Grassi
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Una storia culturale della materia della vita

Cristopher E. Forth

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Una storia culturale della materia della vita

Cristopher E. Forth

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Una riflessione mai tentata su come il grasso Ăš stato percepito e immaginato nella societĂ  occidentale dall'antichitĂ  a oggi. Grazie ad affascinanti resoconti storici e a stimolanti analisi filosofiche, religiose e culturali (comprese le fondamentali e per molti aspetti delicate questioni relative allo status sociale, al genere e alla razza), il libro scava in profonditĂ  nel passato per trovare le radici dei nostri pregiudizi attuali. Una trattazione brillante, da cui emergono due temi centrali: come abbiamo percepito e immaginato le persone corpulente durante i secoli; e come il grasso Ăš stato associato alla fertilitĂ , alla vitalitĂ  e alla percezione di animalitĂ . Esplorando le vie complesse attraverso le quali il grasso, la grassezza e l'ingrassamento sono stati percepiti nel corso del tempo, Grassi fornisce un'acuta e originale prospettiva sulla materia di cui sono fatti i nostri stereotipi. Quest'edizione Ăš arricchita da una prefazione di Costanza Rizzacasa d'Orsogna.

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Informations

Année
2020
ISBN
9791280134042

Capitolo 1

L’essenza della vita

Pensare e fare con il grasso
Ci sono molte ragioni per considerare il grasso l’«essenza della vita». Nel senso piĂč lato, la parola grasso si riferisce a una classe di acidi detti lipidi: molecole indispensabili per l’esistenza della vita organica. Infatti, essendo «fondamentale per la vita quanto le proteine e i geni»1, la presenza di lipidi puĂČ indicare qualunque forma di vita, tanto terrestre quanto extraterrestre2. Qui sulla Terra, il ruolo centrale dei lipidi nell’evoluzione umana ha ricevuto un’attenzione considerevole negli ultimi anni. Dopo un lungo periodo passato a sottolineare la centralitĂ  delle proteine nelle diete preistoriche, un crescente numero di paleoantropologi sottolinea l’importanza, per i primi ominini, dei grassi estratti dal midollo osseo e dal cervello della grossa selvaggina. I recenti studi in quest’ambito hanno evidenziato il limite nutrizionale alla crescita costituito dalle proteine e dalle piante e si sono concentrati sull’importanza dei grassi per i primi esseri umani, che «riuscirono a procurarsi una notevole quantitĂ  della forma piĂč densa di energia nutrizionale disponibile in natura – il grasso –, al punto di renderla una fonte alimentare obbligatoria. Anzi, conobbero un’evoluzione finalizzata a questo scopo»3. BenchĂ© il consumo di carne e la caccia alla selvaggina siano tuttora considerati particolarmente importanti per lo sviluppo umano, «il grasso di derivazione animale, ricavato perlopiĂč dal midollo e dal cervello, Ăš ora visto come un elemento essenziale del quadro»4. Per fare un esempio, i reperti del Paleolitico superiore rinvenuti nella grotta di Las Caldas, nella Spagna settentrionale, indica l’esistenza di strategie concertate per estrarre il midollo e il grasso dagli ossi degli animali. CiĂČ rivela che «l’estrazione e lo sfruttamento del grasso facevano parte della strategia di sussistenza di quei gruppi umani»5. I lipidi, in particolare gli acidi grassi omega-3, potrebbero addirittura spiegare l’aumento del volume cerebrale che sfociĂČ nella comparsa degli esseri umani moderni (Homo sapiens). Si crede che ciĂČ sia avvenuto dopo la migrazione dei primi uomini verso le localitĂ  lacustri e marittime dell’Africa, dove si sarebbero imbattuti in animali ricchi degli acidi grassi necessari per la crescita del cervello. Potrebbe insomma non essere una coincidenza che questo fenomeno abbia avuto luogo all’incirca nello stesso periodo in cui i primi popoli fecero nuovi progressi nello sviluppo intellettuale e culturale6.
