Il Settecento - Filosofia
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Il Settecento - Filosofia

Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 59

Umberto Eco

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Il Settecento - Filosofia

Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 59

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È abitudine diffusa etichettare il Settecento come il secolo dell'Illuminismo, come l'epoca del razionalismo. È indubbio che in questo secolo la filosofia, mentre riprende e sviluppa i temi fondamentali del razionalismo e dell'empirismo del secolo precedente, procede a una critica serrata della metafisica tradizionale, dei principi religiosi, della fiducia di un rapporto "facile" e garantito tra la mente umana e la realtà che essa presume di conoscere. È in questo secolo che la tematica dell'empirismo di John Locke viene ripresa in direzioni diverse sia da Berkeley sia da Hume, procedendo a un ribaltamento totale delle teorie della conoscenza, che troverà la sua maggiore espressione nel criticismo di Kant. È indubbio che nel corso del secolo viene ripreso e sviluppato il meccanicismo cartesiano: la macchina, che subisce in quest'epoca una trasformazione radicale, diventando sempre più automa, prescindendo dall'assistenza dell'uomo, viene assunta come modello, sia pure ridotto, dell'organismo umano. Sul piano politico poi i concetti di Stato, di comunità, di governo assumono una dimensione "laica", vengono messe in questione le funzioni tradizionali del Trono e dell'Altare, e si approfondisce la tematica del libero pensiero e della tolleranza, già inaugurata nel secolo precedente da Locke e Spinoza. Con questo ebook si potrà percorrere il pensiero di un secolo che vive sotto il segno dell'Encyclopédie, in cui sembrano imporsi a ogni livello d'indagine la luce della ragione e il filtro spietato dell'investigazione critica, ma dove non mancano fantasie ermetiche e speculazioni occulte cui si dedicano pensatori illustri del calibro di Newton.

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L'età della Ragione e le sue ombre

Pierre Bayle
Gianluca Mori

Noto soprattutto per il Dizionario storico-critico, Pierre Bayle dà un contributo importante al dibattito filosofico sei-settecentesco con le sue audaci prese di posizione sulla virtù degli atei, sulla necessità e sui pericoli della tolleranza religiosa, sull’impossibilità di una teologia razionale. Pensatore controverso, cresciuto nella cultura protestante mai poi approdato a una posizione personalissima e irriducibile ad ogni setta o corrente, rappresenta al meglio l’epoca della “crisi della coscienza” europea.

Una filosofia del dubbio

Ugonotto di nascita, convertito precocemente al cattolicesimo ed altrettanto precocemente tornato – non si saprà mai con quanta sincerità – alla religione protestante, Pierre Bayle incarna tutte le contraddizioni di un secolo attraversato da grandi conflittti politici e religiosi, da straordinarie scoperte scientifiche, dal sorgere dei più ambiziosi sistemi filosofici e metafisici. In questo contesto, Bayle elabora un coraggioso controcanto scettico, sempre rivolto contro ogni dogmatismo, contro ogni pretesa di esaustività, contro ogni tentazione egemonica, contro ogni forma di dominio sulle coscienze e di oppressione della libertà di pensiero.
Nato nel 1647 a Le Carla, nella Francia meridionale, esordisce tra i Gesuiti di Tolosa, dove si era rifugiato dopo aver abbandonato il calvinismo dei padri, e debutta con delle Tesi filosofiche (1670) in cui già emergono la sua vena polemica, la sua ansia di rimettere in discussione i risultati della speculazione filosofica, e in particolare il cartesianesimo. La sua conversione alla religione cattolica, d’altra parte, non ha alcun tratto dell’ansia pascaliana. Nasce, piuttosto, dall’incapacità di risolvere alcune obiezioni riguardo ai principi fondanti della religione riformata. E se torna dopo poco al protestantesimo, non è soltanto per nostalgia della cultura in cui è cresciuto, ma anche e soprattutto perché il cattolicesimo gli appare ancora più indifendibile. Tutta la vita di Bayle non è altro che una continua rincorsa tra obiezioni e risposte, tra aporie e criticità sempre ricercate con acribia e quasi con gusto demolitorio: Leibniz avrà forse ragione quando lo accuserà di esagerare le difficoltà e i dubbi, ma in realtà è proprio in questo scetticismo iperbolico che sta la cifra del pensiero filosofico di Bayle.
Il principale oggetto delle critiche di Bayle è la teologia cristiana in tutte le sue espressioni, e specialmente nella misura in cui essa si vuole fondata su una filosofia, cioè su un pensiero razionale coerente. Cartesiano per il metodo ma non per il sistema, Bayle applica il criterio dell’evidenza ben oltre i limiti posti da Cartesio, assai prudente nel Discorso sul metodo a isolare il campo di applicazione delle sue regole, da cui esenta da subito la religione e la teologia. Per Bayle questa limitazione non ha senso: è proprio in teologia che occorre la massima chiarezza, trattandosi della materia più importante per il destino di ogni individuo.

