Parte II
Blockchain e NFT
Aguzza qui, lettor, ben li occhi al vero, chè ‘l velo è ora ben tanto sottile, certo che ‘l trapassar dentro è leggero.
Dante, La Divina Commedia, Purgatorio, Canto VIII
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Che cos’è una blockchain?
Compreso il contesto generale in cui si sviluppano gli NFT, grazie a quanto appreso nella Parte I del libro, è giunto ora il momento di approfondire gli aspetti tecnologici che ne caratterizzano la progettazione. Iniziamo quindi dalla base e capiamo cosa sia una blockchain, quando e perché ne sia utile l’adozione.
Blockchain e Distributed Ledger Technology (DLT)
La blockchain è una tecnologia che consente a persone ed entità diverse (che potrebbero anche non conoscersi reciprocamente), di verificare e validare transazioni memorizzate su un registro di eventi condiviso fra tutti, in assenza di un’entità centrale nella quale riporre fiducia. Il registro condiviso è chiamato “Distributed Ledger” ed è distribuito fra tutti i partecipanti che operano sulla rete tramite dei “nodi”, mettendo a disposizione risorse di calcolo in comune. I nodi sono costituiti da computer particolarmente potenti che devono avere accesso a Internet e possono essere in cloud.
Le risorse di calcolo rese disponibili dai partecipanti permettono di validare le transazioni, evitando il ricorso a un intermediario terzo, raggiungendo un consenso distribuito ottenuto tramite sistemi crittografici che ne garantiscono l’unicità e la resilienza. I dati scritti sul registro distribuito sono, per questo motivo, immutabili. La criptomoneta ha un valore di mercato ed è negoziabile su piattaforme DLT.
In alcune blockchain, come quella dei bitcoin, i partecipanti che concorrono a validare le transazioni sono chiamati “miner” e il loro lavoro viene remunerato tramite una ricompensa in criptomoneta. La criptomoneta ha un valore di mercato ed è negoziabile su piattaforme DLT. Questo tipo di remunerazione è caratteristico delle architetture Distributed Ledger pubbliche permissionless (si veda più avanti il dettaglio di queste architetture), dove l’accesso al registro condiviso è permesso a chiunque e ognuno può operare come validatore delle transazioni.
In altri sistemi, i soggetti25 che validano le scritture sul registro distribuito concorrono al raggiungimento di un obiettivo comune, condiviso e accettato da ciascun partecipante, e possono essere ricompensati tramite la distribuzione di “token” rappresentativi degli utili che il sistema ha contribuito a generare. In questo caso si parla più propriamente di “asset-backed token” (o security token) che mimano le dinamiche dei titoli finanziari. Il token ha un valore di mercato, può essere negoziabile su piattaforme DLT (Distributed Ledger Technology) e la ricompensa dei partecipanti avviene similmente alla distribuzione dei dividendi, ripagando i costi sostenuti per mantenere attivi i nodi della rete (energia elettrica, capacità di processing, banda, dissipazione del calore ecc.).
Questo tipo di remunerazione è caratteristico delle architetture Distributed Ledger private permissioned e delle architetture Distributed Ledger ibride o consortili (si veda più avanti il dettaglio di queste architetture), dove l’accesso al registro e la validazione delle transazioni possono essere subordinati a un criterio preselettivo, diversamente inclusivo o esclusivo. Ciascun token, inoltre, permette ai possessori di esprimere un voto nei processi decisionali che accompagnano la vita della blockchain e, per questo motivo, si attribuisce loro anche la denominazione di “governance token”.
Nelle DLT pubbliche permissionless, e in alcune DLT ibride, le regole che permettono di raggiungere il consenso distribuito sono scritte in un protocollo comune, accessibile da chiunque (solo nelle DLT pubbliche permissionless) e accettato dai partecipanti, la cui governance è diversamente decentralizzata. In tal modo i soggetti interessati a proporre delle modifiche (per esempio sulle politiche di ricompensa dei validatori, o sulle regole di ridistribuzione dei proventi espressi in token) possono farlo in assoluta libertà mettendo al voto le proprie proposte e, se una maggioranza significativa di partecipanti le condivide, vengono adottate26.
Nella Figura 9.1 viene schematizzata la differenza in termini architetturali tra sistemi centralizzati e sistemi distribuiti e decentralizzati.
