L'arte di non essere governati
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L'arte di non essere governati

Una storia anarchica degli altopiani del Sud-est asiatico

James C. Scott, Maddalena Ferrara

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Una storia anarchica degli altopiani del Sud-est asiatico

James C. Scott, Maddalena Ferrara

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Per duemila anni, fino a metà del secolo scorso, le comunità di una vasta regione montuosa del Sud-est asiatico hanno tenacemente resistito all'idea di integrarsi in una qualche forma di dominio da parte dello Stato. Zomia è il nome di quest'area d'insubordinazione che non appare su alcuna carta (una zona montagnosa grande come l'Europa, che attraversa cinque nazioni del Sud-est asiatico e quattro province della Cina), ed è il vasto altopiano dove trovarono rifugio circa cento milioni di persone unite dalla volontà di sfuggire al controllo dei governi delle pianure. Trattati come «barbari», questi popoli nomadi misero in atto strategie di resistenza a volte sorprendenti per evitare lo Stato, sinonimo di lavoro forzato, tasse, epidemie e leva militare obbligatoria. Favorirono pratiche agricole che incentivavano la mobilità residenziale, insieme a forme sociali egualitarie, fondate sull'eclettismo religioso e l'accoglienza. Alcuni popoli decisero persino di abbandonare la scrittura per evitare l'appropriazione della loro memoria e della loro identità, mentre l'oralità consentiva di riformulare continuamente la negoziazione degli accordi tra gruppi. Zomia ci rammenta che «civiltà» può essere sinonimo di oppressione e che il significato della storia non è cosí univoco come pensiamo. «Un saggio ricco di umanità e profondità culturale... un libro che cambierà il modo di pensare alla storia dell'umanità e a se stessi... una delle opere di storia sociale e di teoria politica piú affascinanti e provocatorie che io abbia mai letto».
Robert W. Hefner, Boston University

