Storia della letteratura inglese. Vol. II - Shakespeare
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Franco Marucci

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"Storia della letteratura inglese" di Franco Marucci ù un'esauriente rassegna, in otto volumi totali, della letteratura inglese dal Medioevo agli inizi del ventunesimo secolo. L'opera – già uscita a stampa (Firenze, Le Lettere, 2003-2018) – fornisce informazioni precise e interpretazioni originali e revisionistiche dei testi fondamentali del canone letterario inglese, inquadrate nel contesto storico, biografico e intellettuale per ogni autore trattato. Questo volume su Shakespeare si astiene dall'applicare dall'esterno chiavi teoriche forzate, arbitrarie e a priori totalizzanti del letterario. Agendo sempre con scrupolosa aderenza al testo il volume cerca di portare alla luce, nella consapevolezza che ogni nuovo libro su Shakespeare ù inevitabilmente una risistemazione di precedenti interpretazioni, i principali agoni concettuali, dialettici, simbolici ed epistemici che emergono dalle opere shakespeariane. L'analisi muove da una ricognizione generale del macrotesto shakespeariano, riassume la ricezione critica sin dagli esordi cinquecenteschi e seicenteschi sino a oggi, traccia una biografia provvisoria del drammaturgo, discute i poemetti giovanili e i sonetti, e tratta estensivamente le opere teatrali una per una. La tradizionale divisione dei drammi shakespeariani in sottoinsiemi convenzionali tematici e cronologici (come drammi storici, commedie eufuistiche, drammi romani, commedie mediane e tarde, grandi tragedie, romances) ù fondamentalmente accettata, ma promuovendo alcuni dei drammi dalla categoria degli "sperimentali" a quella dei "drammi maturi". Il volume ha ottenuto nel 2018 il Premio Firenze Fiorino d'argento per la saggistica edita.

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LE TRAGEDIE E LE TRAGICOMMEDIE