A parte i vantaggi nutrizionali, il piacere sensuale di assaggiare il grasso ha sicuramente contribuito alla sua attrattiva per i primi esseri umani. I lipidi alimentari conferiscono ai cibi particolari caratteristiche tattili, specificamente la viscositĂ  e la lubricitĂ , che accentuano le loro qualitĂ  distintive e irresistibili. La sensazione al palato, il sapore e il senso di sazietĂ  sono tra le piĂč apprezzate esperienze gustative associate all’ingestione di grassi alimentari, e negli ultimi anni le stesse qualitĂ  gradevoli dei lipidi hanno cominciato a essere considerate rilevanti tra le cause dell’aumento ponderale. Le ricerche dicono addirittura che la capacitĂ  di rilevare la presenza di grassi andrebbe aggiunta ai gusti tradizionali, insieme al dolce, all’agro, all’amaro ecc. La possibilitĂ  di offrire questa voluttuosa esperienza dei sensi, preferibilmente senza il ricorso ad additivi pericolosi per la salute, Ăš l’obiettivo di molte aziende alimentari7. Ormai ci sarebbero prove certe dell’esistenza di un sesto «gusto fondamentale o primario che consente di distinguere gli acidi grassi» e che Ăš stato denominato oleogusto8.
I lipidi agiscono sul corpo anche dopo essere stati ingeriti, influenzando gli umori, i gusti e persino la volontĂ . Come sostengono gli esperti di lipidomica, la «predilezione per il grasso puĂČ essere indipendente dalla capacitĂ  conscia di rilevare o valutare il contenuto lipidico degli alimenti solidi»9. Alcuni acidi grassi sono in grado di alterare gli stati d’animo e i livelli di attenzione, rendendo i detenuti meno aggressivi, gli scolari piĂč vigili e gli individui bipolari meno soggetti a bruschi sbalzi d’umore. Il potenziale apparentemente «agentico» (relativo cioĂš alla capacitĂ  – in questo caso apparente – di operare in un contesto per modificarlo) dei grassi ha spinto la filosofa Jane Bennett a ricordarci come l’atto del mangiare non equivalga solo ad adottare il ruolo di soggetti che consumano attivamente un cibo passivo, ma anche «a entrare in un gruppo in cui non Ăš detto che l’io sia l’operatore piĂč decisivo»10. PerĂČ non abbiamo bisogno di scendere al livello microscopico per vedere come i grassi condizionino la volontĂ . I cibi grassi, insieme a quelli dolci e salati, stimolano i centri del piacere nel cervello, suscitando cosĂŹ risposte piĂč o meno primordiali11. Secondo diversi studi, gli animali non umani manifestano spesso un appetito apparentemente insaziabile di grassi, che consumerebbero in eccesso se ne avessero una riserva inesauribile12. In semplici termini gustativi, dunque, le cose unte e dolci «hanno la capacitĂ  di farci mangiare piĂč di quanto vorremmo; sono in grado di indebolire e di deviare la volontà»13.
Nonostante le numerose prove che dimostrano come il grasso animale fosse un simbolo di salute in molte societĂ  tradizionali, non Ăš chiaro se, tra i primi esseri umani, la preferenza per i grassi alimentari implicasse un corrispondente apprezzamento dei corpi molto pingui14. Si considerino le statuette femminili, spesso grassocce, dissotterrate in molte parti del mondo. Per decenni, la convinzione che la corpulenza preistorica fosse un simbolo lampante, se non addirittura intrinsecamente positivo, di fertilitĂ  femminile ha generato una serie di ipotesi sullo status, e addirittura sulla riverenza, accordati alla grassezza tra i popoli primitivi. Esagerando alcuni elementi dell’anatomia femminile, queste statuette sembrano esprimere un grande rispetto per la fertilitĂ  agricola in generale e per la fertilitĂ  femminile in particolare15. Oggi questa visione Ăš contestata da numerosi archeologi. Alcuni chiedono perchĂ© le figure femminili vadano interpretate