Metafisica
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Aristotele, Enrico Berti

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Metafisica

Aristotele, Enrico Berti

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In un'epoca appiattita sull'attualità, alla ricerca di senso, la filosofia e i suoi classici continuano a indicare essenziali punti di orientamento e possono fornirci le chiavi interpretative del nostro futuro.La Biblioteca Filosofica Laterza raccoglie opere che hanno formato la cultura filosofica occidentale e documenta la varietà di voci di cui essa si compone.La collana presenta testi rispondenti a rigorosi criteri scientifici di edizione, introdotti e curati dai massimi studiosi.

La Metafisica rappresenta una delle opere più straordinarie del pensiero filosofico. In questa edizione, la nuova traduzione e il commento di Enrico Berti, il più autorevole studioso italiano di Aristotele.La traduzione si basa sul testo dei manoscritti della cosiddetta 'famiglia alpha', oggi riconosciuti come i più affidabili perché non influenzati dal commento di Alessandro di Afrodisia e degli altri commentatori antichi. Essa si differenzia da quelle disponibili per il suo carattere il più possibile letterale, che aderisce al testo greco rendendo tra virgolette i neologismi e le espressioni tecniche introdotte da Aristotele. Il testo originale è quello dell'edizione Ross, ma si segnalano in nota tutti i passi in cui la traduzione se ne discosta. Le note aiutano la comprensione dei passi più difficili e danno conto dell'avanzamento degli studi più recenti. L'introduzione, infine, propone una nuova interpretazione complessiva della Metafisica di Aristotele, che Enrico Berti ha maturato in oltre cinquant'anni di studi.

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Información

Año
2021
ISBN
9788858146033

LIBRO VII (Zeta)

