MARIO RIGONI STERN
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MARIO RIGONI STERN

vita guerre libri

Giuseppe Mendicino

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À propos de ce livre

Mario, Rigoni, Stern, Guerra, Vita, Libri, Altopiano, Asiago, Alpini

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Informations

Année
2018
ISBN
9788880686590


Capitolo 1

Infanzia e giovinezza ad Asiago
(1921-1937)
Eravamo numeri. Non piĂč uomini. Il mio era 7943. Ero uno dei tanti. Mi avevano preso sulle montagne ai confini con l’Austria, mentre tentavo di arrivare a casa, dopo l’8 settembre del ’43. Mi portarono a piedi fino a Innsbruck e poi, dopo quattro o cinque giorni, ci caricarono sui treni e ci portarono in un territorio molto lontano, che a noi era sconosciuto, oltre la Polonia, vicino alla Lituania, nella Masuria, in un lager dove poco tempo prima erano morti migliaia di uomini; gli storici parlano di cinquanta-sessantamila russi. Erano prigionieri, morti di fame e di tifo. Noi andammo ad occupare le baracche che avevano lasciato libere, nello Stammlager I-B. Dopo quattro o cinque giorni, ci proposero di arruolarci nella repubblica di SalĂČ, ossia di aderire all’Italia di Mussolini. Eravamo un gruppo di amici che avevano fatto la guerra in Albania e in Russia. Eravamo rimasti in pochi. Ci siamo messi davanti allo schieramento, e quando hanno detto « Alpini, fate un passo avanti, tornate a combattere! », abbiamo fatto un passo indietro. Gli altri ci hanno seguito. E fummo coperti di insulti, di improperi. Avevamo visto cos’eravamo noi in guerra, in Francia prima, poi in Albania e in Russia. Avevamo capito di essere dalla parte del torto. Dopo quello che avevamo visto, non potevamo piĂč essere alleati con i Tedeschi. PerciĂČ da allora fummo dei traditori. Fummo della gente che non voleva piĂč combattere. E ci trattarono come tali. Nell’ordine dei lager venivamo subito dopo gli Ebrei e gli Slavi; poi venivamo noi che non eravamo nemmeno riconosciuti dalla Croce Rossa Internazionale. Ci chiamavano internati militari, ma eravamo prigionieri dentro i reticolati, con le mitragliatrici piazzate nelle torrette che ci seguivano ogni volta che ci spostavamo. Abbiamo resistito. Tanti di noi non sono tornati. PiĂč di ottantamila nostri compagni sono morti in quei lager, durante la prigionia. Io ritornai nella primavera del 1945, a piedi, dall’Austria, dove ero fuggito dal mio ultimo campo di concentramento. Arrivai a casa che pesavo poco piĂč di cinquanta chili, pieno di fame e di febbre. E feci molta fatica a riprendere la vita normale. Non riuscivo nemmeno a sedermi a tavola con i miei, o a dormire nel mio letto. Ci vollero molti mesi per riavere la mia vita. Avevamo dietro le spalle la Storia che ci aveva fatto aprire gli occhi su quello che eravamo noi e su quello che erano quelli che ci dicevano essere nostri nemici. Quello che ci avevano insegnato nella nostra giovinezza era tutto sbagliato. Non bisognava credere, obbedire, combattere. Non bisognava che l’obbedienza fosse cieca, pronta e assoluta. Non bisognava che libro e moschetto fosse il fascista perfetto. Avevamo imparato a dire no sui campi della guerra. Ed Ăš molto piĂč difficile dire no che sĂŹ. E anche voi ragazzi imparate a dire dei no alle lusinghe che vi sono intorno. Imparate a dire no a chi vi vuol far credere che la vita sia facile. Imparate a dire no a chi vi vuole proporre delle cose che sono contro la vostra coscienza. Seguite solo la vostra voce. È molto piĂč difficile dire no che sĂŹ.
CosĂŹ, un giorno di settembre del 2006, Mario Rigoni Stern mi raccontĂČ i suoi venti mesi di prigionia, tra il settembre del 1943 e il maggio 1945. Era serio, quasi severo: nessuna parola doveva risultare inutile o retorica. Immaginai che fosse sempre stato cosĂŹ, sobrio e concentrato anche nelle piccole cose. Alle sue spalle guerre, povertĂ , anni di duro lavoro, ma anche giochi e corse con gli sci, scalate di vette alpine, albe di caccia, amicizie e affetti.
Nelle parole di quel giorno di inizio autunno, c’ù molto dell’etica di Mario Rigoni Stern: la consapevolezza che ogni uomo, quando sceglie, deve sempre fare i conti con la propria coscienza e che la coscienza di tanti singoli uomini puĂČ fare del mondo un posto migliore per vivere.
Tutto inizia il 1° novembre 1921, al numero 5 di una casa di via Ortigara, nel centro di Asiago, quando Mario Rigoni Stern viene alla luce. Anche il mondo che lo circonda sta rinascendo; la Grande Guerra era finita appena tre anni prima, Asiago e l’altipiano portano ancora i segni di battaglie e distruzioni. La stessa strada prende il nome da una cima dove Ăš stata combattuta una delle battaglie piĂč cruente.
Le montagne intorno sono percorse da centinaia di chilometri di trincee, sono disseminate di filo spinato, ma anche di buche di bombe e di granate; durante la guerra un terzo dei boschi era andato completamente distrutto e il resto del territorio era stato parzialmente rovinato.
Il paese si trova nel cuore dell’altipiano dei Sette Comuni, a mille metri di altitudine. Le sue montagne non sono molto alte, ma le temperature d’inverno sono spesso rigide e, a volte, nella piana di Marcesina, sono le piĂč basse d’Italia.
Ecco come lo scrittore lo descrive: « CosĂŹ ampio, con questi boschi e queste colline sopra la pianura veneta, cosĂŹ a picco e cosĂŹ isolato, eppure cosĂŹ aperto e cosĂŹ largo, questo paesaggio ce lo portiamo dentro: non aspro come una montagna, ma dolce e malinconico, denso
 » 1.
I Sette Comuni, fino all’arrivo di Napoleone nel 1807, erano organizzati in una Federazione autonoma sottoposta al blando potere della Repubblica di Venezia. Ancora oggi, questo territorio, in larga parte, non ù di proprietà privata e nemmeno di proprietà pubblica demaniale, ma collettiva, ed ù amministrato secondo regole antiche e uniche in Europa. È invece andata ormai persa nell’uso comune l’antica lingua cimbra, un idioma di derivazione germanica, sassone in particolare, per molti secoli parlato comunemente qui e in altre isole linguistiche tra Veneto e Trentino. Fino alla Grande Guerra era diffuso in tutti i paesi dell’altipiano.
Solo nel 1910 un trenino a cremagliera aveva velocizzato le comunicazioni e i collegamenti con la pianura. Una distanza dal mondo che aveva influito sulle tradizioni e sulla cultura dei suoi abitanti. Proprio la Grande Guerra aveva poi determinato l’effetto involontario e paradossale di far conoscere questa terra, per le sue battaglie sanguinose e per le sue vittorie da celebrare.
L’altipiano della prima giovinezza di Rigoni era un unico immenso campo di battaglia. Tutto ricordava la Grande Guerra: i boschi erano stati in gran parte rasi al suolo da cannonate e incendi, migliaia di morti erano seppelliti ovunque, la stessa Asiago era stata distrutta. Tutte le famiglie avevano caduti o reduci. Cime e avvallamenti componevano un tetro paesaggio di pietraie coperte da resti di baracche, reticolati, monconi anneriti di alb...

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