necessariamente come riferimenti alla «donna» in generale o come riflessi di divisioni sociali basate perlopiĂč sulla differenza sessuale16. Secondo altri, le statuette veicolano tutt’altro, per esempio le impressioni di ciĂČ che una scultrice, privata del punto di vista esterno sul corpo che oggi diamo per scontato, poteva vedere quando abbassava lo sguardo sui propri seni, ventre e piedi17. A parte il fatto che «non ci sono conferme scientifiche della tesi secondo cui la religione del Neolitico e dell’EtĂ  del bronzo si fondava su culti di fertilitĂ  agricola»18, l’archeologo Douglass Bailey sostiene che i concetti di fertilitĂ  potrebbero essere piĂč complessi di quanto immaginiamo. Come gli incontri sessuali possono comportare una «serie di eventi dalla notevole carica fisica, mentale, emotiva e sensuale», Ăš palese che un’analoga «atmosfera emotiva» circonda le esperienze della gravidanza e del parto: «Dolore, pericolo, preoccupazione, rischio per la vita (della madre e del neonato), sangue, viscere, ma anche i rudimenti della generazione della vita e il piacere che ciĂČ puĂČ implicare; affrontare le insidie e superarle».
In questo approccio alla fertilitĂ , Bailey ci invita a restare aperti alle complessitĂ  che senza dubbio l’esperienza vissuta avrĂ  presentato nel lontano passato: «Qui sono all’opera opposti, contraddizioni e contestazioni»19.
Questo capitolo e il prossimo partono dal presupposto che le concezioni della fertilitĂ  riguardino esperienze, processi e relazioni che possono essere tanto impegnativi quanto rassicuranti, tanto dolorosi quanto piacevoli. Indagano sui modi in cui l’ambivalenza verso i processi e le sostanze associati alla vita organica ha contribuito a strutturare le risposte culturali occidentali al grasso. Questo capitolo fa riferimento a recenti studi per dimostrare che un simbolo materiale come il grasso non Ăš del tutto arbitrario in relazione ai concetti che sottintende20. Piuttosto, il grasso allude anche a «una fisicitĂ  che resiste e autorizza» e che svolge un ruolo attivo nella costruzione del significato21. In termini simbolici, un corpo pingue puĂČ fungere da «imbroglione culturale» che oscilla tra la vita e la morte22, anche quando la corpulenza in questione Ăš attribuita a una sostanza diversa dal tessuto adiposo. Essendo una sostanza appiccicosa e ambigua, tuttavia, il grasso Ăš a sua volta letteralmente liminale e connettivo, capace di aderire ai corpi mentre passa dallo stato solido a quello liquido e viceversa23. CosĂŹ questo primo capitolo esamina i modi mutevoli in cui questa sostanza, sfuggente dal punto di vista fisico e concettuale, Ăš stata percepita e utilizzata. Descrive come l’untuositĂ  e la morbida umiditĂ  del grasso abbiano ispirato una serie di stereotipi sulle persone corpulente e inserito la grassezza nelle distinzioni di genere. Il capitolo 2 allarga la discussione per sondare ulteriormente l’ambiguitĂ  della vita organica, esplorando allo stesso tempo il controverso rapporto tra ingrassamento e immagini di animalitĂ  e stupiditĂ . Entrambi i capitoli si fondano sulla tesi centrale di questo libro, secondo cui per capire il «grasso» occorre uscire dai soliti schemi di misura e forma del corpo e dal contesto esclusivo dei corpi (umani).
Oggi la vecchia convinzione che la corpulenza preistorica fosse simbolo di feconditĂ  femminile Ăš contestata da molti archeologi. La cosiddetta Venere di Willendorf Ăš forse la piĂč famosa delle figurine femminili, spesso grassocce, portate alla luce in molte parti del mondo.
Oggi la vecchia convinzione che la corpulenza preistorica fosse simbolo di feconditĂ  femminile Ăš contestata da molti archeologi. La cosiddetta Venere di Willendorf Ăš forse la piĂč famosa delle figurine femminili, spesso grassocce, portate alla luce in molte parti del mondo.

