Una filosofia del dubbio
Ugonotto di nascita, convertito precocemente al cattolicesimo ed altrettanto precocemente tornato â non si saprĂ mai con quanta sinceritĂ â alla religione protestante, Pierre Bayle incarna tutte le contraddizioni di un secolo attraversato da grandi conflittti politici e religiosi, da straordinarie scoperte scientifiche, dal sorgere dei piĂš ambiziosi sistemi filosofici e metafisici. In questo contesto, Bayle elabora un coraggioso controcanto scettico, sempre rivolto contro ogni dogmatismo, contro ogni pretesa di esaustivitĂ , contro ogni tentazione egemonica, contro ogni forma di dominio sulle coscienze e di oppressione della libertĂ di pensiero.
Nato nel 1647 a Le Carla, nella Francia meridionale, esordisce tra i Gesuiti di Tolosa, dove si era rifugiato dopo aver abbandonato il calvinismo dei padri, e debutta con delle Tesi filosofiche (1670) in cui giĂ emergono la sua vena polemica, la sua ansia di rimettere in discussione i risultati della speculazione filosofica, e in particolare il cartesianesimo. La sua conversione alla religione cattolica, dâaltra parte, non ha alcun tratto dellâansia pascaliana. Nasce, piuttosto, dallâincapacitĂ di risolvere alcune obiezioni riguardo ai principi fondanti della religione riformata. E se torna dopo poco al protestantesimo, non è soltanto per nostalgia della cultura in cui è cresciuto, ma anche e soprattutto perchĂŠ il cattolicesimo gli appare ancora piĂš indifendibile. Tutta la vita di Bayle non è altro che una continua rincorsa tra obiezioni e risposte, tra aporie e criticitĂ sempre ricercate con acribia e quasi con gusto demolitorio: Leibniz avrĂ forse ragione quando lo accuserĂ di esagerare le difficoltĂ e i dubbi, ma in realtà è proprio in questo scetticismo iperbolico che sta la cifra del pensiero filosofico di Bayle.
Il principale oggetto delle critiche di Bayle è la teologia cristiana in tutte le sue espressioni, e specialmente nella misura in cui essa si vuole fondata su una filosofia, cioè su un pensiero razionale coerente. Cartesiano per il metodo ma non per il sistema, Bayle applica il criterio dellâevidenza ben oltre i limiti posti da Cartesio, assai prudente nel Discorso sul metodo a isolare il campo di applicazione delle sue regole, da cui esenta da subito la religione e la teologia. Per Bayle questa limitazione non ha senso: è proprio in teologia che occorre la massima chiarezza, trattandosi della materia piĂš importante per il destino di ogni individuo.
I Pensieri sulla cometa
I Pensieri diversi sulla cometa (1682) costituiscono lâesordio pubblico di Bayle e lâopera che lo lancia nel dibattito filosofico dellâepoca. Unâopera, i Pensieri, in cui il suo stile è giĂ quasi del tutto formato: a tratti prolisso ma sempre con la stoccata vincente in agguato, apparentemente dedito alle digressioni inutili, colmo di citazioni erudite, caratterizzato da unâalternanza di provocazioni estremistiche e di tratti anche troppo servili verso la cultura dominante. Come quasi tutte le altre di Bayle, lâopera esce anonima, con lâautore che si maschera attraverso un gioco allâinfinito di rimandi a personaggi fittizi che tende evidentemente quasi a stemperare la sua figura, o a esaltarla sempre piĂš in un gioco barocco che creerĂ quasi una moda.
Lâopera è dedicata, abbastanza pretestuosamente, alla critica delle superstizioni legate al passaggio delle comete (lâultima si era manifestata, appunto, nel 1680). Un obiettivo polemico non piĂš dâavanguardia, ormai, dopo decenni di rivoluzione scientifica, anche se lâabilitĂ argomentativa di Bayle esercita comunque sempre un effetto salutare nel rimuovere pregiudizi diffusi e radicati. In realtĂ lâobiettivo dellâopera è molto piĂš ambizioso, per quanto velato dalla strategia libertina dellâautore. Infatti la tesi principale, e il principale motivo di scandalo dei Pensieri, è la tesi secondo cui lâateismo non porta necessariamente alla corruzione dei costumi e, quindi, non è incompatibile con la fedeltĂ a un sovrano. Ă il mito della âsocietĂ di ateiâ, che ossessionerĂ tutta la cultura europea della fine del Seicento e dellâintero Settecento. Bayle non sostiene, tout court, che lâateismo sia la miglior scelta possibile dal punto di vista sociale, politico e morale (anche se lo insinua tra le righe e poi, alla fine della sua vita, lo scrive in modo pressochĂŠ esplicito), ma costruisce tutta la sua tesi su un paragone tra atei, idolatri e cristiani. Stabilisce, prima, che il cristianesimo non è necessario perchĂŠ uno Stato stia in piedi: ci sono state, infatti, anche repubbliche di pagani idolatri. E se lâidolatria, che è per tutti i cristiani il peggior male possibile, permette la sopravvivenza di uno Stato, allora potrĂ farlo anche lâateismo. Il risultato è una generale destabilizzazione dei pilastri portanti della cultura filosofico-teologica moderna, a partire da quello fondato sulla necessaria integrazione reciproca e complementaritĂ di religione, morale e politica. Bayle condisce il tutto con alcuni ritratti di atei virtuosi, destinati a diventare delle icone del libero pensiero sei-settecentesco: Epicuro, Diagora e soprattutto Spinoza, ateo virtuoso per eccellenza (come resterĂ fino a Kant compreso e anche oltre).