29. Le tragedie e le tragicommedie.

1. La sezione delle tragedie Ăš obbligatoriamente la cruciale e piĂč corposa di ogni libro su Shakespeare, e lo sarĂ  anche di questo nostro volume, perchĂ© racchiude le quattro opere piĂč conosciute, piĂč proverbiali e piĂč ammirate, e quelle per antonomasia immortali del suo canone. Ma il numero sarĂ  qui da noi portato a otto, perchĂ© vi includeremo altri quattro quasi capolavori di classificazione problematica, e dislocati spesso altrove nelle trattazioni anche e soprattutto per il carattere indeciso del loro genere. La nostra inclusione sarĂ  nei primi due casi e contrario: cioĂš riguarderĂ  due drammi che, per le loro caratteristiche, sono a sĂ© stanti e non passibili di essere facilmente e sensatamente assegnati ad altri blocchi omogenei – come, nel raggruppamento precedente, il Troilus. E sono Romeo and Juliet e The Merchant of Venice. Measure for Measure Ăš per parte sua la migliore di quelle commedie non piĂč o non ancora tornate chiare, e appunto rimaste scure, di un altro gruppo ben definito; e sullo statuto del Timon of Athens torniamo piĂč sotto.
Se poi mai l’attivitĂ  di Shakespeare Ăš divisibile in fasi, qui ci si appropinqua al crinale 1603 e lo si valica, con Shakespeare che diventa giacomiano senza essere piĂč a rigor di termini elisabettiano. Tra il 1600 e il 1601 intervenne un anno o biennio mirabilis se Ăš vero che portĂČ all’ideazione e alla rappresentazione di quattro drammi in un ininterrotto fiotto di creativitĂ . Alcuni di questi otto lavori furono ricavati dalla novellistica italiana tre-quattro-cinquecentesca (primus inter pares Giraldi Cinthio) in traduzioni francesi, ma con il puntello, la miscela e l’inquinamento di varie altre fonti, senza che il prodotto finale risentisse della sovrabbondanza degli ingredienti.
Alla storia degli storici Shakespeare si rivolse ma rifunzionalizzando e del tutto trasformando il tipo del dramma a chronicle; e slegando la storia dal calendario fisso segnato dalle date la diegesi drammatica diventa di stazioni simboliche fuori dal tempo o con riferimenti temporali che si fanno blandi e sfuocati. Tre delle tragedie sono di scenario italiano e piĂč esattamente veneto; una Ăš viennese ma in modo ininfluente e generico; una danese, due angloscozzesi e una di ambito greco esso pure indefinibile. King Lear ha fra i suoi primati anche quello che, non avendo Shakespeare composto drammi di argomento biblico, il suo tempo interno Ăš il piĂč antico della sua drammaturgia: due millenni circa rispetto al tempo di stesura.
Il clima generale ù di rarefazione e di mimesi molto insabbiata, ma non senza callide risonanze a fatti recenti o anche contemporanei di storia inglese, e a vicende private del drammaturgo. Anche e soprattutto in King Lear Shakespeare, inesorabilmente, non fa illusionismo e aggiorna ed elisabettianizza l’intero canovaccio. Macbeth, che nel suo insieme risulta a molti lettori un messaggio disperatamente nichilistico, era invece positivamente e ottimisticamente encomiastico a chi sapesse cogliere un controcanto interno all’orrore e allo scempio e insieme al pessimismo che riguarda l’ambizione smodata degli aspiranti al potere 1. È un dato suggestivo di una fusione al vertice tra la storia danese e l’autobiografia che Hamnet fosse il nome del figlio di Shakespeare morto ancora fanciullo.
2. Per Romeo and Juliet si Ăš coniata l’etichetta di tragedia lirica e cioĂš tragedia di due innamorati, cosicchĂ© storico-lirica dovrebbe essere quella di Antony and Cleopatra dove i due amanti muoiono abbracciati l’uno all’altra in un epilogo non del tutto dissimile. Romeo and Juliet Ăš ancora sperimentale, di apprendistato, e perciĂČ la si aggrega qui al primo posto anche perchĂ© Ăš la piĂč precoce tra le tragedie tout court. Si riattacca a Love’s Labour’s Lost come tessuto e collage di sonetti, quartine e sestine e comunque di versi rimati con il frasario eufuistico della lirica d’amore; destinata un pubblico colto anzichĂ© al popolo, Ăš d’altra parte una rinegoziazione del revenge play (Tebaldo uccide Mercuzio e Romeo lo vendica) ormai disinnescato nei suoi orrori.
Per The Merchant of Venice Ăš ovviamente impropria l’etichetta di commedia romantica: per metĂ  lo potrebbe essere, ma la parte di Shylock ne Ăš una flagrante smentita. Dalle commedie prende alcuni elementi ma ne deve aggiungere altri disponendo di una materia di partenza insolitamente scarsa e scarna, come dimostra il poco integrato episodio di Launcelot Gobbo. In particolare ricorre al raddoppiamento del ruolo del padre dispotico, morboso e visceralmente attaccato alla propria figlia. Due stratagemmi matrimoniali perciĂČ si varano e vanno in porto. Il bacino di appartenenza Ăš quello dei drammi elisabettiani sui rapporti tra gli ebrei e i cristiani, il cui capostipite Ăš The Jew of Malta di Marlowe. Dietro al processo di Shylock stava il caso di Roderigo Lopez, medico ebreo portoghese che aveva capeggiato una congiura contro Elisabetta ed era stato giustiziato.
Terza intrusione o eccezione ù come si diceva Measure for Measure, sicuramente un grande dramma maturo che rimane una non-tragedia e che cioù ù esattamente una commedia che potrebbe diventare una tragedia ma ne ù impedita all’ultimo tuffo. Tale minaccia ù trionfalmente sventata, e a conti fatti il duca Vincentio ù un mago buono che opera con una magia totalmente “bianca” e chiude ingegnosamente la sua recita, come Prospero, senza spargimenti di sangue.
3. Delle tragedie del grande quartetto, Othello fu manipolato dalla fonte in modo chiastico: era Iago che concupiva Disdemona (sic) in Giraldi Cinthio e l’omicidio era concertato fra lui e Otello 2, che rivelava il sospetto anzichĂ© cadere vittima delle arti di Iago. Shakespeare aveva in questo caso operato con maggiore difficoltĂ  perchĂ© non esisteva versione inglese ma solo francese dell’originale. È anche un caso, quello di Othello, in cui la questione testuale non si puĂČ sorvolare: un in-quarto del 1622 si rifaceva a un manoscritto autografo, e una legge contro la blasfemia a teatro rese quello dell’in-folio un testo purgato di ogni espressione irriguardosa.
Testualmente tra Hamlet e Macbeth vige una situazione rovesciata: il primo Ăš tramandato in una versione per la lettura, molto piĂč lunga probabilmente di quella che fu effettivamente recitata con cospicui tagli; il secondo Ăš all’opposto pervenuto in un testo piĂč breve di quello che fu forse dato a corte per il re, in una versione inespurgata che non Ăš sopravvissuta. King Lear Ăš come si diceva il disfacimento e il rifacimento del chronicle play: la spia linguistica Ăš nel titolo, che rispristina la parola “re” come nei drammi storici inglesi di oltre dieci anni prima. Torna perciĂČ alle fonti prammatiche, come Holinshed, e vi aggiunge Geoffrey of Monmouth; per quanto, incorreggibile, Shakespeare rifaccia un Leir anonimo di u...

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