Definizione e caratteristiche della polis
Nel corso della loro storia, i Greci vivono per lo piĂč in poleis (singolare polis). Si tratta di unâistituzione âpiuttosto curiosa e in un certo senso effimeraâ, come ebbe a dire il grande storico Moses Finley.
Dovendone dare una definizione, si parlerĂ di comunitĂ autonome generalmente di piccole dimensioni, che si autogovernano dopo aver stabilito, in primo luogo, chi di tali comunitĂ debba far parte (il cittadino, polites) e chi invece ne Ăš escluso (âinferioriâ, stranieri, donne, schiavi): di tutte le traduzioni che sono state proposte, quella di cittĂ -stato Ăš tutto sommato la meno errata; in linea di massima, noi abbiamo preferito mantenere il termine greco traslitterato.
Le poleis di cui si conosce almeno il nome (e spesso, purtroppo, poco altro) sono piĂč di 1000, di cui oltre due terzi da collocarsi nella Grecia vera e propria, poco meno di un terzo fondate lungo le coste del Mediterraneo. CiĂČ non significa che i Greci non abbiano conosciuto altre forme di aggregazione (stati etnici, stati federali, stati territoriali ecc.) e non significa neppure, come pure si Ăš sostenuto per lungo tempo, che la polis sia la forma statuale dei Greci. Significa solo, tautologicamente, che la polis Ăš di enorme importanza nella storia greca e che, in linea di massima, i Greci âsi pensavanoâ come abitanti di poleis.
Possiamo descrivere un modello ideale di polis che, almeno in qualche misura, inglobi tutti gli esempi storici che siamo in grado di elencare? Per quanto riguarda lâorganizzazione politica si possono individuare due grandi modelli: la polis aristocratica e la polis democratica, ciascuna con una grande e fortunata anomalia, Sparta per il cĂŽtĂ© aristocratico, Atene per quello democratico. Se invece ci limitiamo a considerare lâaspetto fisico, dovendo trovare un minimo comun denominatore, ci si dovrĂ fermare a poche banalitĂ : la polis greca comprende di solito un territorio di pochi chilometri quadrati (Atene, una polis dotata di un territorio particolarmente grande, eguagliava lâestensione del Lussemburgo; il 75 percento delle poleis non raggiungeva i 100 kmq, superficie superata da almeno 500 comuni italiani), spesso collinare o montuoso, con poche pianure (almeno in Grecia); quando possibile, con uno sbocco verso il mare. In tale territorio, con criteri insediativi diversi che salvaguardano comunque una sostanziale e fondamentale continuitĂ di centro abitato e campagna, vivono generalmente da poche centinaia a poche migliaia di cittadini: le poleis con almeno 10 mila cittadini maschi adulti si contano, in tutta la storia greca, sulle dita di una mano.
Questi microcosmi, che aspirano a unâimpossibile autarchia e spesso non realizzano neppure il sogno dellâautonomia â preda come sono, i piĂč piccoli, delle ambizioni delle âgrandi potenzeâ come Sparta e Atene â sono gelosi della loro identitĂ , alimentata dal contatto continuo con il passato. Un passato sempre vivo, nobilitato attraverso una citazione omerica (a volte interpolata, cioĂš introdotta secoli dopo pour cause) o la tradizione del passaggio di un eroe, e continuamente ârifunzionalizzatoâ per armonizzarlo con le esigenze del presente: si ricorderĂ , per esempio, che qualsiasi rivoluzione o riforma viene invariabilmente connotata come un ritorno alla patrios politeia, la costituzione degli antenati, tanto centrale nel pensiero greco quanto inafferabile nella storia.
Ebbene, in queste piccole aggregazioni si sviluppa, tra lâVIII secolo a.C. e lâarrivo dei Romani, oltre cinque secoli dopo, una lotta politica eccezionalmente passionale (lo storico svizzero Jacob Burckhardt paragonĂČ le lotte politiche dei Greci alle guerre di religione, in quanto la politica sarebbe stata la loro vera religione), capace di raggiungere vertici impressionanti di violenza, in quanto priva di mediazioni: nella politica greca vige infatti il principio secondo il quale âil vincitore prende tuttoâ. Alla base di questa lotta, troviamo divisioni elementari: sostanzialmente, la frattura tra le âdue cittĂ â di cui ci parla giĂ Platone, la cittĂ dei ricchi e la cittĂ dei poveri. Con questi ultimi che portano avanti programmi semplici veicolati da parole dâordine sempre uguali, secolo dopo secolo: il ghes anadasmos, la redistribuzione delle terre, e la chreon apokopĂš, lâabolizione dei debiti. E i ricchi, al contrario, sempre in cerca di protezione, ovunque la possano trovare, che siano gli Spartani (o anche, paradossalmente, gli Ateniesi) o âstranieriâ come Filippo II di Macedonia o, infine, i Romani. E tutti, assolutamente tutti, privi di qualsiasi forma di patriottismo che non sia il gretto âpatriottismo di bandaâ di cui parla Paul Veyne.
