Capitolo 1
IL BUSINESS DEL CALCIO
Amazon, nel corso del 2015, ha registrato un fatturato maggiore di 88 miliardi di dollari, che in euro fa circa unâottantina. Lâintero sistema calcio, in Europa, nel corso dello stesso periodo ha prodotto un ammontare di ricavi di soli 6 miliardi di euro. Questa cifra ci serve per far capire che, seppure con un incremento del 14% sullâanno precedente, il mondo del pallone non sembra rappresentare dal punto di vista industriale un mercato cosĂŹ rilevante.
In questo capitolo, perĂČ, cercheremo di presentare il mondo del calcio proprio dal lato business; cifre e numeri per provare a rispondere alla domanda cruciale: si possono fare i soldi con il calcio?
Ă la stessa domanda che ispira le ricerche, ormai decennali, di Stefan Szymanski, professore di Economia allâUniversitĂ del Michigan e vera autoritĂ mondiale per quanto concerne lâanalisi dellâindustria calcistica. Il suo Soccernomics Ăš un best-seller internazionale, piĂč volte aggiornato e sempre imperniato sul tentativo di comprendere le dinamiche che muovono unâindustria tutta speciale: quella, appunto, che ruota attorno al pallone.1
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Lâintricato rapporto tra calcio e business
Innanzitutto, Ăš da capire appunto se il calcio rappresenti, alla fine dei conti, un investimento degno di questo nome per un potenziale imprenditore.
Il calcio italiano sta vivendo un periodo di profonde trasformazioni e alcune tra le squadre piĂč blasonate tentano il passaggio da un modello di business piĂč obsoleto, fondato su un patron che, spensieratamente, investe il proprio denaro a fondo perduto per costruire e mantenere la squadra dei sogni, a un contesto aziendale puro, con manager e una societĂ il cui scopo ultimo dovrebbe essere quello di generare ricavi e, soprattutto, profitti.
Ă questa la ragione che ha spinto lâindustriale indonesiano Erick Thohir, per esempio, a valutare in 250 milioni di euro il denaro necessario a rilevare il pacchetto di maggioranza dellâInter nel 2013. Ed Ăš questo lâincentivo che ha portato il broker thailandese Bee Taechaubol a spenderne quasi il doppio per un accordo di acquisto del 49% delle azioni del Milan.
Dunque il calcio rappresenta un business redditizio?
Come detto, cerchiamo di mostrarlo attraverso i numeri. Una fonte inesauribile di dati, a tal proposito, Ăš rappresentata dalla Football Money League della Deloitte che, ogni anno, pubblica il resoconto del volume di affari e della salute economica delle 20 squadre europee piĂč ricche.2
I conti del 2014 segnano un sostanzioso incremento dei ricavi, con un +14% sulla stagione precedente. Probabilmente anche in virtĂč del Financial Fair Play, di cui parleremo in seguito, oltre allâaumento del fatturato si registra una concentrazione della ricchezza. Nel calcio europeo, cioĂš, sembra verificarsi una sorta di isteresi della distribuzione del fatturato, con le squadre ricche e forti che diventano sempre piĂč ricche (e piĂč forti) di contro a una sostanziale immobilitĂ delle squadre minori e meno facoltose.
Innanzitutto, la barriera per entrare nella top20 Ăš impervia: servono circa 140 milioni di euro allâanno di ricavi, il che Ăš difficile senza le entrate che derivano dalla UEFA per la partecipazione allâEuropa League o, meglio ancora, alla Champions. Per poter partecipare a questi tornei, le squadre devono comunque garantire prestazioni elevate e costanti, il che richiede molti investimenti, i quali a loro volta si traducono in piĂč ricavi. Non sono molte, perĂČ, le societĂ che possono permettersi unâattivitĂ economica cosĂŹ rilevante e una quantitĂ di tifosi sufficiente a sostenerla. I supporters, infatti, rappresentano alla fine i clienti ultimi della squadra e dei suoi risultati.
Il calcio Ăš un business strano e con molte barriere allâingresso. Per questo, se Ăš giĂ difficile apparire nella Football Money League, lo Ăš ancora di piĂč scalare la vetta della classifica, dove da quasi un decennio troviamo sempre le stesse squadre: Real Madrid, Manchester United, Barcellona e Bayern Monaco.
Per cogliere giĂ una prima sostanziale differenza e il gap consistente tra il campionato spagnolo e la serie A, basti notare che il fatturato annuo del Real Madrid si aggira attorno ai 500 milioni di euro, circa 200 milioni in piĂč di quella Juventus che ha dominato il palcoscenico nazionale nellâultimo periodo.
Oltre a una forte stabilitĂ a livello di squadre presenti in questa analisi, si registra una cristallizzazione immobile anche a livello di paesi rappresentati: difficile che producano molto reddito squadre che non fanno parte dei âBig Fiveâ, ovvero i Paesi con i campionati piĂč importanti (Regno Unito, Germania, Spagna, Italia e Francia).
