PARTE 1
Da aziende a media. Lo scenario italiano e internazionale
Qual Ăš lo scenario dellâazienda media company a livello italiano e internazionale?
Quale potrebbe essere un percorso ideale di trasformazione delle imprese e, in generale, delle organizzazioni non editoriali in veri e propri media? Come si stanno organizzando concretamente le aziende che hanno deciso di intraprendere questo percorso nel nostro Paese?
In questa sezione proveremo a rispondere a queste domande attraverso la proposta di possibili schemi interpretativi, una ricerca applicata e lâesperienza di aziende come Pirelli, Unipol e A2A.
Capitolo 1
Every company is a media company?
di Diomira Cennamo
Volendo guardare dallâalto il fenomeno della trasformazione delle aziende in media, potremmo dire che Ăš il sistema dellâinformazione che sta allargando le sue maglie fino a comprendere ambiti in precedenza ritenuti da esso separati, come quello della comunicazione dâimpresa, e non soltanto. Persino il singolo individuo con il suo cellulare, attraverso testi, foto e video, puĂČ documentare la scena in cui si trova in presa diretta e in maniera piĂč tempestiva delle stesse agenzie di stampa, diventandone un testimone unico, e in parte giĂ un reporter, nel suo essere non soltanto fonte, ma anche narratore (sebbene spontaneo e non professionale) della notizia. TantâĂš che per queste pratiche Ăš stato coniato il termine âcitizen journalismâ.
Attraverso il web, che Ăš una infrastruttura potenzialmente infinita di canali su cui le fonti e le informazioni nel loro darsi hanno la capacitĂ di entrare in connessione tra loro e con i canali tradizionali, la scena dellâinformazione si Ăš notevolmente ampliata rispetto al passato.
Si va verso la consapevolezza dellâesistenza di un ecosistema informativo, da alcuni osservatori definito âinfosferaâ1. A questo ecosistema contribuiscono, come detto, soggetti diversi, dai media classici di informazione alle organizzazioni pubbliche e private fino ai cittadini. Tutti questi attori possiedono oggi unâequa abilitazione allâaccesso ai canali di comunicazione digitale, entrati di diritto nel novero dei media mainstream, e pertanto un equo potenziale di penetrazione nellâopinione pubblica e nella collettivitĂ in generale.
Un sistema integrato che, incrementando a dismisura il flusso dei messaggi, puĂČ moltiplicarne gli effetti, in positivo e in negativo. Si pensi al fenomeno delle fake news e della disinformazione, dovuto anche alle peculiari dinamiche di fruizione e diffusione dei messaggi della Rete, in cui rientrano, tra lâaltro, gli algoritmi delle piattaforme abilitanti (motori di ricerca, social media ecc.) e in generale tutte le dinamiche di manipolazione legate allâintelligenza artificiale. Allâinterno del suddetto sistema tutti gli operatori del settore sono chiamati ad agire in maniera etica per far sĂŹ che il trasferimento dei messaggi, al di lĂ degli interessi rappresentati da chi quei messaggi li emette, rispetti il diritto delle persone a essere correttamente informate, che Ăš fondamentale per la tenuta stessa del sistema democratico. Non a caso lâOrdine dei Giornalisti ha recentemente deliberato la proposta di rinominarsi âOrdine del Giornalismoâ, segnalando una volontĂ di tutela del diritto alla corretta informazione, sancito nel nostro Paese dalla Costituzione.2 Questa spinta a considerare lâinformazione come un bene pubblico si sta producendo non soltanto in Italia, ma a livello internazionale.3
In questo quadro, complice anche la crisi del modello economico alla base dellâinformazione tradizionale, che ha avuto come diretta conseguenza la progressiva e drastica riduzione degli organici delle redazioni, Ăš sempre piĂč sentita lâesigenza che il comunicatore di organizzazioni pubbliche e private sia, in tutti i suoi aspetti di attivitĂ , un agevolatore del lavoro del giornalista tradizionale.
In particolare, lâutilizzo, tipico del brand journalism, di metodi, tecniche e formati giornalistici allâinterno delle organizzazioni non editoriali, se eticamente condotto, puĂČ servire a questo scopo di mediazione virtuosa tra i fatti aziendali e tutti gli stakeholder, utenti e giornalisti compresi.
Va inoltre detto che sono sempre di piĂč le societĂ editoriali che differenziano la propria offerta di prodotti, garantendo in questo modo la sostenibilitĂ dellâattivitĂ di informazione. Si pensi a realtĂ come Gambero Rosso che, oltre al rinomato magazine, alle guide, a un canale televisivo satellitare, fornisce consulenza e organizza corsi di formazione e master, eventi enogastronomici, frutto di unâautorevolezza conquistata proprio attraverso unâattivitĂ editoriale piĂč che trentennale.4
Si pensi ancora a RCS che, oltre a pubblicare quotidiani come il âCorriere della Seraâ, periodici e libri, ha da poco avviato una sua Academy.5
E gli esempi potrebbero continuare. Dunque, se le aziende diventano sempre piĂč editori, gli editori diventano sempre piĂč aziende. Il brand journalism, di conseguenza, Ăš destinato a riguardare anche loro.
Brand journalism e azienda media company: lâazienda-editore Ăš lâazienda che informa
Che relazione câĂš tra quella che chiamiamo âazienda media companyâ e il giornalismo dâimpresa? Se Ăš vero che lâinformazione di brand non esaurisce tutti i campi dellâeditoria aziendale, lâadozione del modello giornalistico nellâambito della strategia di comunicazione rappresenta chiaramente un indicatore dellâevoluzione dellâorganizzazione nel suo ideale processo di trasformazione editoriale. PerchĂ© questo? In primis per i ritmi elevati che la produzione di contenuti editoriali di stampo giornalistico richiede: pensiamo alla rapiditĂ delle breaking news o comunque allâattualitĂ quotidiana insita nel concetto di notizia. Questa velocitĂ esecutiva Ăš diretta conseguenza del grado di agilitĂ organizzativa della realtĂ presa in considerazione. Lo stare sulla notizia, che sia propria o del mercato di riferimento, richiede uno sforzo di realizzazione che presuppone delle routine quotidiane ben oliate e che mettono in campo processi continuativi, in grado di seguire i fatti del presente, passarli al setaccio della notiziabilitĂ , e di conseguenza trasformarli in notizia, attraverso un lavoro piĂč o meno approfondito di ricerca e di successivo racconto. Il tutto con i tempi limitati che lâattualitĂ impone. Per questi mo...