Dopo aver risieduto e insegnato a Sedan, nella Francia settentrionale, Bayle si stabilisce dal 1680 a Rotterdam, dove rimarrĂ per tutto il resto della vita. Qui, dopo aver pubblicato i Pensieri sulla cometa, si impegna a partire dal 1684 nella fondazione di una delle prime riviste culturali europee: le Nouvelles de la rĂŠpublique des lettres, che recensisce ogni mese le novitĂ letterarie piĂš importanti. Una rivista pensata e scritta interamente da Bayle, che, nei suoi pezzi critici, dimostra una grande abilitĂ di lettore e di giornalista, prontissimo nel cogliere il motivo di interesse di un volume, nello sviscerare le intenzioni dellâautore e nel rendere interessante anche la piĂš polverosa opera di numismatica o di medicina. Un successo europeo, subito copiato e ripetuto da vari cloni, specialmente in Olanda. Bayle abbandonerĂ lâimpresa nel 1687, soprattutto per motivi di salute, anche se resterĂ per tutto il resto della sua vita alle dipendenze dellâamico libraio Reinier Leers, editore delle Nouvelles e della maggior parte delle sue opere seguenti.
Pierre Bayle
Se una societĂ di atei potrebbe darsi leggi di buon costume e di onore
Pensieri sulla cometa
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Se una societĂ di atei potrebbe darsi leggi di buon costume e di onore
A questo punto è ormai evidente che una societĂ di atei potrebbe svolgere ogni attivitĂ civile e morale come qualsiasi altra societĂ , ammesso che anche in essa si puniscano severamente i delitti e si connettano a certe determinate azioni i sentimenti dellâonore e dellâinfamia. Il fatto di ignorare lâesistenza di un primo Essere creatore e conservatore dellâuniverso non impedirebbe ai membri di questa societĂ di essere sensibili alla gloria e al disprezzo, alla ricompensa e alla pena, cosĂŹ come a tutte le altre passioni umane, e nemmeno soffocherebbe in loro tutti i lumi della ragione, e anche fra gli atei si potrebbero vedere persone oneste nel commercio, caritatevoli verso i poveri, nemiche dellâingiustizia, fedeli ai loro amici, aliene dallâoffendere, indifferenti ai piaceri della carne, incapaci di fare un torto a qualcuno: la spinta a compiere tutte queste belle azioni, che certamente riscuoterebbero il plauso della gente, sarebbe il desiderio di essere lodati e il tornaconto di procurarsi amici e protettori in caso di bisogno. Le donne farebbero della castitĂ il loro punto dâonore, quale mezzo infallibile per ottenere amore e stima da parte degli uomini. Ci sarebbero senza dubbio delitti di ogni genere, ma non piĂš di quanti se ne commettono nelle societĂ idolatre, dato che tutti i moventi che spingevano i pagani al bene e al male, si ritroverebbero anche in una societĂ di atei, e cioè le pene e le ricompense, la gloria e il disonore, il temperamento e lâeducazione. I pagani infatti, proprio come gli atei, sono sprovvisti di quella grazia santificante che ci riempie dâamore verso Dio e ci fa trionfare sulle nostre cattive inclinazioni. Ma per essere pienamente convinti che un popolo privo della conoscenza di Dio è capace di stabilire delle norme di onore e porre ogni cura nel rispettarle, basta osservare quanto sia diffuso fra i cristiani quel particolare sentimento dâonore che, per essere esclusivamente mondano, è direttamente contrario allo spirito del Vangelo. Vorrei sapere, per esempio, da dove è nato quel codice dâonore che i cristiani idolatrano al punto da essere capaci di sacrificargli qualsiasi altra cosa. Forse è il sapere che câè un Dio, un Vangelo, una Resurrezione, un Paradiso e un Inferno a far sĂŹ che i cristiani ritengano di venir meno al loro onore quando cedono ad un altro un posto importante, lasciano impunito un affronto o dimostrano minor fierezza o ambizione dei propri simili? Si dovrĂ ammettere di no. Si passino pure in rassegna tutte le idee di onestĂ correnti fra i cristiani: difficilmente se ne potranno trovare due che siano state ricavate dalla religione. E se una cosa, da condannabile che era, diviene col passar del tempo onesta, questo non si verifica certamente perchĂŠ si è esaminata piĂš a fondo la morale del Vangelo. Da un poâ di tempo, per esempio, le donne si sono convinte che è segno di maggior distinzione sfoggiare pubblicamente innanzi agli occhi di tutti la propria eleganza, inseguire a briglia sciolta un animale eccetera e si sono tanto adoperate, che questo comportamento non viene ormai piĂš considerato una mancanza di modestia. Ă forse la religione ad averci fatto cambiare idea in proposito? Paragonate un poâ tra loro i costumi delle varie nazioni che professano il cristianesimo, paragonateli fra loro e troverete che quello che è onesto in una non lo è affatto in unâaltra. Dunque le idee di onestĂ correnti fra i cristiani non devono dipendere dai princĂŹpĂŽ della religione che professano, anche se riconosco che alcune di queste idee hanno un carattere generale poichĂŠ, per esempio, non câè nessuna nazione cristiana in cui una donna de...