I Pensieri sulla cometa

I Pensieri diversi sulla cometa (1682) costituiscono l’esordio pubblico di Bayle e l’opera che lo lancia nel dibattito filosofico dell’epoca. Un’opera, i Pensieri, in cui il suo stile è già quasi del tutto formato: a tratti prolisso ma sempre con la stoccata vincente in agguato, apparentemente dedito alle digressioni inutili, colmo di citazioni erudite, caratterizzato da un’alternanza di provocazioni estremistiche e di tratti anche troppo servili verso la cultura dominante. Come quasi tutte le altre di Bayle, l’opera esce anonima, con l’autore che si maschera attraverso un gioco all’infinito di rimandi a personaggi fittizi che tende evidentemente quasi a stemperare la sua figura, o a esaltarla sempre più in un gioco barocco che creerà quasi una moda.
L’opera è dedicata, abbastanza pretestuosamente, alla critica delle superstizioni legate al passaggio delle comete (l’ultima si era manifestata, appunto, nel 1680). Un obiettivo polemico non più d’avanguardia, ormai, dopo decenni di rivoluzione scientifica, anche se l’abilità argomentativa di Bayle esercita comunque sempre un effetto salutare nel rimuovere pregiudizi diffusi e radicati. In realtà l’obiettivo dell’opera è molto più ambizioso, per quanto velato dalla strategia libertina dell’autore. Infatti la tesi principale, e il principale motivo di scandalo dei Pensieri, è la tesi secondo cui l’ateismo non porta necessariamente alla corruzione dei costumi e, quindi, non è incompatibile con la fedeltà a un sovrano. È il mito della “società di atei”, che ossessionerà tutta la cultura europea della fine del Seicento e dell’intero Settecento. Bayle non sostiene, tout court, che l’ateismo sia la miglior scelta possibile dal punto di vista sociale, politico e morale (anche se lo insinua tra le righe e poi, alla fine della sua vita, lo scrive in modo pressoché esplicito), ma costruisce tutta la sua tesi su un paragone tra atei, idolatri e cristiani. Stabilisce, prima, che il cristianesimo non è necessario perché uno Stato stia in piedi: ci sono state, infatti, anche repubbliche di pagani idolatri. E se l’idolatria, che è per tutti i cristiani il peggior male possibile, permette la sopravvivenza di uno Stato, allora potrà farlo anche l’ateismo. Il risultato è una generale destabilizzazione dei pilastri portanti della cultura filosofico-teologica moderna, a partire da quello fondato sulla necessaria integrazione reciproca e complementarità di religione, morale e politica. Bayle condisce il tutto con alcuni ritratti di atei virtuosi, destinati a diventare delle icone del libero pensiero sei-settecentesco: Epicuro, Diagora e soprattutto Spinoza, ateo virtuoso per eccellenza (come resterà fino a Kant compreso e anche oltre).
Dopo aver risieduto e insegnato a Sedan, nella Francia settentrionale, Bayle si stabilisce dal 1680 a Rotterdam, dove rimarrà per tutto il resto della vita. Qui, dopo aver pubblicato i Pensieri sulla cometa, si impegna a partire dal 1684 nella fondazione di una delle prime riviste culturali europee: le Nouvelles de la république des lettres, che recensisce ogni mese le novità letterarie più importanti. Una rivista pensata e scritta interamente da Bayle, che, nei suoi pezzi critici, dimostra una grande abilità di lettore e di giornalista, prontissimo nel cogliere il motivo di interesse di un volume, nello sviscerare le intenzioni dell’autore e nel rendere interessante anche la più polverosa opera di numismatica o di medicina. Un successo europeo, subito copiato e ripetuto da vari cloni, specialmente in Olanda. Bayle abbandonerà l’impresa nel 1687, soprattutto per motivi di salute, anche se resterà per tutto il resto della sua vita alle dipendenze dell’amico libraio Reinier Leers, editore delle Nouvelles e della maggior parte delle sue opere seguenti.
Pierre Bayle

