogo teologico a cui dobbiamo prestare attenzione, particolarmente nel momento in cui pensiamo alla nuova evangelizzazione» [1] .
Testimonianza di fede che si esprime nelle confraternite oggi attraverso tre specifici carismi:
– depositarie della devozione popolare;
– custodi di meravigliosi luoghi di culto, costruiti nei secoli dal popolo di Dio;...

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