Figura 9.1 – Differenze fra sistema centralizzato e sistema decentralizzato.
Le caratteristiche chiave di una blockchain
Indipendentemente dalla tecnologia dei registri distribuiti adottata e dai diversi sistemi di consenso distribuito, possiamo riassumere le caratteristiche chiave di una blockchain con la Figura 9.2.
Un primo sguardo alla Figura 9.2 ci fa capire che una soluzione basata su blockchain può essere seriamente presa in considerazione se si verificano e si accertano le seguenti condizioni di base:
1.numerosità di attori coinvolti in un processo, una decisione, un controllo e in ogni altra funzione che possa condizionare una scelta o un orientamento a vantaggio del singolo (o di singoli) a scapito di una collettività più ampia;
2.eterogeneità degli attori coinvolti in un processo, una decisione, un controllo e in ogni altra funzione che possa condizionare una scelta o un orientamento a vantaggio del singolo (o di singoli) a scapito dell’efficienza di una filiera; in questo senso, la situazione “ideale” si ha quando gli attori operano in concorrenza, sono esposti al rischio di corruzione o conflitto d’interessi o, più semplicemente, non si fidano gli uni degli altri;
3.assenza di un’autorità centrale preposta al controllo delle dinamiche sviluppabili nei contesti descritti ai precedenti due punti o dubbio sull’effettiva neutralità degli eventuali intermediari preposti a tal fine.
Figura 9.2 – Le caratteristiche fondamentali della blockchain.
Al ricorrere delle situazioni “a contorno” di cui sopra, progettare o adottare soluzioni che si basino sull’impiego di blockchain e tecnologie Distributed Ledger è molto opportuno, a patto però che vi sia una precisa volontà di tutti gli attori-partecipanti nell’ottenere un reale beneficio di cui la comunità più ampia – ancorché composta dagli stessi soggetti – possa realmente fruire.
Laddove non rinvengano le tre condizioni elencate, la progettazione di soluzioni basate su blockchain o l’adozione di una di esse per uno scopo quale potrebbe essere quello esaminato nel libro che state leggendo risulterebbe un inutile dispendio di energie (andrebbero più che bene le attuali soluzioni tecnologiche basate su database distribuiti e sistemi di comunicazione tradizionali). Sarebbe, come dire, solo il frutto di una fascinazione mediatica, per contrastare la quale è necessario dotarsi di appositi strumenti (per esempio questo libro) con cui comprendere e imparare a discernere, onde evitare le conseguenze che da essa possono dipendere.
In un qualsiasi progetto di realizzazione o sfruttamento di NFT che parta dalla progettazione e realizzazione della DLT sottostante, o che richieda la scelta di una piattaforma DLT esistente, se non si avverte il bisogno (o non si ha il coraggio…) di modificare i modelli di governance, accettando una maggiore decentralizzazione, si corre il rischio di investire in progetti che, a tendere, non daranno alcun rendimento.
Un NFT, sia esso rappresentativo di un manufatto artistico digitale o digitalizzato, come di qualsiasi altro valore o attività, può essere tranquillamente realizzato su sistemi tradizionali. Se, tuttavia, la presenza di uno (o più) intermediari può (o deve) essere messa in discussione, o se si vogliono efficientare i processi su cui fa perno l’economia di scambi che sottende all’NFT stesso, l’adozione di una blockchain è realmente vantaggiosa e i modelli di business che si progettano sono realmente più resilienti.
Fiducia, ma quale fiducia?
Nel mondo tradizionale e nella vita di ogni giorno ci si fida di entità ritenute super partes quali ad esempio le autorità, il governo, ma anche associazioni e consorzi. Tali soggetti, se da un lato sono degni della nostra fiducia, molto spesso sono unici e singoli e, pertanto, esposti al rischio di inefficienza, corruzione, censura, attacchi esterni volti a minare la loro credibilità. I processi economici, sociali e industriali cui si assiste, o di cui si è parte, ove anche siano trasparenti, non consentono (salvo in rare eccezioni) di opporre o comporre una valutazione plurale e condivisa. La conoscenza distribuita, pertanto, da sola non basta, se si pensa che i singoli “intermediari di fiducia” possono essere vulnerabili, proprio in quanto unici.