La Figura 1.1 rappresenta la classifica delle prime 20 squadre di Europa in termini di fatturato. Se si considera lâevoluzione della classifica negli scorsi anni, si nota una forte stabilitĂ delle primissime posizioni e il numero molto esiguo, invece, di new entries.
Anche il campionato dei conti, quindi, Ăš molto competitivo e complesso.
Andando a scomporre le voci principali che riguardano gli introiti di una squadra di calcio, senza scendere nel dettaglio, troviamo tre componenti rilevanti:
incassi da biglietti allo stadio;
sponsorhips e accordi commerciali;
Figura 1.1 â Fatturato delle prime 20 squadre di Europa (fonte: Elaborazione da Deloitte Football Money League 2015, dati in milioni di euro).
GiĂ dalla loro distribuzione, Ăš possibile cogliere la specificitĂ dellâindustria calcio e la difficoltĂ di analizzarne le performance da un punto di vista strettamente contabile.
Per quanto riguarda i biglietti da stadio, si tratta di una voce rilevante soprattutto per quei club che dispongono della proprietĂ di un impianto: prevalentemente, dunque, facciamo riferimento alle squadre inglesi, mentre in Italia solo la Juventus, a oggi, ha realizzato questo importante investimento.
Gli accordi commerciali e le sponsorship riguardano la capacitĂ di un team di vendere il proprio marchio nel mondo attraverso partnership con aziende, merchandising di magliette e attrezzatura sportiva. Si tratta di un flusso sempre piĂč rilevante per le casse dei club. Nel 2015, infatti, la componente legata ai biglietti ha registrato il minimo di sempre (20% in media), mentre proprio gli accordi commerciali segnano una clamorosa impennata. Tra tutti, per citare solo un esempio, vale il contratto firmato dal Manchester United con Adidas, che garantirĂ ai Red Devils entrate per 1 miliardo di euro da qui al 2026.
Infine, lâultima componente del fatturato di un club riguarda i diritti tv, che divergono da paese a paese e dipendono dagli accordi con le varie emittenti, oltre a essere strettamente connessi al percorso europeo (in senso di coppe) seguito dalle varie squadre.
Proprio la natura dei tre elementi e della loro interdipendenza ci consente una volta di piĂč di sottolineare la peculiaritĂ del calcio: si tratta di unâindustria che genera reddito solo se accompagnato dai risultati. E questi risultati, per poter essere conseguiti, implicano grossi investimenti. Ă chiaro dunque che il modello di business di un imprenditore che acquista una squadra di calcio, se vuole raggiungere il massimo dei profitti, cozza decisamente con la strategia standard di unâindustria: la riduzione efficiente dei costi.
I costi di una squadra di calcio (che per lo piĂč riguardano le prestazioni dei calciatori) sono necessariamente alti e sostenuti, proprio per mantenersi competitivi con gli avversari.
Stefan Szymanski, in due studi susseguitisi a distanza di tempo, ha proposto un modello di interpretazione del business calcio partendo da una definizione diversa della funzione obiettivo. Se lâeconomia classica, infatti, considera scopo finale di unâimpresa la massimizzazione del profitto, lo stesso non si puĂČ dire per una squadra di calcio, il cui obiettivo ultimo, anche come azienda, Ăš quello di massimizzare il numero di vittorie.
In un articolo del 2009, pubblicato sulla prestigiosa Review of Industrial Organization, vengono utilizzati dati riguardanti i campionati spagnolo e inglese dal 1994 al 2004. Evidenza alla mano, considerando sia i risultati ottenuti dalle squadre sia gli indicatori finanziari, Szymanski mostra inequivocabilmente che lâobiettivo perseguito da una squadra Ăš proprio quello di aumentare il piĂč possibile il numero di vittorie, piuttosto che migliorare i propri conti.3
Un recente studio, sempre di Szymanski, uscito sullo Scottish Journal of Political Economy, offre unâulteriore interessante evidenza. Raccogliendo i dati relativi alle squadre inglesi di Premier League e Football League Championship (la serie B di Inghilterra e Galles) e concentrandosi su quelle che sono entrate in borsa, il ricercatore mostra come i risultati delle societĂ quotate non si siano discostati molto dal periodo prima della quotazione stessa: come a dire che la modifica dello statuto societario e, in teoria, lâidentificazione di strategie di business piĂč in linea con la redditivitĂ degli investimenti e il contenimento dei costi non produce significativi scostamenti dal punto di vista del comportamento della squadra.4
Un team di calcio Ăš unâazienda assolutamente peculiare i cui indicatori principali, dunque, non vanno cercati nel bilancio, ma nella classifica.
Il Fair Play Finanziario
Che dire, dunque, del nuovo sistema di regole che la UEFA ha stabilito e implementato e che rispondono al nome di Financial Fair Play?
Secondo la UEFA, ogni squadra di calcio europea dovrebbe perseguire lâautogestione finanziaria, che significa che il bilancio di una squadra di calcio deve tendere al pareggio: le spese devono essere finanziate solo dai ricavi e non attraverso gli aumenti di capitale, tipica mod...