La nascita della polis. Quando?
Quando un fattore di tale importanza, per di piĂč largamente originale (i confronti con realtĂ che seguiranno â le cittĂ medievali â o che lâhanno preceduto â le cittĂ -stato fenicie sono le piĂč citate a questo proposito â mostrano in generale forti limiti) viene individuato come elemento di lunghissima durata, Ăš inevitabile chiedersi quando, dove e perchĂ© abbia avuto origine.
La questione delle origini sembra apparentemente avere un senso: in realtĂ , pensare alla polis come a un organismo con una data di nascita in un determinato luogo Ăš sostanzialmente un errore. Insediamenti abitativi sono sempre esistiti, almeno a partire dallâetĂ minoica nel II millennio; dâaltra parte, una piena consapevolezza del valore ideologico e politico dellâesperienza comunitaria della polis viene forse raggiunta solo nel V secolo a.C., in piena etĂ classica. Tra un estremo e lâaltro ci sono 1500 anni, una forbice un poâ troppo larga. Proviamo a restringerla un poâ.
Eliminate le esperienze minoico-micenee, che in realtĂ non ci consentono di intravedere alcunchĂ© di somigliante al concetto di cittadino e, quindi, mancano di un elemento centrale nella costruzione del modello, la prima cosa da fare Ăš soffermarsi sulle informazioni veicolate dai due poemi omerici. Non câĂš dubbio che essi (in maggior misura nel poema piĂč recente, lâOdissea, ma anche nellâIliade non si puĂČ negare, per esempio, che Troia sia a tutti gli effetti una cittĂ ) conoscano e descrivano con dovizia di particolari alcuni centri abitati sviluppati, caratterizzati da elementi urbanistici tipici delle poleis (porte, mura, piazza principale o agorĂ ecc.). Gli uomini che vivono e interagiscono in tali realtĂ partecipano a riunioni pubbliche sufficientemente formalizzate e sono consci di vivere in una comunitĂ che, in qualche modo, costituisce qualcosa di piĂč grande e di piĂč importante della semplice unitĂ familiare, cui pure fanno riferimento. CiĂČ che manca in questo quadro Ăš la politica (uno dei tanti termini derivati da polis), con tutti gli elementi dialettici che essa reca con sĂ©: tutto Ăš dato come immutabile, per sempre, nessuno evoca neppure la semplice eventualitĂ di un cambiamento. La istituzionalizzazione Ăš debole: lâassemblea a Itaca, durante lâassenza di Odisseo, non viene convocata per molti anni e la cosa Ăš effettivamente vista come unâanomalia, ma non come una palese illegalitĂ . Il processo di inclusione/esclusione Ăš lontano dallâessere determinato: lo status delle persone Ăš definito piĂč che altro in relazione alla sfera dellâoikos (la âcasaâ, intesa in un significato piĂč vasto del nostro) e non a quella comunitaria.
Due-tre generazioni dopo (625 a.C. ca.), unâiscrizione su pietra proveniente dalla piccola polis cretese di Dreros, oltre a impiegare il termine polis, fornisce precise indicazioni procedurali relative alle magistrature della comunitĂ , soffermandosi su aspetti relativamente complessi come, per esempio, il divieto di iterazione della carica piĂč importante, chiamata con il nome di kosmos. Poco dopo, sempre entro il VII secolo, uno splendido frammento del poeta Alceo fa riferimento alla sua Mitilene come a un luogo dove giĂ suo nonno, aristocratico come lui, âfaceva politicaâ.
Solo due piccoli esempi, nellâinfinito numero delle comunitĂ greche: piccoli esempi, perĂČ, che ci mostrano come la polis abbia ormai avviato un processo di definizione delle sue articolazioni, di creazione e consolidamento di uno spazio pubblico nel quale, a detrimento della sfera privata familiare, le prerogative dei capi vengono messe, almeno in parte, âin mezzoâ (es meson), poichĂ© non riguardano piĂč, o non solo, la singola famiglia, ma la comunitĂ nel suo complesso.
Per lungo tempo si Ăš visto lâVIII secolo come il periodo dâoro lungo il quale il processo di formazione della polis si Ăš messo in moto. Alla base di questa convinzione ci sono soprattutto dati archeologici, che ci parlano di impressionanti aumenti demografici, di moltiplicazione degli insediamenti: un quadro di âgrande trasformazioneâ che reca con sĂ© sviluppo dei traffici commerciali, nuove acquisizioni intellettuali â in primo luogo lâalfabeto â nonchĂ© lo sviluppo dei grandi santuari panellenici come quelli di Delfi e Olimpia.
La polis Ăš dunque nata nel corso dellâVIII secolo? Lâipotesi ha il merito di essere in armonia con le nostre mappe mentali, con la nostra incoercibile abitudine di ragionare su sequenze di ascesa/decadenza, destinate a ripetersi piĂč o men...