Se una società di atei potrebbe darsi leggi di buon costume e di onore
Pensieri sulla cometa

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Se una società di atei potrebbe darsi leggi di buon costume e di onore
A questo punto è ormai evidente che una società di atei potrebbe svolgere ogni attività civile e morale come qualsiasi altra società, ammesso che anche in essa si puniscano severamente i delitti e si connettano a certe determinate azioni i sentimenti dell’onore e dell’infamia. Il fatto di ignorare l’esistenza di un primo Essere creatore e conservatore dell’universo non impedirebbe ai membri di questa società di essere sensibili alla gloria e al disprezzo, alla ricompensa e alla pena, così come a tutte le altre passioni umane, e nemmeno soffocherebbe in loro tutti i lumi della ragione, e anche fra gli atei si potrebbero vedere persone oneste nel commercio, caritatevoli verso i poveri, nemiche dell’ingiustizia, fedeli ai loro amici, aliene dall’offendere, indifferenti ai piaceri della carne, incapaci di fare un torto a qualcuno: la spinta a compiere tutte queste belle azioni, che certamente riscuoterebbero il plauso della gente, sarebbe il desiderio di essere lodati e il tornaconto di procurarsi amici e protettori in caso di bisogno. Le donne farebbero della castità il loro punto d’onore, quale mezzo infallibile per ottenere amore e stima da parte degli uomini. Ci sarebbero senza dubbio delitti di ogni genere, ma non più di quanti se ne commettono nelle società idolatre, dato che tutti i moventi che spingevano i pagani al bene e al male, si ritroverebbero anche in una società di atei, e cioè le pene e le ricompense, la gloria e il disonore, il temperamento e l’educazione. I pagani infatti, proprio come gli atei, sono sprovvisti di quella grazia santificante che ci riempie d’amore verso Dio e ci fa trionfare sulle nostre cattive inclinazioni. Ma per essere pienamente convinti che un popolo privo della conoscenza di Dio è capace di stabilire delle norme di onore e porre ogni cura nel rispettarle, basta osservare quanto sia diffuso fra i cristiani quel particolare sentimento d’onore che, per essere esclusivamente mondano, è direttamente contrario allo spirito del Vangelo. Vorrei sapere, per esempio, da dove è nato quel codice d’onore che i cristiani idolatrano al punto da essere capaci di sacrificargli qualsiasi altra cosa. Forse è il sapere che c’è un Dio, un Vangelo, una Resurrezione, un Paradiso e un Inferno a far sì che i cristiani ritengano di venir meno al loro onore quando cedono ad un altro un posto importante, lasciano impunito un affronto o dimostrano minor fierezza o ambizione dei propri simili? Si dovrà ammettere di no. Si passino pure in rassegna tutte le idee di onestà correnti fra i cristiani: difficilmente se ne potranno trovare due che siano state ricavate dalla religione. E se una cosa, da condannabile che era, diviene col passar del tempo onesta, questo non si verifica certamente perché si è esaminata più a fondo la morale del Vangelo. Da un po’ di tempo, per esempio, le donne si sono convinte che è segno di maggior distinzione sfoggiare pubblicamente innanzi agli occhi di tutti la propria eleganza, inseguire a briglia sciolta un animale eccetera e si sono tanto adoperate, che questo comportamento non viene ormai più considerato una mancanza di modestia. È forse la religione ad averci fatto cambiare idea in proposito? Paragonate un po’ tra loro i costumi delle varie nazioni che professano il cristianesimo, paragonateli fra loro e troverete che quello che è onesto in una non lo è affatto in un’altra. Dunque le idee di onestà correnti fra i cristiani non devono dipendere dai princìpî della religione che professano, anche se riconosco che alcune di queste idee hanno un carattere generale poiché, per esempio, non c’è nessuna nazione cristiana in cui una donna de...

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