Vita di Maometto
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Vita di Maometto

Muhammad Ibn Al-Tabari

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Vita di Maometto

Muhammad Ibn Al-Tabari

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AL-TABAR? è stato uno dei più importanti intellettuali persiani del IX e X secolo, autore di una grande Storia degli Inviati (di Dio) e dei Re che, dall'antichità fino ai giorni nostri, ha sempre incontrato il favore di studiosi e lettori: un'opera in cui il taglio epico convive con il rigore storico della migliore tradizione annalistica. Da questo caposaldo della cultura araba è tratta la Vita di Maometto. Dalla chiamata sul monte Hirà, all'ègira, alla conclusione dell'esistenza terrena, la vita del Profeta scorre in un affresco affascinante; punti di riferimento fondamentali per ogni musulmano, come le battaglie di Badr e di Uhud, rivivono con lo stesso pathos che ritroviamo in racconti a noi più familiari, come la rievocazione delle Termopili. La nostra cultura si arricchisce così di un testo classico da una tradizione lontana ma, oggi più che mai, imprescindibile.

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Información

Editorial
BUR
Año
2013
ISBN
9788858652633

LA RIVELAZIONE DI MAOMETTO

di Pietro Citati

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Passati i quarant’anni, Maometto ebbe le prime visioni. La notte gli compariva in sogno una figura enorme e sconosciuta, che con la testa toccava il cielo e con i piedi la terra, e si avvicinava per afferrarlo. Durante il giorno, mentre camminava per la campagna sentiva delle voci uscire dai sassi, dai muri e dai ventri degli animali: voci che gli dicevano: «Salute, o apostolo di Dio». Il divino gli si presentava come l’esperienza del tremendo: una forza che non aveva nome, che poteva venire da tutte le parti, che non aveva nulla a che fare col bene, che era solo contraddistinta dalla propria potenza, irrompeva sopra di lui, lo afferrava, lo dominava, e voleva soggezione senza limiti. Maometto aveva terrore di queste voci e di queste visioni. Era sconvolto da brividi di freddo o si copriva di sudore: strani suoni di campana o fruscii di lontane ali celestiali o fragori gli risuonavano nella mente, e restava a terra senza coscienza.
Come confessò più tardi, gli sembrava che qualcuno infinitamente possente gli stesse strappando l’anima a pezzi. Diventò inquieto: temeva di impazzire o di essere posseduto da un demone: «O Hadīǧah – disse alla vecchia moglie – temo di diventare pazzo». «Perché?» gli domandò lei. «Sento in me i segni degli indemoniati: voci misteriose per le strade, figure enormi nel sonno». Hadīǧah gli rispose: «O Maometto, non inquietarti. Con le qualità che hai, tu che non adori gli idoli, tu che ti astieni dal vino e dal vizio, che fuggi la menzogna, che pratichi la probità, la generosità e la carità, non hai nulla da temere. Dio non ti lascerà cadere sotto il potere dei demoni».
Spesso Maometto lasciava la città, e saliva in una caverna sulle colline di al-Hirā’, passando le notti nella meditazione e nell’adorazione, come un monaco cristiano. Una notte, mentre stava dormendo, la figura enorme dei primi incubi gli si presentò di nuovo in sogno. Aveva in mano un copriletto di broccato: sopra c‘era scritto qualcosa. Gli disse: «Leggi». Maometto rispose: «Cosa mai devo leggere?». La figura lo strinse con tanta forza che Maometto pensò di morire. Tre volte gli impose: «Leggi!», tre volte Maometto rifiutò; finché, soltanto per liberarsi, rispose: «Cosa devo dunque leggere?». L’altro rispose:
«Leggi in nome di quel Dio che creò,
che creò l’uomo da un grumo di sangue.
Leggi! Il tuo Signore è il più generoso,
ha insegnato per mezzo del calamo,
ha insegnato all’uomo quello che non sapeva».
Secondo la tradizione islamica, erano i primi versi del Corano.