1. [1028 a 10] L’ente è detto in molti modi, secondo la distinzione che abbiamo fatto nei <discorsi> intorno all’«in quanti modi» <sono dette le cose>1; <il termine> significa infatti da un lato il «che cos’è» e «un certo questo», dall’altro che2 <una cosa> ha una qualità o una quantità o ciascuno degli altri <attributi> predicati in questo modo. Dicendosi l’ente in tanti modi, è manifesto che di questi il primo ente è il «che cos’è», il quale significa [15] la sostanza (qualora infatti diciamo quale qualità ha questa cosa, diciamo che è buona o cattiva, ma non <che è> di tre cubiti o uomo; qualora invece <diciamo> che cos’è, non <diciamo che è> bianca, né calda, né di tre cubiti, ma <che è> uomo o dio), mentre gli altri sono detti enti perché di ciò che è in questo modo alcuni sono quantità, altri qualità, altri affezioni, altri [20] qualcos’altro di simile. Anche per questo qualcuno potrebbe trovarsi nell’aporia se il camminare, l’essere sano e l’essere seduto, ciascuno di essi, sia ente o non ente3, e lo stesso vale anche a proposito di una qualsiasi delle altre cose di questo tipo; nessuna di esse infatti è naturalmente costituita per sé, né è capace di stare separata dalla sostanza, ma piuttosto, semmai, <sono> [25] qualcuno degli enti4 il camminante, il seduto e il sano. Questi appaiono più <chiaramente> enti5, perché c’è qualcosa di determinato che soggiace ad essi (questo è la sostanza, cioè l’individuo), il quale si manifesta in questo tipo di predicazione; il buono infatti o il seduto non sono detti <enti> senza di questo6. È chiaro dunque che in virtù [30] di questa <predicazione> anche ciascuno degli altri <enti> è, per cui l’ente in senso primo, il quale non è un certo tipo di ente, ma è ente senza ulteriori qualificazioni, sarà la sostanza.
Il primo, a sua volta, è detto in molti modi, tuttavia la sostanza è un primo in tutti i modi, sia nella definizione, sia nella conoscenza, sia nel tempo. Delle altre cose che sono predicate, infatti, nessuna è separabile, mentre questa sola <lo è>7; ma anche nella definizione questa è [35] prima (poiché è necessario che nella definizione di ciascuna <altra cosa> sia contenuta la menzione della sostanza)8; e allora soprattutto riteniamo di sapere ciascuna cosa, qualora sappiamo che cos’è l’uomo o il fuoco, piuttosto che il quale, [1028 b 1] il quanto o il dove, poiché anche di queste stesse cose allora <ne> sappiamo ciascuna, qualora conosciamo che cos’è il quanto o il quale9. Pertanto ciò che, sia in passato sia oggi, è ogni volta ricercato e ogni volta fatto oggetto di aporia10, cioè che cos’è l’ente, questo <ricercato> è: qual è la sostanza11 (questa infatti alcuni [5] dicono che è una cosa sola, altri che è più di una, ed alcuni in numero limitato, altri in numero illimitato), perciò anche noi dobbiamo trattare soprattutto, anzitutto e, per così dire, esclusivamente, che cos’è a proposito di ciò che è in questo modo12.
2. Sembra che la sostanza appartenga nel modo più evidente ai corpi (perciò sia gli animali, sia le piante, sia le parti di essi, diciamo essere [10] sostanze, e i corpi naturali, quali fuoco, acqua, terra e ciascuno dei corpi di questo tipo, e tutte le cose che sono parti di questi o composte da questi, o dalle loro parti o da tutti, quali l’universo e le sue parti, cioè le stelle, la luna e il sole); se queste sole siano sostanze o anche altre, o alcune di queste [15] o anche di altre13, o se nessuna di queste e invece alcune diverse, si deve indagare. Sembra ad alcuni che i limiti dei corpi, quali superficie, linea, punto e monade, siano sostanze, ed a maggior ragione che il corpo e il solido14. Inoltre, oltre alle cose sensibili, alcuni pensano che non vi sia nulla di simile, altri invece <che vi siano> più cose eterne e maggiormente enti15, come Platone [20] considerava sia le Idee che gli enti matematici due <generi di> sostanze, e come terza la sostanza dei corpi sensibili16, Speusippo invece <ammetteva> anche più <generi di> sostanze, cominciando dall’Uno, e <più> princìpi di ciascun genere di sostanze, uno dei numeri e un altro delle grandezze, e in seguito <uno> dell’anima; e in questo modo estendeva <il numero delle> sostanze17. Alcuni poi [25] dicono che le Idee e i numeri hanno la stessa natura, mentre le altre cose sono successive, cioè linee e superfici, fino alla sostanza del cielo e alle cose sensibili18. Riguardo a queste cose, che cosa è detto bene o non bene, e quali sono sostanze, e se ve ne sono alcune oltre a quelle sensibili o non ve ne sono, e come sono queste, [30] e se c’è una qualche sostanza separabile, e perché e come, o nessuna, oltre a quelle sensibili, si deve indagare, avendo anzitutto delineato che cos’è la sostanza.
3. La sostanza è detta, se non in più, almeno in quattro modi principalmente: infatti sia il «che cos’era essere», sia l’universale, [35] sia il genere, sembrano essere sostanza di ciascuna cosa, e quarto tra questi il sostrato. Il sostrato è ciò di cui le altre cose sono dette, mentre esso stesso non è mai <detto> di altro; perciò bisogna anzitutto definire a proposito di questo. [1029 a 1] Infatti più di tutti sembra essere sostanza in primo luogo il sostrato. Tale è detta in qualche modo la materia, in un altro modo la forma, in un terzo ciò che è <composto> da queste19 (chiamo «la materia» ad esempio il bronzo, «la forma» la figura [5] della rappresentazione, e «ciò che è composto da queste» la statua, cioè il sinolo)20, per cui, se la forma è anteriore alla materia, cioè è ente a maggior ragione21, per lo stesso discorso essa sarà anteriore anche a ciò che è composto da entrambe. Ora dunque sia detto a grandi linee che cos’è mai la sostanza, ossia che essa è ciò che non è <detto> di un sostrato, ma di cui le altre cose sono <dette>; ma non deve <essere> solo così, poiché <ciò> non è sufficiente: [10] questo stesso infatti è oscuro, ed inoltre viene ad essere sostanza la materia. Se infatti questa non è sostanza, sfugge quale altra <sostanza> c’è, poiché una volta eliminate le altre cose, non sembra rimanere nulla; infatti le altre cose sono affezioni, azioni e potenze dei corpi, e la lunghezza, la larghezza e la profondità sono delle quantità, ma [15] non sostanze (il quanto infatti non è sostanza), bensì piuttosto ciò a cui appartengono queste stesse cose in modo primario, quello è la sostanza22. Ma, una volta tolte lunghezza, larghezza e profondità, non vediamo rimanere nulla, a meno che non sia qualcosa ciò che è delimitato da queste, per cui è necessario che la materia appaia la sola sostanza a quanti indagano in questo modo23. [20] Chiamo «materia» quella che di per sé stessa non è detta né «qualcosa», né «quanto», né nessun’altra delle cose per mezzo delle quali si determina l’ente. C’è infatti qualcosa di cui ciascuna di queste si predica, il cui essere è diverso da ciascuna delle predicazioni (le altre cose infatti si predicano della sostanza, questa invece della materia), cosicché l’ultimo di per sé non è né qualcosa, né quanto, [25] né niente altro. <Esso> non è neppure le negazioni, poiché anche queste <gli> apparterranno per accidente24.
A coloro che indagano partendo da queste premesse consegue dunque che è sostanza la materia; ma <ciò è> impossibile, poiché alla sostanza appartengono soprattutto l’essere separabile e il sussistere come «un questo», perciò la forma e l’insieme di entrambe sembreranno essere sostanza a maggior ragione [30] che la materia. Si lasci da parte la sostanza <risultante> da entrambi, intendo quella <risultante> dalla materia e dalla conformazione, poiché essa è posteriore e chiara. Ma anche la materia è in qualche modo manifesta; indaghiamo invece intorno alla terza, poiché questa è quella che crea più aporie25.
Sono ammesse essere sostanze alcune delle cose sensibili, per cui si deve ricercare prima di tutto nell’ambito di queste26. [1029 b 3] È vantaggioso infatti il procedere <dal meno n...

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