L’untuosità

La scienza della lipodomica non riconosce distinzioni chimiche tra grassi e oli. Siccome, per molti versi, quelli che chiamiamo «grassi sono semplici oli congelati», in questa discussione faremo riferimento al grasso tanto nella sua forma solida quanto in quella liquida24. Se Ăš possibile classificare come «grasso» piĂč cose dissimili, spesso Ăš perchĂ© queste condividono un certo carattere oleoso o untuoso. È questa untuositĂ  a suggerire paralleli tra varie cose grasse in ambito animale, vegetale e umano. Oltre a trasmettere una sensazione viscida, l’oleositĂ  dei grassi sottintende anche le caratteristiche collegate dell’infiammabilitĂ  e della luminositĂ . Le lampade di pietra del Paleolitico usavano i grassi animali come combustibile, permettendo cosĂŹ agli esseri umani di restare attivi nelle ore notturne e favorendo la pittura rupestre, la costruzione di utensili e altri progressi culturali25. Insieme all’espansione del volume cerebrale che condusse alla comparsa dell’Homo sapiens, i grassi svolsero un ruolo fondamentale nello sviluppo culturale e tecnologico umano. L’abitudine di bruciare queste sostanze a scopo di illuminazione rivelĂČ inoltre che, attraverso la combustione, i grassi sembrano smaterializzarsi in fumo e luce26. Con un processo sorprendentemente simile all’alchimia, il grasso puĂČ passare da uno stato di materialitĂ  «grossolana» o «torpida» – come vedremo, Ăš cosĂŹ che Ăš stato spesso descritto – a qualcosa di impercettibile e addirittura trascendente. Se per molte culture primitive il grasso pareva simboleggiare la luce e la vita, era perchĂ© queste qualitĂ  erano spesso viste come innate nella sostanza oleosa. Il grasso sembrava contenere questi poteri anzichĂ© limitarsi a rappresentarli27.
Nonostante questa apparente capacitĂ  di racchiudere la vita e la luce, il grasso era anche una sostanza intrinsecamente ambigua. Oltre allo status comune di lipidi, il grasso e l’olio si possono considerare sostanze affini che rimandano l’una all’altra. Anzi, ciascuno Ăš in grado di diventare l’altro tramite una variazione di temperatura. La capacitĂ  del grasso di passare dallo stato solido a quello liquido, insieme alla sua apparente attitudine a smaterializzarsi nell’aria, conferma la sua appartenenza a «un gruppo di sostanze ambivalenti» che comprende il petrolio, il catrame, il sego, la sugna, la pece e, probabilmente, il miele28. A prescindere dalla forma, tuttavia, il grasso resta una sostanza insieme affascinante e problematica, in parte perchĂ© non sembra seguire le «regole» che, secondo noi, i solidi e i liquidi dovrebbero osservare. Quando rappreso, non Ăš un solido molto convincente. Difficile da afferrare e da maneggiare, tremola e scivola qua e lĂ , e sembra sul punto di trasformarsi in liquido da un momento all’altro. Ma nemmeno la fusione lo riporta al suo «vero» stato, perchĂ© l’olio non rientra esattamente nella categoria dei liquidi. Oltre a essere piuttosto viscosi, gli oli evaporano a temperature molto piĂč alte dell’acqua, conservando piĂč a lungo la loro liquiditĂ . Questa tenacia potrebbe essere la ragione per cui molte culture antiche associavano i grassi e gli oli alla forza, alla fertilitĂ  e persino alla vita. Per esempio, Aristotele distingue tra l’umiditĂ  acquosa che evapora facilmente e quella untuosa che a fatica si separa dalla materia. A suo avviso, l’umiditĂ  untuosa Ăš presente in tutta la materia, organica e inorganica, e conferisce agli oggetti e alle sostanze la loro forma o consistenza specifica ed eventuali proprietĂ  infiammabili29. Asserendo che «le cose grasse non sono soggette alla putrefazione» e che ...

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