Maometto lesse, e la figura si allontanò da lui. Quando si svegliò, le parole erano scritte nel suo cuore. Aveva ripetuto l’esperienza di Ezechiele e di Giovanni, nell’Apocalisse. Qualcuno gli aveva imposto con la violenza uno scritto vergato in un altro mondo: Ezechiele e Giovanni l’avevano ingoiato; lui l’aveva fatto diventare parte del cuore e del corpo. Soltanto attraverso questa totale appropriazione fisica, la rivelazione celeste era divenuta Apocalisse, e ora sarebbe divenuta Corano. Ezechiele e Giovanni avevano accettato senza timore il libro dal sapore dolce-amaro, certi del suo carattere sacro. Più dubbioso, inquieto e consapevole dell’ambiguità della parola ispirata, Maometto non osava accettare la rivelazione. Temeva di essere un «poeta estatico» o un «uomo posseduto»: uno di quei kahin, che in Arabia profetavano ispirati dai demoni.
Travolto dall’angoscia, avrebbe voluto uccidersi, e cercò di precipitarsi dalla collina. In quel momento, udì una voce dal cielo. Girò la testa, e scorse l’angelo Gabriele, con i piedi a cavalcioni sull’orizzonte, che diceva: «O Maometto, tu sei l’apostolo di Dio e io sono Gabriele!». Rimase stupito: girò la faccia dall’altra parte, e verso qualunque luogo del cielo guardasse, dovunque spingesse gli occhi ansiosi, scorgeva il corpo del grande angelo. Gabriele lo prese dolcemente tra le ali, in modo che non potesse muoversi, e gli ripeté: «Non temere, tu sei il profeta di Dio, e io sono Gabriele, l’angelo di Dio».
Maometto discese dalla collina: tremava in tutto il corpo per il terrore della rivelazione, ma ripeteva tra sé le frasi di Gabriele, le prime frasi di quello che sarebbe diventato il suo libro, che cominciavano a rassicurarlo. Tornò a casa, raccontò la visione a Hadīǧah, e le disse le parole dell’angelo. Poi fu ancora colto dal freddo e chinò la testa chiedendo: «Coprimi! Coprimi!». La moglie lo avvolse in un mantello, e lui si addormentò al suolo, come un bambino terrorizzato. Hadīǧah andò da un vicino. Mentre Maometto dormiva, Gabriele entrò nella casa e gli parlò: «Alzati, tu che sei coperto con un mantello». Maometto si risvegliò e rispose: «Eccomi, che debbo fare?». E Gabriele: «Alzati e avverti gli uomini e chiamali a Dio». Maometto gettò via il mantello e si alzò. Quando la moglie tornò, gli disse: «Perché non dormi, e non ti riposi?». Maometto rispose: «Il mio sonno e il mio riposo sono finiti. Gabriele è tornato, e mi ha ordinato di trasmettere il messaggio di Dio agli uomini».
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Nella rivelazione di Dio a Maometto, come la raccontano Ibn Ishāq, Ṭabarī e la tradizione antica, qualcosa di sublime e di unico, una grandiosa esperienza originaria, tocca la linea dei semplici fatti umani. Molti hanno fantasticato su quale avrebbe potuto essere la vita di Maometto, se la visione l’avesse occupato completamente, ed egli si fosse accontentato di ascoltare senza fine la Voce, come un mistico, senza uscire dalla caverna. Ma Maometto discese dalla caverna, e conquistò la terra. Dopo di allora, continuò a vivere nel sacro: il sovrannaturale riempiva la sua esistenza; Dio gli rivelava tutte le cose, anche il luogo dove si era perduto un cammello nel deserto o dove si era impigliata la sua briglia.
Il sacro non trasformò Maometto. Lasciò che egli abitasse nel suo mondo totalmente umano, tra passioni totalmente umane, come se il compito del sacro fosse non di trasformare il mondo, ma consacrarlo come è, nella sua realtà quotidiana. Qualche secolo dopo, i mistici sufi sostennero che Maometto dovette superare una grande difficoltà, per uscire dalla caverna e adattarsi alla vita di ogni giorno. Nel racconto degli scrittori antichi, Maometto non conobbe invece né difficoltà né prove. Per loro, la sua esperienza religiosa e quella di capo politico, che a un lettore dei Vangeli sembrano inconciliabili, non sono divise da nessuna frattura e da nessuna opposizione. Il visionario imbracciò la spada, senza dimenticare la visione che l’aveva sconvolto.
l’antica tradizione islamica non tenta nessuna di quelle idealizzazioni, che qualsiasi agiografo occidentale avrebbe compiuto. Ora Maometto si vendica di chi lo ha offeso, fa massacrare tribù di ebrei, assale a tradimento i ne...

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