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Información

Editorial
EINAUDI
Año
2020
ISBN
9788858434482
Categoría
Storia

Note

1. COLLINE, VALLI E STATI: INTRODUZIONE A ZOMIA.

1. Guiyang Prefectural Gazetteer, citato in Mark Elvin, The Retreat of the Elephants: An Environmental History of China (Yale University Press, New Haven 2004), pp. 236-37.
2. Gazetteer of Upper Burma and the Shan States, compilata da documenti ufficiali da J. George Scott, con l’assistenza di J. P. Hardiman, 5 voll., vol. I, parte I (Government Printing Office, Rangoon 1893), p. 154.
3. Elizabeth R. Hooker, Religion in the Highlands: Native Churches and Missionary Enterprises in the Southern Appalachian Area (Home Missions Council, New York 1933), pp. 64-65.
4. I popoli di valle e gli stati possono fare ulteriori distinzioni locali tra coloro che vivono in modo stanziale nei villaggi e coloro che vivono nelle foreste e si presume siano nomadi.
5. La relazione tra pastori beduini e arabi urbanizzati, nella prospettiva della creazione dello stato e della civiltà, pervade gli scritti del grande storico e filosofo arabo del XIV secolo Ibn Khaldun.
6. Recenti prove archeologiche sembrano indicare che nel Nord-est della Thailandia l’enorme diffusione dell’estrazione di rame e della metallurgia, altrove associata alla formazione dello stato, non fosse in relazione con alcun centro statale. Sembra che sia stata un’attività praticata, a una scala sorprendente, da agricoltori in periodi di bassa stagione. Vedi Vincent Pigott, Prehistoric Copper Mining in Northeast Thailand in the Context of Emerging Community Craft Specialization, in A. B. Knapp, V. Pigott, e E. Herbert (a cura di), Social Approaches to an Industrial Past: The Archaeology and Anthropology of Mining (Routledge, London 1998), pp. 205-25. Sono grato a Magnus Fiskesjö per la segnalazione.
7. Anthony Reid, Southeast Asia in the Age of Commerce, 1450-1680, vol. I, The Lands Below the Winds (Yale University Press, New Haven 1988), p. 15. La Cina, escluso il Tibet, con 37 abitanti per chilometro quadrato era il paese piú densamente popolato del subcontinente sud asiatico, che contava 32 persone per chilometro quadrato. Nello stesso periodo in Europa la densità ammontava a circa 11 persone per chilometro quadrato.
8. Richard A. O’Connor, Founders’ Cults in Regional and Historical Perspective, in Nicola Tannenbaum e Cornelia Ann Kammerer (a cura di), Founders’ Cults in Southeast Asia: Polity, and Identity, Yale Southeast Asia Monograph Series, n. 52 (Yale University Press, New Haven 2003), pp. 269-311, citazione da pp. 281-82. Per un resoconto diverso e in gran parte unilineare della nascita degli stati in generale, vedi Allen W. Johnson e Timothy Earle, The Evolution of Human Societies: From Foraging Group to Agrarian State (Stanford University Press, Stanford 20002).
9. Richard A. O’Connor, Agricultural Change and Ethnic Succession in Southeast Asian States: A Case for Regional Anthropology, in «Journal of Asian Studies», LIV (1995), pp. 968-96.
10. A questo proposito, vedi Michael Mann, The Sources of Social Power (Cambridge University Press, Cambridge 1986), pp. 63-70.
11. Charles Tilly, Coercion, Capital, and European States, AD 990-1992 (Blackwell, Cambridge, Mass., 1990), p. 162.
12. L’incoraggiamento della stanzialità è forse il «progetto statale» piú antico, in stretta relazione con il progetto della tassazione, che viene subito dopo. È stato al centro della formazione dello stato cinese per millenni, fino al periodo maoista, quando migliaia di soldati dell’Esercito popolare di liberazione scavarono i terrazzamenti per spingere i «selvaggi» wa a coltivare il riso irriguo.
13. Hugh Brody, The Other Side of Eden: Hunters, Farmers, and the Shaping of the World (Douglas and McIntyre, Vancouver 2000).
14. Sanjay Subramanyum, Connected Histories: Notes toward a Reconfiguration of Early Modern Eurasia, in «Modern Asian Studies», XXXI (1997), pp. 735-62.
15. Per un eccellente resoconto di questo processo in Vietnam e Indonesia, vedi Rodolphe de Koninck, On the Geopolitics of Land Colonization: Order and Disorder on the Frontier of Vietnam and Indonesia, in «Moussons», IX (2006), pp. 33-59.
16. I regimi coloniali e i primi regimi postcoloniali, come gli stati classici, consideravano queste zone terra nullius o inutile – come nella tradizionale distinzione tra La France utile e La France inutile –, nel senso che non ripagavano i costi di amministrazione in termini di cereali o di entrate. Anche se i prodotti delle alture e delle foreste potevano avere un valore e le loro popolazioni potevano essere ridotte in schiavitú, si consideravano molto al di fuori del nucleo cerealicolo redditizio e amministrato direttamente da cui dipendevano il potere e le entrate dello stato. Sotto il colonialismo queste zone in genere erano governate tramite il cosiddetto dominio indiretto, in cui le autorità tradizionali non venivano sostituite ma poste sotto la supervisione dello stato e rese sue tributarie. Sotto l’amministrazione han, dalla dinastia Yuan fino a gran parte della dinastia Ming, le zone di questo tipo erano governate, come vedremo, secondo il sistema tusi, una forma cinese di dominio indiretto.
17. In casi abbastanza rari e per loro ragioni, i popoli delle alture hanno adottato le religioni delle pianure, ma questa appropriazione simbolica delle religioni non ha necessariamente avuto come conseguenza l’incorporazione nello stato di pianura. Vedi ad esempio Nigel Brailey, A Reinvestigation of the Gwe of Eighteenth Century Burma, in «Journal of Southeast Asian Studies», I (1970), n. 2, pp. 33-47. Vedi anche la discussione al capitolo VIII.
18. Patricia M. Pelley, Post-Colonial Vietnam: New Histories of the National Past (Duke University Press, Durham 2002), pp. 96-97.
19. La storia ufficiale è stata efficacemente messa in discussione da Keith Taylor nel suo saggio Surface Orientations in Vietnam: Beyond Histories of Nation and Region, in «Journal of Asian Studies», LVII (1998), pp. 949-78.
20. Questi quattro gruppi, ognuno rappresentato da uno stato-nazione, hanno assorbito tutti i molti stati precedenti, con l’eccezione della Cambogia e del Laos, che hanno, a loro volta, incorporato territori non statali.
21. Geoff Wade, «The Bai-Yi Zhuan: A Chinese Account of Tai Society in the 14th century», relazione presentata al quattordicesimo congresso Iaha a Bangkok, maggio 1996, appendice 2, p. 8. Citato in Barbara Andaya, The Flaming Womb: Repositioning Women in Early Modern Southeast Asia (University of Hawai’i Press, Honolulu 2006), p. 12.
22. Willem Van Schendel, «Geographies of Knowing, Geographies of Ignorance: Southeast Asia from the Fringes», documento per il seminario Locating Southeast Asia: Genealogies, Concepts, Comparisons and Prospects, Amsterdam, 29-31 marzo 2001.
23. Jean Michaud, Historical Dictionary of the Peoples of the Southeast Asian Massif (Scarecrow, Lanham, Md., 2006), p. 5. Vedi anche Jean Michaud (a cura di), Turbulent Times and Enduring Peoples: Mountain Minorities in the Southeast Asian Massif (Curzon, Richmond, Uk, 2000).
24. Michaud, Historical Dictionary cit., p. 2. Se si aggiungono le popolazioni di pianura che ora sono sulle alture, probabilmente si dovrebbero contare altri cinqua...

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